Cass. Sez. III n. 33821 del 13 settembre 2021 (CC 26 giu 2021)
Pres. Di Nicola Est. Ramacci Ric. Di Benedetto
Urbanistica.Condono edilizio e legge reg. Sicilia 16\2016
La speciale procedura introdotta dalla legge reg. Sicilia 16/2016 si risolve sostanzialmente in una mera semplificazione procedurale che non può assolutamente prescindere dalla effettiva sussistenza dei requisiti di condonabilità previsti dalla disciplina nazionale (nella specie, quelli di cui alla legge 724/1994 sul condono edilizio). Da ciò consegue che anche con riferimento a tale particolare procedura resta fermo il potere dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la sussistenza effettiva di tali requisiti sostanziali e formali, non potendo il ricorso alla procedura semplificata e la mera presentazione di una perizia giurata impedire al giudice di effettuare una verifica del tutto identica a quella richiesta, riguardo alla disciplina nazionale.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Termini Imerese, quale giudice dell'esecuzione, con ordinanza del 2 febbraio 2021 ha revocato l'ordine di demolizione di un fabbricato disposto con sentenza emessa dal Pretore di Termini Imerese nei confronti di Elettra Di Benedetto in data 24 giugno 1994 ed irrevocabile il 21 giugno 1994 per violazione della disciplina urbanistica.
2. Avverso l'ordinanza propone ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica lamentando, con un unico motivo di ricorso, la violazione dell'art. 39, commi 4 e 21 della legge 724/1994 con riferimento all'art. 28 della legge regionale Sicilia n. 16/2016.
Rileva, a tale proposito, che il giudice dell'esecuzione ha ritenuto formato il silenzio assenso sull'istanza di condono presentata per l'immobile del quale è stata ordinata la demolizione, considerando sussistenti tutti i presupposti previsti dalla legge nazionale e valorizzando l'assenza di provvedimenti espressi di rigetto da parte della competente amministrazione comunale, senza tuttavia considerare che l'art. 39, comma 21 legge 724/1994 specifica che le disposizioni in esso contenute non si applicano alle regioni a statuto speciale se incompatibili con le attribuzioni previste dagli Statuti delle stesse e delle relative norme di attuazione.
Ciò premesso, ritiene incompatibile la disciplina del condono edilizio di cui alla citata legge con la legge regionale 16/2016 la quale, nell'art. 28, prevede la possibilità, per coloro che hanno presentato istanza di condono edilizio, di depositare una perizia giurata di un tecnico abilitato all'esercizio della professione attestante l'adempimento di una serie di formalità, la quale, trascorso il termine novanta giorni dalla data di deposito della perizia stessa, senza che sia stato emesso un provvedimento con cui viene assentito o negato il condono, acquista efficacia di titolo abilitativo.
Rileva, dunque, che tale norma deve considerarsi sostitutiva ed incompatibile con la procedura di condono edilizio prevista dalla legislazione nazionale la quale, pertanto, non potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.
Conseguentemente, sostiene che il giudice dell'esecuzione avrebbe errato nel valutare la sussistenza dei requisiti per la formazione del silenzio-assenso previsto dalla legislazione regionale ed incompatibile pertanto con quella nazionale, rilevando, altresì, che nella fattispecie tali presupposti non sarebbero sussistenti, non risultando presentata alcuna perizia giurata, neppure fuori termine, attestante i requisiti fissati dalla normativa regionale.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
2. La procedura di condono introdotta dalla Legge 724\94 prevede la possibilità tanto di una sanatoria espressa quanto di un provvedimento silenzioso di assenso.
In entrambi i casi devono sussistere tutti i requisiti di condonabilità previsti dalla legge per l’ottenimento della sanatoria e deve essere prodotta la documentazione richiesta.
Nel caso del condono per formazione del silenzio assenso, è richiesta non solo la presentazione dell’istanza di sanatoria, ma anche il pagamento integrale dell'oblazione ritenuta congrua secondo i criteri stabiliti dalla legge n. 47 del 1985, ora d.P.R n. 380 del 2001, il versamento degli oneri di concessione come determinati in via definitiva dal comune, l'adempimento delle altre condizioni richieste dalla norma, come la denuncia tempestiva ai fini dell'accatastamento ed il decorso del termine di uno o due anni dalla data di scadenza di quello per la presentazione della domanda senza l'adozione di un provvedimento negativo da parte del comune (Sez. 3, n. 4749 del 13/12/2007 (dep. 2008), Sannino, Rv. 238787). Il termine per la formazione del silenzio non decorre se non viene prodotta la documentazione richiesta, mentre l'omissione protratta dopo tre mesi dalla espressa richiesta di integrazione notificata dal Comune determina l'improcedibilità della domanda ed il conseguente diniego della sanatoria per carenza di documentazione (cfr., anche per i richiami alla giurisprudenza amministrativa, Sez. 3, Sentenza n. 3683 del 19/11/1999 (dep. 2000), PM in proc. Basile, Rv. 215459).
