CORTE DEI CONTI PROCURA REGIONALE PRESSO LA SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
RELAZIONE
del Procuratore Regionale
dott. Arturo Martucci di Scarfizzi
in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2008
(si ringrazia l'Avv. M. Balletta per la segnalazione)
RELAZIONE
del Procuratore Regionale
dott. Arturo Martucci di Scarfizzi
in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2008
(si ringrazia l'Avv. M. Balletta per la segnalazione)
omissis
I - EMERGENZA RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI SOLIDI URBANI
Lo scorso anno il capitolo sull’emergenza rifiuti - che già dal 2005 era inserito a pieno titolo nella Relazione della Procura regionale - apriva con queste parole: “Si tratta di un aggiornamento che ci si augurava di non dover fare, ma la realtà operativa e gli atti normativi intervenuti mostrano che non si è fuori dall’emergenza rifiuti e che si stenta oltremodo a tenere sotto controllo una situazione sempre meno gestibile”.
Nell’anno appena concluso, e purtroppo anche all’inizio del 2008, la situazione della raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti nella Regione Campania, in particolare a Napoli e in provincia, si racchiude nelle parole che provengono da Tribune alte e istituzionalmente qualificate: crisi drammatica, tragedia, disastro.
Aggiungere la voce della Procura regionale a questo già autorevole coro può sembrare ai meno attenti anche ripetitivo e non utile alla risoluzione di problemi pratici e tecnici che certo non rientrano nei compiti della Procura stessa.
Ma non possono non sottolinearsi fatti e circostanze che erano di fin troppo facile previsione, anche se gli effetti devastanti registrati nel recente periodo sono andati molto al di là delle più nere attese: al fiume di denaro inutilmente e spesso illegittimamente speso negli ultimi anni, si è aggiunta ora un’emergenza sanitaria, ambientale, economica, che ha già iniziato a produrre e produrrà effetti deleterei sull’assetto socio - economico campano e, quindi, anche sulle finanze pubbliche a causa dei fondi pubblici che dovranno essere impiegati per tentare di porre rimedio a questa vicenda che ormai da tutti (mezzi di comunicazione, cittadini, istituzioni) è stata definita disastrosa.
E’, infatti, quello delle finanze pubbliche, il solo aspetto che interessa l’Ufficio Requirente, e non altri, poiché occorre restare doverosamente nell’ambito delle proprie competenze.
Basterà brevemente rammentare che il ciclo integrato dei rifiuti si articola, per grandi linee, in varie fasi: raccolta differenziata; trasporto dei rifiuti agli impianti per la produzione di CDR; lavorazione dei rifiuti da parte degli impianti di CDR che producono le cosiddette “eco-balle”, ormai non più contenenti CDR, bensì materiale declassato a CER e stoccate presso siti provvisori in quantità stimate a circa 4,5 milioni di tonnellate, la F.O.S. ( frazione organica stabilizzata), che dovrebbe poi essere trattata in impianti di compostaggio, quasi inesistenti in Campania , infine, i Sovvalli (scarti); alla fine del ciclo, le eco-balle dovrebbero essere combuste nei termovalorizzatori, producendo energia e, a loro volta, scorie o ceneri.
Ebbene, in Campania, nessuna di queste fasi è rientrata nei parametri di legge, nei tempi di legge, nei costi previsti, di guisa che nessun prodotto del ciclo è quello che dovrebbe essere, nessun risultato è stato raggiunto.
La raccolta differenziata, fissata per legge ad una originaria percentuale del 35%, raggiunge in Campania - secondo i dati disponibili - a stento l’11%, con la punta minima proprio per la Provincia di Napoli, al di sotto dell’8% e dello stesso Comune di Napoli, al di sotto del 7%: a livelli leggermente migliori si attestano le altre province, con una eccezione degna di nota, quella di Salerno, che sfiora il 20% ed è pur sempre molto al di sotto del limite di legge.
Per valutare appieno questi dati basti rilevare che già la raccolta percentuale legale del 35% (prevista per il 2006) si pone al di sotto di una soglia ritenuta scientificamente “sicura” che si attesterebbe intorno al 60% - 65%.
Infatti, in virtù del Decreto Legislativo 3-4-2006 n. 152 e della Legge 27-12-2006 n. 296 è prevista la raccolta differenziata con i seguenti tempi: almeno il 35% entro il 31-12-2006; almeno il 40% entro il 31-12-2007; almeno il 45% entro il 31-12-2008; almeno il 50% entro il 31-12-2009; almeno il 60% entro il 31-12-2011 e almeno il 65% entro il 31-12-2012.
Ciò significa che fermarsi intorno all’11% determina un conferimento agli impianti di CDR di quasi il 90% di raccolta non differenziata,con effetti problematici sul funzionamento degli impianti, ma anche con aumenti dei prodotti destinati allo smaltimento finale con conseguente necessità di maggiori volumetrie per discariche e anche per siti di stoccaggio delle eco-balle.
Siamo, quindi, alla seconda fase: quella della lavorazione.
Dopo numerosi sequestri degli impianti di CDR, susseguitisi nel tempo, la Procura della Repubblica di Napoli, a conclusione di una lunga e approfondita indagine, ha formalizzato in data 31-7-2007 una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 28 persone con contestazione di illeciti, sia a rappresentanti della FIBE, società di gestione del ciclo rifiuti, sia nei confronti di altri soggetti della struttura pubblica commissariale, ivi compreso un precedente Commissario Straordinario, anche Presidente della Giunta regionale, assumendo rilievo altresì l’Ordinanza applicativa della misura cautelare interdittiva (peraltro impugnata) e sequestro preventivo nei confronti di IMPREGILO S.p.A., FIBE S.p.A., FIBE Campania e FISIA Italimpianti S.p.A. ad opera del GIP presso il Tribunale di Napoli.
Questo Requirente, ricevuti gli atti dalla Procura della Repubblica e profilandosi ingenti danni erariali, sia sotto l’aspetto della conduzione degli impianti, sia sotto quello dei mancati controlli, ha già richiesto la costituzione in mora dei soggetti innanzi richiamati.
Gli esiti del procedimento penale potranno porre in luce ulteriori e più profondi aspetti valutabili da questo Ufficio.
Quanto alla fase finale - quella dei termovalorizzatori - se ne sconta anzitutto il grande ritardo nella costruzione poiché solo quello di Acerra è da tempo in via di “ultimazione”, quello di Santa Maria La Fossa ha ricevuto in tempi relativamente recenti le necessarie autorizzazioni sotto il profilo dell’impatto ambientale, mentre per altri, eventuali, si è solo allo stato di previsione negli ultimi provvedimenti di inizio 2008.
E’ lecito chiedersi, però, anche una volta entrato in funzione il termovalorizzatore, quale sarà il tipo di prodotto che dovrà essere bruciato poiché le attuali eco-balle non ne posseggono l’idoneità e, quindi, presumibilmente, il problema consisterà anche nello smaltimento delle eco-balle già prodotte, con prevedibili costi che inevitabilmente ricadranno sulle pubbliche finanze.
Nel corso del 2007 vi sono stati importanti interventi normativi riguardanti l’emergenza rifiuti.
