Amministratori e funzionari pubblici - Subcommissario per l’emergenza rifiuti nella Regione Campania - Mancato avvio di impianto – Inutilità della struttura già realizzata - Responsabilità - Sussiste
composta dai seguenti magistrati:
Dott. Italo WEBER CONSIGLIERE
nel giudizio di responsabilità iscritto al n.52519 del registro di Segreteria, instaurato su atto di citazione della Procura regionale nei confronti del sig.
F.G.
nato a xxx, rappresentato e difeso dall’avv. Vincenzo Grimaldi presso lo studio del quale è elettivamente domiciliato in Napoli alla via R. Bracco n.15/A;
Visto l’atto introduttivo del giudizio depositato nella segreteria di questa Sezione giurisdizionale in data 30 marzo 2007;
vista la memoria di costituzione in giudizio depositata in data 26 febbraio 2008;
uditi nella pubblica udienza del giorno 29 febbraio 2008 il relatore, cons. Daniela Acanfora, l’avv. Anna Ida Capone per delega conferitale dall’avv. Grimaldi; il rappresentante della Procura Regionale nella persona del v.p.g. cons. Filippo Esposito;
esaminati gli atti ed i documenti tutti del fascicolo di causa;
Con l’atto di citazione in epigrafe, ritualmente notificato, la Procura regionale ha convenuto in giudizio innanzi a questa Sezione il dott. G. F., in veste di sub-Commissario per l’emergenza rifiuti, bonifiche e tutela delle acque nella Regione Campania, per chiederne la condanna al risarcimento del danno complessivamente quantificato in euro 598.905,70 - di cui euro 380.661,98 in favore del Commissariato per l’emergenza rifiuti, bonifiche, tutela delle acque nella Regione Campania ed euro 218.243,72 in favore del Consorzio di Bacino Sa/3 – ,unitamente a rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giustizia.
Il fatto dannoso contestato è emerso dall’istruttoria avviata a seguito di un articolo di stampa pubblicato sul giornale “La Città” di Salerno del 7 aprile 2002 (dal titolo “L’impianto di Palomonte ha triturato solo soldi”) nonché dalla trasmissione da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Salerno degli atti dell’indagine penale conclusasi con provvedimento di archiviazione per mancanza di condotte penalmente rilevanti (nota del 22 febbraio 2003).
Le tappe della vicenda, illustrate nella relazione (prot.n.45823 del 9 dicembre 2005) trasmessa dal Nucleo Regionale di Polizia Tributaria Campania in esito agli accertamenti delegati dalla Procura, oltre che comprovate da ampia documentazione amministrativa, in gran parte trasmessa con nota del 16 giugno 2005 (prot.n.12209) dal sub-Commissario di Governo pro-tempore per l’emergenza rifiuti (dott.Forleo) sono le seguenti.
Con ordinanza a firma del Ministro dell’Interno delegato al coordinamento della protezione civile n.3100 del 22 dicembre 2000, recante ulteriori disposizioni per fronteggiare l’emergenza nel settore dello smaltimento dei rifiuti in Campania, nel prorogarsi fino alla cessazione dello stato di emergenza i poteri in precedenza conferiti al Commissario delegato-Presidente della Regione Campania ed al Prefetto di Napoli, all’art.5, comma 1), si disponeva testualmente quanto segue:
”In attesa della messa in esercizio degli impianti di produzione del combustibile derivato dai rifiuti e nel caso di chiusura definitiva delle discariche in esercizio, il commissario delegato-presidente della Regione Campania d’intesa con i prefetti delle province interessate, avvalendosi dei consorzi di cui alla legge regionale 10 febbraio 1993 n.10 provvedono al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti urbani che residuano dalla raccolta differenziata con le seguenti modalità:
a) vagliatura dei rifiuti urbani, al fine di separare la frazione secca dalla frazione umida;
b) stabilizzazione della frazione umida;
c) smaltimento della frazione secca o messa in riserva della stessa per il trattamento finalizzato alla produzione del combustibile derivato dai rifiuti” .
Ai fini di cui al precedente comma 1, i consorzi utilizzano impianti resi disponibili dal soggetto, individuato dall’esito dell’ espletamento della procedura di cui all’articolo 1, comma 5, dell’ordinanza n.2560 del 2 maggio 1997,così come modificato dall’art.1, comma 2, dell’ordinanza n.2774 del 31 marzo 1998, affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani che residuano dalla raccolta differenziata (comma2).
Nel caso in cui i consorzi non provvedano ad organizzare le attività di cui al comma 1 entro il termine di trenta giorni dalla pubblicazione della presente ordinanza o non siano disponibili gli impianti dell’affidatario, il commissario delegato-presidente della regione Campania d’intesa con i prefetti delle province interessate, nomina uno o più commissari ad acta”(comma3).
Nella provincia di Salerno, a causa (come si legge nella relazione trasmessa dal Prefetto di Salerno al Ministero dell’Interno datata 18 dicembre 2001-prot n.6644.15.5/Gab/EME.R.-pag.2) della “intervenuta indisponibilità (per esaurimento ovvero per sequestro giudiziario) delle tre discariche comprensoriali a suo tempo realizzate …e nelle more della realizzazione, in Battipaglia, dell’impianto di produzione C.D.R.” lo smaltimento dei rifiuti solidi restava affidato, in attuazione a quanto disposto dalla predetta ordinanza, agli impianti di vagliatura, di stabilizzazione delle frazione umida e di stoccaggio e smaltimento di quella secca.
Con nota prot.n.36/R.S.U. del 27 dicembre 2000(trasmessa anche al sub-Commissario F.) il Prefetto di Salerno, a seguito di riunione tenuta con tutti i soggetti istituzionali interessati dall’art.5, nell’elencare i possibili siti, invitava la struttura commissariale a fornire la necessaria collaborazione in ordine soprattutto all’attività di istruttoria tecnico amministrativa.
In data 29 dicembre 2000 presso la stessa struttura commissariale si teneva una ulteriore riunione ,presente F. ed i presidenti dei Consorzi di Bacino nel corso della quale quest’ultimi dichiaravano di impegnarsi a realizzare gli impianti, all’uopo formulando orientamenti operativi, anche al fine di consentire al Prefetto di Salerno di adottare i relativi provvedimenti rientranti nella sua competenza
In tale contesto temporale, - una volta individuate - da parte dei commissari ad acta all’uopo nominati, in luogo dei Consorzi di Bacino, in attuazione del comma 3 dell’art.5 succitato, con decreto del Prefetto di Salerno (n.641/15.5/Gab./EME.R. del 27 gennaio 2001) le aree dove ubicare gli impianti - , il Consorzio di Bacino SA/3 presentava, in data 16 febbraio 2001, il progetto relativo alla realizzazione di un impianto di trito-vagliatura sul suolo, di proprietà del Consorzio OMISSIS di Salerno, sito nell’area industriale di Palomonte ritenuto, rispetto ad altri pure resi disponibili dall’OMISSIS, “di dimensioni adeguate alle attività da svolgere” su cui insisteva un capannone “al fine di realizzare l’impianto su aree coperte per evitare il trasporto eolico della frazione volatile e l’eccessiva produzione di percolato in caso di pioggia”(vedasi relazione dei commissari ad acta datata 23 febbraio 2001).
Detto progetto veniva sottoposto alla valutazione del gruppo tecnico istituito con ordinanza commissariale n.14 del 10 gennaio 2001 al fine: di redigere le linee guida per la realizzazione degli impianti previsti dal succitato art.5 dell’O.P.C.M.n.3100/2000; di fornire il parere tecnico amministrativo alla struttura commissariale (ai sensi dell’art.6 dell’O.P.C.M.n.2948/99 e succ.mod.ed int.); fornire il parere per l’intesa prevista dal comma 1 del precitato art.5 dell’O.P.C.M. n.3100/2000.
Con nota datata 19 febbraio 2001 copia dell’ esito -favorevole- della relativa istruttoria,contenente anche prescrizioni relative alle modalità di gestione, veniva inviato al Prefetto di Salerno a cura del vice-Commissario per l’emergenza, Raffaele V., che nel contempo esprimeva parere favorevole “per quanto riguarda gli aspetti amministrativi” ai sensi dell’art.17 dell’O.P.C.M. n.3100/2000 (nota prot. n.420 del 19 febbraio 2001).
