T.A.R. PIEMONTE, Sez. I n. 29 del 14 gennaio 2011
Rifiuti. Tariffa
Il d.p.r. 158/99, nel generale contesto di passaggio da un regime tributario a uno tariffario, ha previsto l’introduzione del metodo normalizzato per la determinazione delle componenti di costo e in particolare ha precisato che, a regime, la tariffa dovrà coprire i costi di gestione dei rifiuti urbani; tra le rilevanti voci di costo ai fini del rispetto “dell’equivalenza tra tariffa e costi” l’allegato 1 del d.p.r. 158/99 inserisce tra i costi operativi di gestione anche i costi “spazzamento e lavaggio strade e piazze pubbliche”. Il previsto passaggio graduale dal regime di “tassa” a quello di “tariffa”, non impedisce che il metodo per il calcolo dell’aliquota tariffaria possa essere applicato anche prima di tale scadenza per il calcolo della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. E tanto specie ove il sistema inneschi un’accelerazione nel processo di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani da parte dei contribuenti.
N. 00029/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00781/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 781 del 2010, proposto da:
Ciro Marrazzo, Ugero Giorgio, Perna Francesco, Marcologno Claudio, Chiaveri Manuele, Chiaveri Mario, Frialdi Giuliano, Turolla Rolando, Preda Vittorino, Gurin Carlo, Prevedi Pierina, Alessi Giovanni, Valsecchi Armando, Tonello Elena, Valli Cesarino, Longobardi Giovanni, Massarotti Renato, Stefanoli Gianpiero, Forzani Ermanno, Sola Umberto, Branca Andrea, Sideri Gloria quale titolare della ditta Branca Carni di Sideri Gloria, Barcellini Diego, Barcellini Monica quale legale rappresentante della Afrodite s.n.c. di Barcellini D.& C, Andorno Emanuela quale legale rappresentante della Photottica Andorno di Andorno R. & E. s.n.c., Bernardinello Ezio, Cagnardi Massimo, Carletta Emma Maria, Piacente Rosa quale titolare della ditta Piacente Rosa Confezioni R.G., Villa Adriano, Di Canto Maria Francesca, Cagnardi Mario, Barcellini Angela, Paganotti Marina, Casalino Rinaldo, Costa Adriano, Ferrari Fausto, Croce Italo, Adamo Franco, Villa Paolo, Lucca Giuliana, Martinoli Luigi, Centro Cose s.r.l. in persona del legale rappresentante pro tempore Michelini Manuela, Quercioli Massimo, Bottelli Paolo in proprio e quale legale rappresentante della Onoranze Funebri Bottelli, Vezzù Pasqualino, Bertona Doris in qualità di titolare della lavasecco Bertona di Bertona Doris, Brusotti Tullio, Franco Francesco, Fiori Cristina in proprio e quale titolare della ditta Le Delizie di Cristina di Fiori Cristina, Il Gufo Nero s.n.c. in persona del legale rappresentante pro tempore Bertani Diego, Vergerio Bianca, Lualdi Maurizio, Costa Davide, Rovario Michele, Frincato Gianna in proprio e quale legale rappresentante della società Cambian Marino & C. s.n.c., Costa Massimo, Marcologno Renato, Agazio Aldo, Deboni Francesca, Gioria Giancarlo, Morino Perazzo Raffaella, Bonfante Gino Fausto, Clelia Gozzi, Gozzi Pietro, Giovanni Martinetti, Gianfranco Lodroni, Pasetto Luigi, Marcologno Bruno, Martelli Paola rappresentati e difesi dagli avv.ti Alessandra Carozzo, Mario Monteverde, con domicilio eletto presso l’avv.to Alessandra Carozzo in Torino, via Amedeo Avogadro, 26;
contro
Comune di Ghemme, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Chiara Servetti, con domicilio eletto presso l’avv.to Chiara Servetti in Torino, corso Vittorio Emanuele II, 82;
per l'annullamento
della delibera della Giunta Comunale di Ghemme n. 90 del 29.3.2010 di adeguamento tariffe per la Tassa Smaltimento Rifiuti Solidi Urbani per l’esercizio 2010, di approvazione delle tariffe riferite ai rifiuti ingombranti per l'anno 2010 e di fissazione delle nuove tariffe riferite alla pulizie delle aree di mercato;
della delibera della Giunta Comunale di Ghemme n. 145 del 12.05.2010, con la quale si rettifica la precedente ordinanza 90/2010;
del Regolamento Comunale per l'applicazione della Tassa Smaltimento Rifiuti Urbani Interni approvato con deliberazione del C.C. n. 36 del 30.10.1995, modificato con deliberazione C.C. n. 35 del 27/4/2007 e del. C.C. n. 27 del 18.4.2008;
nonché per l'annullamento di ogni atto presupposto, consequenziale e/o comunque connesso ai precedenti
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ghemme;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 la dott.ssa Paola Malanetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti, cittadini di Ghemme o titolari di imprese aventi sede in detto Comune, premessa l’autonoma impugnabilità del regolamento concernente la determinazione della Tarsu, hanno impugnato gli atti in epigrafe deducendo i seguenti vizi:
1) Violazione ed erronea applicazione dell’art. 130/R del Trattato dell’Unione Europea, dell’art. 15 della Direttiva CE 74/442, come modificata dalla Direttiva CE 91/156; la normativa europea imporrebbe infatti di quantificare l’obbligazione in questione in proporzione all’effettiva produzione di rifiuti e non, come avvenuto nel caso di specie, in relazione alla metratura dei locali, ovvero alla capacità contributiva dei contribuenti incisi.
