TAR Lazio RM), sez. II-quater n.3153 del 6 marzo 2017
Elettrosmog.Sostituzione di impianti di telefonia

La mera sostituzione di antenne, parabole e apparati tecnologici preesistenti con manufatti similari non comporta la necessità di richiedere un nuovo parere paesistico, trattandosi di una duplicazione di titoli già ottenuti a suo tempo in contrasto con le esigenze di accelerazione della realizzazione della rete a banda larga sottese all'articolo 87-bis del D.Lgs. 259/2003 oltre che con il principio di economicità e non aggravamento dell'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e trattandosi comunque di opere di minimo impatto e sostanzialmente assimilabili a quelle di ordinaria manutenzione 


Pubblicato il 06/03/2017

N. 03153/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00258/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 258 del 2016, proposto da:
Soc. Wind Telecomunicazioni Spa, rappresentata e difesa dall'avv. Giuseppe Sartorio, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, Via della Consulta, 50;

contro

Comune di Civitavecchia, in persona del Sindaco p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Occagna, con domicilio eletto presso Antonino Galletti in Roma, Piazzale Don Giovanni Minzoni, 9;
Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo, in persona del Ministro p.t., costituitosi in giudizio, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

- della nota n. 80191 del 22 ottobre 2015 del Comune di Civitavecchia, con la quale è stata comunicata l'inefficacia della SCIA presentata il 23 settembre 2015 per l'adeguamento tecnologico di un preesistente impianto di telefonia WIND;

- del provvedimento prot. n. 79612 del 21 ottobre 2015 del Dirigente del Servizio Ambiente del Comune di Civitavecchia;

- del regolamento comunale approvato con delibera di C.C. n. 99 del 5 ottobre 2010;

- della delibera di C.C. n. 49 del 5 ottobre 2010.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Civitavecchia e del Ministero dei Beni e delle Attivita' Culturali e del Turismo;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 gennaio 2017 il dott. Francesco Arzillo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;


Considerato in fatto e in diritto:

1. La ricorrente Wind telecomunicazioni S.p.A. espone:

a) di aver realizzato, nell'anno 2009, un impianto di telefonia posto sul lastrico solare di un edificio sito in Via Adriana 1, censito catastalmente al fg. 16, p.11a 1326, sul quale erano stati acquisiti:

- il parere radioprotezionistico A.R.P.A. prot. n. 30646 del 31.11.2007;

- il parere della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale prot. n. 6125 del 24.07.2007 nel quale, in buona sostanza, si affermava che l'impianto - da posizionarsi su lastrico solare, non avrebbe avuto alcun incidenza nella zona archeologica "considerato che la realizzazione della stazione Radio Base consiste nell'installazione di tre antenne su palo in acciaio ancorato sul terrazzo dell'edificio in oggetto e che, quindi, non sono previsti movimenti di terra o scavi sull'area vincolata co D.M. 25/3/1953 e D.M. 22/1/1998, autorizza per quanto di stratta competenza l'esecuzione del progetto";

- l'autorizzazione ai sensi dell'art. 146 e 159 del D. Lgs. 42/2004, prot. n. 10368 del 23.06.2009, rilasciata dalla competente Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici nella quale si attestava che "la SRB sul lastrico solare ... di recente costruzione, privo di particolari caratteristiche architettoniche, posto al limite dell'edificato e contiguo ad un'area inedificata, non costituisce elemento dissonante con l'architettura dell'edificio e con il contesto urbano e paesaggistico circostante";

b) di aver presentato in data 23.9.2015 una S.C.I.A. ai sensi e per gli effetti dell'art. 87 - bis del D.Lgs. 259/2003, per l'adeguamento dell’impianto;

c) di aver ottenuto il parere favorevole dell’ARPA Lazio, di cui alla nota prot. 75261 del 24.9.2015;

d) con nota prot. n. 80191 de1 22.10.2015 il Responsabile S.U.A.P. del Comune di Civitavecchia ha comunicato l'inefficacia della S.C.I.A., richiamando, a proprio presupposto, il diniego prot. 79612/2015 del 21.10.2015, del Servizio Ambiente, Beni Culturali e Gestione del Territorio del medesimo Comune.

Con il presente ricorso la Wind telecomunicazioni s.p.a. impugna gli atti di cui al punto precedente, unitamente al regolamento comunale approvato con delibera di C.C. n. 99 del 5 ottobre 2010 e alla delibera di C.C. n. 49 del 5 ottobre 2010, proponendo sei articolati motivi aventi ad oggetto profili di violazione di legge ed eccesso di potere.

2. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Civitavecchia e il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, resistendo al ricorso.

3. Il ricorso è stato chiamato per la discussione all’udienza pubblica del 17 gennaio 2017 e quindi trattenuto in decisione.

4. I due provvedimenti comunali impugnati, considerati nel loro complesso, pur formalmente invitando Wind a presentare osservazioni ex art. 10 bis della L. 241/ 1009, in realtà hanno un contenuto decisorio negativo in ordine al prospettato intervento di adeguamento.

Essi si fondano (in sintesi):

- sul mancato preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica, in quanto l’area oggetto di intervento è gravata dal vincolo archeologico ed è tutelata per legge;

- sul contrasto con il combinato disposto tra l’art. 5 e l’art. 7 del vigente Regolamento comunale approvato con la deliberazione di C.C. n. 99 del 5.10.2010, in quanto l’impianto ricade nelle “Aree di cautela” nelle quali gli impianti preesistenti e già funzionanti non conformi alle prescrizioni di cui al medesimo regolamento devono essere ricondotti a conformità entro sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso;

- sulla rilevata non conformità del preesistente impianto alla previsione riportata nella planimetria "siti di installazione" allegata alla deliberazione di Consiglio Comunale n. 49 del 5/ 10/ 2010, che individua l’impianto in questione come impianto da ricollocare in nuovo sito;

- sul rilevato contrasto sia con l’apposito regolamento comunale relativo agli impianti per sistemi di telecomunicazioni approvato con deliberazione di C.C. n. 99 del 5.10.2010, che impone di raccordare le esigenze urbanistiche con quelle di minimizzazione dell’impatto elettromagnetico (con riferimento alla presenza dell’Ospedale civile, etc.), sia con la normativa edilizia ed urbanistica del vigente PRG.

5. Con i primi due motivi di impugnazione, da considerarsi congiuntamente, la ricorrente lamenta il palese difetto di istruttoria nel quale sarebbe incorsa l’Amministrazione comunale nel rilevare la presenza del vincolo archeologico e la connessa assenza dell’autorizzazione paesaggistica, in quanto:

- non è necessario un preventivo nulla osta archeologico per un intervento di riconfigurazione radioelettrica di un impianto già esistente sul terrazzo di un fabbricato: in particolare, si tratta della mera sostituzione di quattro antenne (primo e terzo settore) con altrettante aventi forma e dimensione similari e con un diverso orientamento delle antenne del terzo (da 340° a 310°) e con un diverso orientamento di una delle due antenne del secondo settore (da 230° a 170°) e dunque con un incremento di superficie del tutto ininfluente ai fini del vincolo paesaggistico (non superiore a 0,5 mq), in tutto e per tutto assimilabile ad un intervento di adeguamento del sito originario e come tale equiparabile ad un classico intervento di "manutenzione ordinaria";

- l'intervento in questione va ad insistere su di una palina già a suo tempo posizionata sul lastrico solare di una palazzina che non incide in modo alcuno sull'area archeologica non necessitando di alcun movimento di terra o di scavi;

- la competente Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Etruria Meridionale già con provvedimento prot. n. 6125 del 24.07.2007 aveva reso parere sul preesistente impianto, oggetto di adeguamento, rilevando che "la realizzazione della stazione Radio Base consiste nell'installazione di tre antenne su palo in acciaio ancorato sul terrazzo dell'edificio in oggetto e che, quindi, non sono previsti movimenti di terra o scavi sull'area vincolata con D.M. 25/3/1953 e D.M. 22/1/1998".

Essa invoca altresì l’applicazione dell’art. 6, comma 4 del decreto-legge n. 133 del 2014 (conv. dalla L. n. 164/2014), il quale così dispone: “In deroga all'articolo 146 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, non sono soggette ad autorizzazione paesaggistica l'installazione o la modifica di impianti delle reti di comunicazione elettronica o di impianti radioelettrici, da eseguire su edifici e tralicci preesistenti, che comportino la realizzazione di pali di supporto per antenne di altezza non superiore a 1,5 metri e superficie delle medesime antenne non superiore a 0,5 metri quadrati. Resta ferma l'applicazione degli articoli 20 e seguenti del codice di cui al citato decreto legislativo n. 42 del 2004, e successive modificazioni”.