Premesso che con Decreto del 25-1-2007 era stato prorogato lo stato emergenziale fino al 31-12-2007, dopo l’ennesima crisi acuta del giugno 2007 è intervenuta la Legge 5-7-2007 n.87 che ha convertito in Legge, con modificazioni, il Decreto Legge 11-5-2007 n. 61, recante interventi straordinari per superare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e per garantire l’esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.
Nelle varie previsioni normative spiccano quelle sulla apertura delle discariche (individuati i siti di Serre, Savignano Irpino, Terzigno e Sant’Arcangelo Trimonte) e il Piano per il ciclo integrato dei rifiuti che il Commissario Delegato avrebbe dovuto adottare entro 90 giorni, indicando le priorità delle azioni di prevenzione, produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, dovendosi assicurare la piena tracciabilità del ciclo dei rifiuti, l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e un elevato livello di tutela ambientale e sanitaria.
Viene anche statuito l’obbligo dei Comuni campani di avvalersi in via esclusiva per lo svolgimento dei servizi di raccolta differenziata dei Consorzi di Bacino ex L.R. n. 10/1993 che utilizzano i lavoratori socialmente utili, prevedendo un particolare regime contrattualistico di salvaguardia; ma vi è anche la previsione che il Commissario Delegato possa accorpare o sciogliere i Consorzi che non rispettano le regole.
Venivano poi nominati i presidenti delle Province quali sub Commissari in modo da favorire un graduale rientro alle competenze ordinarie ed operare un raccordo con l’Organo straordinario.
Il Prefetto di Napoli, nominato Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza con OPCM del 6-7-2007, ha depositato alla fine del 2007 il suddetto Piano che insieme al Piano rifiuti speciali e al Piano Bonifiche, la cui redazione è di competenza regionale (la Giunta regionale, con deliberazione n. 1826 del 18-10-2007 ha affidato all’ARPAC la redazione dell’adeguamento del Piano Stralcio Rifiuti Speciali), dovrebbe dar vita al Piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti previsto dalla Legge regionale n. 4 del 28-3-2007 con la quale si prevede, tra l’altro, l’istituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) che, in sede di prima applicazione, coincidono con ogni circoscrizione provinciale (per la Provincia di Napoli si può procedere alla istituzione di due A.T.O.).
Si rileva al riguardo che la Legge Finanziaria per il 2008, all’art. 2, comma 38, affida alle Regioni la rideterminazione degli A.T.O.
Nel corso dell’anno sono state anche approvate due relazioni (giugno 2007 e dicembre 2007) della Commissione bicamerale parlamentare d’inchiesta, già operativa e concludente nella precedente Legislatura.
La suddetta Commissione esprime un giudizio negativo sull’apparato commissariale che, nel corso degli anni, ha rivelato inefficienze strutturali sì da consigliarne il superamento con rientro del personale alle Amministrazioni di appartenenza.
Altra severa indicazione viene dalla suddetta Commissione, sull’urgenza di procedere al completo smantellamento delle strutture consortili, facendo venir meno anche l’esclusiva competenza degli stessi in materia di raccolta differenziata e prevedendo per i lavoratori circuiti di mobilità all’interno del piano regionale e dei connessi piani provinciali.
Si ritiene indispensabile separare, afferma la Commissione bicamerale, le necessarie politiche sociali di sostegno agli investimenti e all’occupazione dalle politiche di gestione del ciclo dei rifiuti, facendo sì che queste ultime non siano più utilizzate come forme improprie di ammortizzatori sociali, con effetti negativi evidenti.
L’organo parlamentare suggerisce - e la proposta è stata fatta propria dal Commissario Delegato - l’utilizzo dello strumento della “Intesa istituzionale di programma”e del connesso “Accordo di programma quadro” di cui all’articolo 2, comma 203, lettere b) e c), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, per governare la transizione verso il regime ordinario con un meccanismo che, senza creare ulteriori strutture amministrative, funga da garante istituzionale degli enti locali, pronto ad entrare in funzione dinanzi a ritardi ed inadempienze di questi ultimi.
In tale cornice istituzionale, Governo, Regione Campania e i relativi comuni capoluogo vengono chiamati ad adottare entro tempi certi, in un contesto unitario e con evidenza delle rispettive responsabilità, le decisioni fondamentali relative al ciclo integrato dei rifiuti, al relativo Piano regionale delle bonifiche e alle correlate occasioni di sviluppo per le aree interessate.
Gli accadimenti emergenziali della fine dell’anno (con prosieguo all’inizio del 2008) hanno impresso alla crisi un carattere di acutezza che ha imposto, oltre alle scelte programmatiche, anche soluzioni operative.
Si sono susseguiti provvedimenti con nomine di nuovi Commissari Delegati e si sono dovute fronteggiare situazioni di fortissima contestazione, per l‘individuazione dei siti di discarica, da parte delle popolazioni locali, oltre alla drammatica situazione igienico - ambientale di tutta la Regione, in particolare a Napoli e in provincia.
I fatti sono notori e si può solo dire che, per tutti i motivi ampiamente esposti, si tratta di una crisi annunciata via via che chiudevano i siti e si esaurivano gli impianti per la produzione di CDR.
Già da tempo questo Requirente aveva aperto numerose vertenze, avviato varie istruttorie e compiuto vari atti giudiziari.
Dal 2004/2005, anni dai quali già nelle precedenti Relazioni venivano denunciati i gravi fenomeni in rassegna, sono state aperte fino all’attualità circa 100 vertenze di cui la maggior parte sono ancora in corso di istruttoria approfondita, mentre le restanti sono esitate con citazioni e inviti a dedurre o si sono concluse con archiviazioni.
L’attività è stata condotta a tutto campo a partire dalle gravi inadempienze riguardanti la mancata o inefficiente raccolta differenziata, da tempo individuata come uno dei nodi strutturali (anche se non esclusivo) delle ricorrenti crisi.
L’importanza della raccolta differenziata viene, infatti, confermata nei lavori della Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta che nella precedente legislatura trasmise, il 1-12-2006, alle Camere la “Relazione Territoriale sulla Campania”.
In tale Relazione è, infatti, anche ribadito che “nella complessiva filosofia gestionale del piano dei rifiuti, l’innalzamento dei livelli di raccolta differenziata assumeva un ruolo fondamentale per la funzionalità degli impianti e dell’intero ciclo”.
E’ evidente, dunque, che, in linea generale, la mancata o insufficiente raccolta differenziata si riflette negativamente sull’intero ciclo di smaltimento dei rifiuti e che, più in particolare, incide sui mancati guadagni delle vendite di materiali differenziabili e riciclabili, sull’aumento dei costi di conferimento che espongono i Comuni verso il Commissariato e la società di gestione ed ancora su numerosi altri profili di non minore rilevanza.
Sono già stati notificati, per mancata o insufficiente raccolta i primi inviti a dedurre riguardanti i Comuni di Santa Maria Capua Vetere (anni 2004-2005, per un danno di oltre 235.000,00 €), il Comune di Giugliano in Campania (anni 2003-2006, per un danno di oltre 7.500.000,00 €), considerandosi sia i danni patrimoniali diretti che quelli all’immagine.
