AUTOSUFFICIENZA LIMITATA E SPECIALIZZAZIONE INTEGRATA DAL CRITERIO DI PROSSIMITA’.
Brevi note alla sentenza del Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 993, del 19 febbraio 2013 sull’illegittimità dell’estensione ai rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi del principio dell’autosufficienza locale
di Massimo MEDUGNO
nota: la sentenza in commento è leggibile qui
1.La sentenza del Consiglio di Stato (ri)torna su un principio noto e cioè quello l’esclusione della possibilità di estensione ai rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi del principio specifico dell’autosufficienza locale nello smaltimento.
Più precisamente essa afferma che “Alla luce della normativa comunitaria, il rifiuto è pur sempre considerato un “prodotto”, in quanto tale fruente, in via di principio e salvo specifiche eccezioni, della generale libertà di circolazione delle merci. Va quindi esclusa la possibilità di estensione ai rifiuti diversi da quelli urbani non pericolosi del principio specifico dell’autosufficienza locale nello smaltimento e va invece applicato anche ai rifiuti “speciali” non pericolosi il diverso criterio, pure previsto dal legislatore, della specializzazione dell’impianto di smaltimento integrato dal criterio della prossimità, considerato il contesto geografico, al luogo di produzione, in modo da ridurre il più possibile la movimentazione dei rifiuti, secondo la previsione dell’art. 22, comma 3, lettera c), del decreto legislativo n. 22 del 1997.”
Se è interessante l’esclusione della possibilità di estendere l’autosufficienza locale a rifiuti diversi da quelli urbani, forse più importante è la successiva affermazione: cioè che ai rifiuti speciali va invece applicato il criterio “della specializzazione dell’impianto di smaltimento integrato dal criterio della prossimità, considerato il contesto geografico, al luogo di produzione, in modo da ridurre il più possibile la movimentazione dei rifiuti”.
Ecco, quindi, in primo piano il criterio della “prossimità” in relazione al contesto geografico, al luogo di produzione e all’esigenza di ridurre la movimentazione dei rifiuti.
Ma andiamo con ordine,
2.Il nuovo comma 3 dell'art. 182 (come modificato dall'art. 8 del Dlgs n. 205/2010) prevede espressamente che “vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diverse da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l'opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.”
Ma in tema di autosufficienza e prossimità è fondamentale il nuovo art. 182 bis (“Principi di autosufficienza e prossimità”) come modificato dall'art. 9 del Dlgs n. 205/2010.
Il primo comma, infatti, prevede che lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani non differenziati siano attuati con il ricorso ad una rete integrata ed adeguata di impianti, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili e del rapporto tra i costi e i benefici complessivi, al fine di:
a) realizzare l'autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi e dei rifiuti del loro trattamento in ambiti territoriali ottimali;
b) permettere lo smaltimento dei rifiuti ed il recupero dei rifiuti urbani indifferenziati in uno degli impianti idonei più vicini ai luoghi di produzione o raccolta, al fine di ridurre i movimenti dei rifiuti stessi, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti;
c) utilizzare i metodi e le tecnologie più idonei a garantire un alto grado di protezione dell'ambiente e della salute pubblica.
Il successivo comma 2 prevede che sulla base di una motivata richiesta delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano, con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può essere limitato l’ingresso nel territorio nazionale di rifiuti destinati ad inceneritori classificati come impianti di recupero, qualora sia accertato che l’ingresso di tali rifiuti avrebbe come conseguenza la necessità di smaltire i rifiuti nazionali o di trattare i rifiuti in modo non coerente con i piani di gestione dei rifiuti.
L'ultima parte del secondo comma è particolarmente interessante: secondo questa disposizione può essere altresì limitato, con le stesse modalità, l’invio di rifiuti negli altri Stati membri per motivi ambientali, come stabilito nel regolamento (CE) n. 1013/2006. Tutti questi provvedimenti dovranno essere notificati alla Commissione europea.
In stretta connessione con queste disposizioni va considerato il comma 5 dell'art. 181 che introduce il concetto della “prossimità” agli impianti di recupero, secondo il quale “Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio ed al recupero è sempre ammessa la libera circolazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali ai sensi dell’articolo 212, comma 5, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero.”
3. L’art. 5 della Direttiva 75/442 (come modificata dalla Direttiva 91/156 e, poi, ripubblicata come Direttiva 2006/12) già prevedeva che gli Stati membri, di concerto con gli altri Stati membri, quando opportuno, adottassero le misure appropriate per una rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento. Questa rete avrebbe dovuto consentire alla Comunità di raggiungere, nel suo insieme l’autosufficienza in materia di smaltimento di rifiuti e ai singoli Stati membri di mirare al conseguimento di tale obiettivo, tenendo conto del contesto geografico o della necessità di impianti specializzati per determinati tipi di rifiuti. Tale rete, sempre secondo lo stesso art. 5, avrebbe dovuto, inoltre, permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più vicini..
Nell’art. 16 della Direttiva Rifiuti n. 98/2008 (recepita con il DLgs n. 205/2010) resta fermo il principio che gli Stati membri adottano le misure per la creazione di una rete integrata e adeguata di impianti smaltimento di rifiuto e di recupero dei rifiuti urbani non differenziati (“provenienti dalla raccolta domestica”).
