“La Gestione ed il Controllo dei Rifiuti nei Comuni”
Riflessioni e  considerazioni a due anni dall’applicazione della legge 68/2015

di Giuseppe AIELLO

Relazione Convegno del 03.03.2017 Castellammare di Stabia

Di Giuseppe Aiello (Comandante della Polizia Municipale di Lioni AV )

Premessa

Di solito non mi capita di dover chiarire gli interventi tenuti in ambito a convegni e seminari ma, alcune volte, quando la platea è variegata e gli argomenti molto tecnici ed ostici, soprattutto per i non addetti ai lavori, risulta assolutamente doveroso fornire post quelle spiegazioni tecniche che, per motivi di tempi ristretti, non è possibile fare in sala.

In occasione del seminario di studi tenutosi a Castellammare di Stabia in data 3.03.2017 mi furono assegnati una serie di argomenti da trattare:

La nuova disciplina dei rifiuti: principi generali, evoluzione normativa, ambito di applicazione della disciplina;

La Raccolta differenziata: legge 221/2015, penalizzazioni per chi non raggiunge gli obiettivi di raccolta differenziata e benefici per chi li raggiunge;

Un aiuto ai Comuni per migliorare i controlli e contribuire ad aumentare la percentuale di raccolta differenziata;

La difficoltà riconosciuta, sin dall’inizio, era quella di affrontare tutti gli argomenti, in modo semplice per la facile ed immediata comprensione di tutti, tenendo presente la composizione variegata della numerosissima platea e quindi gli interessi diversi di ogni singolo partecipante.

I molti addetti ai lavori appartenenti alle diverse polizie sia Locali che Nazionali, l’altrettanto nutrito gruppo dei rappresentanti del mondo del volontariato ambientale, i semplici cittadini e la rappresentanza qualificata di amministratori locali creavano prospettive di osservazioni da punti di vista totalmente diversi tra loro e quindi aspettative plurime assolutamente da tenere presente nella relazione.

Gli autorevoli interventi, dei relatori che mi avevano preceduto, avevano di fatto anticipato alcuni passi della mia relazione, soprattutto quello relativo all’approvazione della legge 68/2015 “legge degli eco delitti” esaltandone le potenzialità, infatti per alcuni di essi “la legge 68 rappresenta un punto di inizio di un cambiamento culturale della strategia a difesa del territorio” …. “ Nel passato qualsiasi tipo di reato, azione commessa contro l’ambiente… veniva multata con una contravvenzione ….. avrebbero dovuto pagare qualche ammenda e non andare in carcere”. Affermazioni che, per alcuni versi, condivido ma che, da un punto di vista tecnico- giuridico, cerco di analizzare e non posso esimermi anche dal criticare.

Una lettura di un editoriale di qualche tempo fa, che mi è rimasta impressa, riportava del grande filosofo torinese Norberto Bobbio (nato il 18.10.1909 e morto il 9.1.2004): “Se volete far tacere il cittadino che protesta, che ha ancora la capacità di indignarsi, dite che fa del moralismo”. In sostanza il dissenso, secondo il filosofo, anziché essere preso in considerazione, analizzato e capito, comunque apprezzato, viene sminuito, emarginato, comunque liquidato con valutazioni superficiali e di parte. Invece il dissenso, se condotto pacificamente, con lo strumento della parola e della dialettica, è il sale della democrazia.

Proprio tenendo presente quanto appena citato ho iniziato la mia relazione guardando alla legge 68/2015 da una prospettiva diversa, rispetto a quella mantenuta da chi mi aveva preceduto ed ha “responsabilità politiche”, da tecnico formatore che quotidianamente si imbatte in leggi ambientali scritte in modo maldestro e complicato per cercare di spiegare ed aiutare chi sta in strada, la trincea, ad applicarle compiutamente.

Inutile nascondere che il mio intervento, su un piano di cortese e costruttivo dibattito, ha suscitato da parte di altri relatori disappunto e non condivisione, lasciando una parte della platea disorientata ed al quanto incredula. In particolare le mie affermazioni, secondo cui il Codice dell’Ambiente non è più tanto un Codice ma è diventato negli anni il vestito di “arlecchino” per le tante pezze e rammendature varie cui è stato sottoposto torva riscontro nelle oltre 123 disposizioni legislative che, da quando è andato in vigore, hanno modificato diversi dispositivi del D.lgs 152/2006 rendendone ostica la lettura e per certi versi incomprensibile i loro contenuti. Chiedere a chi ci governa di elaborare un codice ambientale più semplice meno articolato e più comprensibile credo sia il desiderio di tutti gli addetti ai lavori e special modo di chi la legge è chiamata a farla rispettare. Nella parte che segue cercherò di chiarire le mie posizioni critiche sull’applicazione della legge 68/2015 che nell’ambito del seminario, forse, non hanno avuto esaustiva trattazione.