Con successiva nota datata 24 febbraio 2001 (prot..n. 4817) a firma del medesimo V., la struttura commissariale evidenziava le ragioni di urgenza per la realizzazione dell’impianto stante lo stato di emergenza (“ogni ritardo ….non potrà non essere ragione di grave pericolo dell’igiene e sanità pubblica…”.
Nel corso di una riunione tenutasi in Prefettura in data 26 febbraio 2001 il Prefetto di Napoli invitava i commissari ad acta, in conseguenza delle intese raggiunte, a trasmettere copia del progetto a vista per la realizzazione delle opere necessarie (nota n.1181.15.5. del 26 febbraio 2001).
Il Prefetto di Salerno, una volta acquisiti (per gli aspetti di rispettiva competenza) i pareri favorevoli dell’A.R.P.A.C., dell’A.S.L. SA/2, dell’Autorità di Bacino interregionale, dell’Ufficio Ecologia della Provincia di Salerno, disponeva l’occupazione temporanea e d’urgenza ai sensi dell’art.71 della l.n.2359/1865, stante lo “stato di pericolo per l’igiene e la sanità pubblica” dell’area per la durata di un anno (provvedimento n.1222.5.5/GAB/EMER del 1° marzo 2001).
Contestualmente, il suddetto autorizzava la “realizzazione della 1° fase di posizionamento di una linea di tritovagliatura sita nell’area industriale di Palomonte…..dandone incarico al Consorzio di Bacino SA/3 che presiederà anche all’installazione dell’impianto reso disponibile dal soggetto affidatario di cui all’art.5,comma 2, O.P.C.M. n.3100/2000 e curerà, unitamente ai commissari ad acta, la verifica della rispondenza delle opere realizzate a tutte le prescrizioni impartite dagli organi e/ o enti che hanno partecipato all’istruttoria procedimentale”“(provvedimento n.1224.15.5/GAB/EME.R. del 1°marzo 2001).
Senonchè la concreta realizzazione dell’impianto veniva ritardata a causa di una serie di fattori (esposti in una nota del Consorzio SA/3 del 21 agosto 2001 - prot.n.3804 - indirizzata al Prefetto, e per conoscenza al sub- Commissario) tra i quali la protesta della popolazione locale, “la realtà di diffusa intimidazione e di oggettivo impedimento a una normale e serena conduzione dei lavori”, vicende giudiziarie scaturenti da ricorsi proposti da taluni comuni, compreso quello di Palomonte, assoluta resistenza opposta dal soggetto affidatario del servizio di recupero dei rifiuti scaturenti dalla raccolta differenziata (soc. OMISSIS) ad adempiere ai propri obblighi di fornitura degli impianti
In data 4 settembre 2001 il sub-commissario F., odierno convenuto in giudizio, in risposta alle problematiche operativo-gestionali rappresentate dal Consorzio nella predetta nota del 21 agosto 2001, nel premettere che le attività del commissario ad acta si estendevano anche alla fase dell’organizzazione e dell’attivazione delle attività ex art.5 dell’O.P.C.M. 3100 da svolgere comunque d’intesa con la struttura commissariale “tenuto conto che dalla stessa sono sostenuti i relativi costi” e che l’avvio degli impianti non poteva essere subordinato a talune condizioni dettate dallo stesso Consorzio in quanto “impraticabili e amministrativamente complesse”, in particolare precisava le seguenti modalità di gestione:
finanziamento da parte del Commissario delle opere eseguite,nonché di tutte le opere che saranno ritenute dalla struttura commissariale necessarie per mitigare l’impatto ambientale”;
fornitura a carico del Commissario di tutte le attrezzature che saranno ritenute strettamente necessarie per l’esercizio dell’attività;
utilizzo delle maestranze occorrenti che saranno avviate al lavoro a cura della struttura commissariale nel rispetto delle norme vigenti;
in una prima fase, finchè non saranno disponibili sul territorio gli impianti, l’individuazione, l’attivazione e la contrattualizzazione dei rapporti giuridici ed economici con le aziende di recapito delle frazioni derivanti dalla vagliatura e con le aziende responsabili dei trasporti sarà curata direttamente dalla struttura”.
Nel precisare altresì “che la tariffa di conferimento sarà predeterminata dalla struttura commissariale, che provvederà anche ad accreditare un anticipo per far fronte alle prime spese di gestione…i quantitativi giornalieri dei rifiuti da vagliare e gli enti conferenti saranno definiti, infine, dalla struttura commissariale in funzione della potenzialità dell’impianto e dell’efficienza delle attività di gestione….tenuto conto che le pale sono già state fornite, gli escavatori con polipo sono già a disposizione della struttura commissariale ..considerato che non sono indispensabili al fine di consentire un corretto avvio dell’impianto le attrezzature, quali la spazzatrice…. mentre altre di modesto importo economico possono essere acquistate sul mercato… il F. concludeva nei seguenti termini “ si è dell’avviso che l’impianto possa essere immediatamente avviato all’esercizio senza il timore paventato da codesto Consorzio di prevedere la chiusura ope legis subito dopo l’inizio dell’attività… Se il Consorzio non dovesse essere disponibile a gestire l’impianto alle suddette condizioni, si invita a consegnare con estrema sollecitudine, le opere realizzate al Commissario ad acta e la struttura commissariale provvederà a rimborsare le spese finora sostenute”.
Senonchè, tre giorni dopo la predetta nota, il 7 settembre, durante una visita, il F. dichiarava alla popolazione che presidiava l’impianto “Avete ragione. Il sito non ha una collocazione felice. Neanche uno sciocco si permetterebbe di affermare il contrario.La scelta di Palomonte è stata frutto delle logiche dettate dall’emergenza di quei giorni” (vedasi articolo pubblicato su “la Città “ del 7 aprile 2002).
Il collaudo dell’impianto veniva effettuato poi dall’ing. A.V., all’uopo autorizzato con decreto prefettizio del 13 settembre 2001, (a seguito di visite effettuate in date 3 settembre 2001, 8 novembre 2001 e 3 dicembre 2001), ed il relativo certificato veniva emesso in data 3 dicembre 2001 (attestante la conformità delle opere al progetto approvato dalla struttura commissariale, l’avvenuta esecuzione dei lavori a regola d’arte, la funzionalità dei macchinari installati e la loro idoneità all’uso cui erano destinati, garantendo una potenzialità di 30 tonn./ora).
Pertanto, il Prefetto di Salerno procedeva a trasmettere, in data 4 dicembre 2001, la bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio dell’impianto al fine di acquisirne l’intesa prescritta dall’ art.5 comma 1 dell’O.P.C.M. n.3100/2000.
Detta intesa, ad avviso del Consorzio di Bacino SA/3) (nota prot.n.5862 del 12 dicembre 2001) poteva anche ritenersi addirittura superflua in quanto con la nota del 24 febbraio 2001 il Commissariato aveva evidenziato l’urgenza di realizzare l’impianto e nella successiva riunione del 26 febbraio 2001 il prefetto aveva invitato i commissari ad acta a trasmettere copia del progetto a seguito delle “intese” raggiunte.
Nella medesima nota il medesimo Consorzio faceva anche presente di avere anticipato “sempre su conformi istruzioni delle stesse Autorità” gli importi necessari per lavori e forniture con impegni ed esborsi,ad oggi, di oltre un miliardo sicchè il procedimento deve concludersi sia con il rientro delle somme impegnate ed erogate, sia con il provvedimento di autorizzazione all’esercizio dell’impianto” .
Senonchè, il sub-Commissario F., in merito alla richiesta d’intesa, con nota prot.n.38220 del 14 dicembre 2001, indirizzata al prefetto di Salerno ed al Consorzio, dichiarava che il parere favorevole espresso in relazione alla realizzazione dell’impianto nella nota del 24 febbraio 2001, richiamata nelle premesse della bozza del provvedimento e tradottosi nella successiva intesa al provvedimento di autorizzazione alla realizzazione, “si inquadrava in una fase acuta dell’emergenza,rispetto alla quale l’obiettivo primario era quello di avviare impianti in tempo rapido ed utile al fine di evitare problematiche di natura igienico-sanitaria determinata dalla mancanza di siti di smaltimento”.
