Cass. Sez. III sent.2881 del 26 gennaio 2007 (cc. 19 ottobre 2006)
Pres. Postiglione Est. Fiale Ric. P.M. in proc. Picone
Urbanistica. Realizzazione soppalco

L'esecuzione di soppalchi nella ristrutturazione interna di un edificio, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce opera che richiede il permesso a costruire o, in alternativa, la denuncia d'inizio di attività, poiché comporta modifica delle superfici interne, la quale,a noma dell'art. 10, comma 1, lett. C) t.u. dell'edilizia (d.P.R. 380-2001) è necessaria e sufficiente a far sorgere tale obbligo, indipendentemente, quindi da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina è applicabile pure in presenza della disposizione dell'art. 2 della L.R. Campania, che dichiara sufficiente la semplice denuncia d'inizio attività in ipotesi di 'opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile’ risultando la corrispondente disposizione della legislazione statale richiamata (art. 2, comma 60, della legge 662-1996) abrogata dall'art. 36, c omma 2, lett. h) dello stesso t.u.".


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. POSTIGLIONE Amedeo - Presidente - del 19/10/2006
Dott. TARDINO Vincenzo Luigi - Consigliere - SENTENZA
Dott. GENTILE Mario - Consigliere - N. 1016
Dott. FIALE Aldo - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere - N. 20207/2006
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI;
avverso la sentenza 28/02/2006 del G.I.P. del Tribunale di Napoli;
emessa nei confronti di:
PICONE Giuseppina, n. a NAPOLI il 22/08/1973;
AMATO Luigi, n. a NAPOLI il 04/04/1971;
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FIALE Aldo;
lette le richieste del P.G. che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Picone Giuseppina ed Amato Luigi sono stati indagati in relazione ai reati di cui:
- all'art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), (per avere, in concorso tra loro, in qualità di committenti, iniziato continuato ed eseguito, in assenza del permesso di costruire e di D.I.A., in una unità immobiliare preesistente di mq. 47, la realizzazione di un soppalco in muratura impostato a mt. 2,10 dal calpestio ed mt. 2,00 dalla copertura, collegato con l'ambiente sottostante a mezzo di una scala in muratura ed adibito a camera da letto munita di finestra delle dimensioni di mt. 1,00 x 1,40, corredata da grata di ferro):
- all'art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 64, 65, 71 e 72 (per avere realizzato le strutture portanti indicate al capo che precede non in base a progetto esecutivo, senza previa denunzia dei lavori al Genio Civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico competente;
- all'art. 110 cod. pen. e D.P.R. n. 380 del 2001, artt. 93, 94 e 95 (per avere eseguito i lavori anzidetti, in zona sismica, omettendo di depositare, prima del loro inizio, gli atti progettuali presso l'ufficio del Genio Civile competente e senza avere ottenuto la previa autorizzazione).
Reati tutti accertati in Napoli, alla via San Liborio, n. 43, 2^ piano, il 17.10.2005.
Il P.M. ha chiesto emettersi decreto penale di condanna ma il G.I.P. del Tribunale di Napoli:
- con sentenza del 28.2.2006, resa ai sensi dell'art. 129 c.p.p. - ha dichiarato non doversi procedere, limitatamente alla contravvenzione di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b), "perché il fatto non è previsto dalla legge come reato", ordinando la restituzione degli atti al P.M. per le residue imputazioni. Ha rilevato il G.I.P. che "la realizzazione di soppalchi all'interno di un manufatto non richiede la cd. Superdia (ossia la D.I.A. in alternativa al permesso di costruire), in quanto l'aumento di superficie utile - che non può essere sottaciuto - non si accompagna, nel caso di specie, alla modifica della sagoma o della volumetria del manufatto. Un'attenta lettura delta norma contestata impone, infatti, di ritenere che, per aversi punibilità D.P.R. n. 380 del 2001, ex art. 44, non è sufficiente che vi sia un aumento di superficie, ma occorre che cumulativamente sussistano anche le altre condizioni della modifica o della sagoma esterna dell'edificio o dell'aumento dei volumi".
