OBBLIGHI
DI BONIFICA E SOGGETTI RESPONSABILI. PROFILI PENALI E CIVILISTICI
di
La normativa italiana dei siti contaminati è contenuta nel D. Lgs. 5 febbraio 1997 n.22 (artt. 17 e 51-bis) e nel D.M. 25 ottobre 1999, n.471 ( Regolamento recante criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale dei siti inquinati, ai sensi dell’art. 17 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n.22, e successive modificazioni e integrazioni)[1].
I principi che la ispirano ( il principio “chi inquina paga”, il principio della “responsabilità condivisa” e il principio della “prevenzione”), di derivazione comunitaria, ne definiscono l’obiettivo che è, in sintesi, quello di garantire l’effettività e l’efficacia degli interventi di bonifica, fine per il quale lo Stato rinuncia persino, ricorrendo determinate condizioni, alla potestà punitiva di cui è titolare[2].
Lo scopo del presente contributo (che si incentrerà soltanto sugli aspetti più controversi della materia in esame, sia sotto il profilo penale sia sotto il profilo civilistico) è quello di fornire una sintetica panoramica delle opinioni maturate dalla dottrina e dalla giurisprudenza in merito alla disciplina delle responsabilità dei soggetti coinvolti nelle bonifiche dei siti contaminati.
Ci si propone, in particolare, di porre l’accento sugli orientamenti maggiormente condivisi in quanto tendenzialmente idonei ad influenzare l’azione amministrativa e i comportamenti dei privati.
Le
norme oggetto dell’intervento sono identificabili nell’art. 51-bis del D.
Lgs. n.22/97, per quanto concerne i
profili penali; nell’art. 17 commi 9,10 e 11 del D.Lgs n.22/99 e nelle
corrispondenti norme (artt. da 4 a 9) del DM 471/99, per quanto riguarda invece
gli aspetti civilistici.
I - PROFILI PENALI (Art. 51-bis del D.Lgs. n.22/97)
L’analisi dei profili penali della normativa sui siti contaminati richiede di ricordare brevemente che essa prevede tre tipologie di interventi:
1) Intervento principale ad iniziativa del responsabile che può essere spontaneo (art.17 co.2 del D. Lgs. 22/97 – art.7 DM 471/99) o previa diffida (Art.17 co.3 del D. Lgs. 22/97 e art. 8 DM 471/99).
2) Intervento (accessorio ed eventuale) ad iniziativa degli interessati ( categoria quest’ultima che include le figure del proprietario, del diritto di usufrutto, di uso, di locazione, ecc. sul sito inquinato[3]) tale intervento è regolato dagli artt.13 – bis del D. Lgs.22/97 e dall’art. 9 del DM 471/99.
3) Intervento pubblico d’ufficio. Tale intervento ha carattere residuale ed è regolato dall’art. 17 co.9 del D. Lgs. 22/97 e dall’art. 14 del DM 471/99.
La norma che regola il regime delle responsabilità penali è, come sopra accennato, l’art.51-bis[4] (Bonifica dei siti) del D. Lgs. 22/97 che prevede una contravvenzione non oblazionabile e così recita:
“Chiunque cagiona l’inquinamento o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall’art.17 co.2[5], è punito con la pena dell’arresto da sei mesi ad un anno e con l’ammenda da lire cinque milioni a lire cinquanta milioni se non provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all’art. 17. Si applica la pena dell’arresto da un anno a due anni e la pena dell’ammenda da lire diecimilioni a lire centomilioni se l’inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi. Con la sentenza di condanna per la contravvenzione di cui al presente comma, o con la decisione emessa ai sensi dell’art. 444 del codice di procedura penale, il beneficio della sospensione condizionale della pena può essere subordinato alla esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale”.
Dal punto di vista strutturale tale illecito si inquadra nella categoria delle norme penali in bianco[6] in quanto rinvia all’art. 17 co.2 del D. Lgs. 22/97 (il quale a sua volta rinvia al DM 471/99) per la determinazione dei concetti di : “inquinamento”, “pericolo concreto ed attuale di inquinamento” e “procedimento di bonifica”.
Alla luce dell’art. 17 co.2 del D.Lgs n.22/97, sembra logico sostenere che per “inquinamento” si deve intendere “il superamento dei limiti di cui al co.1 lett a)” (che rinvia agli allegati del DM 471/99) e, per “pericolo concreto ed attuale di inquinamento”, si deve intendere il pericolo concreto ed attuale di superamento di tali limiti[7].
La nozione di “procedimento” include, secondo gli interpreti, ciascuno degli adempimenti disciplinati dalla legge e quindi, con riferimento al procedimento ad iniziativa del responsabile, anche l’inadempimento dell’obbligo di notificare entro quarantott’ore alle competenti Autorità la situazione di inquinamento o di pericolo concreto ed attuale di inquinamento che si sia, anche accidentalmente, cagionata.