Si tratta, infatti, di danni che investono sia le Amministrazioni comunali per i profili innanzi indicati, sia lo Stato per la quota di spese affrontate a causa del trasporto
dei rifiuti fuori regione, sia l’Amministrazione regionale per l’evidente discredito da quest’ultima risentito.
Anche per il Comune di Alvignano è venuto in evidenza un particolare tipo di danno derivato da mancata raccolta differenziata (anni 2003/2006) per circa 120.000,00 €.
In via di definizione sono anche le istruttorie, ai fini dei rispettivi inviti a dedurre, avviate per i Comuni di Benevento e di Marcianise (per tale Comune la percentuale irrisoria di differenziata negli anni di riferimento oscilla dal 3% al 6% circa), mentre per altri comuni ancora si è in fase di avanzato accertamento delle responsabilità.
Altre indagini riguardano, come si è detto, le aree di lavorazione site in varie province e, per vari motivi, i lavori relativi alla loro realizzazione, pignoramenti sulle contabilità speciali presso il Commissariato, alcuni profili della Relazione sulla situazione debitoria del Commissariato verso terzi, vari aspetti posti in luce dalla Deliberazione della Sezione Centrale di controllo della Corte dei conti n. 5/2007/G che ha offerto anch’essa una visione negativa e critica dell’esperienza commissariale in Campania, rimarcandone gli alti costi.
Si segue, poi, con particolare attenzione lo sviluppo del processo penale, cui prima si è accennato, che coinvolge tutta la fase della lavorazione delle eco-balle (che tali non sono) poiché, oltre a doversi chiarire quanta parte di responsabilità sia da attribuire alla società di gestione ed ai suoi amministratori e dirigenti e quanta parte di responsabilità sia da ricercarsi nell’Organo commissariale “pro-tempore”, occorrerà verificare altri aspetti quali i costi per i trasporti dei rifiuti all’estero o in altre regioni d’Italia e gli altri effetti dannosi “a cascata” che si sono verificati.
I Consorzi di Bacino, istituiti con Legge regionale n. 10/93 e sul cui superamento si è espressa la Commissione bicamerale parlamentare ed è intervenuta la legislazione nazionale e la decretazione d’urgenza, anche recente, hanno una organizzazione e una struttura di tipo privatistico e dovrebbero svolgere rilevanti compiti proprio per la raccolta differenziata, operando in un regime di sostanziale autonomia.
Oltre ai generali profili riferibili alla mancata raccolta differenziata e all’utilizzo del personale assegnato, per vari Consorzi di Bacino sono svolti accertamenti anche su aspetti contrattuali e l’Ispettorato Generale di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato ha, in vari casi, rilevato la scarsa incisività dell’azione consortile per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge.
Sul piano degli atti giudiziari intervenuti, si evidenzia che nel corso del 2007 sono altresì stati depositati due atti di citazione che riguardano, il primo, l’illegittimo rimborso di spese sostenute da un “sub commissario pro tempore” (danno azionato di circa 35.000,00€) e, l’altro, per l’ingiustificato maggior compenso corrisposto ai membri della Commissione giudicatrice della gara relativa al progetto SIRENETTA (danno di oltre 47.000,00 €) azionato nei confronti di un cessato Commissario Delegato “pro tempore”: le udienze di discussione sono già previste per il 2008.
Altre udienze, di prossima discussione, riguarderanno l’atto di citazione per oltre 800.000,00 € depositato nei confronti di un cessato sub commissario “pro tempore” in relazione ad un impianto di tritovagliatura autorizzato nel 2002, mai entrato in funzione e completamente abbandonato; i cessati amministratori di ASIA per mancata raccolta differenziata; i passati amministratori del Comune di Caserta per vicende varie legate alla raccolta rifiuti in anni pregressi.
Ulteriore atto di citazione, pure depositato nel 2007, ha riguardato un danno di oltre 200.000,00 € imputato alla dirigenza dell’ARPAC per rilevanti illegittimità in relazione all’istituzione di un “call center” ambientale inizialmente proposto dal consorzio STA e poi dalla costituita società P.A.N. per la quale era già stato notificato altro atto di citazione che è esitato in una recente prima statuizione di condanna.
Infatti, con sentenza n. 4174/07 del 27/12/2007, la Corte Territoriale campana ha condannato il cessato Commissario Delegato all’emergenza rifiuti, all’epoca dei fatti, al pagamento di 3.200.000,00 €, per la vicenda della citata società P.A.N., costituita in pochissimi giorni e presumibilmente senza progetti, completamente al di fuori dei poteri commissariali e che ha portato all’istituzione di un “call center” poi rimasto sostanzialmente inutilizzato, nonostante l’impiego di numerosi lavoratori socialmente utili.
La sentenza, peraltro appellata, è ampiamente e rigorosamente motivata ed accoglie sostanzialmente tutte le ragioni di merito poste a fondamento della domanda proposta dal Requirente.
L’episodio riferito è emblematico, poiché riguarda proprio quell’intreccio di fenomeni e istituti pubblici che tanto spesso finisce oggettivamente con il nuocere alle pubbliche finanze: l’uso illegittimo di poteri straordinari e la creazione di società partecipate che agiscono con strumenti privatistici, ma spendono denaro pubblico; la sostanziale inutilità degli strumenti messi in campo; il sovrapporsi di competenze e di enti; la sottrazione ad ogni controllo.
Uno sguardo deve ora posarsi su possibili nuovi settori di indagine per i rilevanti danni pubblici che vanno profilandosi.
Cominciano ad intervenire numerose sentenze del Giudice di Pace di Napoli che condanna il Comune di Napoli e l’ASIA al risarcimento dei danni (anche per danno esistenziale) patiti dai cittadini a causa dei fenomeni (sporcizia, cattivo odore, esalazioni derivanti dai cumuli di
immondizia) legati alla situazione di emergenza rifiuti per colpevoli omissioni degli enti citati.
Le somme non sono rilevanti a causa della limitata competenza per valore del Giudice di Pace, ma si tratta, comunque, di accertamenti giudiziari che, se definitivi e in numero crescente, possono determinare un ulteriore ingiustificato esborso da parte del Comune di Napoli e dell’ASIA dovuti agli importi di condanna e delle spese legali.
Inoltre, è noto che già dal giugno 2007 è stato annunciato l’avvio di un procedimento d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione Europea a causa della cronica crisi dei rifiuti che colpisce la Regione Campania, ritenendosi in particolare inadeguati gli impianti regionali per lo smaltimento dei rifiuti, anche per i rischi alla salute e all’ambiente, dovendosi valutare la violazione della normativa U.E. sui rifiuti e la compatibilità delle nuove discariche con tali disposizioni.
Al riguardo, si osserva che, come è noto, le procedure di infrazione comportano non solo il blocco dei fondi europei finalizzati per singoli progetti degli Stati membri, ma anche possibili sanzioni per lo stesso Stato inadempiente.
D’altronde, non può sottacersi che la Corte di Giustizia della CE si è già pronunciata varie volte proprio per infrazioni in materia di rifiuti a causa di violazioni di direttive CEE, anche sotto il profilo di inadempimenti dell’Italia (sentenze n. C/135/05; C/382/05; C/195/05; C/263/05, tutte intervenute nel 2007).