  1. Di fianco vengono posti a confronto l’art 624 del C.P. il furto con le disposizioni che regolano l’abbandono del rifiuti sia da parte della ditta sia da parte del privato, il sistema punitivo – previsione delle pene- del D.lgs 152/2006 è rimasto invariato anche dopo la Legge 68/2015 .

    Le previsioni Punitive del D.lgs 152/2006 sono rimaste invariate

1.1 L’abbandono di rifiuti in amianto sanzioni penali e amministrative anche dopo la legge 68/2015

La Legge 68/2015 ha lasciato sostanzialmente inalterata ed invariata la previsione punitiva dei reati contenuti nel Codice dell’Ambientale, caratterizzato da reati contravvenzionali per il 90% delle violazioni.

In relazione al caso su rappresentato si è messo in evidenza come il legislatore, nonostante l’approvazione della legge 68/2015, abbia lasciato inalterato il disequilibrio tra il furto di una mela , considerato delitto ai sensi dell’art 624 C.P. e la violazione di gestione illecita stabilità dall’ art. 256 T.U.A. rimasta ipotesi contravvenzionale.

La previsione illecita - divieto di Abbandono e di deposito dei rifiuti pericolosi in amianto - posta a confronto con il reato di furto è disciplinata dall’art. 192 T.U., secondo cui << 1. L'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. 2. È altresì vietata l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, nelle acque superficiali e sotterranee. 3. Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate. 4. Qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica ai sensi e per gli effetti del comma 3, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa, secondo le previsioni del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231, in materia di responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni.>>

L’illecito per abbandono e deposito incontrollato di rifiuti, a seconda di chi lo commette, (ditta / Enti o privati cittadini) può assumere una rilevanza penale o amministrativa; si configura nel momento in cui i rifiuti vengono “abbandonati” o “depositati in modo incontrollato” sul suolo e nel suolo, (del tutto irrilevante la natura pubblica o privata dell’area), oppure quando l'immissione di rifiuti di qualsiasi genere, allo stato solido o liquido, avviene nelle acque superficiali e sotterranee. L’accertamento dell’illecito costituito dall’abbandono di rifiuti prevede,“fatto salvo l’applicazione delle diverse sanzioni previste rispettivamente dagli articoli 255 (procedimento amministrativo a carico di soggetti formalmente privati) e 256 (procedimento penale a carico di titolari di imprese ed ai responsabili di enti), l’obbligo di rimozione da parte dei responsabili, nel caso contrario sarà eseguito a cura del comune, in danno dei soggetti obbligati con il successivo recupero delle somme anticipate. Quindi nel caso di rifiuti abbandonati contenenti amianto, anche dopo l’approvazione della Legge 68/2015, bisognerà verificare se l’autore dell’abbandono sia identificabile quale soggetto privato o imprenditori, rappresentanti di enti precisando che solo per questi ultimi è possibile applicare la sanzione penale con la conseguente possibilità di applicazione della misura cautelare del sequestro. In entrambi i casi sarà disposta da parte del Sindaco emissione di Ordinanza di rimozione e smaltimento. Pertanto considerato che i rifiuti in amianto sono sempre pericolosi e le onduline o qualsiasi altro materiale in amianto utilizzato in edilizia è individuato con il Codice CER 170605 equivalente a rifiuti di materiali da costruzione contenenti amianto, qualora il deposito sia stato effettuato dal privato, non essendo previsto il pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa , dovrà essere l’Autorità Amministrativa - Provincia - ad ingiungere la somma da pagarsi. Il verbale, da parte dell’organo accertatore, dovrà essere contestato alla parte con l’indicazione che non è possibile effettuare il pagamento in misura ridotta e che la somma verrà determinata dall’Autorità Competente. Il verbale a questo punto dovrà essere inviato al Dirigente preposto della Provincia per la determinazione di competenza come previsto dall’art. 262 del T.U.A. (competenza e giurisdizione). Nel caso in cui l’autore dell’abbandono del rifiuto contenete amianto riveste una particolare qualifica giuridica, quale il titolare di impresa (imprenditore individuale), e/o rappresentante di un ente, (rappresentante di una persona giuridica), è punito ai sensi dell’ art.256 c. 1 let.a-b), b) con la pena dell'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi, in tal caso dovrà essere data comunicazione di notizia di reato ai sensi dell’art 347 C.P.P. . Si deve rilevare che, qualora entrambe le figure considerate, soggetti privati o imprenditori, rappresentanti di enti, non ottemperino all’ordinanza di rimozione dei rifiuti emanata ai sensi dell’art 192 comma 3, verranno assoggettati all’azione penale, che ai sensi dell’art 255 comma 3, comporta la pena dell'arresto fino ad un anno.