Si
ritiene che l’inadempimento anche di uno solo di tali obblighi determini
l’insorgere della responsabilità penale del soggetto interessato. A favore di
questa impostazione depongono tanto l’interpretazione letterale della norma
quanto quella storico-sistematica: bisogna ricordare infatti che l’art.50 co.2
del D. Lgs. 22/97 che fondava, prima dell’entrata in vigore dell’art. 51 –
bis, la responsabilità penale nella materia di cui si tratta, prevedeva la
punibilità di “chiunque non ottempera
agli obblighi di cui all’art. 17 comma 2”.[8]
I.2 - STRUTTURA DOGMATICA DELLA FATTISPECIE DI CUI ALL’ART. 51-BIS DEL D.LGS 22/97
La struttura della fattispecie di cui si discute ha dato luogo ad un vasto e tuttora aperto dibattito dottrinale.
Tre sono, in sintesi, le teorie sino ad ora formulate[9].
A. - secondo alcuni[10] il reato in oggetto si configura come una reato omissivo di pericolo presunto a formazione progressiva[11];
B - secondo altri[12] si tratterebbe di un reato a condotta mista;
C - secondo un terzo
orientamento[13]
si tratterebbe di una fattispecie
costituita da un comportamento commissivo corredato da una condizione di non
punibilità.
Di
seguito prenderò in considerazione ciascuna di queste tesi e ne evidenzierò le
conseguenze.
TEORIA A
Secondo questa impostazione, propugnata dalla giurisprudenza[14] e dalla dottrina maggioritarie, l’inquinamento (o il pericolo concreto ed attuale di inquinamento) costituisce il presupposto di fatto dal quale scaturisce l’obbligo, per chi lo abbia anche solo accidentalmente cagionato, di provvedere alla bonifica secondo il procedimento disciplinato dall’art. 17 del D. Lgs. 22/97.
La consumazione del reato si integra solo a seguito dell’omissione, dolosa o colposa, anche di uno solo degli adempimenti previsti dall’art. 17 co.2 e ss. del D. Lgs. 22/97 e non nel momento in cui viene cagionato l’inquinamento.
Da siffatte premesse si trae la conseguenza che l’art.51-bis risulta applicabile a prescindere dal momento in cui sia stato cagionato l’inquinamento e dall’elemento soggettivo della condotta inquinante.
Si applicherà pertanto anche:
¨ a chi abbia cagionato l’inquinamento (o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento) anteriormente al 16 dicembre 1999 (data di entrata in vigore del DM 471/99 che, come sopra accennato, ha integrato, consentendone l’effettiva applicabilità, l’art. 51-bis del D.Lgs n.22/97).
¨ a chi abbia cagionato un inquinamento (o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento) in modo accidentale;
Un’altra
conseguenza è che il termine di prescrizione del reato non decorre se non dalla
effettuazione della bonifica, trattandosi di reato destinato a permanere fino al
momento in cui la bonifica viene realizzata.
TEORIA B
Secondo
gli assertori della teoria sub B) la condotta incriminata è costituita, nella parte attiva,
nell’aver cagionato l’inquinamento (o il pericolo di inquinamento) seguita
da una condotta omissiva consistente nella mancata bonifica.
TEORIA C
Secondo i sostenitori della tesi sub C) l’art.51-bis del D.Lgs n.22/97 prevede due ipotesi di reato contravvenzionale nelle quali è punito chiunque con un’azione od omissione cagiona l’inquinamento o il pericolo di inquinamento.
In entrambe le ipotesi è prevista una causa di non punibilità se il responsabile provvede alla bonifica secondo il procedimento di cui all’art. 17 del D.lgs 22/97.
L’omissione di bonifica si configura, pertanto, in quest’ottica, come una “condizione obiettiva di punibilità” ricadente nell’ambito di applicabilità dell’art. 44 c.p[15].
Le conseguenze derivanti da tale impostazione sono le seguenti.
¨ L’art. 51-bis risulta applicabile (per il principio di non retroattività della sanzione penale sancito dall’art.2 co.1 del c.p.) solo a chi abbia omesso l’adempimento dell’obbligo di bonifica di un sito il cui inquinamento sia stato cagionato successivamente al 16 dicembre 1999 (data di entrata in vigore del DM 471/99).
¨ L’art. 51–bis non risulta applicabile (in virtù dell’operatività del principio di colpevolezza sancito dall’art.42 del c.p.) a chi abbia cagionato un inquinamento (o un pericolo concreto ed attuale di inquinamento) in modo accidentale.
