Consiglio di Stato Sez. VI n. 7621 del 1 settembre 2022
Urbanistica.Dati catastali
I dati catastali non sono decisivi ai fini dell'accertamento della conformità urbanistico-edilizia di un immobile. Il catasto si basa sulle comunicazioni e dichiarazioni dei soggetti interessati, sulle quali l'amministrazione finanziaria – non competente in materia di vigilanza edilizia – può, al più, esercitare un riscontro formale ab externo
Pubblicato il 01/09/2022
N. 07621/2022REG.PROV.COLL.
N. 00895/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 895 del 2020, proposto da
Alessandro Ingenito, rappresentato e difeso dall'avvocato Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Cava de' Tirreni, in persona del sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonino Cascone, Giuliana Senatore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Alfredo Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini n. 30;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01122/201.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cava de' Tirreni;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 luglio 2022 il Cons. Oreste Mario Caputo e uditi per le parti gli avvocati Gianluigi Pellegrino per delega dell'avvocato Marcello Fortunato e Gian Luca Lemmo per delega degli avvocati Antonino Cascone e Giuliana Senatore;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.È appellata la sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda) n. 01122/201 di reiezione del ricorso – originariamente proposto innanzi al Capo dello Stato – trasposto in sede giurisdizionale dal sig. Ingenito Alessandro avverso l’ordinanza di demolizione (n. 42 del 13 luglio 2018) del Dirigente del Settore Territorio, Ambiente ed Attività Produttive del Comune di Cava de’ Tirreni, avente ad oggetto gli interventi edilizi eseguiti senza titolo autorizzativo sull’immobile di proprietà, ubicato in Cava de’ Tirreni, alla via D’Ursi, n. 20, e censito in catasto al foglio 24, particella 279, sub 3.
Cumulativamente, il ricorrente ha impugnato la relazione tecnica di accertamento prot. n. 55384 del 31 maggio 2018 e gli atti connessi.
Interventi abusivi consistenti nella realizzazione di una porzione fuori sagoma dell’immobile in proprietà, nonché nel mutamento di destinazione di locali interni all’immobile anzidetto, da deposito a residenza (studio privato).
2. Nei motivi d’impugnazione, il ricorrente ha dedotto in fatto che la maggiore volumetria contestata risalirebbe ad epoca anteriore l’introduzione dell’obbligo di licenza edilizia ex art. 31, comma 1, della l. n. 1150/1942 per le costruzioni all’interno del centro abitato; che l’adottata misura repressivo-ripristinatoria non sarebbe stata adeguatamente motivata sotto il precipuo profilo dell’interesse pubblico e della sua ponderazione con l’interesse privato antagonista alla conservazione dei manufatti contestati, consolidatosi nell’arco temporale trascorso dalla loro costruzione abusiva.
3. Il TAR ha respinto il ricorso.
Richiamato il principio di vicinanza della prova ed il conseguente onere in capo all'interessato di dimostrare l'epoca di realizzazione di una costruzione, i giudici di prime cure hanno escluso che la maggiore volumetria contestata risalga ad epoca anteriore all’introduzione dell’obbligo di licenza edilizia.
Del pari, la planimetria catastale, risalente al 29 gennaio 1940, le aerofotogrammetrie del 1972 e 1985 non ritraggono, secondo il Tar, detta porzione immobiliare; e le dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà, alla stregua dell’orientamento giurisprudenziale consolidato, sono (state ritenute) inidonee ad assumere rilievo probatorio.
Sotto il profilo giuridico, i giudici di prime cure hanno ritenuto che l’ingiunta misura repressivo-ripristinatoria, in quanto atto dovuto e rigorosamente vincolato, è “affrancata dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore”.
4. Appella la sentenza il sig. Ingenito Alessandro. Resiste il Comune di Cava de’ Tirreni.
5. All’udienza pubblica del 7 luglio 2022 la causa, su richiesta delle parti, è stata trattenuta in decisione.
6. Coi motivi d’appello, il ricorrente ripropone i motivi d’impugnazione già dedotti in prime cure, lamentando i corrispondenti errori di giudizio commessi dal Tar nel respingere il ricorso.