In tale ultima pronuncia, peraltro, si afferma che per la revoca dell'ordine di demolizione emesso con la sentenza di condanna è necessaria l’effettiva esistenza di un atto amministrativo di sanatoria, espresso o tacito e che in particolare, per l'assentimento silenzioso ex art. 39, comma 4, legge 724/1994 non basta l’avvenuta presentazione di una domanda di condono ed il versamento completo dell'oblazione autodeterminata, ma è altresì indispensabile che l'istanza sia corredata da tutti i documenti prescritti dalla legge e che sussistano tutti i presupposti di fatto e di diritto normativamente previsti per il rilascio del provvedimento espresso, requisiti da accertarsi dal giudice dell'esecuzione anche attraverso l'esercizio dei poteri riconosciutigli dall'art. 666, comma 5, cod. proc. pen.
Segnatamente, si specifica nella motivazione della richiamata sentenza, il giudice dell’esecuzione deve verificare: l'effettiva corrispondenza delle domande di sanatoria alle opere abusive realizzate in concreto; l'avvenuta presentazione, nei termini, di tutti i documenti previsti per legge; l'intervenuta presentazione all'ufficio tecnico erariale della documentazione necessaria all’accatastamento; il versamento integrale dell'oblazione effettivamente dovuta, non correlata alle determinazioni spontanee dell'autoliquidazione operata dalla parte interessata, bensì accertata secondo il giudizio di congruità demandato all’amministrazione comunale in relazione ai parametri stabiliti dalla legge; il versamento dei contributi concessori.
La necessità di tale concreta verifica da parte del giudice dell’esecuzione è peraltro evidente, poiché diversamente si consentirebbe all’amministrazione comunale, attraverso una pluriennale inerzia, volontaria o dipendente da altre cause, di paralizzare ad libitum l’esecuzione di una sentenza penale in attesa della definizione della pratica di condono.
L’art. 39, comma 21 della legge 724/1994 stabilisce che le disposizioni contenute nell’articolo medesimo non si applicano alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti delle stesse e dalle relative norme di attuazione ad esclusione di quelle relative alla misura dell'oblazione ed ai termini per il versamento di questa
3. La legge regionale 16/2016, richiamata dal Pubblico Ministero ricorrente, stabilisce, nell’art. 28, che i titolari degli immobili, che hanno presentato istanza di condono edilizio, possono depositare dalla data di entrata in vigore della legge medesima una perizia giurata di un tecnico abilitato all'esercizio della professione, iscritto in un albo professionale, attestante il pagamento delle somme versate per l'oblazione e per gli oneri di urbanizzazione, nonché il rispetto di tutti i requisiti necessari per ottenere la concessione in sanatoria, oltre la copia dell'istanza di condono presentata nei termini previsti dalla legge. Gli interessati, inoltre, per il periodo 2008-2013, allegano, ove previste, le ricevute di versamento delle imposte comunali sugli immobili e quelle per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani. Le pratiche sono sottoposte ad accertamenti a campione nella misura minima del 5 per cento delle perizie presentate e, trascorso il termine di 90 giorni dalla data di deposito della perizia, senza che sia stato emesso provvedimento con il quale viene assentito o negato il condono, la perizia acquista efficacia di titolo abitativo.
Si tratta, sostanzialmente, di una procedura semplificata per la definizione delle pratiche di condono la quale, come è evidente, presuppone una verifica soltanto eventuale da parte dell’autorità competente ed affida il controllo circa la sussistenza dei requisiti di condonabilità dell’opera ad un privato, ancorché tecnicamente qualificato e responsabile di quanto attestato nella perizia giurata.
Per ciò che riguarda la sussistenza dei rapporti tra la normativa nazionale e quella regionale, la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che, in ogni caso, le disposizioni introdotte da leggi regionali devono rispettare i principi generali fissati dalla legislazione nazionale e, conseguentemente, devono essere interpretate in modo da non collidere con i detti principi (Sez. F, n. 46500 del 30/8/2018, C., Rv. 274173; Sez. 3, n. 30657 del 20/12/2016 (dep. 2017), Calabro' e altro, Rv. 270210; Sez. 3, n. 28560 del 26/3/2014, Alonzo, Rv. 259938; Sez. 3, n. 2017 del 25/10/2007 (dep. 2008), Giangrasso, Rv. 238555; Sez. 3, n. 33039 del 15/6/2006, P.M. in proc. Moltisanti, Rv. 234935).