Nel contempo, essendo stati realizzati una serie di altri impianti di vagliatura nella regione (in provincia di Salerno quello di Giffoni Valle Piana) nonché tre impianti C.D.R. , faceva presente che “in questo periodo l’emergenza rifiuti per quanto ancora presente, è entrata in una fase di gestione che ne permette un maggior controllo; tanto che, dall’agosto 2001, i rifiuti quotidiani vengono, nonostante alcune situazioni di particolare crisi, trattati e smaltiti regolarmente… si è ritenuto nella riunione del 6.11.01 di affrontare questa fase di emergenza attraverso un Piano Regionale …… ha come perno lo sfruttamento di volumi residui delle discariche di Ariano Irpino, S. Maria la Fossa e Giugliano, per lo smaltimento della frazione secca derivante dalle attività di vagliatura e, con logica di sinergia ed economicità, si è proceduto a realizzare impianti di vagliatura a S.Maria la Fossa e a Giugliano e un impianto di stabilizzazione sempre a S.Maria la Fossa”…è sicuramente più saggio inviare a S.Maria la Fossa la rimanente quantità di rifiuto indifferenziato e separare a bordo discarica la frazione secca da quella umida, piuttosto che sviluppare la separazione a Palomonte per poi inviare le frazioni derivate sempre nel medesimo sito di S. Maria la Fossa”….E’del tutto evidente che la gravità della prima fase dell’emergenza poteva porre in secondo piano la razionalità del sistema, l’economicità delle scelte e il diritto di pochi cittadini nei confronti del grande interesse collettivo. Nel momento in cui le condizioni, fortunatamente, si sono modificate è doveroso razionalizzare il sistema …
Nei sopralluoghi effettuati si è infatti evidenziato che qualora l’impianto di Palomonte fosse messo in esercizio si renderebbe necessario rimuovere puntualmente e quotidianamente i rifiuti trattati penalizzando la produttività dell’impianto. Fortunatamente ,nell’ambito della gestione generale dei rifiuti si rende necessario che questo Commissariato individui siti destinati a ricevere rifiuti provenienti dalla raccolta differenziata…In conclusione, ai fini dell’acquisizione dell’intesa richiesta, si ritiene sia necessario un incontro per valutare l’inserimento dell’impianto di Palomonte nel contesto del Piano Gestione Emergenza di questa fase” .
Pertanto, il F. fissava un incontro di concertazione istituzionale, nel contempo invitando il Consorzio SA/3 a redigere un piano economico che determinasse la tariffa, in assenza del quale il sub -Commissario si sarebbe visto “costretto a richiedere al Presidente della Regione di formulare parere negativo all’intesa”.
Durante l’incontro poi tenutosi (vedasi relazione della Prefettura di Salerno al Ministero dell’Interno prot.n. 6644.15.5./GAB/emerg del 18 dicembre 2001), presso l’Ufficio territoriale del Governo di Salerno in data 18 dicembre 2001,presenti il Prefetto di Salerno, il Presidente della Provincia di Salerno, il sub-Commissario F., quest’ultimo, nel far presente che “una difficile fase dell’emergenza nell’intera regione può dirsi superata” prospettava, per Palomonte, la riconversione dell’impianto in un’altra struttura di minore impatto ambientale e sociale e quindi insisteva “nella sua veste istituzionale, nel proporre l’abbandono dell’attuale procedimento, facendo riferimento a possibili utilizzazioni alternative da precisare successivamente magari in connessione con le esigenze riferibili alla raccolta differenziata, alla gestione del vetro ovvero ad ulteriori trattamenti e selezioni delle frazioni residue ed inertizzate dei rifiuti”.
Il Prefetto di Salerno, pur avendo nel corso del suddetto incontro anzitutto insistito nell’acquisire l’intesa alla messa in funzione sia per la lunga istruttoria occorsa sia “per l’entità delle spese richieste dall’attuale allestimento dell’impianto (secondo il Consorzio di Bacino SA/3 oltre un miliardo) che per lo più insiste sopra un suolo acquisito con procedura d’occupazione temporanea e d’urgenza, verso corresponsione di una congrua indennità” e avendo altresì ribadito “ la propria totale estraneità ad ogni possibile responsabilità derivante dal mutamento di destinazione dell’impianto” chiedeva (nota prot.n.6750.15.5./Gab./EMER del 28 dicembre 2001) quindi al Commissariato, (considerato che il F. nella suddetta riunione lo aveva espressamente sollecitato in tal senso), l’intesa sulla bozza del decreto con il quale si dichiarava conclusa la procedura relativa all’iniziativa concernente l’esercizio dell’impianto –disponendo nel contempo opportuni accordi tra il Consorzio di Bacino SA/3 e il Commissariato stesso ai fini della futura “riconversione dell’impianto e, nelle more, la conservazione dello stesso” . Nelle premesse il prefetto evidenziava non solo di non poter fare altrimenti, “ sia per la competenza istituzionale del soggetto proponente…..considerata anche la contestuale assicurazione circa il sostitutivo, continuativo trasporto fuori provincia, a cura del Commissariato regionale di Governo, di un quantitativo di rifiuti solidi urbani equivalente a quello trattabile dall’impianto di triturazione e di vagliatura di cui in premessa, fino all’attivazione…di altre idonee soluzioni equivalenti per capacità di trattamento”. .
Non avendo avuto riscontro detta richiesta, nell’interpretare pertanto il silenzio in termini di “sopravvenuto ripensamento di codesto Commissariato medesimo sull’ipotesi di abbandono”, in data 11 gennaio 2002 il medesimo prefetto trasmetteva nuovamente la bozza del decreto (n.202.15/5./Gab../EMER./) di autorizzazione all’esercizio dell’impianto precisando che “perdurando il silenzio …per ulteriori quattro giorni …l’intesa sull’autorizzazione ….si intenderà acquisita”.
Il F., con nota del 16 gennaio 2002 (prot.n.1180/C.D.) dava riscontro alla richieste di intesa dichiarando che “fermo restando quanto già comunicato in data 14/12/2001 e tutto quanto emerso nella riunione interistituzionale tenuta il 18.12.2001 ….non vi è stato alcun ripensamento, si ritiene che nulla osti affinché l’iter amministrativo sia concluso con l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto…..rimane la riserva di considerare l’efficacia dell’impianto in oggetto all’interno del Piano di Emergenza Regionale avviato da questo Commissariato in quanto l’impianto di vagliatura non consente, in assenza di stabilizzazione della frazione umida e di smaltimento di quella secca,la chiusura del ciclo di smaltimento .”
Pertanto nella predetta nota il sub-Commissario chiedeva al prefetto “dovendo subordinare il reale avvio dell’impianto …ai criteri di economicità ed ottimizzazione del servizio di trattamento e smaltimento dei rifiuti” di apportare delle modifiche alla bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio, in particolare: al punto 1) in ordine alla gestione affidata al Consorzio di Bacino SA/3, la espressa salvezza delle “prerogative del Commissario di Governo con particolare riferimento a quanto espresso dall’art.7, comma 7, dell’0.P.C.M. n.3100/2000. All’individuazione dei Comuni autorizzati al conferimento provvederà il Commissariato di Governo …” ;al punto 2), la prescrizione gestionale secondo cui il tempo di stazionamento dei rifiuti trattati non eccedessero le sei ore .
Recepite le richieste modifiche in toto, il Prefetto di Salerno emanava il provvedimento n.207.15.57Gab./EMER che veniva trasmesso in data 16 gennaio 2002 per l’intesa; nelle more delle eventuali diverse indicazioni, prorogava di un mese l’autorizzazione all’occupazione (decreto n.1169 del 7 marzo 2002) dell’immobile da parte del Consorzio SA/3.
Stante la situazione di stallo,con nota del 22 febbraio 2002, indirizzata al prefetto di Salerno ed al F., il Consorzio di Bacino SA/3 faceva presente che “il mancato avvio dell’impianto di Palomonte determina grave danno erariale …protraendosi l’inammissibile situazione di stallo il Consorzio dovrà per legge esercitare azione di responsabilità ed agire per il ristoro dei danni subiti”.