Si è già accennato in precedenti Relazioni di questo Requirente ad un profilo particolare di danno: quello al’immagine quale specifico “vulnus” di discredito arrecato alla Regione Campania.
Si è anche rilevata la difficoltà di quantificare tale “vulnus” e di collegarlo a concrete condotte.
Ebbene, in singole fattispecie per mancata o insufficiente raccolta differenziata che hanno costituito oggetto di inviti a dedurre (se ne è innanzi riferito), si è anche ipotizzato tale danno all’immagine della Regione Campania come collegato, sia pure nelle debite proporzioni rispetto al più vasto fenomeno regionale, alle colpevoli omissioni dei singoli amministratori comunali.
La quota addebitata è stata calcolata in poche migliaia di euro, ma sconta nel suo complesso un danno all’immagine ipotizzato in non meno di 10.000.000,00 €., per ogni anno preso in considerazione, quale spesa necessaria per il ripristino dell’immagine violata; ovviamente, l’estrema risonanza, anche internazionale, degli ultimi tempi, indurrà ad una rimeditazione di tali importi non più adeguati alla crisi d’immagine, più acuta e di più ampio spettro, sovrappostasi negli ultimi tempi.
Ciò, a tacer del fatto che, ove si consolidasse un recentissimo orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 12929/2007, potrebbero profilarsi anche nuovi aspetti di lesione.
Le suesposte considerazioni trovano vieppiù ragion d’essere nei giorni che hanno chiuso il 2007, e purtroppo inaugurato il 2008, in cui tutta la stampa locale, nazionale e internazionale ha dato risalto al disastro che si andava compiendo in Napoli e in Campania, con riflessi sull’immagine, non solo di tali enti territoriali, ma anche dell’Italia all’estero.
Un particolare aspetto di questo disastro è certamente anche quello ambientale.
Non va sottaciuto che con l’art. 313, comma 6, del Testo Unico sull’ambiente recato dal D. Lgs. 3-4-2006 n. 152 si dispone che, nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell’Ambiente della tutela del Territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale (previsto dal precedente art. 311), “invia un rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio”.
Ci si riferisce, cioè, al danno ambientale configurato dall’art. 300 del richiamato Testo Unico, che comprende anche le acque interne e il terreno, mediante qualunque contaminazione, nonchè agli effetti nocivi sulla salute umana, nell’ambito della più vasta previsione di cui alla Direttiva europea 2004/35/CE.
Ebbene, non è qui il caso di approfondire il senso compiuto dell’art. 313 richiamato e cioè se introduca o meno per gli agenti pubblici una generalizzata giurisdizione contabile in materia ambientale in precedenza affidata alla giurisdizione del Giudice Ordinario con la Legge n. 349/1986 (ritenuta costituzionalmente legittima con sentenza n. 641/1987 dal Giudice delle Leggi).
Sembra non doversi dubitare, però, che la giurisdizione contabile sussiste almeno in ipotesi di mancati controlli pubblici su coloro che hanno determinato il danno ambientale o per omissioni nella gestione di strumenti di protezione o nella preservazione dei beni ambientali.
Esplicito è poi il riferimento normativo al “rapporto all’ufficio di Procura regionale” competente da parte del Ministero dell’Ambiente che, peraltro, ha a disposizione strumenti alternativi quale l’ingiunzione di pagamento per equivalente patrimoniale.
Ora, se pure può ipotizzarsi, ove ne ricorrano i presupposti, un’azione contabile per danno ai beni ambientali a carico dei soggetti pubblici sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, non par dubbio che uno specifico (previsto) “rapporto” da parte del Ministero dell’Ambiente costituirebbe una denuncia più che qualificata e utile per incardinare un procedimento per danno, sia per il tipo di lesione che viene refertata, sia per l’individuazione dei soggetti ritenuti responsabili, sia infine per le rilevate modalità di quantificazione del danno stesso.
Possono tracciarsi alcune considerazioni conclusive su quanto si è andato esponendo.
La assoluta, prolungata e conclamata inefficienza dell’intero sistema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in Campania ha prodotto, tra l’altro, una contrapposizione di interessi tra le comunità locali che soffrono la giacenza e l’ammasso indiscriminato dei rifiuti nelle città, con tutte le immaginabili conseguenze sanitarie ed economiche e le comunità che si vedono coinvolte dall’individuazione e insediamento dei siti (di stoccaggio, di discariche, di impiantistica) che, a causa delle note anomalie dei processi di lavorazione, vengono percepiti come eventi plausibilmente lesivi per la salute.
Il punto di equilibrio tra tali contrapposti, ma entrambi comprensibili interessi, costituisce l’obiettivo degli interventi che a breve, medio e lungo termine dovranno essere messi in campo da parte del Commissario Delegato e delle istituzioni locali in un clima che non potrà che essere quello della cooperazione, riducendo le conflittualità.
Uno squarcio di chiarezza nel complessivo quadro delle competenze e dei rimedi giurisdizionali arriva dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n. 27187 del 28-12-2007.
La Suprema Corte ha fatto applicazione del nuovo principio previsto dall’art. 363, comma 3, c.p.c. che prevede la pronuncia “nell’interesse della legge”.
Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte contempla che le controversie inerenti alla installazione delle discariche dei rifiuti (nella specie si trattava di quella di Serre) rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, anche se viene in gioco un diritto fondamentale, come quello alla salute, costituzionalmente garantito; spetta, dunque, allo stesso Giudice Amministrativo la decisione sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati per tali fattispecie.
Resta, conclusivamente, un assillante interrogativo: quali soggetti, e in quale modo, risponderanno giuridicamente di tali multiformi danni di inusitate dimensioni?
I danni ingiusti appaiono certi e si conclameranno con sempre maggiore evidenza, ma è la catena delle responsabilità che è di più difficile individuazione, soprattutto in un sistema normativo, a fonti differenziate, che prevede ampie deroghe ai normali principi e che ha creato una molteplicità di competenze tali da potersi ingenerare un rischio di sostanziale deresponsabilizzazione, nel senso che ogni agente pubblico coinvolto può far valere le responsabilità altrui.
Ma se anche tutto ciò potrà essere faticosamente superato con istruttorie complesse e mirate e con l’ausilio di qualificati organi d’indagine, si palesa, mai come in questo caso, una certa inadeguatezza del sistema, ancora prevalentemente risarcitorio, della responsabilità amministrativa, poiché difficilmente gli enormi danni, dei quali si sta discutendo, potranno trovare ristoro nei patrimoni individuali dei soggetti di cui verrà accertata la responsabilità.
Deve, pertanto, auspicarsi che intervengano norme semplici e chiare, non solo ai fini di una lineare disciplina delle procedure amministrative, ma anche che prevedano sanzioni tipizzate per le inefficienze, le omissioni, le gravi negligenze e che si pongano non come alternative, bensì in via aggiuntiva, alle ordinarie e conosciute forme di responsabilità amministrativa.
omissis
I - EMERGENZA RACCOLTA E SMALTIMENTO RIFIUTI SOLIDI URBANI
Lo scorso anno il capitolo sull’emergenza rifiuti - che già dal 2005 era inserito a pieno titolo nella Relazione della Procura regionale - apriva con queste parole: “Si tratta di un aggiornamento che ci si augurava di non dover fare, ma la realtà operativa e gli atti normativi intervenuti mostrano che non si è fuori dall’emergenza rifiuti e che si stenta oltremodo a tenere sotto controllo una situazione sempre meno gestibile”.