Con specifico riferimento alla legge regionale 16/2016 si è invece affermato, in relazione al condono di cui alla legge 326/2003, che l'iter procedimentale introdotto dal legislatore regionale non può consentire di superare i limiti sostanziali della disciplina dettata dalla disciplina nazionale (integralmente recepita, nella specie, da quella regionale), escludendo quindi che l'equipollenza al titolo abilitativo riconosciuta alla perizia giurata possa finire con il prevalere sulle limitazioni della disciplina generale rispetto a una certa tipologia di interventi, rispetto alla quale è stata espressamente esclusa l'operatività del condono (Sez. 3, n. 29986 del 5/3/2019, Bronzino, non massimata).
4. Nel caso di specie, il Pubblico Ministero ricorrente sostiene che la legislazione regionale richiamata in ricorso deve ritenersi sostitutiva ed incompatibile con la disciplina nazionale sul condono edilizio ed andava pertanto applicata e che la mancata presentazione della perizia giurata prevista dalla legge regionale avrebbe determinato l’insussistenza dei presupposti per l’adozione dell’ordinanza impugnata da parte del giudice dell’esecuzione.
Tale deduzione, ad avviso del Collegio, non coglie nel segno.
Deve infatti considerarsi che la speciale procedura introdotta dalla legge regionale si risolve sostanzialmente, come si è detto, in una mera semplificazione procedurale che non può assolutamente prescindere, come già evidenziato nella sentenza 29986/2019 sopra richiamata, dalla effettiva sussistenza dei requisiti di condonabilità previsti dalla disciplina nazionale (nella specie, quelli di cui alla legge 724/1994 più volte indicati dalla giurisprudenza di questa Corte).
Da ciò consegue che anche con riferimento a tale particolare procedura valgono i principi già enunciati da questa Corte circa il potere dovere del giudice dell’esecuzione di verificare la sussistenza effettiva di tali requisiti sostanziali e formali, non potendo il ricorso alla procedura semplificata e la mera presentazione di una perizia giurata impedire al giudice di effettuare una verifica del tutto identica a quella richiesta, riguardo alla disciplina nazionale.
Se, dunque, il giudice dell’esecuzione, come più volte affermato, nel caso in cui vi sia una istanza di condono o di sanatoria successiva al passaggio in giudicato della sentenza di condanna, ha l’onere di esaminare con attenzione i possibili esiti ed i tempi di definizione della procedura e, segnatamente, di accertare il possibile risultato dell'istanza e se esistono cause ostative al suo accoglimento e, nel caso di insussistenza di tali cause, di valutare i tempi di definizione del procedimento amministrativo e sospendere l'esecuzione solo in prospettiva di un rapido esaurimento dello stesso (cfr. Sez. 3, n. 25212 del 18/1/2012, Maffia, Rv. 253050; Sez. 3, n. 38997 del 26/9/2007, Di Somma, Rv. 237815), nonché di di verificare la legittimità e l'efficacia del titolo abilitativo eventualmente rilasciato (v. Sez. 3, n. 55028 del 9/11/2018, B., Rv. 274135; Sez. 3, n. 47402 del 21/10/2014, Chisci, Rv. 260972), ciò deve avvenire anche in caso di ricorso alla procedura semplificata regionale di cui si è detto.
Discende, da quanto appena osservato, che ciò che rileva è, in ogni caso, la sussistenza in concreto dei requisiti di condonabilità dell’opera ed è pertanto errato ritenere, come sostenuto in ricorso, che la mancata presentazione della perizia giurata possa impedire la formazione del silenzio assenso, anche perché, come si evince dalla mera lettura dell’art. 28 della legge regionale 16/2016, l’avvio della procedura semplificata è del tutto eventuale, essendo facoltà dei titolari degli immobili che hanno attivato la procedura di condono farvi ricorso, prevedendo testualmente la disposizione in esame che essi “possono” depositare la perizia giurata e da attivare la conseguente procedura.
Nel caso di specie, per quanto è dato rilevare dal provvedimento impugnato, unico atto, unitamente al ricorso, al quale questa Corte ha accesso, il giudice dell’esecuzione ha specificato di aver verificato la sussistenza di tutti i requisiti per la formazione del silenzio assenso sulla procedura di condono secondo la disciplina nazionale e tale valutazione, nulla rilevando il ricorrente sulle modalità dell’accertamento e sugli esiti dello stesso, risulta immune da censure.
5. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Così deciso in data 25/6/2021