Il termine di
prescrizione del reato, inoltre, secondo
questa impostazione, inizia a decorrere dalla cessazione della condotta
inquinante.
I.3
- LA RESPONSABILITA’ PENALE EX ART. 51 – BIS DEL D.LGS 22/97
DELL’ACQUIRENTE DI UN SITO INQUINATO CHE NON PROVVEDA ALLA BONIFICA (LA
RILEVANZA PENALE DELL’INERZIA).
In linea di principio, come sottolineato dalla Suprema Corte di Cassazione con sentenza n.1783 del 7 giugno 2000, “l’art. 51 – bis del D.Lgs. 22/97 non può essere applicato al proprietario del suolo che non abbia egli stesso posto in essere alcuna condotta incidente sull’inquinamento o sul pericolo di inquinamento del sito”.
Tuttavia, allo stato attuale, parte della dottrina ritiene che non può essere esclusa, in astratto, la responsabilità anche penale dell’acquirente di un sito inquinato, soprattutto nei casi in cui si verifichi una successione nell’attività di impresa presente nel sito invece che nella mera titolarità di diritti reali sul medesimo.
L’utilizzo del verbo “cagionare” di cui agli artt. 17 co.2 e 51 – bis del D.Lgs. 22/97, inoltre, non esclude che possano avere rilevanza penale anche comportamenti omissivi.
Non sembra inutile ricordare, al riguardo, che il fondamento giuridico della causalità omissiva è l’art. 40 co.2 c.p. a norma del quale: ”non impedire un evento che si ha l’obbligo giuridico di impedire equivale a cagionarlo”.
Presupposto di ogni responsabilità fondata sul questa tipologia di causalità è l’obbligo giuridico di attivarsi, obbligo che, a sua volta, è posto in relazione alla sussistenza di una posizione di garanzia intesa o in termini di protezione o in termini di controllo rispetto ai beni esposti a pericolo.
Poste
queste doverose premesse è possibile distinguere, in riferimento alla situazione cui ci riferiamo,
le seguenti ipotesi[16]:
I IPOTESI – Esclusione della responsabilità ex art. 51 – bis del D. Lgs. 22/97
La
responsabilità penale dell’acquirente del sito inquinato sembra doversi
escludere nel caso in cui l’acquirente medesimo si limiti a mantenere un
inquinamento pregresso realizzato da altri per il quale non esistano più né
una fonte attiva di inquinamento, né una diffusione della contaminazione verso
altri siti.
II
IPOTESI – Sussistenza della responsabilità penale ex art. 51 – bis del D.
Lgs. 22/97
La dottrina è incline a ritenere la
sussistenza della responsabilità penale dell’acquirente di un sito inquinato
nell’ipotesi in cui l’acquirente medesimo rimanga inerte nonostante la fonte
inquinante che cagiona il superamento dei valori limite di accettabilità della
contaminazione dei suoli (o crea il pericolo concreto ed attuale di superamento
di quei valori) sia ancora attiva e continui ad aggravare lo stato di
contaminazione (ad es. un serbatoio che continui a perdere o un deposito di
sostanze pericolose che continui a rilasciare contaminanti).
III IPOTESI - Sussistenza della responsabilità penale ex art. 51-bis del D. Lgs. 22/97
La
dottrina individua una terza ipotesi di responsabilità penale dell’acquirente
che è quella in cui quest’ultimo rimanga inerte quando
nel sito acquistato esista un inquinamento in
itinere derivante dalla migrazione passiva di inquinanti del suolo
contaminato, ad aree limitrofe allo stesso.
Nelle ipotesi II e III l’inattività
del proprietario subentrante può concorrere a cagionare il superamento o il
pericolo concreto ed attuale di superamento dei valori limite di accettabilità
di inquinamento dei suoli, realizzando un evento
dannoso o pericoloso distinto rispetto a quello cagionato dal responsabile
originario.
I.4 - FONTI GIURIDICHE DELLA SUSSISTENZA IN CAPO
ALL’ACQUIRENTE DI UN SITO INQUINATO, DI UNA POSIZIONE DI GARANZIA DA CUI
DERIVEREBBE L’OBBLIGO DI ATTIVARE IL PROCEDIEMNTO DI BONIFICA.
Si è detto che uno dei requisiti della responsabilità penale per omissione è la sussistenza, in capo al responsabile, di una posizione di garanzia normativamente prevista nei confronti del bene da tutelare.
La dottrina e la giurisprudenza hanno individuato tali fonti normative negli artt. 2050 c.c. ( Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose) e 2051 c.c. (Danno cagionato dalle cose in custodia)[17].
