Cons. Stato Sez. V n. 2087 del 4 aprile 2011
Beni Ambientali.Annullamento autorizzazione paesaggistica
La decorrenza del termine di sessanta giorni, previsto dall'art. 82, nono comma, d.P.R. n.616 del 1977, per l'esercizio del potere di annullamento, da parte del Ministero dei beni culturali ed ambientali, dell'autorizzazione paesaggistica ex art.7 l. 29 giugno 1939, n.1497, inizia solo dal momento in cui la documentazione perviene, completa, all'organo competente a decidere, a meno che l'interruzione del termine non risulti pretestuosa e persegua fini meramente dilatori
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02087/2011REG.PROV.COLL.
N. 02423/2006 REG.RIC.
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2423 del 2006, proposto da:
Inzerillo Giovanni e Inzerillo Chiara, rappresentati e difesi dall'avvocato Valerio Barone, elettivamente domiciliati presso l’avvocato Giorgio Recchia in Roma, corso Trieste, 88
contro
Ministero per i beni e le attività culturali;
nei confronti di
Comune di Anacapri;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. CAMPANIA - NAPOLI: SEZIONE VI n. 00077/2005, resa tra le parti, concernente ANNULLAMENTO AUTORIZZAZIONE PAESAGGISTICA PER CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 marzo 2011 il consigliere Roberta Vigotti e udito per gli appellanti l’avvocato Barone;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Inzerillo Giovanni e Inzerillo Chiara, eredi del signor Inzerillo Giovanni, deceduto in data successiva alla pubblicazione della sentenza impugnata, chiedono la riforma della decisione con la quale il Tribunale amministrativo della Campania ha respinto il ricorso presentato dal de cuius avverso il provvedimento della Soprintendenza ai beni ambientali e architettonici di Napoli recante annullamento dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata il 5 marzo 1991 dal Sindaco di Anacapri al fine della sanatoria di opere realizzate in difformità dal progetto assentito, sanatoria concessa con provvedimento sindacale del 15 luglio 1992.
I) Espongono i ricorrenti che l’opera realizzata nel 1966 consiste nella trasformazione di una casa rustica in villetta ad uso residenziale, e che la difformità rispetto alla licenza edilizia rilasciata il 30 maggio 1964 previa autorizzazione soprintendentizia è stata causata dalla necessità di fornire l’immobile di una cisterna adeguata alle nuove esigenze abitative, con aumento del 33% del volume originariamente assentito; per mantenere il rapporto tra area scoperta e area coperta previsto nel progetto autorizzato, il ricorrente aveva acquistato un appezzamento di terreno confinante con la sua proprietà, asservendolo ad essa.
In data 14 febbraio 1986 l’interessato ha chiesto la sanatoria delle opere ai sensi dell’art. 31 legge 28 febbraio 1985, n. 47; dopo adeguata istruttoria, il 16 gennaio 1991la Commissione edilizia integrata ha espresso parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica e il Sindaco, con atto del 5 marzo 1991 ha rilasciato detta autorizzazione ai sensi delle leggi regionali della Campania 1° settembre 1981, n. 65 e 23 febbraio 1982, n. 10, determinando successivamente l’importo dell’oblazione dovuta e rilasciando il 15 luglio 1992 la concessione edilizia in sanatoria.
In data 14 luglio 1992 l’autorizzazione paesaggistica è stata trasmessa alla Sovrintendenza che, il successivo 29 luglio 1992 chiedeva al Comune la trasmissione di documentazione fotografica, peraltro già in suo possesso. Tale documentazione è stata inviata dal ricorrente con nota del 30 marzo 1993, ma la Sovrintendenza richiedeva nuovamente al Comune il 18 maggio 1993 documentazione grafica circa la difformità realizzata, e il ricorrente provvedeva in data 12 ottobre 1994, finché il 25 gennaio 1995 è stato emanato il provvedimento di annullamento oggetto del giudizio davanti al Tribunale amministrativo.
II) La sentenza impugnata ha respinto il ricorso rilevando che l’autorizzazione comunale ha omesso di motivare circa la compatibilità delle opere realizzate in difformità con il contesto ambientale tutelato mediante il vincolo paesaggistico posto sulla zona con decreto ministeriale del 20 marzo 1951, del quale provoca una modificazione non consentita dall’art. 82, terzo comma, d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616. Inoltre, secondo i primi giudici, il termine previsto per l’esercizio del potere di annullamento dall’art. 82 citato decorre dalla completa acquisizione degli atti da parte dell’Amministrazione di tutela, né si può applicare il divieto di reiterarne l’interruzione, previsto dall’art. 5 d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300 per fattispecie diverse, elencate in via tassativa.