5.1 Le censure sono fondate.

Alla stregua della documentazione in atti il Collegio ritiene che sia applicabile nella specie il criterio giurisprudenziale secondo il quale la mera sostituzione di antenne, parabole e apparati tecnologici preesistenti con manufatti similari non comporta la necessità di richiedere un nuovo parere paesistico, trattandosi di una duplicazione di titoli già ottenuti a suo tempo in contrasto con le esigenze di accelerazione della realizzazione della rete a banda larga sottese all'articolo 87-bis citato oltre che con il principio di economicità e non aggravamento dell'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (TAR Lazio, sez. Latina, 19 aprile 2016, n. 247); e trattandosi comunque di opere di minimo impatto e sostanzialmente assimilabili a quelle di ordinaria manutenzione (TAR Basilicata, sez. I, 31 luglio 2014, n. 532).

D’altra parte, la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale già con provvedimento prot. n. 6125 del 24.07.2007, aveva reso già reso il parere sul preesistente impianto, rilevando che “la realizzazione della stazione Radio Base consiste nell’installazione di tre antenne su palo in acciaio ancorato sul terrazzo dell’edificio in oggetto e che, quindi, non sono previsti movimenti di terra o scavi sull’area vincolata con D.M. 25/3/1953 e D.M. 22/1/1998”; mentre la Soprintendenza per i beni architettonici e Paesaggistici per le Province di Roma, Rieti e Viterbo con atto prot. 10368 del 23.6.2009, ha rilasciato in via surrogatoria l’autorizzazione paesaggistica, con prescrizioni.

In questo contesto, la menzionata previsione innovativa di legge, ancorché testualmente concernente la realizzazione di nuovi pali di supporto non può non applicarsi a fortiori e per evidente identità di ratio, al caso in cui si verifichi un modesto ampliamento delle superficie delle antenne non superiore a 0,5 mq., come nel caso di specie: fermo restando che ciò vale per il primo di questi interventi e non può valere per i successivi (dovendosi confrontare la variazione complessiva rispetto alla situazione di partenza).

E’ appena il caso di rilevare, comunque, che rimangono ferme le prescrizioni fornite con l’autorizzazione originaria (che prevede l’uso di pannellature in alluminio e pone comunque un limite di altezza max di 8 mt. dalla quota del pavimento del lastrico solare).

6. Con il quarto e il quinto motivo di ricorso si sostiene:

- che le delibere n. 49 e n. 99 del 5.10.2010, che prevedono la ricollocazione dei siti ed impianti preesistenti all'entrata in vigore del Regolamento tra cui proprio l'impianto di Via Adriana 1, risultino viziate per violazione del principio fondamentale che nega che si possa incidere - per effetto della sopravvenienza di uno strumento regolamentare, urbanistico o pianificatorio - sulla efficacia di titoli abilitativi precedentemente rilasciati e su impianti corrispondentemente installati ed esistenti;

- che il riferimento ad alcune aree di cautela nelle quali "in linea di principio” non è ammessa la localizzazione di NUOVI impianti, non è pertinente al caso in esame, nel quale si tratta di un intervento di adeguamento tecnologico di stazione già assentita che deve essere radioelettricamente adeguata: e del resto sarebbe arbitrario applicare questo divieto ad interventi relativi ad impianti preesistenti, con l'effetto di impedire il configurarsi di vere e proprie manutenzioni ordinarie, ai sensi dell'art. 3, comma 1, lett.a), del D.P.R. n.380/ 2001;

- che comunque la WIND non ha ottemperato, nella specie, al propedeutico obbligo di segnalare la difformità e dunque l'esigenza, pur contestabile, di ricollocazione dell'impianto;

- che la riconfigurazione progettata da WIND non può certo essere impedita per il fatto che esso afferisce un impianto, legittimamente autorizzato nel 2009, ma oramai in contrasto con la sopravvenuta regolamentazione Comunale approvata con la delibera n.99/ 2010;

- che in ultima analisi sarebbe contraddittorio che da un lato si cerchi di limitare le installazioni di nuovi impianti e dall'altro si impedisca di posizionare o addirittura sostituire le antenne laddove i siti siano già preesistenti.

6.1 Le censure sono fondate.

In primo luogo è evidente che le disposizioni relative all’installazione di nuovi impianti non possono applicarsi, per loro stessa natura, al semplice adeguamento di impianti preesistenti.