Significativa
è, al riguardo, la Sentenza del TAR Lombardia- Milano n.987 del 13 febbraio
2001 in cui si legge: “ una
responsabilità diretta del proprietario è ipotizzabile solo qualora esso
svolga un’attività pericolosa ai sensi dell’art. 2050 o se vi sia culpa in
vigilando così come disciplinata dall’art. 2051 c.c. il quale per altro non
prevede una responsabilità oggettiva ma una presunzione iuris tantum”.
Nell’ambito della giurisprudenza di legittimità è possibile individuare vari orientamenti tra loro contrastanti a riprova del fatto che sull’argomento regna una situazione di notevole incertezza.
Il primo orientamento scaturisce dalla Sentenza n.7411 del 5 luglio 1991 della Corte di Cassazione da cui si deduce il principio per il quale negli obblighi di custodia di un determinato bene non possono rientrare doveri di azione tanto penetranti quali quelli imposti dalla normativa sulle bonifiche che, più che ad un obbligo di vigilanza sulla cosa, attengono ad un vero e proprio intervento di trasformazione della stessa per renderla inoffensiva.
Il secondo è riconducibile alla Sentenza n.280 del 13 gennaio 1999 in cui si legge che nell’ambito di applicabilità degli artt. 17 e 51-bis del D. Lgs. n.22/97 rientra “anche la condotta già penalmente sanzionata dall’art. 32 del DPR 10 settembre 1982 n.915 e consistente nella mancata adozione di tutte le misure necessarie ad evitare un deterioramento anche temporaneo della situazione igienico - sanitaria ed ambientale preesistente”.
(In
senso contrario tuttavia, si veda Cass.
Pen., sez. III, Sent. 9 ottobre 1997 n.9157).
I.5
- INDIVIDUAZIONE DEI SOGGETTI DESTINATARI DELL’ORDINANZA DI DIFFIDA EX ART. 17
CO.3 DEL D.LGS N.22/97 ( E ART. 8 DEL DM. 471/99) NEI CASI IN CUI NEL POSSESSO
DEL SITO CONTAMINATO SI SONO SUCCEDUTI PIU’
SOGGETTI CHE HANNO ESERCITATO ATTIVITA’ CON EFFETTI INQUINANTI
Il problema dell’individuazione dei soggetti responsabili assume rilevo anche in rapporto all’operatività dell’ art.17 co.3[18] del D. Lgs. 22/97 e dell’art. 8 del DM 471/99. Quest’ultimo, che amplia l’ambito di applicabilità dell’art. 17 co.3 appena citato, tra l’altro, dispone :
“1. Qualora i
soggetti e gli organi pubblici accertino nell’esercizio delle proprie funzioni
istituzionali una situazione di pericolo di inquinamento o la presenza di siti
nei quali i livelli di inquinamento sono superiori ai valori di concentrazione
limite accettabili di cui all’allegato I ne danno comunicazione alla Regione,
alla Provincia ed al Comune.
2.
Il Comune, ricevuta la comunicazione di cui al co.1, con propria ordinanza
diffida il responsabile dell’inquinamento ad adottare i necessari interventi
di messa in sicurezza d’emergenza di bonifica e di ripristino ambientale ai
sensi del presente regolamento.
3. L’ordinanza di cui al comma 2 è comunque notificata anche al proprietario del sito ai sensi e per gli effetti dell’art. 17, commi 10 e 11, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n.22 e successive modifiche ed integrazioni.
3.(…)”
Diversi
contenziosi sono già sorti in merito alla legittimità di ordinanze di
ingiunzione emesse nei confronti di soggetti non responsabili di inquinamento.
La giurisprudenza amministrativa ( TAR Lombardia – Milano Sent. 13 febbraio 2001 n.987- TAR Lombardia – Milano Sez I Sentenza 25 giugno 2001 n. 4487 e TAR Friuli Venezia Giulia Sentenza 27 luglio 2001 n. 488) ha chiarito, in proposito, quanto segue:
¨ Il proprietario del sito inquinato che non sia anche responsabile dell’inquinamento non è obbligato a bonificare l’area e quindi, di conseguenza, non può essere direttamente destinatario dell’ordine di bonifica.
¨
In caso di incertezza nell’individuazione del responsabile
dell’inquinamento, l’ordine di bonifica deve essere
preceduto da un’apposita istruttoria in contraddittorio con tutti i
soggetti interessati in modo da poter addebitare, senza possibilità di dubbio,
la responsabilità del riscontrato superamento dei limiti di accettabilità
della contaminazione dei siti interessati, all’uno o all’altro, o
eventualmente anche in percentuale, a tutti i soggetti che si sono succeduti nel
possesso dei luoghi interessati e vi hanno esercitato attività con effetti
inquinanti. La giurisprudenza indica negli artt. 7 e 8 della L. 241/90 relativi
alla “comunicazione di avvio del procedimento” le norme che consentono
l’attivazione di una procedura volta a garantire l'instaurarsi del
contraddittorio e la conseguente legittimità delle ordinanze adottate ex art.8
del D.M. 471/99.