2) Violazione di legge con riferimento all’art. 61 del d.lgs. 507/93 di superamento della copertura del costo di esercizio e mancata deduzione di una quota percentuale del servizio spazzamento; la citata disposizione prevede che, dal costo di gestione dei rifiuti, ai fini della determinazione del dovuto sia dedotta una quota percentuale del costo dello spazzamento. Tale operazione sarebbe stata omessa dell’amministrazione poiché scomputando la suddetta voce e considerando correttamente tutte le voci di ricavo (quali ad esempio conferimento rifiuti ingombranti, pulizia aree mercato, vendita dei sacchetti per raccolta rifiuti ecc.) i ricavi del servizio supererebbero i costi e quindi l’imposizione sarebbe esorbitante.
3) Violazione di legge con riferimento all’art. 69 del d.lgs. 507/93, eccesso di potere per carenza di motivazione e mancanza di istruttoria in ordine alla mancata analitica motivazione degli aumenti; l’invocata norma prescrive una analitica motivazione degli aumenti, carente nel caso di specie.
4) Violazione di legge in riferimento all’art. 69 del d.lgs. 507/93 ed eccesso di potere per contraddittorietà con precedenti provvedimenti della PA, ed in particolare con l’art. 7 del Regolamento Comunale per l’applicazione della Tassa smaltimento Rifiuti Urbani Interni per mancato rispetto del termine previsto del 31 ottobre per la deliberazione delle tariffe da applicare per l’anno successivo; l’impugnato regolamento è stato infatti tardivamente approvato in data 29.3.2010, oltre il termine legale.
Si costituiva l’amministrazione resistente deducendo di applicare tuttora la TARSU e non la TIA, pur avendo adottato il metodo normalizzato di cui al d.p.r. 158/99. Deduceva il Comune che, stante la perdurante mancata approvazione da parte del Ministero dell’Ambiente del regolamento attuativo della TIA, l’amministrazione si era determinata per continuare ad applicare la TARSU con deliberazione n. 90/2010; avvedutasi di un errore materiale degli uffici nel rapportare le tariffe ai dati di bilancio allegati alla deliberazione, con successiva deliberazione n. 145/2010, l’errore era stato rettificato, con riduzione della primigenia indicazione di somme dovute di circa il 10%.
Contestava parte resistente l’ammissibilità del censure sia per genericità sia per mancata individuazione dello specifico interesse all’applicazione del differente metodo invocato, sia per mancata contestazione a monte della legittimità della normativa nazionale che comunque consente il mantenimento del regime TARSU sino all’adozione del regolamento di attuazione della TIA. Quanto alla deduzione dei costi di spazzamento dal debito per la TARSU sostiene l’amministrazione resistente che numerose disposizioni transitorie ne hanno nel tempo consentito il computo nel complessivo contesto di addebito agli utenti del totale dei costi del servizio. Contestava infine l’amministrazione che dai dati di bilancio invocati da parte ricorrente fossero evincibili forme di doppio computo di voci di spesa, ovvero ancora risultassero omesse delle voci di entrata. Contestava nel merito le ulteriori censure.
Le parti hanno depositato ulteriori memorie in vista dell’udienza di merito.
DIRITTO
E’ pacifico tra le parti e in giurisprudenza che l’impugnativa del regolamento in contestazione sia ammessa.
E’ tuttavia parzialmente corretto quanto osservato da parte resistente in punto ammissibilità quantomeno della prima censura.
I ricorrenti agiscono “spendendo” diversi titoli di legittimazione in quanto, come si evince dall’intestazione del ricorso, taluni si fanno attori in proprio e altri si qualificano titolari di società o ditte individuali (alcuni ricorrenti agiscono anche nella doppia veste); poiché il cuore della prima censura si appunta sulle modalità di addebito del servizio smaltimento rifiuti (che pacificamente il Comune ha effettuato, secondo il meccanismo della TARSU, applicando coefficienti presuntivi che tengono conto della superficie degli immobili occupati e della tipologia di attività svolta e che i ricorrenti vorrebbero invece collegato all’effettiva produzione di rifiuti) è chiaro il potenziale conflitto di interessi sul punto tra i vari ricorrenti, soprattutto là dove i medesimi appartengono strutturalmente a diverse categorie di contribuenti (privati oppure operatori economici). Non è infatti dato evincere se dall’accoglimento della dedotta censura tutti i ricorrenti avrebbero un identico beneficio o se la diversa distribuzione del carico tributario non avrebbe piuttosto l’effetto di aggravare i costi per alcuni alleviandoli per altri.