Nell’anno appena concluso, e purtroppo anche all’inizio del 2008, la situazione della raccolta, trasporto e smaltimento rifiuti nella Regione Campania, in particolare a Napoli e in provincia, si racchiude nelle parole che provengono da Tribune alte e istituzionalmente qualificate: crisi drammatica, tragedia, disastro.
Aggiungere la voce della Procura regionale a questo già autorevole coro può sembrare ai meno attenti anche ripetitivo e non utile alla risoluzione di problemi pratici e tecnici che certo non rientrano nei compiti della Procura stessa.
Ma non possono non sottolinearsi fatti e circostanze che erano di fin troppo facile previsione, anche se gli effetti devastanti registrati nel recente periodo sono andati molto al di là delle più nere attese: al fiume di denaro inutilmente e spesso illegittimamente speso negli ultimi anni, si è aggiunta ora un’emergenza sanitaria, ambientale, economica, che ha già iniziato a produrre e produrrà effetti deleterei sull’assetto socio - economico campano e, quindi, anche sulle finanze pubbliche a causa dei fondi pubblici che dovranno essere impiegati per tentare di porre rimedio a questa vicenda che ormai da tutti (mezzi di comunicazione, cittadini, istituzioni) è stata definita disastrosa.
E’, infatti, quello delle finanze pubbliche, il solo aspetto che interessa l’Ufficio Requirente, e non altri, poiché occorre restare doverosamente nell’ambito delle proprie competenze.
Basterà brevemente rammentare che il ciclo integrato dei rifiuti si articola, per grandi linee, in varie fasi: raccolta differenziata; trasporto dei rifiuti agli impianti per la produzione di CDR; lavorazione dei rifiuti da parte degli impianti di CDR che producono le cosiddette “eco-balle”, ormai non più contenenti CDR, bensì materiale declassato a CER e stoccate presso siti provvisori in quantità stimate a circa 4,5 milioni di tonnellate, la F.O.S. ( frazione organica stabilizzata), che dovrebbe poi essere trattata in impianti di compostaggio, quasi inesistenti in Campania , infine, i Sovvalli (scarti); alla fine del ciclo, le eco-balle dovrebbero essere combuste nei termovalorizzatori, producendo energia e, a loro volta, scorie o ceneri.
Ebbene, in Campania, nessuna di queste fasi è rientrata nei parametri di legge, nei tempi di legge, nei costi previsti, di guisa che nessun prodotto del ciclo è quello che dovrebbe essere, nessun risultato è stato raggiunto.
La raccolta differenziata, fissata per legge ad una originaria percentuale del 35%, raggiunge in Campania - secondo i dati disponibili - a stento l’11%, con la punta minima proprio per la Provincia di Napoli, al di sotto dell’8% e dello stesso Comune di Napoli, al di sotto del 7%: a livelli leggermente migliori si attestano le altre province, con una eccezione degna di nota, quella di Salerno, che sfiora il 20% ed è pur sempre molto al di sotto del limite di legge.
Per valutare appieno questi dati basti rilevare che già la raccolta percentuale legale del 35% (prevista per il 2006) si pone al di sotto di una soglia ritenuta scientificamente “sicura” che si attesterebbe intorno al 60% - 65%.
Infatti, in virtù del Decreto Legislativo 3-4-2006 n. 152 e della Legge 27-12-2006 n. 296 è prevista la raccolta differenziata con i seguenti tempi: almeno il 35% entro il 31-12-2006; almeno il 40% entro il 31-12-2007; almeno il 45% entro il 31-12-2008; almeno il 50% entro il 31-12-2009; almeno il 60% entro il 31-12-2011 e almeno il 65% entro il 31-12-2012.
Ciò significa che fermarsi intorno all’11% determina un conferimento agli impianti di CDR di quasi il 90% di raccolta non differenziata,con effetti problematici sul funzionamento degli impianti, ma anche con aumenti dei prodotti destinati allo smaltimento finale con conseguente necessità di maggiori volumetrie per discariche e anche per siti di stoccaggio delle eco-balle.
Siamo, quindi, alla seconda fase: quella della lavorazione.
Dopo numerosi sequestri degli impianti di CDR, susseguitisi nel tempo, la Procura della Repubblica di Napoli, a conclusione di una lunga e approfondita indagine, ha formalizzato in data 31-7-2007 una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di 28 persone con contestazione di illeciti, sia a rappresentanti della FIBE, società di gestione del ciclo rifiuti, sia nei confronti di altri soggetti della struttura pubblica commissariale, ivi compreso un precedente Commissario Straordinario, anche Presidente della Giunta regionale, assumendo rilievo altresì l’Ordinanza applicativa della misura cautelare interdittiva (peraltro impugnata) e sequestro preventivo nei confronti di IMPREGILO S.p.A., FIBE S.p.A., FIBE Campania e FISIA Italimpianti S.p.A. ad opera del GIP presso il Tribunale di Napoli.
Questo Requirente, ricevuti gli atti dalla Procura della Repubblica e profilandosi ingenti danni erariali, sia sotto l’aspetto della conduzione degli impianti, sia sotto quello dei mancati controlli, ha già richiesto la costituzione in mora dei soggetti innanzi richiamati.
Gli esiti del procedimento penale potranno porre in luce ulteriori e più profondi aspetti valutabili da questo Ufficio.
Quanto alla fase finale - quella dei termovalorizzatori - se ne sconta anzitutto il grande ritardo nella costruzione poiché solo quello di Acerra è da tempo in via di “ultimazione”, quello di Santa Maria La Fossa ha ricevuto in tempi relativamente recenti le necessarie autorizzazioni sotto il profilo dell’impatto ambientale, mentre per altri, eventuali, si è solo allo stato di previsione negli ultimi provvedimenti di inizio 2008.
E’ lecito chiedersi, però, anche una volta entrato in funzione il termovalorizzatore, quale sarà il tipo di prodotto che dovrà essere bruciato poiché le attuali eco-balle non ne posseggono l’idoneità e, quindi, presumibilmente, il problema consisterà anche nello smaltimento delle eco-balle già prodotte, con prevedibili costi che inevitabilmente ricadranno sulle pubbliche finanze.
Nel corso del 2007 vi sono stati importanti interventi normativi riguardanti l’emergenza rifiuti.
Premesso che con Decreto del 25-1-2007 era stato prorogato lo stato emergenziale fino al 31-12-2007, dopo l’ennesima crisi acuta del giugno 2007 è intervenuta la Legge 5-7-2007 n.87 che ha convertito in Legge, con modificazioni, il Decreto Legge 11-5-2007 n. 61, recante interventi straordinari per superare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti nella Regione Campania e per garantire l’esercizio dei propri poteri agli enti ordinariamente competenti.