Con una lettera datata 19 marzo 2002 (prot.n.1397) il Consorzio SA/3 , a seguito di riunioni all’uopo tenutesi presso il commissariato e presso la prefettura, chiede al F. di impartire “in tempo utile ed a mezzo fax “ disposizioni in ordine alla riconversione mediante la “realizzazione di un impianto di selezione e preparazione di carta, plastica, vetro,metalli ferrosi e non ferrosi,legno, rifiuti ingombranti e beni durevoli di uso domestico, con affidamento al Consorzio della gestione di tale impianto e del trasporto della frazione dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata agli impianti di smaltimento”
Con nota del 20 marzo 2002 n.7031, il F., richiamando il contenuto delle precedenti note del 14 dicembre 2001 e del 16 gennaio 2002, confermava anzitutto che l’impianto in questione “non rientra nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale” e faceva presente di avere nel contempo, in accordo con il Consorzio di Bacino SA/3 “avviato le procedure affinchè sul sito di Palomonte si realizzi- in via definitiva-un impianto di selezione/valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla RD”; pertanto chiedeva al prefetto “di revocare - in via definitiva-l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di tritovagliatura di Palomonte”.
Detta revoca interveniva poi, acquisita quindi l’intesa del commissariato richiesta dall’art.5, comma 1, O. P. C. M. 3100/2000, con decreto n.1625 del 5 aprile 2002.
Con successiva nota datata 8 aprile 2002, indirizzata al Consorzio OMISSIS di Salerno ed al Consorzio di Bacino SA/3, il F. fa presente che l’intesa alla revoca “si inquadra nel più generale contesto di una gestione regionale dei rifiuti,nell’ambito della quale questo Commissariato ha individuato lo stesso sito per la realizzazione di un impianto di selezione e valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla raccolta differenziata, del tutto compatibile con l’agglomerato industriale di Palomonte e con gli insediamenti abitativi circostanti, che sarà gestito dal Consorzio SA 3…Il Consorzio ..permarrà nel possesso dell’immobile”.
Il Commissario di Governo indiceva quindi, per il 2 luglio 2002 una conferenza di servizi nel corso della quale (giusta verbale in atti) i partecipanti (tra cui il F., il Sindaco di Palomonte, il Presidente del Consorzio SA/3) “concordano sull’opportunità di utilizzare l’area, già attrezzata a impianto di vagliatura del comune di Palomonte, a fini connessi al ciclo integrato dei rifiuti, con caratteristiche non nocive al territorio circostante”.
Il Prefetto di Salerno, con nota del 26 giugno 2002 (prot.n.2902.15.5./Gab/EMER) - nel far presente che in ordine all’invito a partecipare alla conferenza di servizi, la sua partecipazione poteva intervenire soltanto nell’ambito delle competenze rimesse all’ufficio (realizzazione ed esercizio di impianti di vagliatura, stabilizzazione della frazione umida e stoccaggio di quella secca e non già in caso di definire diversi utilizzi - nel contempo evidenziava anche che l’impianto, a causa di inadeguatezze nella realizzazione e di rinvii dell’intesa da parte del Commissariato “pur pronto all’uso e realizzato con costi elevati”, non era mai entrato in funzione in quanto ne era stata chiesta espressamente la revoca dell’autorizzazione all’esercizio.
Con verbale di rilascio sottoscritto in data 9 luglio 2004 il Consorzio di Bacino, perdurando l’inerzia del Commissariato in ordine alla suddetta ipotesi di riconversione, riconsegnava infine l’immobile e le relative strutture al Consorzio OMISSIS che l’accettava con salvezza dei diritti reciproci.
In sede di accertamento tecnico preventivo chiesto dal Consorzio al Presidente del Tribunale di Salerno, con relazione giurata datata 24 dicembre 2003 il c.t.u. riscontrava gravi atti di vandalismo di ogni genere subiti dalla struttura (manomissioni di quadri elettrici, asportazioni di corpi illuminanti e parti di cavi elettrici di alimentazione dei macchinari; danneggiamento di manichette e lance antincendio ecc.).
Dal sopralluogo effettuato in data 7 novembre 2005 dalla Guardia di Finanza - Nucleo Regionale Polizia Tributaria Campania - nel corso degli accertamenti delegati in merito alla vicenda dalla Procura emergeva, “il totale stato di abbandono dell’area da lungo tempo, con esclusione di una parte del capannone utilizzato e deposito pacchi dalla “OMISSISS.r.l.”.
Inoltre, sul posto sono state constatate la crescita di diversi arbusti di altezza superiore a due metri e la fatiscenza delle strutture murarie e attrezzature varie ivi ammucchiate.
All’interno dello stabile non è stata rilevata alcuna presenza dei macchinari necessari per l’esercizio della trito-vagliatura,né la presenza di altri impianti eventualmente riconducibili a qualche forma di riconversione della struttura.
Inoltre l’impiantistica tecnologica (impianto idraulico,impianto elettrico etc) appariva ictu oculi ampiamente “vandalizzata”” (relazione del 9 dicembre 2005 n.45823).
Ai fini della quantificazione del danno azionato è stata acquisita agli atti la seguente documentazione trasmessa dal Consorzio di Bacino SA/3:
-nota del 26 luglio 2005 (prot.n.4188), diretta al Commissario di Governo, con cui il Consorzio dichiara di “avere sostenuto oneri per le opere edili ed assimilate, nonché per altre forniture e prestazioni di euro 598.905,70 e ricevuto intimazioni di pagamento da parte dell’OMISSIS, Ente proprietario dell’immobile, per euro 262.101,60 risultando quindi esposto per la complessiva somma di euro 861.007,30 alla quale è stato fatto fronte solo parzialmente con fondi disponibili per euro 380.661,98”; chiede l’accredito della somma di euro 480.345,32 o in via subordinata di euro 402.836,38 corrispondente all’anticipazione effettuata su autorizzazione commissariale di cui alla nota n.19933 del 5/7/2001;
-nota del 19 agosto 2005 n.4607, di riscontro ad una nota della Procura regionale, con cui viene, per la parte economica, dichiarato che “In data 28.1.2002 il Commissario di Governo con nota n.2272 autorizzava il Consorzio ad utilizzare i fondi di cui all’art.8, comma 3, dell’O.M. 2774/98 a copertura di una serie di interventi, tra i quali la realizzazione dell’impianto tritovagliatura di Palomonte. Detta autorizzazione veniva successivamente reiterata con nota n.2745/CD del 6 febbraio 2003.
Si allega prospetto analitico delle spese sostenute o intimate fino al 28.1.2003…(omissis)
La somma di euro 598.905,70, esposta nel prospetto allegato, ha gravato solo parzialmente sui fondi disponibili di cui all’art.8, comma 3, dell’O.M. 2774/98 (euro 380.661,98) mentre la restante somma di euro 218.243,72 grava tuttora sul bilancio del Consorzio, salvo rimborso da parte del Commissario di Governo”.
-nota prot.n. 2966 del 23 aprile 2007 con cui il Consorzio, nel trasmettere alla Procura gli ordinativi di pagamento delle somme erogate, fa presente che “ come già segnalato con nota n.4607 del 19/08/05 le spese sostenute per la realizzazione dei lavori di cui in oggetto ammonta ad euro 598.905,70 di cui solo 380.661,98 prelevati dai fondi disponibili di cui all’art.8, comma 3, dell’O.M. 2774/98 mentre il residuo,per euro 218.243,72 proviene dai fondi dei Comuni Soci, somma tuttora, non restituita, sebbene più volte richiesta alla Struttura Commissariale”.
L’atto di citazione è stato preceduto dalla notifica dell’invito a dedurre ex art. 5, comma 1, della legge n. 19 del 1994 come sostituito dalla legge n.639 del 1996, in data 27 novembre 2006, a fronte del quale nulla il F. ha controdedotto.
Ad avviso della Procura, il danno “è venuto a concretizzarsi, nella sua essenza ontologica, nel momento in cui è divenuta definitivamente certa la inutilità della struttura realizzata rispetto ai fini originari e, quindi, formalmente, con la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’impianto avvenuta con decreto prefettizio del 5/4/2002 su richiesta del Commissariato… tale danno è altresì ingiusto perché la intervenuta revoca ha privato di ogni supporto giuridico la funzionalità della strutture in questione ..né è dato ravvisare alcun vantaggio per la Pubblica Amministrazione o la Comunità amministrata in quanto nessun seguito e stato dato alla fumosa iniziativa di riconversione…(pag.18 citazione)”.