Ad integrazione e conferma di tale assunto, lo stesso G.I.P. ha fatto riferimento alla sentenza n. 40829/2005 di questa 3^ Sezione della Corte di Cassazione e "ad una legge regionale - ritenuta costituzionalmente legittima - che autorizza la realizzazione di soppalchi interni dell'edificio solo previa D.I.A. e senza necessità di permesso di costruire".
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, il quale - dopo avere premesso di non condividere l'orientamento della giurisprudenza di legittimità in essa richiamato - ha eccepito che:
- la proposta interpretazione del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1 - lett. c), contrasterebbe con il dato testuale, poiché le singole fattispecie, per le quali tale disposizione richiede il permesso di costruire, sono separate da virgole, in funzione evidentemente disgiuntiva, come sarebbe reso palese dalla disgiunzione "o" introdotta per separare la modifica dei prospetti da quella delle superfici;
- l'interpretazione medesima contrasterebbe pure con il dato sistematico, non potendosi spiegare altrimenti il rapporto con la disposizione della lettera e.l del precedente art. 3, in quanto tale norma, sanzionando "l'ampliamento dei manufatti esistenti all'esterno della sagoma esistente" già punirebbe le ristrutturazioni che comportino contemporaneamente modifica di sagoma, di volume ed aumento delle superfici utili.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
1. Nel vigore della L. n. 47 del 1985, art. 26 e della L. n. 493 del 1993, art. 4, come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 2, comma 60, la giurisprudenza di questa Corte Suprema si è orientata nel senso che - per la realizzazione di soppalchi interni a costruzioni preesistenti - non occorresse la concessione ne' l'autorizzazione edilizia. Si riteneva, quindi, sufficiente il procedimento di D.I.A., la cui mancanza era sanzionata solo in via amministrativa (vedi Cass., Sez. 3^: 3.6.1994, n. 6573, Vicini; 28.3.1990, n. 4323, De Pan).
Dopo l'entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001 (T.U. dell'edilizia), detto indirizzo è stato confermato da questa 3^ Sezione con la sentenza 10.11.2005, n. 40829, ric. P.M. in proc. D'Amato ed altro, ove si è argomentato che "La realizzazione di opere interne anche in base al testo unico deve ritenersi consentita, come avveniva nella legislazione previgente, previa mera denunzia di inizio dell'attività a condizione che non integri veri e propri interventi di ristrutturazione comportanti modifiche della sagoma o della destinazione d'uso (cfr. Cass. 3577 del 2001) e ciò perché in base all'attuale disciplina sono assentibili con la denuncia d'inizio lavori cosiddetta semplice, ossia quella prevista dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, commi 1 e 2 (...) tutti quegli interventi per i quali non è richiesto il permesso di costruire e per quello in questione tale permesso, alle condizioni sopra indicate, non è richiesto giacché, anche se è aumentata la superficie in concreto utilizzabile, non sono stati modificati voltane e sagoma". 2. La sentenza il 40829/2005 riguardava una vicenda in cui erano stati realizzati due soppalchi all'interno di una preesistente unità immobiliare: adibiti l'uno ad uso studio e l'altro a cameretta per i bambini.
L'orientamento giurisprudenziale in essa enunciato non è, però, condiviso da questo Collegio alla stregua dei seguenti rilievi:
2.1 Le cd. "opere interne", nella normativa edilizia, sono state soggette - come già si è accennato - ad un regime autonomo semplificato secondo le previsioni sia della L. n. 47 del 1985 (art. 26 modificato dalla L. n. 298 del 1985) sia della L. n. 662 del 1996 (art. 2, comma 60).
Trattavasi di interventi edilizi che si collocavano trasversalmente rispetto a quelli di manutenzione, restauro e ristrutturazione, delineati dalla L. n. 457 del 1978, art. 31.
La L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, lettera e) modificata dal D.L. n. 67 del 1997, convertito dalla L. n. 135 del 1997 assoggettava, in particolare, a denuncia di inizio dell'attività le "opere interne di singole unità immobiliari che non comportino modifiche della sagoma e dei prospetti e non rechino pregiudizio alla statica dell'immobile e limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A ... non modifichino la destinazione d'uso".