Nelle varie previsioni normative spiccano quelle sulla apertura delle discariche (individuati i siti di Serre, Savignano Irpino, Terzigno e Sant’Arcangelo Trimonte) e il Piano per il ciclo integrato dei rifiuti che il Commissario Delegato avrebbe dovuto adottare entro 90 giorni, indicando le priorità delle azioni di prevenzione, produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, dovendosi assicurare la piena tracciabilità del ciclo dei rifiuti, l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili e un elevato livello di tutela ambientale e sanitaria.
Viene anche statuito l’obbligo dei Comuni campani di avvalersi in via esclusiva per lo svolgimento dei servizi di raccolta differenziata dei Consorzi di Bacino ex L.R. n. 10/1993 che utilizzano i lavoratori socialmente utili, prevedendo un particolare regime contrattualistico di salvaguardia; ma vi è anche la previsione che il Commissario Delegato possa accorpare o sciogliere i Consorzi che non rispettano le regole.
Venivano poi nominati i presidenti delle Province quali sub Commissari in modo da favorire un graduale rientro alle competenze ordinarie ed operare un raccordo con l’Organo straordinario.
Il Prefetto di Napoli, nominato Commissario Delegato per il superamento dell’emergenza con OPCM del 6-7-2007, ha depositato alla fine del 2007 il suddetto Piano che insieme al Piano rifiuti speciali e al Piano Bonifiche, la cui redazione è di competenza regionale (la Giunta regionale, con deliberazione n. 1826 del 18-10-2007 ha affidato all’ARPAC la redazione dell’adeguamento del Piano Stralcio Rifiuti Speciali), dovrebbe dar vita al Piano regionale di gestione del ciclo integrato dei rifiuti previsto dalla Legge regionale n. 4 del 28-3-2007 con la quale si prevede, tra l’altro, l’istituzione degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.) che, in sede di prima applicazione, coincidono con ogni circoscrizione provinciale (per la Provincia di Napoli si può procedere alla istituzione di due A.T.O.).
Si rileva al riguardo che la Legge Finanziaria per il 2008, all’art. 2, comma 38, affida alle Regioni la rideterminazione degli A.T.O.
Nel corso dell’anno sono state anche approvate due relazioni (giugno 2007 e dicembre 2007) della Commissione bicamerale parlamentare d’inchiesta, già operativa e concludente nella precedente Legislatura.
La suddetta Commissione esprime un giudizio negativo sull’apparato commissariale che, nel corso degli anni, ha rivelato inefficienze strutturali sì da consigliarne il superamento con rientro del personale alle Amministrazioni di appartenenza.
Altra severa indicazione viene dalla suddetta Commissione, sull’urgenza di procedere al completo smantellamento delle strutture consortili, facendo venir meno anche l’esclusiva competenza degli stessi in materia di raccolta differenziata e prevedendo per i lavoratori circuiti di mobilità all’interno del piano regionale e dei connessi piani provinciali.
Si ritiene indispensabile separare, afferma la Commissione bicamerale, le necessarie politiche sociali di sostegno agli investimenti e all’occupazione dalle politiche di gestione del ciclo dei rifiuti, facendo sì che queste ultime non siano più utilizzate come forme improprie di ammortizzatori sociali, con effetti negativi evidenti.
L’organo parlamentare suggerisce - e la proposta è stata fatta propria dal Commissario Delegato - l’utilizzo dello strumento della “Intesa istituzionale di programma”e del connesso “Accordo di programma quadro” di cui all’articolo 2, comma 203, lettere b) e c), della Legge 23 dicembre 1996, n. 662, per governare la transizione verso il regime ordinario con un meccanismo che, senza creare ulteriori strutture amministrative, funga da garante istituzionale degli enti locali, pronto ad entrare in funzione dinanzi a ritardi ed inadempienze di questi ultimi.
In tale cornice istituzionale, Governo, Regione Campania e i relativi comuni capoluogo vengono chiamati ad adottare entro tempi certi, in un contesto unitario e con evidenza delle rispettive responsabilità, le decisioni fondamentali relative al ciclo integrato dei rifiuti, al relativo Piano regionale delle bonifiche e alle correlate occasioni di sviluppo per le aree interessate.
Gli accadimenti emergenziali della fine dell’anno (con prosieguo all’inizio del 2008) hanno impresso alla crisi un carattere di acutezza che ha imposto, oltre alle scelte programmatiche, anche soluzioni operative.
Si sono susseguiti provvedimenti con nomine di nuovi Commissari Delegati e si sono dovute fronteggiare situazioni di fortissima contestazione, per l‘individuazione dei siti di discarica, da parte delle popolazioni locali, oltre alla drammatica situazione igienico - ambientale di tutta la Regione, in particolare a Napoli e in provincia.
I fatti sono notori e si può solo dire che, per tutti i motivi ampiamente esposti, si tratta di una crisi annunciata via via che chiudevano i siti e si esaurivano gli impianti per la produzione di CDR.
Già da tempo questo Requirente aveva aperto numerose vertenze, avviato varie istruttorie e compiuto vari atti giudiziari.
Dal 2004/2005, anni dai quali già nelle precedenti Relazioni venivano denunciati i gravi fenomeni in rassegna, sono state aperte fino all’attualità circa 100 vertenze di cui la maggior parte sono ancora in corso di istruttoria approfondita, mentre le restanti sono esitate con citazioni e inviti a dedurre o si sono concluse con archiviazioni.
L’attività è stata condotta a tutto campo a partire dalle gravi inadempienze riguardanti la mancata o inefficiente raccolta differenziata, da tempo individuata come uno dei nodi strutturali (anche se non esclusivo) delle ricorrenti crisi.
L’importanza della raccolta differenziata viene, infatti, confermata nei lavori della Commissione parlamentare bicamerale d’inchiesta che nella precedente legislatura trasmise, il 1-12-2006, alle Camere la “Relazione Territoriale sulla Campania”.
In tale Relazione è, infatti, anche ribadito che “nella complessiva filosofia gestionale del piano dei rifiuti, l’innalzamento dei livelli di raccolta differenziata assumeva un ruolo fondamentale per la funzionalità degli impianti e dell’intero ciclo”.
E’ evidente, dunque, che, in linea generale, la mancata o insufficiente raccolta differenziata si riflette negativamente sull’intero ciclo di smaltimento dei rifiuti e che, più in particolare, incide sui mancati guadagni delle vendite di materiali differenziabili e riciclabili, sull’aumento dei costi di conferimento che espongono i Comuni verso il Commissariato e la società di gestione ed ancora su numerosi altri profili di non minore rilevanza.
Sono già stati notificati, per mancata o insufficiente raccolta i primi inviti a dedurre riguardanti i Comuni di Santa Maria Capua Vetere (anni 2004-2005, per un danno di oltre 235.000,00 €), il Comune di Giugliano in Campania (anni 2003-2006, per un danno di oltre 7.500.000,00 €), considerandosi sia i danni patrimoniali diretti che quelli all’immagine.
Si tratta, infatti, di danni che investono sia le Amministrazioni comunali per i profili innanzi indicati, sia lo Stato per la quota di spese affrontate a causa del trasporto
dei rifiuti fuori regione, sia l’Amministrazione regionale per l’evidente discredito da quest’ultima risentito.
Anche per il Comune di Alvignano è venuto in evidenza un particolare tipo di danno derivato da mancata raccolta differenziata (anni 2003/2006) per circa 120.000,00 €.