Il requirente ritiene che il danno debba essere imputato al F. in quanto “si è posto sin dall’inizio come figura centrale e d’impulso delle attività relative alla struttura di Palomonte, come dimostra la nota n.26092/CD del 4/9/2001…..la condotta del sub-commissario F. risulta ictu oculi non ispirata a quei criteri di razionalità che, soli, giustificano l’esercizio delle scelte discrezionali, mentre emerge, al contrario, con evidente riconoscibilità ex ante delle condotte adottate, quella arbitrarietà e contraddittorietà di comportamento che fanno ritenere ampiamente travalicati i limiti esterni della discrezionalità amministrativa e danno corpo a quella grave negligenza che costituisce l’elemento soggettivo della responsabilità amministrativa…” (pagg.19-20)….F. ha tenuto una linea di condotta del tutto illogica, irrazionale e contraddittoria nella gestione della vicenda ..…….Conoscendo il progetto ed il sito di intervento…..avallò ed elogiò fino al settembre 2001 l’attività svolta dal Consorzio SA/3 per la realizzazione dell’impianto, sollecitando la sua immediata messa in esercizio….Appena 3 mesi dopo, nel dicembre 2001…..bloccava la messa in funzione dell’impianto motivando con un presunto “superamento dell’emergenza”, ….e vagheggiava una fumosa riconversione dello stesso dando indicazioni al prefetto di Salerno……per la revoca dell’autorizzazione al suo esercizio……… Se quest’ultimo , ad avviso del Sub-commissario, costituiva un mero duplicato, antieconomico e non in linea con la razionalità del sistema delineato dal Piano Regionale”, avrebbe dovuto indurlo a segnalare tempestivamente l’anomalia -e ne aveva piena facoltà in qualità di preposto alla gestione dell’emergenza- alle autorità competenti (Prefetto e Commissario delegato) al fine di riconsiderare la scelta” (pagg.22-23)… TUTTO quanto sopra esposto dà contezza di quanto irragionevole e contraria ai criteri-ormai ritenuti cardine dell’azione amministrativa- di economicità efficacia e trasparenza, sia stata la condotta del F. che va riguardata nel suo intero svolgersi e che si pone come sicuro antecedente causale dell’azionato danno conseguente alla mancata attivazione dell’impianto che, alla fine, non ha arrecato nemmeno quella utilità di ripiego in qualche modo collegabile alla spesa sostenuta”.
Il requirente fa espressa riserva di azionare l’ulteriore importo scaturente da un contenzioso che vede coinvolto il Consorzio di Bacino SA/3 e l’OMISSIS, per il pagamento dell’indennità di occupazione dell’immobile (vedasi nota del 19 agosto 2005 n.4607).
Con memoria depositata il 26 febbraio 2008, si è costituito in giudizio l’avv. Vincenzo Grimaldi per il convenuto svolgendo le seguenti difese:
o eccepisce il difetto di legittimazione passiva del F. in quanto, fino all’O.P.C.M. n.3100/2000, le uniche competenze del sub- Commissario erano quelle legate alla raccolta differenziata ed ai rapporti con i consorzi di bacino laddove con detta ordinanza gli si attribuirono competenze anche in materia di gestione dell’emergenza rifiuti in generale ; vi fu con detta ordinanza infatti “ una significativa modifica in tema di ripartizione di competenze sulla base della quale è possibile evincere che si attribuivano pieni ed esclusivi poteri ai Prefetti delle Province in materia di realizzazione degli impianti di tritovagliatura stabilizzazione della frazione umida e di stoccaggio (discarica) di quella secca….. si attribuisce al Commissario-Presidente della Regione il compito di fornire l’istruttoria tecnica ed il potere- dovere di dare l’intesa sulle azioni da svolgere e, qualora le azioni svolte dai prefetti delle province e/o dal prefetto di Napoli non siano sufficienti, di espletare tutte le attività necessarie a fronteggiare e superare l’emergenza”….. Detto ciò,“in ordine alla localizzazione dell’impianto di Palomonte (SA) il convenuto non ha assunto alcuna decisione in proposito… Al contrario, il Commissariato Straordinario ha presieduto all’espletamento dell’istruttoria tecnica (e nemmeno direttamente..) …fornendo le dovute precisazioni di carattere logistico e topografico, relativamente alla fattibilità delle aree che erano in successione localizzate, in via coordinata, dalle Prefetture e dai Consorzi”. (pagg.8-9)”.
o nel merito fa presente, premesso che l’attività di sola tritovagliatura avrebbe necessitato di successivo trasporto in altri impianti per la successiva fase di stabilizzazione del rifiuto organico, che l’operato del F. è stato caratterizzato “dall’incombente stato di necessità” conseguente alla chiusura delle discariche che imponeva, nelle more della realizzazione degli impianti di c.d.r., una realizzazione veloce dell’impianto di Palomonte come degli altri individuati (in particolare quello di Giffoni Valle Piana) che invece furono realizzati e messi in esercizio in poche settimane (Giffoni veniva avviato entro l’agosto 2001),oltre all’esigenza di impiegare i lavoratori addetti alle discariche chiuse rimasti inutilizzati;
o pertanto se l’impianto fosse stato già ultimato a settembre, sarebbe stato senz’altro impiegato mentre, essendo stato collaudato solo a dicembre, il ritardo comportò l’operatività di un diverso, più economico e razionale sistema, per gestire l’emergenza; nell’ambito di detto sistema –mancando a Palomonte la possibilità di porre in essere le successive fasi della stabilizzazione dell’umido e dello smaltimento della frazione secca- era più conveniente, per la parte dei rifiuti che residuava dall’utilizzo dell’impianto di Giffoni Valle Piana, (quest’ultimo in grado di assorbire 900/1.100 tonn. al giorno a fronte delle 1200 tonn. prodotte da tutta la Provincia), effettuare il trattamento dell’umido presso l’impianto di S. Maria la Fossa e la spedizione del secco in discarica presso i siti di S.Maria la Fossa, Ariano Irpino e Giugliano, (posti a nord di Salerno), piuttosto che effettuare la trito-vagliatura a Palomonte “che avrebbe limitato la potenzialità produttiva del sito di Giffoni Valle Piana, per inviare rifiuti salernitani a Palomonte (verso sud) per poi rispedirli alla stabilizzazione a alla discarica verso nord”,
o manca quindi qualsivoglia colpa grave nella condotta tenuta dal suo assistito che “per oggettive, eccezionali, e comprovate difficoltà nello svolgimento dei compiti di ufficio…derivanti dalla oltremodo nota emergenza nel settore rifiuti nella Regione Campania che con specifico riferimento all’impianto di Palomonte, impediva di prefigurarsi l’antieconomicità ed irrazionalità di tale scelta, che peraltro si è venuta ulteriormente palesando,solo qualche mese dopo la realizzazione di quest’ultimo, e quando l’apertura di altri impianti,in grado si svolgere tutte le fasi del ciclo di smaltimento,ed ubicati in aree geograficamente ottimali,ormai decretava,in buona sostanza,la sopravvenuta inutilità del sito in oggetto” (pag.19);
o circa poi la quota-parte del danno azionato di euro 262.101,60, derivante dall’intimazione a risarcire i danni da vandalismo subiti dall’area, inviata dal Consorzio di Bacino SA/3 dal Consorzio ASI, proprietario della stessa, questa non può essere imputata al F. che non aveva obblighi di custodia e di vigilanza gravanti soltanto sul Consorzio SA/3 .
L’avv. Grimaldi conclude chiedendo:in via principale,che venga accertato il difetto di legittimazione passiva del F. e in ogni caso, l’insussistenza di qualsivoglia responsabilità nella vicenda; in via gradata, nella denegata ipotesi di condanna, la riduzione del danno da ascrivergli facendo uso del potere riduttivo.
Nella pubblica udienza odierna l’avv. Capone ha anzitutto ribadito la richiesta di rinvio della discussione, motivandola con l’impedimento dell’avv. Grimaldi ad essere personalmente presente; nel merito si è integralmente riportata alle difese ampiamente illustrate nella memoria di costituzione in giudizio, sottolineando, in particolare, che la revoca all’esercizio dell’impianto fu resa necessaria dal fatto che nel marzo del 2002 la crisi acuta era ormai stata superata con la messa in esercizio di altri impianti.