Nel primo motivo d’appello si deduce la preesistenza del contestato ampliamento volumetrico ad epoca antecedente al 1942, ingiustificatamente denegata nella sentenza appellata.
I rilievi catastali e le aerofotogrammetrie del 1972 e 1985, unitamente alle dichiarazioni sostitutive di atto di notorietà versate in atti, integrerebbero il compendio probatorio da cui desumere l’epoca di realizzazione delle opere ante 1942.
6.1 Il motivo è infondato.
V’è prova – sulla base degli originari dati catastali – che l’ampliamento abusivo a forma di “L” è stato realizzato al posto di due manufatti completamente distinti e non comunicanti con l’edificio principale, destinati l’uno a pollaio e porcile, l’altro ad uso cucina.
Al loro posto, è stato realizzato un locale unico destinato a studio-abitazione.
E, con riguardo ai rilievi catastali, la c.d. planimetria catastale di primo impianto è difforme da quella attuale.
Quest’ultima – va sottolineato – non è affatto rappresentata nei grafici di progetto dei lavori assentiti col permesso di costruire n. 67 del 2013.
Né supplisce l’assenza di valida prova sulla preesistenza del manufatto, il rilievo d’aerofotogramma della Regione Campania relativa al volo del 1985 che, sebbene evidenzi all’epoca la presenza della porzione fuori sagoma, non consente d’accertare la sua preesistenza in epoca antecedente al 1942 né antecedente al 1967.
In aggiunta, l’immobile ricade in zona vincolata, oltretutto urbanisticamente ricompresa nel perimetro del Piano di recupero: da cui la rigorosa valutazione della prova della preesistenza dell’immobile nella consistenza volumetrica attuale.
Onere non affatto assolto dal ricorrente.
7. Col secondo motivo di appello, il ricorrente lamenta l’errore di giudizio in cui sarebbe incorso il Tar laddove ha omesso di considerare che il Comune ha precedentemente assentito dei titoli abilitativi in cui sarebbero state rappresentante le opere oggi controverse.
7.1 Il motivo è infondato.
Il contenuto degli atti del procedimento autorizzativo richiamati nel motivo in esame è, in proposito, dirimente.
Il Comune ha comunicato (cfr., nota prot. n. 34335 del 6 giugno 2012) i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza finalizzata al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica in considerazione dell’accertata difformità degli interventi indicati nell’istanza del 2011, rispetto ai grafici allegati in occasione della richiesta del permesso di costruire del 2003.
La volumetria abusiva non è rappresentata nella documentazione tecnica a corredo delle d.i.a. del 28 marzo 2008, prot. n. 187555, del 22 luglio 2008, prot. n.42665, e del 1° aprile 2008, prot. n. 19393, nonché della s.c.i.a. del 15 giugno 2011, prot. n. 34098.
In definitiva, l’ampliamento, oggetto della sanzione ripristinatoria impugnata, non risulta autorizzato da alcun titolo abilitativo che abbia esaminato, vagliandone la compatibilità, la rappresentazione progettuale dell’intervento edilizio.
Va ribadito che, ai sensi dell’art. 9 bis d.P.R. 380/2001, lo stato legittimo dell’immobile è quello corrispondente ai contenuti dei rispettivi titoli abilitativi, relativi non solo all’originaria edificazione, ma anche alle sue successive vicende trasformative.
L’autorizzazione di un singolo e sporadico intervento edilizio, ottenuta valendosi della disciplina semplificatrice della SCIA, non s’estende tout court all’intera struttura della costruzione abusiva su cui esso l’intervento incide.
In aggiunta, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, la mancata verbalizzazione dell’abuso nell’ultimo sopralluogo, effettuato (d.16 dicembre 2019) dalla polizia locale, non determina l’attestazione della conformità edilizia delle opere ivi realizzate in antitesi alla certificazione dello stato dei luoghi, contenuta nel verbale d’accertamento dell’inottemperanza redatto dagli stessi organi ispettivi.