In via di definizione sono anche le istruttorie, ai fini dei rispettivi inviti a dedurre, avviate per i Comuni di Benevento e di Marcianise (per tale Comune la percentuale irrisoria di differenziata negli anni di riferimento oscilla dal 3% al 6% circa), mentre per altri comuni ancora si è in fase di avanzato accertamento delle responsabilità.
Altre indagini riguardano, come si è detto, le aree di lavorazione site in varie province e, per vari motivi, i lavori relativi alla loro realizzazione, pignoramenti sulle contabilità speciali presso il Commissariato, alcuni profili della Relazione sulla situazione debitoria del Commissariato verso terzi, vari aspetti posti in luce dalla Deliberazione della Sezione Centrale di controllo della Corte dei conti n. 5/2007/G che ha offerto anch’essa una visione negativa e critica dell’esperienza commissariale in Campania, rimarcandone gli alti costi.
Si segue, poi, con particolare attenzione lo sviluppo del processo penale, cui prima si è accennato, che coinvolge tutta la fase della lavorazione delle eco-balle (che tali non sono) poiché, oltre a doversi chiarire quanta parte di responsabilità sia da attribuire alla società di gestione ed ai suoi amministratori e dirigenti e quanta parte di responsabilità sia da ricercarsi nell’Organo commissariale “pro-tempore”, occorrerà verificare altri aspetti quali i costi per i trasporti dei rifiuti all’estero o in altre regioni d’Italia e gli altri effetti dannosi “a cascata” che si sono verificati.
I Consorzi di Bacino, istituiti con Legge regionale n. 10/93 e sul cui superamento si è espressa la Commissione bicamerale parlamentare ed è intervenuta la legislazione nazionale e la decretazione d’urgenza, anche recente, hanno una organizzazione e una struttura di tipo privatistico e dovrebbero svolgere rilevanti compiti proprio per la raccolta differenziata, operando in un regime di sostanziale autonomia.
Oltre ai generali profili riferibili alla mancata raccolta differenziata e all’utilizzo del personale assegnato, per vari Consorzi di Bacino sono svolti accertamenti anche su aspetti contrattuali e l’Ispettorato Generale di Finanza della Ragioneria Generale dello Stato ha, in vari casi, rilevato la scarsa incisività dell’azione consortile per il raggiungimento degli obiettivi fissati dalla legge.
Sul piano degli atti giudiziari intervenuti, si evidenzia che nel corso del 2007 sono altresì stati depositati due atti di citazione che riguardano, il primo, l’illegittimo rimborso di spese sostenute da un “sub commissario pro tempore” (danno azionato di circa 35.000,00€) e, l’altro, per l’ingiustificato maggior compenso corrisposto ai membri della Commissione giudicatrice della gara relativa al progetto SIRENETTA (danno di oltre 47.000,00 €) azionato nei confronti di un cessato Commissario Delegato “pro tempore”: le udienze di discussione sono già previste per il 2008.
Altre udienze, di prossima discussione, riguarderanno l’atto di citazione per oltre 800.000,00 € depositato nei confronti di un cessato sub commissario “pro tempore” in relazione ad un impianto di tritovagliatura autorizzato nel 2002, mai entrato in funzione e completamente abbandonato; i cessati amministratori di ASIA per mancata raccolta differenziata; i passati amministratori del Comune di Caserta per vicende varie legate alla raccolta rifiuti in anni pregressi.
Ulteriore atto di citazione, pure depositato nel 2007, ha riguardato un danno di oltre 200.000,00 € imputato alla dirigenza dell’ARPAC per rilevanti illegittimità in relazione all’istituzione di un “call center” ambientale inizialmente proposto dal consorzio STA e poi dalla costituita società P.A.N. per la quale era già stato notificato altro atto di citazione che è esitato in una recente prima statuizione di condanna.
Infatti, con sentenza n. 4174/07 del 27/12/2007, la Corte Territoriale campana ha condannato il cessato Commissario Delegato all’emergenza rifiuti, all’epoca dei fatti, al pagamento di 3.200.000,00 €, per la vicenda della citata società P.A.N., costituita in pochissimi giorni e presumibilmente senza progetti, completamente al di fuori dei poteri commissariali e che ha portato all’istituzione di un “call center” poi rimasto sostanzialmente inutilizzato, nonostante l’impiego di numerosi lavoratori socialmente utili.
La sentenza, peraltro appellata, è ampiamente e rigorosamente motivata ed accoglie sostanzialmente tutte le ragioni di merito poste a fondamento della domanda proposta dal Requirente.
L’episodio riferito è emblematico, poiché riguarda proprio quell’intreccio di fenomeni e istituti pubblici che tanto spesso finisce oggettivamente con il nuocere alle pubbliche finanze: l’uso illegittimo di poteri straordinari e la creazione di società partecipate che agiscono con strumenti privatistici, ma spendono denaro pubblico; la sostanziale inutilità degli strumenti messi in campo; il sovrapporsi di competenze e di enti; la sottrazione ad ogni controllo.
Uno sguardo deve ora posarsi su possibili nuovi settori di indagine per i rilevanti danni pubblici che vanno profilandosi.
Cominciano ad intervenire numerose sentenze del Giudice di Pace di Napoli che condanna il Comune di Napoli e l’ASIA al risarcimento dei danni (anche per danno esistenziale) patiti dai cittadini a causa dei fenomeni (sporcizia, cattivo odore, esalazioni derivanti dai cumuli di
immondizia) legati alla situazione di emergenza rifiuti per colpevoli omissioni degli enti citati.
Le somme non sono rilevanti a causa della limitata competenza per valore del Giudice di Pace, ma si tratta, comunque, di accertamenti giudiziari che, se definitivi e in numero crescente, possono determinare un ulteriore ingiustificato esborso da parte del Comune di Napoli e dell’ASIA dovuti agli importi di condanna e delle spese legali.
Inoltre, è noto che già dal giugno 2007 è stato annunciato l’avvio di un procedimento d’infrazione contro l’Italia da parte della Commissione Europea a causa della cronica crisi dei rifiuti che colpisce la Regione Campania, ritenendosi in particolare inadeguati gli impianti regionali per lo smaltimento dei rifiuti, anche per i rischi alla salute e all’ambiente, dovendosi valutare la violazione della normativa U.E. sui rifiuti e la compatibilità delle nuove discariche con tali disposizioni.
Al riguardo, si osserva che, come è noto, le procedure di infrazione comportano non solo il blocco dei fondi europei finalizzati per singoli progetti degli Stati membri, ma anche possibili sanzioni per lo stesso Stato inadempiente.
D’altronde, non può sottacersi che la Corte di Giustizia della CE si è già pronunciata varie volte proprio per infrazioni in materia di rifiuti a causa di violazioni di direttive CEE, anche sotto il profilo di inadempimenti dell’Italia (sentenze n. C/135/05; C/382/05; C/195/05; C/263/05, tutte intervenute nel 2007).
Si è già accennato in precedenti Relazioni di questo Requirente ad un profilo particolare di danno: quello al’immagine quale specifico “vulnus” di discredito arrecato alla Regione Campania.