Il rappresentante della Procura regionale, v.p.g. Filippo Esposito, ha anzitutto respinto l’eccezione di difetto di legittimazione, tenuto conto anche delle note a firma del F. che ne provano il concreto e diretto coinvolgimento nella vicenda, in particolare quella del 4 settembre 2001; nel merito ha poi confermato integralmente la domanda attrice, sottolineando che se è vero che al sub-Commissario non può essere imputata la ritardata realizzazione dell’impianto è incontestabile che a lui va però ascritta la disutilitas derivante dalla revoca in quanto aveva l’obbligo, in ragione dell’incarico ricoperto, di segnalare tempestivamente la sua sopravvenuta antieconomicità al fine di riconsiderare la scelta e di riconvertirlo verso altri impieghi.
Dopo una breve replica dell’avv. Capone, che ha sottolineato trattarsi di questione che investe però la discrezionalità tecnica e non già amministrativa, il giudizio è quindi passato in decisione.
In via del tutto pregiudiziale, il Collegio respinge, sulla base di un giudizio di comparazione tra la tutela del diritto costituzionale di difesa ex art.24 Cost. da una parte e quella dell’interesse dell’ordinamento ad un ragionevolmente tempestivo esercizio della funzione giurisdizionale quale servizio pubblico essenziale dall’altra, la richiesta di rinvio della discussione avanzata dall’avv. Grimaldi in sede di memoria di costituzione e dall’avv.Capone, delegata dal primo,in sede di udienza pubblica.
Ciò in quanto, circa l’impedimento all’accesso agli uffici della struttura commissariale che avrebbe ostacolato l’acquisizione di documentazione amministrativa da produrre in giudizio, va rilevato che esso non risulta in alcun modo provato, avendo invece l’avv. Grimaldi allegato alla memoria di costituzione in giudizio un numero rilevante di documenti amministrativi relativi alla vicenda di cui è causa (dal n.3 al n.41 del foliario).
In ordine poi all’ostacolo che avrebbe impedito al suddetto difensore ritualmente officiato di essere presente nella pubblica udienza, va rilevato che, in disparte la sua effettiva sussistenza, in ogni caso avendo egli conferito per iscritto delega all’avv. Capone, senza alcuna limitazione in ordine ai poteri nell’ambito di questa esercitabili, il diritto di difesa appare pienamente tutelato.
L’odierno giudizio passa in decisione nel momento in cui la mai risolta questione della cosiddetta ”emergenza” rifiuti in Campania attraversa l’ennesima fase critica, (probabilmente quella più drammatica e difficile tra tutte quelle finora intervenute), che ha portato all’approvazione, nel mese di gennaio di quest’anno, dell’ultimo piano straordinario per il suo superamento i cui punti fondamentali sono: la nomina del prefetto Gianni De Gennaro commissario delegato per un periodo limitato a soli 120 giorni, l\'apertura di tre termovalorizzatori, ad Acerra, Santa Maria La Fossa e Salerno, e di un numero sufficiente di discariche tali da consentire l\'autosufficienza regionale a medio termine nella gestione dei rifiuti; il concorso qualificato delle forze armate,nelle situazioni di straordinaria necessità e urgenza; la previsione di un termine di quattro mesi per avviare la raccolta differenziata, scaduti i quali i comuni inadempienti verranno commissariati.
Nella sua ultradecennale storia, l’”emergenza” ha dato luogo ad un modello amministrativo di intervento atipico nell’ambito del quale il Governo individuò in una fase iniziale (O.P.C.M. 11 febbraio 1994) nel Commissario del Governo l’organo delegato alla realizzazione degli interventi. Successivamente, (O.P.C.M. n.2425 del 18 marzo 1996) fu poi affiancata, come è notorio, alla gestione prefettizia quella del presidente della Regione Campania in veste di commissario straordinario. A tale organo si attribuì un ruolo centrale per l’avvio di quello che sarebbe dovuta essere – e non è stata - una nuova stagione finalizzata –sulla base dell’approntamento di un piano regionale per lo smaltimento (che fu pubblicato definitivamente il 14 luglio 1997, anche a seguito di diverse rimodulazioni e aggiornamenti finalizzati a renderlo conforme ai principi contenuti nel decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22) - a realizzare le condizioni operative perchè gli enti ordinari competenti potessero –superato il regime emergenziale ed i connessi poteri commissariali- garantire stabilità al sistema esercitando le proprie funzioni nell’ambito di un organico ciclo integrato dei rifiuti (i cui punti qualificanti sono l’attivazione della raccolta differenziata; la realizzazione di impianti per la produzione e l’utilizzo del combustibile ricavato dai rifiuti (CDR);la realizzazione di impianti per la produzione di compost derivante della frazione organica stabilizzata; i termovalorizzatori).
A partire poi dal febbraio 2004, al presidente della Giunta regionale poi succeduto, di nuovo, un organo prefettizio in veste di commissario .
Senonchè, come si legge nella relazione approvata nel gennaio 2006 dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse (istituita con legge 31 ottobre 2001, n. 399), “il commissariamento realizza quel coordinamento che non si e` realizzato fisiologicamente, accentrando in un unico soggetto tutte quelle competenze che, seppur distribuite fra organi diversi, presentano una connessione quanto agli obiettivi complessivi, quegli stessi obiettivi il cui mancato raggiungimento giustifica l’intervento commissariale. Come ogni intervento protesico, l’azione del Commissariato non puo` che mirare, dunque, pena lo snaturamento dell’istituto stesso, a far recuperare all’articolazione supportata la propria funzionalita`;non può, non deve essere durevole, ma va tolta quando non e` più necessaria e va accompagnata e seguita da un’adeguata terapia di riabilitazione. Diversamente, si fa – come si e` fatto in Campania – del Commissariato un’istituzione che tende a stabilizzarsi e quindi a preoccuparsi piu` della propria autosussistenza che delle finalita` per le quali era stato istituito, con la conseguenza di atrofizzare gli organi supportati.” (pag.47).
Dopo l’ultima proroga della struttura commissariale emergenziale fissata al 31 dicembre 2007 (d.P.C.M. 25 gennaio 2007, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 2 febbraio 2007), con d.l.n.61/2007 convertito in l.n.87/2007 sono stati disciplinati gli strumenti e le modalità per il superamento definitivo del regime emergenziale ed il passaggio verso un modello gestionale ordinario in materia di rifiuti, tra cui la nomina a sub-commissari dei presidenti delle province (art.6 ) e l’adozione del piano per la realizzazione di un ciclo integrato dei rifiuti per la regione Campania (“Il Piano prevede, in armonia con la legislazione comunitaria, le priorità delle azioni di prevenzione nella produzione, riutilizzo, riciclaggio del materiale, recupero di energia e smaltimento e contiene l\'indicazione del numero e della rispettiva capacità produttiva degli impianti.. Il Piano, oltre al conseguimento degli obiettivi di raccolta differenziata, assicura anche la piena tracciabilità del ciclo dei rifiuti, l\'utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, metodi di trattamento biologico ed un elevato livello di tutela ambientale e sanitaria” art.9 ) (piano questo poi redatto dal Prefetto di Napoli- Commissario delegato - nominato con O.P.C.M. del 6 luglio 2007- alla fine del 2007).
Nella seconda relazione, approvata nella seduta del 19 dicembre 2007, sulla situazione emergenziale in Campania, la Commissione parlamentare d’inchiesta ha evidenziato, tra l’altro, che “il giudizio negativo sull’esperienza del commissariamento, tuttavia, se, per un verso, induce a ritenere non più differibile il rientro nel regime ordinario, non può non tenere nella dovuta considerazione le criticità gestionali che emergerebbero nell’ipotesi di un immediato passaggio agli enti locali e alla stessa istituzione regionale delle piene competenze”. Pertanto,oltre ad individuare lo strumento giuridico da utilizzare nella fase di transizione verso il regime ordinario («intesa istituzionale di programma» e connesso «accordo di programma quadro» (articolo 2, comma 203, lettere b) e c), della legge 23 dicembre 1996, n. 662), (“In tale cornice istituzionale, Governo, regione Campania, province campane e i relativi comuni capoluogo verranno chiamati ad adottare entro tempi certi, in un contesto unitario e con evidenza delle rispettive responsabilità, le decisioni fondamentali relative al ciclo integrato dei rifiuti, al relativo Piano regionale delle bonifiche e alle correlate occasioni di sviluppo per le aree interessate”) nel contempo la Commissione suggerisce taluni importanti linee-guida per l’azione futura (alleggerire il peso dei consorzi, avviare il piano delle bonifiche, previsto dalla l.n. 87/2007 ecc), purtroppo ostacolate dal recente, drammatico, riacutizzarsi della crisi.