In disparte per altro la questione di ammissibilità, poiché la censura si fonda sull’invocazione della diretta applicabilità della normativa comunitaria ed in particolare dell’art. 130 R del Trattato di Maastricht e connesso principio “chi inquina paga” nonché sul principio, dettato dalla direttiva CEE 91/156 del 18.9.1991, secondo cui il costo di smaltimento deve essere sostenuto dal detentore dei rifiuti, è dirimente, ai fini della reiezione nel merito della complessiva censura, quanto di recente affermato dalla Corte di Giustizia nella pronuncia 16.7.2009 in causa C 254/2008 avente ad oggetto una pronuncia pregiudiziale di compatibilità comunitaria della persistente disciplina italiana dettata dal d.lgs. 507/1993. Sul punto ha osservato la Corte che, poiché allo stato attuale del diritto comunitario non vi è alcuna norma che imponga agli stati membri un metodo preciso del finanziamento del costo di smaltimento dei rifiuti urbani mentre vi è un obbligo di risultato (garantire che tutti i detentori di rifiuti ne sopportino collettivamente e complessivamente l’onere), gli stati membri dispongono di “competenza in merito alla forma e ai mezzi per il perseguimento di tale risultato”. Conseguentemente “in tali circostanze, ricorrere a criteri basati, da un lato, sulla capacità produttiva dei «detentori», calcolata in funzione della superficie dei beni immobili che occupano nonché della loro destinazione e/o, dall’altro, sulla natura dei rifiuti prodotti, può consentire di calcolare i costi dello smaltimento di tali rifiuti e ripartirli tra i vari «detentori», in quanto questi due criteri sono in grado di influenzare direttamente l’importo di detti costi. Sotto tale profilo, la normativa nazionale che prevede, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), della direttiva 2006/12”.
Il primo motivo di ricorso non può pertanto trovare accoglimento.
Lamentano ulteriormente i ricorrenti che l’imposta determinata supererebbe i costi di esercizio, in particolare sul presupposto che non sarebbe stata dedotta dai costi la percentuale variabile del costo di spazzamento prevista in deduzione dall’art. 68 del d.lgs. 507/93.
Come osservato da parte resistente, tuttavia, il d.p.r. 158/99, nel generale contesto di passaggio da un regime tributario a uno tariffario, ha previsto l’introduzione del metodo normalizzato per la determinazione delle componenti di costo e in particolare ha precisato che, a regime, la tariffa dovrà coprire i costi di gestione dei rifiuti urbani; tra le rilevanti voci di costo ai fini del rispetto “dell’equivalenza tra tariffa e costi” l’allegato 1 del d.p.r. 158/99 inserisce tra i costi operativi di gestione anche i costi “spazzamento e lavaggio strade e piazze pubbliche”. Infine, come osservato da C. Stato sez. V n. 750/2009: “il previsto passaggio graduale dal regime di “tassa” a quello di “tariffa”, non impedisce che il metodo per il calcolo dell’aliquota tariffaria possa essere applicato anche prima di tale scadenza per il calcolo della tassa sullo smaltimento dei rifiuti. E tanto specie ove il sistema inneschi un’accelerazione nel processo di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani da parte dei contribuenti”. L’amministrazione ha specificamente motivato l’intento di perseguire la parità tra costi e tariffa, indicando anche la percentuale di costi che intende coprire.
L’intero conteggio sviluppato in ricorso parte dall’assunto del necessario scomputo della massima percentuale prevista in relazione al costo dello spazzamento e resta quindi superato dalla ritenuta possibilità di graduale avvicinamento della tassa alla integrale copertura dei costi.
Lamentano quindi i ricorrenti la mancanza di istruttoria e motivazione in ordine agli aumenti tariffari deliberati. Ritiene il collegio che la deliberazione risulti idoneamente motivata sia in relazione alla percentuale di costi che intende coprire, sia all’obiettivo di progressiva copertura dei costi del servizio, sia in relazione all’istituzione del nuovo servizio “porta a porta” sia in relazione al metodo di calcolo utilizzato per il computo, con rinvio agli allegati dati di bilancio ed allo studio IPLA per la valutazione della idoneità delle aree alla produzione di rifiuti.
Il motivo pare quindi infondato.
Palesemente infondata è infine l’ultima censura poiché, come evidenziato dal Comune resistente, il termine di deliberazione dell’imposta è connesso al termine di approvazione del bilancio previsionale (né sarebbe possibile la deliberazione di tariffe/tributi in parte legati a dati proprio del bilancio di previsione prima dell’approvazione di quest’ultimo) differito, per il 2010, al 30.4.2010.; a tale termine legale il regolamento comunale invocato effettua rinvio dinamico.
Conseguentemente l’impugnata deliberazione risulta tempestiva.
Il ricorso non può pertanto trovare accoglimento.
Considerata la complessità della vertenza nonché l’errore pacificamente effettuato dalla stessa amministrazione, che ha rettificato in riduzione le voci di imposta originariamente approvate avendo erroneamente addossato ai cittadini importi eccessivi, sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
Respinge il ricorso.
Compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 2 dicembre 2010 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario
Paola Malanetto, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/01/2011