1.
La codifica dei rifiuti (CER, di cui alla decisione 94/3/CE, fedelmente
riprodotto nell’allegato A2 al d.lgs. n. 22/1997) è stata applicata
considerandola (erroneamente) non solo esaustiva, ma anche idonea ad
identificare le specifiche tipologie di rifiuti.
Nei
procedimenti e nei provvedimenti amministrativi, è ormai prassi generalizzata
(consolidata e ritenuta incontrovertibile) l’utilizzo del codice CER per
individuare i rifiuti oggetto del procedimento o del provvedimento: di norma, in
tutti gli atti abilitativi (approvazioni, autorizzazioni, iscrizioni all’albo
e nei registri provinciali, comunicazioni preventive abilitanti) i rifiuti
trattabili, recuperabili, smaltibili, trasportabili, ecc. sono individuati
esclusivamente (o comunque anche) tramite il codice CER.
2.
Con dec. 2000/532/CE (già oggetto di modifica con le successive dec.
2001/118/CE e dec. 2001/119/CE) è stato revisionato ed ampiamente modificato il
catalogo europeo dei rifiuti. Contestualmente è stato aggiornato l’elenco dei
rifiuti pericolosi, ora incorporato (o integrato) nel catalogo.
3.
Il nuovo CER dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2002 (la dec.
2000/532/CE, all’art. 4, dispone che «Gli Stati membri adottano le
misure necessarie per conformarsi alla presente decisione entro il 1° gennaio
2002»; ma la successiva dec. 2001/118/CE, che ha sostituito integralmente
l’allegato – ossia il catalogo – della precedente decisione, all’art. 2,
prevede che «La presente decisione si applica a decorrere dal 1° gennaio
2002»).
4.
La dec. 94/3/CE (CER attualmente in vigore riprodotto nell’all. A2 al
d.lgs. n. 22/1997) e la dec. 94/904/CE (vigente elenco dei rifiuti pericolosi
riprodotto nel’all. D al d.lgs. n. 22/1997) sono abrogate a decorrere da 1°
gennaio 2002 (dec. 2000/532/CE, art. 5).
5.
Con il nuovo CER vengono introdotti circa 470 nuovi codici e vengono
soppressi circa 280 codici originari. I 470 nuovi codici non sono meramente
sostitutivi dei 280 soppressi, nel senso che non in tutti i casi sussiste una
correlazione biunivoca tra uno (ed uno solo) dei codici soppressi ed uno o più
dei nuovi codici. Alcuni nuovi codici, poi, sono solo parziale specificazione di
codici già esistenti.
6.
Dei 470 nuovi codici circa 260 sono relativi a (“nuovi”)
rifiuti pericolosi.
Con
il nuovo CER viene inoltre reintrodotta, ai fini della classificazione dei
rifiuti, la necessità di eseguire, in molti casi, il controllo analitico:
nell’introduzione al nuovo CER, infatti, è tra l’altro previsto che «Se
un rifiuto è identificato come pericoloso mediante riferimento specifico o
generico a sostanze pericolose, esso è classificato come pericoloso solo se le
sostanze raggiungono determinate concentrazioni (ad esempio percentuale rispetto
al peso), tali da conferire al rifiuto in questione una o più delle proprietà
di cui all’allegato III della direttiva 91/689/CEE del Consiglio. Per le
caratteristiche da H3 a H8, H10 e H11 si applica l’articolo 2 della presente
decisione. Per le caratteristiche H1, H2, H9, H12, H13 e H14 l’articolo 2
della presente decisione non prevede al momento alcuna specifica».
7.
Anche a prescindere da ogni considerazione in ordine alla necessità o
meno di un provvedimento nazionale di attuazione (il nuovo CER ed il contestuale
nuovo elenco dei rifiuti pericolosi entreranno in vigore solo a seguito di
espressa modifica degli allegati A2 e D al d.lgs. n. 22/1997, oppure entrano
comunque in vigore “automaticamente” il 1° gennaio 2002 ?), è
tutt’altro che ipotetico il rischio di ritrovarsi il 1° gennaio 2002 (o in
qualunque altra data) in una situazione nella quale 470 “tipologie”
di rifiuti non possono essere trasportate, né smaltite, né recuperate perché
nessun trasportatore, nessun smaltitore e nessun recuperatore ha nei rispettivi
atti abilitativi i corrispondenti codici.
8.
Ancorché la codifica originaria e vigente sia dichiaratamente
incompleta, nella prassi amministrativa (generalizzata e incontroversa) la si è
voluta applicare come idonea a catalogare tutte le possibili tipologie di
rifiuti. Per coerenza, quindi, tutti i 470 nuovi codici devono essere comunque
in qualche modo ricondotti alla codifica originaria e tutti i 280 codici
soppressi debbono trovare una qualche rispondenza nel nuovo catalogo.
In
altri termini è giocoforza ritenere che comunque tutti i 470 nuovi codici
(nessuno escluso) sono già ricompresi nelle abilitazioni (iscrizioni ed
autorizzazioni) in essere (complessivamente considerate). Per converso, i
titolari di abilitazioni relative ai codici soppressi non possono trovarsi
menomati solo per il fatto che ai rifiuti che erano abilitati a trasportare,
smaltire o recuperare non sono più attribuibili i codici con i quali detti
rifiuti erano stati (improvvidamente) individuati.