II
- PROFILI CIVILISTICI: LA RESPONSABILITA’ DEL PROPRIETARIO DEL SITO INQUINATO,
CHE NON ABBIA CAGIONATO L’INQUINAMENTO
La materia in questione suscita problemi interpretativi di non poco rilievo, oltre che dal punto di vista penale, anche sotto il profilo civilistico. In questa sede se ne farà solo cenno considerata la complessità della materia che, ci si rende conto, meriterebbe ben altro spazio e considerazione.
Tali profili sono essenzialmente legati al fatto che gli interventi e le spese di bonifica sono assistiti da garanzie e da cause legittime di prelazione. Lo scopo di simile previsione è duplice: assicurare l’effettività della tutela dell’interesse pubblico al risanamento dei siti inquinati e contemporaneamente indurre al risanamento dei siti anche soggetti diversi dal responsabile dell’inquinamento, in base al principio della responsabilità condivisa.
Le norme di riferimento sono contenute nell’art. 17 co. 9, 10 e 11.
II.1 - L’ONERE REALE: NATURA, ORIGINI E
FUNZIONI (Art.17 co.10 del D.Lgs n.22/99)
L’art. 17 commi 9 e10 del D.Lgs n.22/97 così recita:
“9.
Qualora i responsabili non provvedano
ovvero non siano individuabili, gli interventi di messa in sicurezza, di
bonifica e di ripristino ambientale sono realizzati d’ufficio dal Comune
territorialmente competente e ove questo non provveda dalla Regione, che si
avvale anche di altri enti pubblici. Al fine di anticipare le somme per i
predetti interventi le Regioni possono istituire appositi fondi nell’ambito
delle proprie disponibilità di bilancio.
“10. Gli interventi di messa in sicurezza , di bonifica e di ripristino ambientale costituiscono onere reale sulle aree inquinate di cui ai commi 2 e 3. L’onere reale deve essere indicato nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell'’rt. 8, co.2, della legge 28 febbraio 1985, n.47"
L’istituto dell’onere reale, che non risulta disciplinato dal c.c., non ha ancora trovato una sistemazione definitiva in dottrina parte della quale ne mette in dubbio addirittura l’esistenza come istituto di diritto privato in quanto, trattandosi di una categoria le cui origini risalgono al diritto germanico feudale, risulterebbe estranea rispetto ad un ordinamento giuridico risalente al diritto romano[19].
Secondo la definizione comunemente accolta, l’onere reale è un peso che grava su un immobile ed è tale per cui qualunque proprietario dell’immobile medesimo è tenuto ad eseguire prestazioni positive (di facere o di dare) a favore di un altro soggetto.
Secondo questo orientamento, l’onere reale è affine all’istituto della obligatio propter rem[20] in cui il titolare di un diritto reale è obbligato, in forza di tale titolarità, ad adempiere ad un determinato obbligo (es. il proprietario di un fondo può essere obbligato dal vicino a contribuire alla spesa di costruzione di un muro di cinta – art.886 c.c.).
Caratteristica della obligatio propter rem è l’ ”ambulatorietà” consistente nel fatto che, se la titolarità del diritto principale passa ad un altro soggetto, passa anche l’obbligazione accessoria.
Chi
subentra nel diritto reale subentra anche negli obblighi connessi all’onere
reale indipendentemente dal fatto che ne abbia avuto effettiva conoscenza.
II.2 - LE OBBLIGAZIONI CONNESSE ALL’ONERE REALE
All’onere reale sono inerenti alcuni tipi di obblighi la cui individuazione ha fatto discutere gli operatori del diritto. . Sinteticamente si possono distinguere due filoni interpretativi.
Secondo alcuni, l’onere reale configura una “garanzia reale atipica” volta ad assicurare il recupero, da parte dell’Amministrazione, delle spese sostenute per la bonifica. In capo al proprietario graverebbe solo un obbligo eventuale di dare, avente ad oggetto il rimborso delle spese sostenute dalla PA per la bonifica.
L’orientamento prevalente ritiene, tuttavia, che all’onere reale afferiscono essenzialmente due tipi di obblighi:
¨ obbligo (e non mera facoltà[21]) (sussidiario e condizionato, in quanto scatta in caso di inerzia o di assenza del responsabile) di facere , consistente nella attuazione diretta degli interventi di bonifica;
¨ obbligo alternativo di dare , consistente nel sopportare il peso economico dell’intervento sostitutivo pubblico. Tale obbligo si concretizza nel rimborso (nei limiti del valore del fondo) dovuto al creditore (la PA procedente) per i costi affrontati a causa dell’inadempimento.