  1. La legge 68/2015: una medaglia a due facce in un clima di incertezze;

IL 29 maggio 2015 è entrata in vigore la legge 22 maggio 2015, n. 68, (pubbl. in Gazzetta Ufficiale n.122 del 28 maggio 2015) che ha introdotto nell’ordinamento italiano il nuovo Titolo VI°-Bis del codice penale, rubricato ‘Delitti contro l’ambiente’, con fattispecie di aggressione all’ambiente costituite sotto forma di delitto ed ha aggiunto nel D.lgs 152/2006 una nuova parte VI bis. Da subito, la Legge 68/2015, si è presentata come una medaglia a due facce: quella più nota è data sicuramente dall’introduzione nel Codice penale del nuovo titolo, VI°-Bis, dedicato ai delitti contro l’ambiente; quella meno appariscente, ma per questo non priva di ricadute sul sistema dei controlli, si caratterizza dalla modifica al D.lgs 152/2006 con l’introduzione della parte VI bis (artt. 318-bis, 318-ter,318-qauter, 318-quinquies, 318-sexies, 318-septies e 318-octies)di una nuova “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale”, con la previsione di una nuova causa di estinzione del reato , il cui ambito applicativo rimane peraltro incerto, a causa di alcune incongruenze testuali. Le principali novità della riforma degli ecoreati, che sono stati poi trasfusi nel Codice Penale, sono senza dubbio determinati da un cambiamento davvero radicale del diritto penale ambientale, in quanto agisce su più fronti:

1) introduce nel Codice Penale un autonomo titolo riguardante i delitti ambientali;

2) prevede incriminazioni di danno e di pericolo concreto;

3) estende l’area applicativa di misure riparatorie e ripristinatorie;

4) modifica il regime di punibilità delle contravvenzioni ambientali.

La prima significativa novità è certamente costituita dall’inserimento dei delitti ambientali nel codice penale il cui maggior rigore repressivo è reso evidente da:

1) gli elevati livelli edittali di pena previsti che collocano le nuove incriminazioni nel novero dei reati più gravi; raddoppia il termine per la prescrizione di essi;

2) la scelta di un modello punitivo “totale” che incrimina progressivamente ogni livello di approfondimento dell’offesa all’ambiente;

3) la previsione di un’aggravante soggettiva comune ad effetto speciale che tipizza un nuovo reato di “dolo specifico ambientale”;

4) l’aumento di pena previsto per i casi di associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata a commettere delitti ambientali o a gestire o controllare attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici in materia ambientale (art.452-octies, co. 2).

5) la previsione di un reato-sbarramento quale il delitto di impedimento del controllo (art. 452-septies) in cui, come è evidente, l’offesa punita si rivolge soltanto indirettamente verso il bene ambiente e incide invece direttamente sulle funzioni amministrative di governo dello stesso.

Il nuovo Titolo del codice penale prevede 6 nuove fattispecie di reati contro l’ambiente (artt. Art. 452-bis c.p. - Art. 452-septies c.p.).

Il nuovo Titolo del codice penale prevede 6 nuove fattispecie di reati contro l’ambiente:

I nuovi “ecoreati” “Titolo VI-bis dei delitti contro l’ambiente”

Inquinamento ambientale

Art. 452-bis c.p.

Reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 100.000 euro per chiunque cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili:

  • delle acque o dell’aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

  • di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

La pena sarà ridotta da un terzo a due terzi in caso di delitto colposo.

Morte o lesioni come conseguenza del delitto di inquinamento ambientale

Art. 452-ter c.p.