Si è anche rilevata la difficoltà di quantificare tale “vulnus” e di collegarlo a concrete condotte.
Ebbene, in singole fattispecie per mancata o insufficiente raccolta differenziata che hanno costituito oggetto di inviti a dedurre (se ne è innanzi riferito), si è anche ipotizzato tale danno all’immagine della Regione Campania come collegato, sia pure nelle debite proporzioni rispetto al più vasto fenomeno regionale, alle colpevoli omissioni dei singoli amministratori comunali.
La quota addebitata è stata calcolata in poche migliaia di euro, ma sconta nel suo complesso un danno all’immagine ipotizzato in non meno di 10.000.000,00 €., per ogni anno preso in considerazione, quale spesa necessaria per il ripristino dell’immagine violata; ovviamente, l’estrema risonanza, anche internazionale, degli ultimi tempi, indurrà ad una rimeditazione di tali importi non più adeguati alla crisi d’immagine, più acuta e di più ampio spettro, sovrappostasi negli ultimi tempi.
Ciò, a tacer del fatto che, ove si consolidasse un recentissimo orientamento giurisprudenziale della Suprema Corte di Cassazione espresso con la sentenza n. 12929/2007, potrebbero profilarsi anche nuovi aspetti di lesione.
Le suesposte considerazioni trovano vieppiù ragion d’essere nei giorni che hanno chiuso il 2007, e purtroppo inaugurato il 2008, in cui tutta la stampa locale, nazionale e internazionale ha dato risalto al disastro che si andava compiendo in Napoli e in Campania, con riflessi sull’immagine, non solo di tali enti territoriali, ma anche dell’Italia all’estero.
Un particolare aspetto di questo disastro è certamente anche quello ambientale.
Non va sottaciuto che con l’art. 313, comma 6, del Testo Unico sull’ambiente recato dal D. Lgs. 3-4-2006 n. 152 si dispone che, nel caso di danno provocato da soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, il Ministro dell’Ambiente della tutela del Territorio e del mare, anziché ingiungere il pagamento del risarcimento per equivalente patrimoniale (previsto dal precedente art. 311), “invia un rapporto all’Ufficio di Procura regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei conti competente per territorio”.
Ci si riferisce, cioè, al danno ambientale configurato dall’art. 300 del richiamato Testo Unico, che comprende anche le acque interne e il terreno, mediante qualunque contaminazione, nonchè agli effetti nocivi sulla salute umana, nell’ambito della più vasta previsione di cui alla Direttiva europea 2004/35/CE.
Ebbene, non è qui il caso di approfondire il senso compiuto dell’art. 313 richiamato e cioè se introduca o meno per gli agenti pubblici una generalizzata giurisdizione contabile in materia ambientale in precedenza affidata alla giurisdizione del Giudice Ordinario con la Legge n. 349/1986 (ritenuta costituzionalmente legittima con sentenza n. 641/1987 dal Giudice delle Leggi).
Sembra non doversi dubitare, però, che la giurisdizione contabile sussiste almeno in ipotesi di mancati controlli pubblici su coloro che hanno determinato il danno ambientale o per omissioni nella gestione di strumenti di protezione o nella preservazione dei beni ambientali.
Esplicito è poi il riferimento normativo al “rapporto all’ufficio di Procura regionale” competente da parte del Ministero dell’Ambiente che, peraltro, ha a disposizione strumenti alternativi quale l’ingiunzione di pagamento per equivalente patrimoniale.
Ora, se pure può ipotizzarsi, ove ne ricorrano i presupposti, un’azione contabile per danno ai beni ambientali a carico dei soggetti pubblici sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, non par dubbio che uno specifico (previsto) “rapporto” da parte del Ministero dell’Ambiente costituirebbe una denuncia più che qualificata e utile per incardinare un procedimento per danno, sia per il tipo di lesione che viene refertata, sia per l’individuazione dei soggetti ritenuti responsabili, sia infine per le rilevate modalità di quantificazione del danno stesso.
Possono tracciarsi alcune considerazioni conclusive su quanto si è andato esponendo.
La assoluta, prolungata e conclamata inefficienza dell’intero sistema della raccolta e dello smaltimento dei rifiuti in Campania ha prodotto, tra l’altro, una contrapposizione di interessi tra le comunità locali che soffrono la giacenza e l’ammasso indiscriminato dei rifiuti nelle città, con tutte le immaginabili conseguenze sanitarie ed economiche e le comunità che si vedono coinvolte dall’individuazione e insediamento dei siti (di stoccaggio, di discariche, di impiantistica) che, a causa delle note anomalie dei processi di lavorazione, vengono percepiti come eventi plausibilmente lesivi per la salute.
Il punto di equilibrio tra tali contrapposti, ma entrambi comprensibili interessi, costituisce l’obiettivo degli interventi che a breve, medio e lungo termine dovranno essere messi in campo da parte del Commissario Delegato e delle istituzioni locali in un clima che non potrà che essere quello della cooperazione, riducendo le conflittualità.
Uno squarcio di chiarezza nel complessivo quadro delle competenze e dei rimedi giurisdizionali arriva dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza a Sezioni Unite n. 27187 del 28-12-2007.
La Suprema Corte ha fatto applicazione del nuovo principio previsto dall’art. 363, comma 3, c.p.c. che prevede la pronuncia “nell’interesse della legge”.
Il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte contempla che le controversie inerenti alla installazione delle discariche dei rifiuti (nella specie si trattava di quella di Serre) rientrano nella giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo, anche se viene in gioco un diritto fondamentale, come quello alla salute, costituzionalmente garantito; spetta, dunque, allo stesso Giudice Amministrativo la decisione sulle richieste inibitorie, demolitorie ed eventualmente risarcitorie dei soggetti che deducono di essere danneggiati per tali fattispecie.
Resta, conclusivamente, un assillante interrogativo: quali soggetti, e in quale modo, risponderanno giuridicamente di tali multiformi danni di inusitate dimensioni?
I danni ingiusti appaiono certi e si conclameranno con sempre maggiore evidenza, ma è la catena delle responsabilità che è di più difficile individuazione, soprattutto in un sistema normativo, a fonti differenziate, che prevede ampie deroghe ai normali principi e che ha creato una molteplicità di competenze tali da potersi ingenerare un rischio di sostanziale deresponsabilizzazione, nel senso che ogni agente pubblico coinvolto può far valere le responsabilità altrui.
Ma se anche tutto ciò potrà essere faticosamente superato con istruttorie complesse e mirate e con l’ausilio di qualificati organi d’indagine, si palesa, mai come in questo caso, una certa inadeguatezza del sistema, ancora prevalentemente risarcitorio, della responsabilità amministrativa, poiché difficilmente gli enormi danni, dei quali si sta discutendo, potranno trovare ristoro nei patrimoni individuali dei soggetti di cui verrà accertata la responsabilità.
Deve, pertanto, auspicarsi che intervengano norme semplici e chiare, non solo ai fini di una lineare disciplina delle procedure amministrative, ma anche che prevedano sanzioni tipizzate per le inefficienze, le omissioni, le gravi negligenze e che si pongano non come alternative, bensì in via aggiuntiva, alle ordinarie e conosciute forme di responsabilità amministrativa.
omissis