I sostenitori di questo orientamento interpretativo ritengono che sia inerente all’onere reale un meccanismo analogo a quello relativo all’obbligazione facoltativa[22] ( o con facoltà alternativa) in cui l’obbligazione è ab origine semplice ma è prevista la facoltà per il debitore di liberarsi dall’obbligo eseguendo una prestazione diversa da quella dovuta.
Non
sembra inutile ricordare che, a detta di una parte della dottrina, dall’onere
reale scaturiscono anche obblighi
di non facere [23]
( caratteristica, questa, propria dell’obligatio
propter rem) e possono attenere alle limitazioni temporanee o permanenti
all’utilizzo dell’area bonificata rispetto alle previsioni
degli strumenti urbanistici vigenti ( artt.5 co.3 e 6 co.4 del DM 471/99)[24]
o alle particolari modalità per l’utilizzo dell’area che possono essere
imposte ai sensi dell’art. 17 co.6 del D. Lgs. 22/97, nel caso in cui permanga
un inquinamento residuo del sito bonificato.
II.3 - RATIO E OBIETTIVI DELL’ISTITUTO
La ratio dell’onere reale sulle aree inquinate è riconducibile alle disposizioni che fondano la cosiddetta “funzione sociale” della proprietà privata; tali disposizioni sono:
¨
L’art. 42 co.2 della Costituzione, a norma del quale “la
proprietà è riconosciuta e garantita dalla legge che ne determina i modi di
acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale
e di renderla accessibile a tutti”.
¨
L’art. 832 c.c., per il quale “il proprietario ha il diritto di godere e di disporre delle cose in modo
pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti
dall’ordinamento giuridico”.
Gli obiettivi cui è preordinato l’istituto in esame sono essenzialmente tre:
1. – evitare che il miglioramento del fondo, derivante dall’eseguita bonifica, e la sua recuperata commerciabilità in senso economico si traducano in un arricchimento a vantaggio del patrimonio del proprietario del bene (o del titolare di diritti reali su di esso);
2. - corresponsabilizzare la proprietà nel recupero del bene e nella soluzione del problema igienico-ambientale che costituisce la causa prioritaria dell’intervento della PA;
3.
- costituire garanzia reale a tutela del recupero delle spese affrontate
dall’Amministrazione per provvedere alla bonifica nei casi in cui il
responsabile non sia individuato o non provveda.
II.4 - CARATTERISTICHE DELL’ONERE REALE: AMBULATORIETA’ PASSIVA (art. 17 co.10 del D.Lgs n.22/97)
Come sopra accennato l’ambulatorietà passiva è una caratteristica che accomuna l’istituto dell’onere reale a quello della obligatio propter rem e consiste nel fatto che l’acquirente, a qualsiasi titolo, del fondo subentra nella posizione passiva rispondendo anche delle prestazioni anteriormente maturate .
Gli effetti dell’ambulatorietà sono indicati dall’art. 17 co.10, II alinea, che impone l’obbligo di indicare l’onere reale nel certificato di destinazione urbanistica ai sensi e per gli effetti dell’art. 18 co.2 della L. 28 febbraio 1985 n.47[25].
Si tratta, evidentemente, di una prima forma di tutela del compratore che si trovi pregiudicato dall’esistenza degli oneri reali sul bene compravenduto.
Analoghe
disposizioni sono dettate, come sopra ricordato, dagli artt. 5
co.3 del DM 471/99 e
dall’art. 6 co.4 del DM 471/99.
II.5 - LA COSTITUZIONE DELL’ONERE REALE
Secondo alcuni interpreti l’onere reale è l’effetto dell’atto dichiarativo con cui la PA accerta lo stato di inquinamento del sito[26].
Per altri, inoltre, ai fini costitutivi dell’onere reale non è necessario l’accertamento dell’impossibilità di individuare il responsabile e/o il suo inadempimento degli obblighi di bonifica.
Non solo, per questi autori gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale che costituiscono onere reale sulle aree inquinate sono da identificarsi non con i soli interventi posti in essere in via sostitutiva dall’Amministrazione procedente ma in generale con quelli che sono resi necessari alla stregua dell’accertato inquinamento del sito (da chiunque compiuti).
Con
il conseguimento del certificato provinciale di compiuta bonifica, il
proprietario che vi abbia interesse potrà liberare il fondo da tale peso e
ottenere la cancellazione della trascrizione della quale tratterò nel paragrafo
seguente.