Ai fini che qui interessano, poi, il Collegio deve richiamare e confermare l’esegesi delle previsioni del regolamento comunale già adottata nell’ordinanza cautelare n. 2737/15 resa in un distinto giudizio), secondo cui l’art.5 del regolamento esclude (“in linea di principio” e salvo le eccezioni ivi previste) la localizzazione di nuovi impianti nelle aree di cautela di cui all’art.7, mentre, per quanto riguarda gli impianti già esistenti, così dispone:

A) il comma 5 dell’art.5 - che stabilisce che gli impianti preesistenti e già funzionanti non conformi alle prescrizioni di cui al medesimo regolamento devono essere ricondotti a conformità entro sei mesi dall’entrata in vigore dello stesso - non si riferisce agli impianti aventi sede al di fuori dei siti consentiti nel Regolamento vigente ma deve essere inteso con riferimento a quei piani di risanamento di cui all’art.9 commi 1 e 6 della legge n.36 del 2001 “al fine di adeguare, in modo graduale, e comunque entro il termine di ventiquattro mesi, gli impianti radioelettrici già esistenti ai limiti di esposizione, ai valori di attenzione ed agli obiettivi di qualità stabiliti secondo le norme della presente legge”; tant’è che prevede la sottoposizione all’approvazione comunale di un progetto di risanamento “concordato con la ASL e l’ARPA”: enti la cui mediazione sarebbe del tutto inutile ove la norma regolamentare de qua fosse da intendersi nel senso prospettato dall’amministrazione, e cioè nel senso che la riconduzione a conformità si impone per qualunque difformità da qualsiasi previsione regolamentare e dunque anche per gli impianti preesistenti nelle zone di tutela anche nel caso in cui detti impianti siano perfettamente rispondenti ai limiti, valori ed obiettivi sopra richiamati;

B) il comma 4 dell’art.7 del regolamento prescrive, per gli impianti già esistenti nelle zone di tutela, la loro (solo) “eventuale” rilocalizzazione e a tal riguardo riserva all’amministrazione comunale l’incombenza (entro i sei mesi successivi all’introduzione del regolamento) di provvedere alla “segnalazione” ai relativi gestori: adempimento questo che, dagli atti di causa, non risulta adempiuto e che non può ritenersi assolto dal mero richiamo dell’impianto nella planimetria allegata alla delibera di C.C. n. 49/2010 tra quelli da ricollocare in nuovo sito.

7. Con il nono mezzo di impugnazione la ricorrente lamenta il carattere generico e stereotipo della motivazione nella parte in cui essa rileva il contrasto degli elaborati di progetto “con la vigente normativa edilizia ed urbanistica del vigente PRG in quanto le interferenze dei valori previsionali del campo elettrico, magnetico o densità di potenza superiori ai limiti di esposizione di cui all'art.3 del DPCM 8.7.2003, impongono prescrizioni e/o limitazioni dei parametri edilizi ed urbanistici previsti per la zona (limitazioni alle destinazioni d'uso, minori altezze, minori volumetrie etc.) nei fabbricati adiacenti, risultando altresì pregiudizievoli nei confronti sia dei proprietari dei terreni confinanti che i proprietari degli immobili ubicati nel campo elettromagnetico intercettato dalle antenne di nuova installazione, portatori di qualificate posizioni di interesse legittimo all'osservanza nelle norme sullo sviluppo edilizio ed urbanistico del territorio".

7.1 La censura è fondata, dato che questa motivazione da un lato non indica con precisione quali siano le disposizioni di PRG che si assumono violate, limitandosi a identificare un diritto dei confinanti a una tutela prospettica delle proprie aspettative edificatorie, che sarebbero lese da una sorta di servitus altius non tollendi, in rapporto a situazioni in realtà meramente potenziali e non rilevanti allo stato, e comunque derivante dal rilievo di parametri radioprotezionistici la cui valutazione è rimessa all’ARPA e alle ASL nell’esercizio delle proprie ordinarie competenze.

8. Le suesposte considerazioni sono sufficienti per annullare integralmente il diniego risultante degli impugnati provvedimenti n. 80191 del 22 ottobre 2015 e n. 79612 del 21 ottobre 2015 del Comune di Civitavecchia.

8.1 Non vi è invece luogo, per carenza del relativo interesse, a una pronuncia di annullamento delle previsioni regolamentari approvate con la deliberazione di C.C. n. 99/2010 qui impugnate (mentre il richiamo alla deliberazione di C.C. n. 49/2010 - relativa ad altra materia - è la conseguenza di un mero errore materiale del Comune nei menzionati provvedimenti).

Restano assorbite le rimanenti censure non esaminate.

9. Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione, e per l’effetto annulla gli atti ivi indicati al punto 8.

Dispone la compensazione delle spese e delle competenze di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2017 con l'intervento dei magistrati:

Leonardo Pasanisi, Presidente

Francesco Arzillo, Consigliere, Estensore

Stefano Toschei, Consigliere

         
         
L'ESTENSORE        IL PRESIDENTE
Francesco Arzillo        Leonardo Pasanisi