Ciò include i casi in cui detta raccolta comprenda tali rifiuti provenienti da altri produttori, tenendo conto delle migliori tecniche disponibili (paragrafo 1)..
Vengono introdotte due significative (e attuali) novità nel successivo paragrafo 2.
La prima è la possibilità di limitare le spedizioni in uscita dei rifiuti per motivi ambientali ovvero qualora detti rifiuti non siano recuperati con standard equivalenti a quelli europei secondo quanto previsto dal Regolamento n. 1013/2006.
La seconda, in deroga al medesimo Regolamento n. 1013, riguarda la facoltà di limitare le spedizioni in entrata dei rifiuti destinati ad impianti di incenerimento qualora ciò producesse un impatto negativo sui piani di gestione nazionali 1.
4. Alla luce del principio dell’autosufficienza, già stabilito espressamente dall’art. 5, comma 3 , lett. a) del DLgs n. 22/97 (ed oggi dall’art. 182, comma 3 lett a) del DLgs n. 152/2006) il divieto di smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale era pienamente applicabile solo ai rifiuti urbani non pericolosi nonché ai rifiuti speciali assimilabili (sentenze n. 196 del 3 giugno 1998 e n. 335 del 19 ottobre 2001 della C. Costituzionale)2; dall’altro lato, si è invece statuito che il principio dell’autosufficienza locale e il connesso divieto di smaltimento di rifiuti provenienza extraregionale non possa valere per quelli “pericolosi”, i quali necessitano di processi di smaltimento appropriati e specializzati (sentenza n. 281 del 14 luglio 2000 della C. Costituzionale)3. Di recente la Corte Costituzionale (sentenza n. 10 del 23 gennaio 2009)4 ha dichiarato l’illegittimità della legge della Regione Puglia nella parte in cui limita lo smaltimento di rifiuti speciali (pericolosi e non) provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi in cui le strutture site nella Regione costituiscano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali..
5. E’ utile ricordare che le innovazioni introdotte dal D.Lgs. 205/2010 hanno interessato le modalità di procedura connesse all’elaborazione del Piano regionale (cfr. art. 199 d.lgs. 152/2006) discostandosi, in parte, dalle precedenti regole. E’ bene ricordare che i piani hanno per oggetto sia i rifiuti urbani che la gestione di quelli speciali.
Sin dal comma 1 del medesimo art. 199, infatti, viene integrato l’elenco degli articoli di riferimento in relazione ai quali è richiesto che il redigendo piano si uniformi al rispetto della normativa comunitaria.
Il piano deve rispettare:
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) le finalità (art. 177);
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) i principi generali di cui al Codice Ambientale (art. 178)
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) i neo elencati criteri di priorità nella gestione dei rifiuti (art. 179);
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) le regole di prevenzione della produzione (art. 180);
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) le previsioni in ordine al riciclaggio e recupero dei rifiuti (art. 181);
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) le regole dello smaltimento dei rifiuti (art. 182);
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I) i principi di autosufficienza e di prossimità (art. 182 bis);
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)la conformità ai criteri generali stabiliti dall'articolo 195, comma 1, lettera m)5.
Deve essere evidenziato che ai rifiuti generati nell’ambito del riciclaggio e del recupero una priorità sia in materia di smaltimento che di piani regionali viene assegnata agli (rispettivamente articolo 8, nuovo articolo 182 e articolo 19, nuovo articolo 199).
In particolare l'art. 199, comma 3 lett g) prevede che il piano regionale riguardi il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all'interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all'art. 200. Inoltre secondo lo stesso art. 199 il piano regionale deve assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti.
6. In conclusione l’autosufficienza locale sconta regole e limitazioni e non può essere estesa ai rifiuti speciali, riguardando solo gli urbani.
Diverso il caso del principio di prossimità la cui applicazione viene riconosciuta anche dal Consiglio di Stato.
Detto principio trova la sua esplicitazione in almeno due casi:
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nel comma 5 dell'art. 181 che introduce il concetto della “prossimità” agli impianti di recupero, secondo il quale per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destinati al riciclaggio (…), al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero;
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nell’art. 199 secondo cui il piano regionale deve assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti.
i
1 Peraltro, gli impianti di incenerimento di rifiuti solidi urbani potranno essere considerati impianti di recupero (allegato II) solo se la loro efficienza energetica sarà uguale o superiore a:
0,60 per gli impianti autorizzati o funzionanti prima del 1? gennaio 2009;
0,65 per gli impianti autorizzati dopo il 31 dicembre 2008.
In tema, si rinvia alle notazioni di valenza tecnica di A. MURATORI, “Gerarchia dei rifiuti: le diverse ?anime? della prevenzione e la ?società del riciclaggio?・, in questo Volume, Cap. IX, p. 227.
2 Pubblicata in www.cortecostituizionale.it.
3 Pubblicata in www.cortecostituzionale.it.
Pubblicata in www.cortecostituzionale.it
5 Art. 195, lett. m) “la determinazione di criteri generali, differenziati per i rifiuti urbani e per i rifiuti speciali, ai fini della elaborazione dei piani regionali di cui all'articolo 199 con particolare riferimento alla determinazione, d'intesa con la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, delle linee guida per la individuazione degli Ambiti territoriali ottimali, da costituirsi ai sensi dell'articolo 200, e per il coordinamento dei piani stessi”.