Orbene, premesso quanto sopra al solo fine di riassumere a volo d’aquila il contesto emergenziale entro cui si colloca l’odierna citazione, va detto che il Collegio è tenuto ad accertare la sussistenza degli elementi costitutivi dell’azionata responsabilità amministrativo-contabile sulla base delle risultanze probatorie versate in atti dalla Procura, inquadrando la specifica vicenda dannosa legata alla realizzazione dell’impianto di Palomonte nel contesto temporale in cui si è venuta a sviluppare.
Ma prima di entrare nel merito, in via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva del F., eccepita dall’avv. Grimaldi.
Orbene, ai sensi dell’art.15, comma 1, dell’O.P.C.M. n.3100/2000 “il commissario delegato –presidente della regione Campania per l’attuazione degli interventi previsti dalla presente ordinanza, si avvale ….per la parte relativa alle attività di gestione dei rifiuti del sub-commissario nominato ai sensi dell’articolo 2, comma 1, dell’ordinanza n.2948 del 25 febbraio 1999”.
In base alla suddetta disposizione, dunque, come peraltro affermato dallo stesso convenuto (pag.4 della memoria di costituzione), le competenze del sub-Commissario, inizialmente connesse soltanto a taluni ambiti operativi individuati dal succitato art.2 dell’ordinanza n.2948 del 1999 connessi alla raccolta differenziata, si estese all’intera gestione dei rifiuti.
In attuazione poi dell’art. 5 dell’O.P.C..M. n.3100/2000 lo strumento giuridico attraverso cui detta competenza si è nel concreto esercitata è quello dell’”intesa” istituzionale tra prefetti,- autorità queste a cui all’art.1, comma 2, della medesima O.P.C.M. n.3100/2000 è attribuita la competenza ad autorizzare la realizzazione e l’esercizio di impianti per la vagliatura, stabilizzazione e stoccaggio - e Commissario delegato – Presidente della Regione Campania, in quanto organo competente a “provvedere al trattamento ed allo smaltimento dei rifiuti urbani che residuano dalla raccolta differenziata” mediante le attività di vagliatura, stabilizzazione della frazione umida, smaltimento della frazione secca.
Ciò posto, la scelta a monte in ordine alla localizzazione dell’impianto di trito-vagliatura nel Comune di Palomonte rientrava senza ombra di dubbio nella competenza del Prefetto di Salerno e fu adottata sulla base delle indicazioni fornite dai commissari ad acta da questo nominati (d.p.n. 727/2001) in sostituzione dei consorzi inadempienti; l’attività istruttoria di natura tecnico-amministrativa, nell’ambito della predetta intesa con la struttura commissariale, venne svolta dal gruppo di esperti all’uopo nominato dal Commissario straordinario- Presidente della Giunta regionale con ordinanza n.14 del 10 gennaio 2001; questa si concluse con il parere favorevole sul progetto (espresso in data 19 febbraio 2001) su cui, anche, per gli aspetti amministrativi, il vice-Commissario V. (vedasi nota prot.n.4020/CD del 19 febbraio 2001) espresse parere positivo secondo le prescrizioni dettate dal gruppo tecnico.
Se tutto quanto sopra è vero, ciò non toglie che tutta la fase successiva alla localizzazione ed alla realizzazione, consistente nella messa in esercizio e nella gestione operativa dell’impianto di trito-vagliatura rientrò a pieno titolo nella competenza del F. come peraltro confermato ampiamente da tutte le molteplici note a firma del medesimo acquisite agli atti di causa, (a partire dalla nota del 4 settembre 2001 con cui dava risposta a talune problematiche per l’avvio all’esercizio). A ciò aggiungasi che il suo diretto e personale coinvolgimento nella vicenda si evidenziò peraltro sin dalla fase iniziale in quanto fu lo stesso F., a partecipare, in data 29 dicembre 2000, ad un incontro tenutosi presso la struttura commissariale con i responsabili dei consorzi di bacino al fine di fornire indicazioni operativo-gestionali al prefetto e nel contempo sollecitarlo a dare attuazione all’art.5 succitato autorizzando con proprio provvedimento la realizzazione dell’impianto.
Pertanto, essendo l’impianto accusatorio fondato su una condotta dannosa che non è circoscritta alla sola fase iniziale della localizzazione dell’impianto ma che si estende a tutte quelle successivamente intervenute fino alla revoca, ne consegue l’assoluta infondatezza dell’eccepito difetto di legittimazione passiva .
Nel merito, gli elementi costitutivi dell’azionata responsabilità amministrativo-contabile, come disciplinati dalla vigente normativa in materia (art.52 R.D. 12 luglio1934 n.1214; art.82 legge di contabilità generale dello Stato R.D. 18 novembre 1923 n.2440; art.18 e segg. d.P.R. 10 gennaio 1957 n.3; art.1 l. 14 gennaio 1994 n.20 come modificato dal d.l. 23 ottobre 1996 n.543 convertito nella l. n.639 del 1996) sono il danno erariale ingiusto, la condotta attiva e/o omissiva, posta in essere in violazione degli obblighi di servizio, il nesso causale tra condotta e danno, nonché, sotto l’aspetto soggettivo, il connotato doloso ovvero gravemente colposo della condotta.
L’elemento oggettivo della contestata responsabilità, (da cui vale la pena partire in quanto la sua eventuale mancanza renderebbe ultronea ogni valutazione degli ulteriori elementi) risulta dimostrato con incontestabile certezza, sulla base della documentazione trasmessa dal Consorzio di Bacino SA/3, ente pubblico a cui venne affidata la realizzazione della “1° fase di posizionamento di una linea di tritovagliatura sita nell’area industriale di Palomonte…..dandone incarico al Consorzio di Bacino SA/3 che presiederà anche all’installazione dell’impianto reso disponibile dal soggetto affidatario di cui all’art.5, comma 2, O.P.C.M. n.3100/2000 e curerà, unitamente ai commissari ad acta, la verifica della rispondenza delle opere realizzate a tutte le prescrizioni impartite dagli organi e/ o enti che hanno partecipato all’istruttoria procedimentale” (decreto n.1224.15.5/GAB/EME.R. del 1° marzo 2001).
Orbene, il Consorzio ha prodotto, in allegato alla nota prot. n. 2966 del 23 aprile 2007, tutti gli ordinativi di pagamento relativi agli oneri (per lavori edili ed impiantistica, spese tecniche, forniture, consulenza,noli, trasporti, spese legali, spese di pubblicazione) sostenuti per la realizzazione dell’impianto di cui è causa, ammontanti, - come già dichiarato nelle precedenti note del 26 luglio 2005 (prot.n. 4188) e 19 agosto 2005 (prot.n.4607)- a complessivi euro 598.905,70, estinti mediante abbebito sul conto corrente di tesoreria n.9000 acceso presso la Banca di Credito Cooperativo-filiale di Teggiano- .
Nelle predette note, il Consorzio ha fatto presente di avere coperto tale spesa, per euro 380.661,98 mediante utilizzo dei fondi disponibili ai sensi dell’art.8, comma3, dell’O.M.2774/98(modificativo dell’art.6, comma 3, dell’ordinanza n.2560 del 2 maggio 1997 a tenore di cui gli enti pubblici gestori delle discariche sono tenuti “a restituire il 30 per cento delle somme di cui all’articolo 5,comma 8, dell’ ordinanza n.2470 del 31 ottobre 1996 (il quale a sua volta così recita“I costi di investimento sostenuti dal prefetto delegato per la realizzazione degli impianti devono essere allo stesso rimborsati dagli enti pubblici gestori entro centottanta giorni dall’avvio all’esercizio…omissis….”) al prefetto di Napoli……le restanti somme sono restituite al commissario delegato-presidente della regione Campania……Sono escluse dall’obbligo di restituzione le somme che gli enti pubblici gestori delle discariche devono utilizzare per la realizzazione di interventi disposti dal commissario delegato-presidente della regione Campania a carico dei medesimi enti”.