II.6 - LA TRASCRIZIONE DELL’ONERE REALE
La legge nulla dispone a proposito della trascrizione dell’onere reale. Gli autori che hanno affrontato il problema[27], tuttavia, sostengono che essa si ritiene comunque dovuta in base al combinato disposto degli artt. 2645 e 2671 del c.c.[28] L’Amministrazione procedente, secondo questi autori, contestualmente alla notifica al proprietario ex art. 8 co.3 del DM 471/99, procederà anche alla trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari nella cui circoscrizione sono situati i beni immobili interessati.
Il
titolo per la trascrizione dell’onere reale ex art. 2657 c.c. sarebbe
costituito dall’atto pubblico amministrativo di accertamento
dell’inquinamento. L’atto di accertamento idoneo per la trascrizione può
essere relativo non all’acclarato superamento dei limiti di contaminazione ma
al verificarsi del pericolo concreto ed attuale di superamento degli stessi e
quindi prima della perimetrazione definitiva e dell’analisi della
caratterizzazione.
II.7 - RAPPORTI TRA ONERE REALE E PRIVILEGI PREVISTI DALL’ART. 17 CO.11 DEL D.LGS 22/97
L’art.17 co.11 del D.Lgs n.22/97 così recita:
“
Le spese sostenute per la messa in
sicurezza, la bonifica e il ripristino ambientale delle aree inquinate di cui ai
commi 2 e 3 sono assistite da privilegio speciale immobiliare sulle aree
medesime ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2748, secondo comma, del
codice civile. Detto privilegio si può esercitare anche in pregiudizio dei
diritti acquistati dai terzi sull’immobile (…)”
E’ noto che il privilegio è una causa legittima di prelazione accordata dalla legge in considerazione della qualità e della causa del credito.
Al pari del pegno e dell’ipoteca costituisce una deroga al principio della par condicio creditorum sancita dall’art. 2741 c.c.
La previsione del privilegio speciale immobiliare chiarisce che il credito dell’Amministrazione che ha proceduto alla bonifica in danno per il recupero delle spese sostenute è preferito a quello dei creditori ipotecari (ex art. 2748 co.2 c.c.)
E’ noto che l’art. 2747 co.2 del c.c. ( per cui il privilegio non può pregiudicare i diritti acquistati dai terzi anteriormente al sorgere di esso) è dettato espressamente per i privilegi speciali mobiliari ma si ritiene applicabile, in mancanza di una previsione diversa, ai privilegi immobiliari.
L’art. 17 co.11 del D. Lgs. 22/97 introduce una deroga espressa a questo principio e precisa che tale privilegio è munito di diritto di sequela: esso cioè si può esercitare anche in pregiudizio dei diritti acquistati dai terzi sull’immobile.
Si tratta, evidentemente, di una norma diretta a scongiurare atti traslativi della proprietà o di altri diritti reali sugli immobili inquinati al fine di eludere l’ordine di bonifica
Tale
finalità poteva ritenersi adeguatamente assolta dalla ambulatorietà
dell’onere reale ed è per questo che il privilegio speciale immobiliare si
configura, nella materia di cui si discute, come un rafforzativo del credito e
degli obblighi inerenti all’onere reale.
II.8 - IL PRIVILEGIO GENERALE MOBILIARE
L’art.
17 co.11 ultimo periodo[29],
del D. Lgs n. 22/97 prevede che “il
credito dell’amministrazione è altresì assistito da privilegio generale
mobiliare”.
Per definizione normativa ex art. 2746 c.c., il privilegio generale mobiliare si esercita su tutti i beni mobili del debitore.
La
previsione di tale privilegio, secondo alcuni interpreti, implica che la
garanzia che assiste le spese di bonifica eventualmente sostenute dalla PA non
investe solo il valore del bene, in virtù dell’onere reale e del privilegio
speciale immobiliare, ma l’intero patrimonio del soggetto obbligato[30].
II.9 - IN CHE MISURA RISPONDE L’ONERATO?
Al problema del rapporto tra onere reale e privilegi è strettamente connesso quello relativo alla definizione dei limiti della somma dovuta dall’onerato.
Secondo l’opinione prevalente quest’ultimo risponde nei limiti del valore del bene gravato[31] dall’onere (questa sarebbe la conseguenza dell’inerenza all’onere al bene e costituirebbe il tratto distintivo dell’onere reale rispetto alla obligatio propter rem).
Nel caso in cui il valore del sito bonificato non copra le spese sostenute per la bonifica, l’Amministrazione procedente potrà valutare l’opportunità di far valere anche il privilegio generale mobiliare sul patrimonio del debitore[32].
Per
alcuni autori questa disciplina sui risolve, di fatto, in una forma di
espropriazione senza indennizzo e sarebbe, per questo, incostituzionale[33].