9.
L’assenza di precise correlazioni biunivoche tra codici nuovi e codici
soppressi rende impossibile l’individuazione di un meccanismo di riconversione
automatica delle abilitazioni.
Ma
anche l’ipotesi di procedere alla previa formale revisione delle abilitazioni
non sembra seriamente prospettabile: anche a prescindere dalla “crisi di
rigetto” che provocherebbe in coloro i quali hanno appena faticosamente
concluso la revisione delle abilitazioni anteriori al d.lgs. n. 22/1997, tale
lavoro richiederebbe comunque tempi medio-lughi e, per evidenti ragioni di
eguaglianza, l’entrata in vigore del nuovo CER dovrebbe essere sospesa fino
alla avvenuta completa revisione di tutte le abilitazioni già rilasciate, la
qual cosa, per giunta renderebbe alquanto complicata anche la formulazione delle
abilitazioni nel frattempo ex novo rilasciate.
Per
quanto sopra esposto
a)
Si ha ragione
di ritenere che l’unica soluzione possibile sia la previsione di un periodo
transitorio a “doppia codifica”.
A
tal fine sarebbe necessario che venisse espressamente prescritto che dalla data
di applicazione del nuovo CER, “in via transitoria”, sui formulari (e
sui registri) a fianco del nuovo (e vigente) codice deve essere riportato anche
quello vecchio (e previgente).
b)
Si ha però anche ragione di ritenere che per evitare il ripetersi di
identiche situazioni critiche ad ogni futura variazione del CER, si dovrebbe
cogliere l’occasione per abbandonare la criticata prassi di utilizzare i
codici nei provvedimenti ed atti abilitativi, reintroducendo un più corretto
sistema di individuazione (in positivo e/o in negativo) delle tipologie dei
rifiuti tramite la loro descrizione merceologica e qualitativa.
D’altra
parte è noto come gli elementi che in termini tecnici costituiscono nei singoli
casi la discriminante tra i rifiuti accettabili e quelli non accettabili (e che
pertanto dovrebbero figurare negli atti abilitativi) di norma sono invece del
tutto ininfluenti sulla codifica e classificazione dei medesimi rifiuti.
A
maggior ragione, quindi, è opportuno abbandonare l’utilizzo dei codici
secondo la prassi corrente.
c)
Sempre in connessione con l’introduzione del nuovo CER, che, come s’è
accennato, ripristina la verifica qualitativa (tramite analisi) ai fini della
classificazione dei rifiuti, sarebbe opportuno cogliere l’occasione per
superare definitivamente la previgente distinzione tra “rifiuti tossici e
nocivi” e “rifiuti non tossici e nocivi”.
La
perdurante necessità di verificare se il rifiuto superi o meno, per le sostanze
di cui all’allegato al d.P.R. n. 915/1982, i limiti di cui alla deliberazione
interministeriale del 27 luglio 1984, discende dal fatto che:
•
tutt’oggi, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. i), del
d.P.C.M. n. 377/1988, sono sottoposti a valutazione di impatto ambientale in
sede statale gli “impianti di eliminazione dei rifiuti tossici e nocivi
mediante incenerimento, trattamento chimico o stoccaggio a terra”
•
e, come precisato dall’art. 57, comma 6-ter, del d.lgs. n.
22/1997, “… la procedura di cui all’art. 6 della legge n. 349/1986
[per il momento] continua ad applicarsi ai progetti delle opere rientranti
nella categoria di cui all’art. 1, lett. i), del d.P.C.M. n. 377/1988 …
relativa ai rifiuti già classificati tossici e nocivi”.
Tenuto
conto del carattere transitorio non solo dell’appena citato comma 6-ter
dell’art. 57 del d.lgs. n. 22/1997, ma addirittura anche dello stesso art. 6
della legge n. 349/1986, sembra giunto il momento per procedere alla pura e
semplice abrogazione dell’art. 1, comma 1, lett. i), del d.P.C.M. n.
377/1988, dando in tal modo automatica e completa attuazione a quanto in materia
previsto dal d.lgs. n. 112/1998.
Il
proposto intervento abrogativo, infatti, non contrasterebbe in alcun modo con le
direttive comunitarie, né determinerebbe alcun vuoto normativo, ma, si ripete:
automaticamente, ricondurrebbe in ambito regionale tutte le procedure di VIA
attinenti la gestione dei rifiuti, essendo già prevista, disciplinata e
demandata alle Regioni la VIA sugli impianti per rifiuti pericolosi.
Per
contro, il mantenimento della VIA statale sugli impianti per rifiuti tossici e
nocivi (ossia di un mero retaggio del passato che prima o poi comunque dovrà
essere rimosso), ossia il mantenimento solo a tali fini della categoria dei
rifiuti tossici e nocivi, con l’entrata in vigore del nuovo CER e delle
connesse nuove modalità di classificazione dei rifiuti, determinerebbe la
necessità in moti casi di esperire due diverse verifiche analitiche con
conseguenti inutili complicazioni ed appesantimenti.
Venezia, 31 luglio 2001