  • Reclusione da 2 anni e 6 mesi a 7 anni se dall’inquinamento ambientale derivi una lesione personale;

  • reclusione da 3 a 8 anni in caso di una lesione grave;

  • reclusione da 4 a 9 anni in caso di una lesione gravissima;

  • reclusione da 5 a 12 anni in caso di morte della persona.

In caso di eventi lesivi plurimi e a carico di più persone si infligge la pena prevista per il reato più grave aumentata fino al triplo.

Disastro ambientale

Art. 452-quater c.p.

Reclusione da 5 a 15 anni per chiunque cagiona:

  • un'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema;

  • un'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali;

  • un’offesa alla pubblica incolumità.

Il delitto si considera aggravato se commesso in un’area protetta o sottoposta a vincolo o in danno di specie animali o vegetali protette.

La pena sarà ridotta da un terzo a due terzi in caso di delitto colposo.

Traffico di materiali ad alta radioattività

Art. 452-sexies c.p.

Reclusione da 2 a 6 anni e multa da 10.000 a 50.000 euro per chiunque “cede, acquista, riceve, trasporta, importa, esporta, procura ad altri, detiene, trasferisce, abbandona o si disfa illegittimamente di materiale ad alta radioattività ”.

Il delitto si considera aggravato nel caso in cui ne derivi un inquinamento o un disastro ambientale. La pena è aumentata fino alla metà.

Impedimento del controllo

Art. 452-septies c.p.

Reclusione da 6 mesi a 3 anni per chiunque impedisce, ostacola o elude l’attività di vigilanza e controllo ambientale e di sicurezza.

Omessa bonifica

Art. 452-terdecies c.p.

Reclusione da 1 a 4 anni e multa da 20.000 a 80.000 euro nel caso di inadempienza all’ obbligo di bonifica, ripristino o recupero dello stato dei luoghi.

2.1 il termine della prescrizione dei reati contravvenzionali resta invariato anche dopo la Legge 68/2015

Il tempo di prescrizione di un reato, dunque, è il periodo di tempo in cui lo Stato mantiene l’interesse a punire quel determinato fatto criminoso.

Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo alla pena stabilita dalla legge per il reato consumato o tentato, senza tener conto della diminuzione per le circostanze attenuanti e dell'aumento per le circostanze aggravanti, salvo che per le aggravanti per le quali la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria e per quelle ad effetto speciale, nel qual caso si tiene conto dell'aumento massimo di pena previsto per l'aggravante.

La prescrizione della pena è disciplinata dagli artt. 172 e 173 c.p.

L'art. 157 del codice penale,invece, così come modificato dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251, prevede che la prescrizione estingua il reato decorso il tempo corrispondente, al massimo, tra i due seguenti valori:

- massimo della pena edittale stabilita dalla legge per il singolo reato;
- sei anni, per i delitti, o quattro anni, per le contravvenzioni, ancorché puniti con la sola pena pecuniaria.

Detti termini, però, ricominciano a decorrere, in presenza di determinati eventi interruttivi espressamente indicati dal codice penale (es: disposizione dell'interrogatorio dell'indagato o la richiesta di rinvio a giudizio da parte del PM), ma non possono mai superare il tempo di prescrizione aumentato di un quarto. Altre cause di prolungamento della prescrizione sono poi determinate dalla contestazione di eventuali aggravanti specifiche.

In ogni caso, per determinare il tempo necessario alla prescrizione non vengono considerate né le attenuanti né le aggravanti, ad eccezione delle aggravanti che aumentano la pena di oltre un terzo e quelle per le quali la legge stabilisce una pena diversa. In tali casi si tiene conto dell'aumento massimo della pena prevista per l'aggravante. Quando la legge prescrive per un reato sia una pena detentiva che una pecuniaria, la prescrizione si calcola sulla sola pena detentiva. La legge, in determinate fattispecie, può prevedere una pena alternativa a quella detentiva e pecuniaria: in tal caso la prescrizione matura in tre anni.

La legge 68/2015 ha lasciato inalterata la struttura punitiva del Codice dell’Ambiente fatta eccezione della introduzione della nuova parte VI bis di cui si discuterà in seguito. Per quanto riguarda il termine della prescrizione la stesa ha previsto di lasciare inalterato il termine già stabilito generalmente per i reati contravvenzionali e quindi anche quelli previsti dal T.U.A. prevedendo un raddoppio dei termini per i delitti inseriti nel nuovo Titolo VI°-Bis del codice penale. La modifica riguarda l’art 157 del C.P.