Opere siffatte non dovevano essere realizzate su immobili vincolati e dovevano essere conformi agli strumenti urbanistici, rispettando altresì le norme di sicurezza e quelle igienico-sanitarie degli edifici (onde l'illegittimità della realizzazione di vani di dimensioni insufficienti ad assicurare le prescritte condizioni di areazione ed illuminazione). Esse non dovevano, poi, recare pregiudizio alla statica dell'immobile, cioè all'equilibrio delle forze di azione e di reazione che si realizza all'interno dette strutture portanti di un manufatto e ne determina la stabilità. Le opere interne non sono più previste, nella formulazione del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come categoria autonoma di intervento sugli edifici esistenti e devono ritenersi riconducibili alla "ristrutturazione edilizia" allorquando comportino aumento di unità immobiliari, ovvero modifiche dei volumi, dei prospetti o delle superfici, ovvero mutamenti di destinazione d'uso. 2.2 Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 3, comma 1 - lett. d), - come modificato dal D.Lgs. 27 gennaio 2002, n. 301 - definisce interventi di ristrutturazione edilizia quelli "rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendano il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti".
La ristrutturazione edilizia non è vincolata, pertanto, al rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'edificio esistente e differisce sia dalla manutenzione straordinaria (che non può comportare aumento della superficie utile o del numero delle unità immobiliari, ne' modifica della sagoma o mutamento della destinazione d'uso) sia dal restauro e risanamento conservativo (che non può modificare in modo sostanziale l'assetto edilizio preesistente e consente soltanto variazioni d'uso "compatibili" con l'edificio conservato).
La stessa attività di ristrutturazione, del resto, può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi agli altri tipi dianzi enunciati. L'elemento caratterizzante, però, è la connessione finalistica delle opere eseguite, che non devono essere riguardate analiticamente ma valutate nel loro complesso al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuova. 2.3 Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma 1 - lett. c), come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superficie, ovvero si connettano a mutamenti di destinazione d'uso, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A).
2.4 Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 3 - lett. a), come modificato dal D.Lgs. n. 301 del 2002, prevede, però, che - a scelta dell'interessato - tali interventi possono essere realizzati anche in base a semplice denunzia di inizio attività:
2.5 Dalle disposizioni legislative dianzi ricordate si deduce che sono sempre realizzabili previa mera denunzia di inizio dell'attività le ristrutturazioni edilizie di portata minore:
quelle, cioè, che determinano una semplice modifica dell'ordine in cui sono disposte le diverse parti che compongono la costruzione, in modo che, pur risultando complessivamente innovata, questa conserva la sua iniziale consistenza urbanistica (diverse da quelle, descritte nell'art. 10, comma 1, lett. c, che possono incidere sul carico urbanistico).
Il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, ha introdotto, in sostanza, uno sdoppiamento della categoria delle ristrutturazioni edilizie come disciplinata, in precedenza, dalla L. n. 457 del 1978, art. 31, comma 1 - lett. d), riconducendo ad essa anche interventi che ammettono integrazioni funzionali e strutturali dell'edificio esistente, pure con incrementi limitati di superficie e di volume. Tali incrementi, però, devono essere necessariamente modesti, poiché, qualora si ammettesse la possibilità di un sostanziale ampliamento dell'esistente (in termini sia di volume ma anche soltanto di superficie), verrebbe meno la linea di distinzione tra "ristrutturazione edilizia" e "nuova costruzione". 3. Nella fattispecie in esame non si verte nell'ipotesi, dianzi descritta, di "ristrutturazione edilizia di portata minore", essendosi realizzato un aumento di superficie necessario e sufficiente ad imporre il permesso di costruire o la DIA alternativa. La prospettazione proposta dalla sentenza impugnata, secondo la quale la nuova normativa richiederebbe - perché debba considerarsi insufficiente la semplice D.I.A. - una contemporanea modifica di superficie, volume e sagoma contrasta con la formulazione testuale del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 10, comma 1 - lett. c), con le innovazioni introdotte dal D.Lgs. n. 301 del 2002, che - come si è detto - assoggetta a permesso di costruire quegli interventi di ristrutturazione edilizia "che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici".