Gli appellanti contestano entrambe tali considerazioni, opponendo, in particolare, la superfluità delle integrazioni richieste dalla Sovrintendenza, concernenti documenti già trasmessi dal Comune e dall’interessato, e la sostanziale innocuità dell’edificazione, che ha comportato riduzione dell’indice di fabbricabilità rispetto a quanto autorizzato.
III) L’appello è infondato.
Per principio consolidato in giurisprudenza, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la
decorrenza del termine di sessanta giorni, previsto dall'art. 82, nono comma, d.P.R. n.616 del 1977, per l'esercizio del potere di annullamento, da parte del Ministero dei beni culturali ed ambientali, dell'autorizzazione paesaggistica ex art.7 l. 29 giugno 1939, n.1497, inizia solo dal momento in cui la documentazione perviene, completa, all'organo competente a decidere, a meno che l'interruzione del termine non risulti pretestuosa e persegua fini meramente dilatori (Cons. Stato, VI, 19 giugno 2001, n.3233).
Quest'ultima ipotesi non ricorre nella fattispecie in esame, in quanto la Soprintendenza, con le note del 29 luglio 1992 e del 18 maggio 1993, ha richiesto notizie atte a chiarire aspetti rilevanti in ordine alla valutazione da compiere. A smentire l’intento dilatorio della prima domanda integrativa vale la successione delle date, dalla quale si ricava che la richiesta è immediatamente successiva alla ricezione della pratica, inviata dall’Amministrazione municipale il 14 luglio 1992, mentre la seconda concerne la rappresentazione del confronto tra l’assentito e il realizzato, della quale il ricorrente adduce la già avvenuta produzione nel procedimento, argomentandone la prova dalla mancata contestazione da parte dell’Amministrazione statale, costituitasi nel giudizio di primo grado.
Tale mancata contestazione, peraltro, non è idonea a smentire quanto ritenuto dal Tribunale amministrativo, che ha tratto, dal fatto che il ricorrente non ha fornito la prova che la documentazione richiesta fosse già agli atti della pratica, la convinzione dell’infondatezza della censura relativa alla strumentalità della richiesta istruttoria.
Quanto alla pretesa illegittimità della reiterazione dell’interruzione del termine assegnato per la verifica da parte della Soprintendenza, è sufficiente rilevare come solo con l’entrata in vigore del decreto ministeriale 19 giugno 2002, n. 165 (il cui articolo 3 modifica l'articolo 6 del decreto ministeriale 13 giugno 1994, n. 495), è stato introdotto il principio che il termine per la conclusione del procedimento di eventuale annullamento, nella materia in discorso, può essere interrotto per una sola volta. Ciò dimostra, con la specialità della norma, l’inapplicabilità della regola che gli appellanti pretendono di ricavare dall’art. 5 d.P.R. 26 aprile 1992, n. 300, il quale, comunque, come osserva il Tribunale amministrativo, non può trovare applicazione nella fattispecie in esame, che non rientra tra quelle previste in via tassativa negli allegati B) e C) del predetto decreto.
IV) Anche le ulteriori doglianze avanzate con l’appello, che attengono più propriamente al merito dell’apprezzamento dell’opera edilizia, sono infondate.
Il provvedimento impugnato in primo grado evidenzia l’insufficienza dell’Amministrazione comunale nel valutare l’impatto dell’opera, così come realizzata, rispetto al contesto di particolare pregio della zona nella quale essa incide, tutelata con specifico decreto di vincolo paesaggistico, e mette in risalto la consistenza degli ampliamenti al piano seminterrato e al piano terra dell’edificio preesistente, oltre che l’evidente alterazione delle quote altimetriche del terreno consistente, realizzata mediante consistenti sbancamenti. Nel porre tale motivazione a supporto del provvedimento tutorio di cogestione del vincolo (Cons. Stato, Ad.plen. 14 dicembe 2001, n. 9), la Sovrintendenza non ha sostituito la propria valutazione di merito a quella assunta dal Comune a supporto del rilascio dell’autorizzazione, ma ne ha censurato la illegittimità sotto il profilo della carenza di motivazione e, perciò, dell’eccesso di potere. Rispetto a questo nessuna rilevanza possono avere le circostanze sottolineate dagli appellanti, relative all’acquisizione di altro terreno sul quale diluire il rapporto tra superficie coperta e superficie scoperta, né la preesistenza della costruzione: aspetti che attengono al profilo edilizio, ma non impingono sul doveroso e completo apprezzamento della compatibilità con le esigenze di tutela paesaggistica.
V) In conclusione, l’appello deve essere respinto, ma le spese del giudizio possono essere compensate anche per questo secondo grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe indicato, lo respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 marzo 2011 con l'intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere
Claudio Contessa, Consigliere
Fabio Taormina, Consigliere
Roberta Vigotti, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 04/04/2011