Nessun ampliamento del termine di prescrizione per il 90% dei reati ambientali che restando reati contravvenzionali.

  1. La legge 68/2015 e le nuove procedure per i reati ambientali previsti dal T.U.A.;

La Legge 68/2015, con il comma 9 dell’art. 1, introduce in calce al testo del D.lgs. n. 152/2006 (c.d. TUA, Teso Unico Ambientale negli articoli 318 bis 318 octies) una nuova Parte Sesta-bis, intitolata “Disciplina sanzionatoria degli illeciti amministrativi e penali in materia di tutela ambientale” prevedendo una speciale causa di estinzione del reato contravvenzionale consistente nell’adempimento delle prescrizioni specificamente imposte dall’Autorità di vigilanza all’atto dell’accertamento della contravvenzione ambientale, e, accompagnato dal contestuale pagamento, a titolo di sanzione amministrativa, di una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione. Tale moderno istituto – richiama misure deflattive delle pene tradizionali in materia ambientale già ampiamente sperimentate in altri ordinamenti ossia in materia di sicurezza sul lavoro [cfr. quanto previsto dagli articoli 20 e segg. del decreto legislativo 19 dicembre 1994 n. 758, ora più generalmente richiamati dall’articolo 301 del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81]. La polizia Giudiziaria nel momento in cui accerta un reato ambientale contemplato dal D.lgs 152/20016 dovrà seguire le procedure previste come appresso delineate:

1) (Art. 318 bis Ambito di applicazione). Per tutti i reati contravvenzionali alle norme contenute nel D.lgs 152/2006, si dovrà verificare l’ambito di applicazione della nuova disposizione in quanto la nuova procedura si applica solo alle ipotesi contravvenzionali in materia ambientale previste dal D.lgs 152/2006 a condizione che non si sia cagionato danno o pericolo concreto e attuale di danno alle risorse ambientali, urbanistiche o paesaggistiche protette. Tra le maggiori difficoltà operative vi è quella di stabilire quali tipologie di reati contravvenzionali sono suscettibili dell’applicazione della nuova procedura estintiva a mezzo di prescrizione asseverata, se essa possa essere estesa a tutti i reati contravvenzionali inseriti nel T.U.A. oppure limitata solo ad alcuni di essi cioè quelli puniti con la sola pena pecuniaria (ammenda) ,alternativa ( Ammenda o arresto) congiunta (Ammenda e arresto), date le discordanze in ambito Nazionale è necessario attenersi alle disposizioni delle A.G. territorialmente competenti che su una unica cosa appaiono comunque concordi escludendo, dall’ambito di applicazione della procedura estintiva, le contravvenzioni punite con la sola pena dell’arresto.

2) Valutata la compatibilità delle nuove disposizioni al caso di specie riscontrato, l’organo di vigilanza, nell’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria di cui all’articolo 55 del codice di procedura penale, ovvero la polizia giudiziaria, oltre alla predisposizione degli atti di P.G., dovrà impartire al contravventore un’apposita prescrizione. La disposizione in esame (Art.318-ter. Prescrizioni) prevede che la stessa dovrà essere asseverata tecnicamente dall’ente specializzato competente nella materia trattata (ARPA/APPA o Enti diversi). Quindi si rileva che l’atto di prescrizione è riservato alla P.G. e non all’organo Tecnico ARPA , si ritiene, logicamente che nei casi in cui il tecnico ARPA/APPA sia in possesso della qualifica di P.G. possa procedere direttamente. In presenza di specifiche e documentate circostanze, non imputabili al contravventore, che comportano un ritardo nella regolarizzazione, il termine può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un periodo non superiore a sei mesi, con provvedimento motivato che è comunicato immediatamente al pubblico ministero. Resta fermo l’obbligo dell’organo accertatore di riferire al pubblico ministero la notizia di reato ai sensi dell’articolo 347 del codice di procedura penale.

3) Dopo aver assolto a queste nuove incombenze e a seguito della notifica della prescrizione sia al trasgressore sia al P.M., l’organo di vigilanza entro sessanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione ai sensi dell’articolo 318-ter, dovrà verificare se la violazione è stata eliminata secondo le modalità e nei termini indicati.