Al contrario, la modifica di uno qualsiasi degli anzidetto parametri di riferimento realizza autonomamente la fattispecie, senza necessità di sovrapposizione, come si deduce anche dalla disgiuntiva finale utilizzata dal legislatore.
Siamo in presenza, dunque, di un intervento assoggettabile, alternativamente ed a scelta dell'interessato, a permesso di costruire ovvero a denunzia di inizio dell'attività ai sensi del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 22, comma 3 - lett. a), come sostituito dal D.Lgs. n. 301 del 2002, ed in una ipotesi siffatta, in mancanza del permesso di costruire, anche l'omesso esperimento della procedura di D.I.A. comporta l'applicazione delle sanzioni penali di cui al successivo art. 44 (vedi Cass., Sez. 5^, 26.4.2005, Giordano, nonché Sez. 3^: 19.11.2003, Landolina e 14.7.2003, Tollon). 4. Dette conclusioni non trovano smentita nella legge regionale genericamente evocata dal G.I.P. nella sentenza impugnata. Trattasi della legge 28.11.2001, n. 19 della Regione Campania, il cui art. 2 prevede, al 1 comma, che "possono essere realizzati in base a semplice denuncia di inizio di attività: a) gli interventi edilizi di cui al D.L. 5 ottobre 1993, n. 398, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 4 dicembre 1993, n. 493, come sostituito dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 2, comma 60, lettere a), b), c), d), e) ed f)...".
La L.R. art. 2, comma 1 in esame, però, fa pure riferimento (indifferenziato quanto al procedimento abilitativo), nelle successive lettere b), c) e d), a quegli interventi edilizi che - secondo il D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3, come sostituito dal D.Lgs. n. 27 dicembre 2002, n. 301 - "possono essere realizzati mediante denuncia di inizio attività in alternativa al permesso di costruire".
La disposizione regionale, pertanto - al di là di ogni valutazione circa il carattere formale o sostanziale dei rinvio in essa contenuto a disposizioni legislative statali espressamente abrogate dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 136, comma 1, lett. g), (pubblicato in G.U. del 20.10.2001) - non individua ipotesi di opere realizzabili mediante D.I.A. riconducibili ai soli casi di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, commi 1 e 2, ma accomuna nella medesima previsione di possibile ricorso al procedimento della denuncia di attività anche quegli interventi per i quali l'art. 22, comma 3 prevede l'alternatività tra D.I.A. e permesso di costruire. La stessa disposizione regionale, pertanto, lungi dall'affermare che le opere interne comportanti aumento delle superfici utili siano realizzabili sempre ed esclusivamente previa mera denunzia di inizio dell'attività, si limita a recepire, al riguardo, la normativa statale.
5. Alla stregua di tutte le argomentazioni svolte, va formulato, in conclusione, il principio di diritto secondo il quale "l'esecuzione di un soppalco all'interno di una unità immobiliare, realizzato attraverso la divisione in altezza di un vano allo scopo di ottenerne una duplice utilizzazione abitativa, pure se non realizzi un mutamento di destinazione d'uso, costituisce intervento di ristrutturazione edilizia che richiede il permesso di costruire o, in alternativa, la denunzia di inizio dell'attività, ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 22, comma 3. Detto intervento, infatti, comporta un incremento della superficie utile calpestabile che, a norma del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 10, comma 1 - lett. c), impone l'applicazione del regime di alternatività indipendentemente da una contemporanea modifica della sagoma o del volume. Tale disciplina non si pone in contrasto con le previsioni della L.R. Campania n. 19 del 2001, art. 2".
6. La sentenza impugnata va conseguentemente annullata, con rinvio al Tribunale di Napoli, il cui G.I.P. si atterrà al principio dianzi enunciato.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione, visti gli artt. 608, 611 e 623 c.p.p., annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Napoli.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 19 ottobre 2006. Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2007