CONCLUSIONI
I problemi interpretativi suscitati dalla normativa sui siti contaminati sono, come si è visto, sia pure per cenni, numerosi e ricchi di risvolti pratici di non irrilevante portata.
Con questo contributo, che non ha alcuna pretesa di esaustività, si è voluto evidenziare i tratti salienti di problematiche tutt’ora soggette al vaglio della dottrina e della giurisprudenza. Gli esiti di siffatto dibattito saranno verificabili solo fra qualche tempo ed è prevedibile che essi verranno, in larga misura, influenzati dalla prassi delle Amministrazioni coinvolte nella bonifica di aree inquinate. Resta all’interprete il compito di monitorare gli sviluppi di una normativa la cui applicazione è ancora in fase di sperimentazione e che, come tutti i settori pionieristici del diritto, induce, inevitabilmente a sviscerare problemi più che ad individuarne, in modo soddisfacente, le soluzioni.
[1]
Il D.M. 25 ottobre 1999 n.471 è
stato pubblicato sul S.O. alla G.U. del 15 dicembre 1999, n.293 ed è
entrato in vigore il 16 dicembre 1999 (l’ effettiva pubblicazione
è avvenuta, per altro, il 27 dicembre 1999).
[2]
Ci si riferisce a questo proposito
alla condizione di non punibilità prevista dall’art. 114
co.7 della L. 23 dicembre 2000 n.388 (Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge
finanziaria 2001 - ) a
norma del quale: “ chiunque abbia
adottato o adotti le procedure di cui all’art. 17 del decreto legislativo
5 febbraio 1997 n.22, e successive modificazioni, e di cui al Ministro
dell’ambiente 25 ottobre 1999 n.471, o che abbia stipulato o stipuli
accordi di programma previsti nell’ambito delle medesime normative, non è
punibile per i reati direttamente connessi all’inquinamento del sito posti
in essere anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto
legislativo n.22 del 1997 che siano accertati a seguito dell’attività
svolta, su notifica dell’interessato, ai sensi dell’art. 17 del medesimo
decreto legislativo n. 22 del 1997, e successive modificazioni, qualora la
realizzazione e il completamento degli interventi ambientali si realizzino
in conformità alle predette procedure o ai predetti accordi di programma ed
alla normativa vigente in materia”.
Il
successivo comma 8 prevede, d’altro canto, che “la
disposizione di cui al comma 7 non è applicabile quando i fatti di
inquinamento siano stati commessi a titolo di dolo o comunque nell’ambito
di attività criminali organizzate volte a realizzare illeciti guadagni in
violazione delle norme ambientali”.
Si
veda sul punto L. PRATI, Bonifiche e
non punibilità per l’inquinamento pregresso: prime osservazioni, in
Ambiente, n.3/2000, p. 215 ss.
Un
altro istituto premiale è stato introdotto dall’art. 9 co.3 del DM 471/99
il quale così recita: “Qualora il
proprietario o altro soggetto interessato proceda ai sensi dei commi 1 e 2
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, la
decorrenza dell’obbligo di bonifica verrà definita dalla Regione
territorialmente competente in base alla pericolosità del sito (...)
nell’ambito del piano regionale o dei suoi stralci, salva, in ogni caso,
la facoltà dell’interessato di procedere agli interventi di bonifica e
ripristino ambientale prima del suddetto termine” . Si ricorda che il
termine originario che scadeva
il 16 giugno 2000 è stato prorogato al 31 marzo 2001 dalla L. 28 giugno
2000 n.224 (G.U. n.187 dell’11 agosto 2000) di conversione, con
modificazioni, del D.L. n.160 del 16.6.2000.
[3]
Per un’analisi del concetto di
“soggetti interessati” si veda P.PAGLIARA, Gli
interventi ad iniziativa degli interessati,
in Siti contaminati, 2001 n.1,
p. 39 ss
[4]
L’art. citato è stato introdotto
dal D. Lgs. 8 novembre 1997 n.389 e successivamente modificato , con
l’aggiunta dell’ultimo periodo, dalla L. 9 dicembre 1998 n.426.
L’ammontare delle ammende previste, allo stato attuale va da 2582,28 a
25822,84 Euro per la prima contravvenzione e da 5164,56 a 5164,68 Euro se
l’inquinamento è provocato da rifiuti pericolosi.
[5] L’art. 17 co.2 del D.Lgs. n.22/97 così recita: “ Chiunque cagiona, anche in maniera accidentale, il superamento dei limiti di cui al co.1 lett.a), ovvero determina un pericolo concreto ed attuale di superamento dei limiti medesimi, è tenuto a procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale delle aree inquinate e degli impianti da cui deriva il pericolo di inqui