4) Quando risulta l’adempimento della prescrizione, l’organo accertatore ammette il contravventore a pagare in sede amministrativa, nel termine di trenta giorni, una somma pari a un quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, l’organo accertatore comunica al pubblico ministero l’adempimento della prescrizione nonché l’eventuale pagamento della predetta somma. Se invece risulta l’inadempimento della prescrizione, l’organo accertatore dovrà darne comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dalla scadenza del termine fissato nella stessa prescrizione stessa. In realtà la legge non specifica a chi competono i proventi per tale tipo di sanzione: sull’argomento non vi è univoco convincimento (vedere disposizione A.G. territorialmente competenti).

5) Se il pubblico ministero prende notizia di una contravvenzione di propria iniziativa ovvero la riceve da privati o da pubblici ufficiali o incaricati di un pubblico servizio diversi dall’organo di vigilanza e dalla polizia giudiziaria, ne dà comunicazione all’organo di vigilanza o alla polizia giudiziaria affinché provveda agli adempimenti di cui agli articoli 318-ter e 318-quater così come sopra riassunti.

6) Si prevede che Il procedimento penale venga sospeso dal momento dell’iscrizione della notizia di reato nel registro di cui all’articolo 335 del codice

di procedura penale fino al momento in cui il pubblico ministero riceve una delle comunicazioni di cui all’articolo 318-quater, commi 2 e 3, avvenuto o meno l’adempimento. L’art. 318-sexies al c.3 prevede che la sospensione del procedimento penale non preclude, da parte del P.M., la richiesta di archiviazione. Non impedisce, inoltre, allo stesso, l’assunzione delle prove con incidente probatorio, né gli atti urgenti di indagine preliminare, né il sequestro

preventivo ai sensi degli articoli 321 e seguenti del codice di procedura penale.

7) La contravvenzione si estingue se il contravventore adempie alla prescrizione impartita dall’organo di vigilanza nel termine ivi fissato e provvede

al pagamento previsto dall’articolo 318-quater; in questo caso, ai sensi dell’318-septies, il pubblico ministero richiede l’archiviazione .

8) Può comunque verificarsi che l’adempimento avvenga in un tempo superiore a quello indicato dalla prescrizione; se comunque tale adempimento risulta congruo a norma dell’articolo 318-quater, comma 1, ovvero l’eliminazione delle conseguenze dannose o pericolose della contravvenzione, avviene con modalità

diverse da quelle indicate dall’organo di vigilanza, gli adempimenti (diversi da quelli prescritti) saranno valutati dall’A.G. ai fini dell’applicazione dell’articolo 162-bis del codice penale (Oblazione discrezionale). In tal caso, la somma da versare è ridotta alla metà del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa.

9) Le norme che riguardano le nuove procedure introdotte dalla legge 68/2015 non si applicano ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della nuova disposizione.

Devo rilevare che da parte di numerosissime Procure sono state emanate linee guida tra di loro non sempre concordi e che, invece di chiarire le idee ai rappresentati delle diverse Polizie giudiziarie, hanno finito di mandare nello sconforto e forse nella disapplicazione della novella, (non mancano infatti testimonianze di operatori che si limitano a inviare, come una volta semplicemente la notizia di reato senza prescrizione asseverata) .

  1. Conclusioni

Ho notizia che la Commissione parlamentare di inchiesta sulla gestione dei rifiuti ha svolto una prima verifica sull’attuazione della legge 22 maggio 2015, n. 68 , basata su relazioni e documenti degli uffici giudiziari e di altri organismi (tra cui i rapporti del Servizio per il controllo parlamentare della Camera e di Legambiente) che forniscono valutazioni su alcuni aspetti critici della nuova normativa sia dal punto di vista interpretativo che organizzativo; il 23 febbraio 2017, infatti, è stata approvata la relazione doc. XXIII, n. 26.

Sono convinto che occasioni di confronto che consentono la partecipazione a tavoli tecnici di parte politica da un lato e di organi tecnici dall’altro, come avvenuto alla giornata di studio tenutasi a Castellammare di Stabia (NA), siano di fondamentale importanza per semplificare ed ottimizzare l’applicazione della normativa ambientale. Spero siano oggetto di riflessione del nostro legislatore le diverse considerazioni non tanto sull’efficacia ed efficienza della legge nella sua globalità, quanto su taluni aspetti problematici (meritevoli di ulteriore approfondimento) che si sono manifestati nel primo periodo di concreta applicazione della legge.