Né in senso contrario milita l’archiviazione del procedimento penale promosso per gli stessi fatti dall’autorità giudiziaria, posto che detto provvedimento è autonomo rispetto a quello amministrativo ed ancorato a dei presupposti diversi e ad uno specifico metodo di valutazione (cfr., Cons. Stato, sez. II, 25 maggio 2020, n. 3315).
Lo scrutinio di legittimità del provvedimento amministrativo, a differenza di quello penale, fa infatti riferimento alla situazione di fatto e di diritto che all’amministrazione si prospetta al tempo della relativa adozione (cfr., Cons. Stato, sez. V, 2 luglio 2020, n. 4253).
L’ intervento edilizio realizzato senza titolo abilitativo, in area paesaggisticamente vincolata in assenza d’autorizzazione paesaggistica, integra – a prescindere dalla valutazione del grado di colpevolezza od imputabilità riscontrabile nella condotta dell’autore delle violazioni – un illecito ex se rilevante, sì da giustificare la reintegrazione dell’assetto urbanistico e paesaggistico violato.
8. Col terzo motivo d’appello, il ricorrente denuncia l’omessa valutazione dei dati catastali attestanti
l’uso residenziale protrattosi sine die, senza soluzione di continuità, nel tempo.
8.1 Il motivo è infondato.
I dati catastali non sono decisivi ai fini dell'accertamento della conformità urbanistico-edilizia di un immobile.
Il catasto si basa sulle comunicazioni e dichiarazioni dei soggetti interessati, sulle quali l'amministrazione finanziaria – non competente in materia di vigilanza edilizia – può, al più, esercitare un riscontro formale ab externo (cfr., Cons. Stato, sez. VI, n. 631/2015).
9. Col quarto motivo di appello, il ricorrente si duole dell’omesso scrutinio dei motivi d’impugnazione denuncianti le violazioni del procedimento conclusosi con la sanzione impugnata.
9.1 I motivi sono infondati.
Quanto all’omessa comunicazione di avvio del procedimento, va richiamato l’indirizzo giurisprudenziale consolidato, qui condiviso, a mente del quale l'attività di repressione degli abusi edilizi tramite l'emissione dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31 del d.P.R. 380 del 2001 costituisce attività di natura vincolata: “..conseguentemente non è assistita da particolari garanzie partecipative, tanto da non ritenersi necessaria la previa comunicazione di avvio del procedimento di cui all'art. 7 e ss. della l. 241 del 1990 agli interessati” (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2022, n. 310).
Relativamente al difetto di motivazione ed al lasso di tempo trascorso tra la realizzazione del manufatto e l’adozione della sanzione, va ribadito che l'ordine di demolizione di un manufatto abusivo è atto vincolato, come tutti gli atti sanzionatori in materia edilizia, tale da non richiedere una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di quest'ultimo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, tantomeno una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione.
Non occorre, pertanto, una motivazione specifica in relazione al tempo intercorso o alla proporzionalità della sanzione ripristinatoria, non risultando l’amministrazione procedente titolare di un potere discrezionale, implicante una scelta in ordine alla tipologia di sanzione in concreto da assumere.
Non dovendosi bilanciare l’interesse pubblico alla rimozione dell’abuso con l’interesse privato alla conservazione di un’utilità, risalente nel tempo, conseguita in assenza del necessario titolo abilitativo, la demolizione risulta congruamente motivata mediante la descrizione delle opere abusive e la constatazione della loro illiceità (cfr., in termini, Cons. Stato, ad. plen., n. 9/2017; Cons. Stato, Sez. VI, 31 dicembre 2021, n. 8767; Id., sez. VI, 17 agosto 2021, n. 5912; Id. sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7132).
10. Conclusivamente l’appello deve essere respinto.
11. Sussistono giustificati motivi, individuabili nella complessità della situazione di fatto sottesa alle questioni giuridiche dedotte in causa, per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa le spese del grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 luglio 2022 con l'intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente FF
Oreste Mario Caputo, Consigliere, Estensore
Stefano Toschei, Consigliere
Francesco De Luca, Consigliere
Thomas Mathà, Consigliere