La restante parte invece, di euro 218.243,72, è rimasta a carico del bilancio del Consorzio in quanto non risulta documentalmente provato essere mai stata rimborsata dalla struttura commissariale, nonostante le ripetute richieste avanzate da detto ente.
Quanto alla somma ulteriore di euro 262.101,60, indicata nella memoria di costituzione dal F. (pag.19) questa non è stata oggetto di addebito in sede di citazione in giudizio (mentre era stata indicata nell’invito a dedurre notificatogli in sede pre-processuale ex art.5 l.19/1994).
Trattasi di una erogazione di fondi pubblici contra ius in relazione alla normativa recata dall’art. 5, comma 1, dell’O.P.C.M. n.3100/2000, nonchè priva di qualsivoglia utilitas per gli enti danneggiati (Commissariato per l’emergenza e Consorzio) come pure, in una più ampia visione, per la medesima comunità amministrata (da identificare con le popolazioni locali fruitrici del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani) dal momento che l’impianto di Palomonte, stante la revoca all’autorizzazione all’esercizio intervenuta con decreto prefettizio del 5 aprile 2002, non è mai stato impiegato per l’attività di trito-vagliatura per la quale ne era stata prevista la realizzazione, autorizzata con il provvedimento prefettizio del 1° marzo 2001.
Nè l’impianto in questione è stato mai concretamente riconvertito alle attività di “selezione e valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla raccolta differenziata” pure prospettate dal F. (vedasi ad esempio nota dell’8 aprile 2002),al contrario essendo emerso (ed ampiamente documentato dal servizio fotografico allegato alla relazione), a seguito del sopralluogo effettuato dalla Guardia di Finanza in data 7 novembre 2005, “il totale stato di abbandono dell’area da lungo tempo, con esclusione di una parte del capannone utilizzato a deposito pacchi dalla “OMISSISS.r.l.”.
Inoltre, sul posto sono state constatate la crescita di diversi arbusti di altezza superiore a due metri e la fatiscenza delle strutture murarie e attrezzature varie ivi ammucchiate. All’interno dello stabile non è stata rilevata alcuna presenza dei macchinari necessari per l’esercizio della trito-vagliatura,né la presenza di altri impianti eventualmente riconducibili a qualche forma di riconversione della struttura. Inoltre l’impiantistica tecnologica (impianto idraulico,impianto elettrico etc) appariva ictu oculi ampiamente “vandalizzata”” (pag.11 della relazione prot.n.45823 del 9 dicembre 2005). Peraltro, anche in sede di accertamento tecnico preventivo chiesto dal Consorzio al Presidente del Tribunale di Salerno, con relazione giurata datata 24 dicembre 2003, il perito evidenziava i gravi danneggiamenti di ogni genere subiti dagli impianti della struttura.
Passando ora a valutare la condotta tenuta dal F. nella vicenda, va premesso –avendo l’avv. Capone in udienza espressamente contestato che trattasi di discrezionalità tecnica e non amministrativa - che il sindacato giurisdizionale sull’esercizio del potere discrezionale investe profili di legittimità - e non già di merito –laddove abbia ad oggetto, con giudizio esclusivamente ex ante, il rispetto del limite esterno costituito, in funzione della realizzazione dell’interesse pubblico, dalla intrinseca ragionevolezza della scelta desumibile dai principi costituzionali ex art.97 Cost.di imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa che racchiudono quelli di economicità ed efficienza; lo sviamento da tale limite si pone quale precipuo sintomo di illiceità della condotta.
Giova richiamare quanto ha statuito il giudice della legittimità (Cass. SS.UU. civili 29 gennaio 2001 n. 33/SU), pronunciandosi sui limiti esterni del potere giurisdizionale attribuito al giudice contabile nel senso che “la questione è assai delicata, perché il discrimine tra sindacabilità ed insindacabilità delle opzioni possibili nell\' ambito dell\' attività amministrativa è assai sottile ed inoltre,perché si tratta di contemperare due esigenze, ambedue meritevoli di tutela ma talora divergenti, come l\' esigenza di impedire e/o sanzionare la dissipazione del pubblico denaro e la necessità di non ingessare l\'iniziativa dei pubblici amministratori in confini così angusti da paralizzare o, quantomeno, gravemente condizionarne l\' attività.
Il principio generale ed astratto è che il giudice contabile può e deve verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell\' ente; ma una volta accertata tale compatibilità, l\'articolazione concreta e minuta dell\'iniziativa intrapresa dall\'amministratore rientra nell\' ambito di quelle scelte discrezionali per le quali il legislatore ha stabilito l’insindacabilità”; ed ancora “l’art.1, comma 1, della L.n.241 del 1990 stabilisce che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi ai criteri di “economicità” e di “efficacia” che costituiscono specificazione del più generale principio sancito dall’art.97 Cost. e assumono rilevanza sul piano della legittimità (non della mera opportunità) dell’azione amministrativa. Pertanto, la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti” (Cass. SS.UU. 6 maggio 2003 n. 6851; vedansi anche n.14488/ 2003; n.21291/2005).
Orbene, la realizzazione dell’impianto di trito-vagliatura di Palomonte rispondeva all’esigenza di superare l’ennesima fase critica dell’emergenza in questione (con i correlati risvolti sociali, sanitari, ambientali, di ordine pubblico) dovuta, nella provincia di Salerno, al fatto,come si legge nella relazione trasmessa dal Prefetto di Salerno al Ministero dell’Interno datata 18 dicembre 2001 (prot n.6644.15.5/Gab/EME.R.) della “intervenuta indisponibilità (per esaurimento ovvero per sequestro giudiziario) delle tre discariche comprensoriali a suo tempo realizzate …e nelle more della realizzazione, in Battipaglia, dell’impianto di produzione C.D.R.”
Si trattava di un impianto che, stante l’impossibilità di smaltire rifiuti indifferenziati, doveva effettuare anzitutto attività di triturazione e di vagliatura, ossia di separazione della frazione cosiddetta “secca” da quella “umida”, funzionali alle successive fasi di stabilizzazione di quest’ultima e di smaltimento della prima, che avrebbero chiuso il ciclo.
Mancando all’epoca nella provincia di Salerno impianti di stabilizzazione e di smaltimento, nella fase emergenziale la chiusura del ciclo,una volta entrato in funzione l’impianto limitato, secondo il progetto approvato in data 19 febbraio 2001, al solo posizionamento di una linea di trito-vagliatura, (in una nota dei commissari ad acta del 13 agosto 2001 si fa presente che la progettazione dell’impianto di stabilizzazione all’interno dello stesso capannone sarebbe stata iniziata soltanto dopo che con l’avvio all’esercizio dell’impianto di trito-vagliatura non fossero continuate le proteste da parte della popolazione) poteva avvenire soltanto mediante il trasporto delle frazioni in uscita in impianti extra regione ed esteri.
Tuttavia tale strada appariva l’unica, in quello specifico momento di crisi emergenziale, nelle more della realizzazione degli impianti C.D.R., percorribile in quanto, come dichiarato dallo stesso F. (nota n.4663 del 20 febbraio 2002 indirizzata all’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno) “ l’attività di vagliatura, anche in assenza di recapiti delle frazioni in uscita,diventava in se essenziale in quanto solo attraverso la stessa diventava possibile smaltire le rispettive frazioni in uscita in impianti extra regionali”.
Orbene, dopo l’autorizzazione prefettizia data al Consorzio di Bacino SA/3 alla realizzazione dell’impianto ed all’occupazione dell’area, intervenuta con provvedimenti del 1° marzo 2001, le attività finalizzate a consentire l’operatività dell’impianto furono di fatto ritardate da una serie di cause, (ampiamente illustrate nella nota del Consorzio di Bacino SA/ 3 del 22 agosto 2001), non imputabili al convenuto (proteste della popolazione e connessi riflessi di ordine pubblico, azioni giudiziarie, resistenza da parte del soggetto affidatario del servizio di recupero dei rifiuti scaturenti dalla raccolta differenziata a rendere disponibili gli impianti ecc.).
Tuttavia, ancora a settembre 2001, (vedasi nota del 4 settembre 2001) il F., nel dare riscontro alla predetta nota del Consorzio, lungi dal manifestare riserve in ordine alla perdurante utilità dell’impianto, addirittura definiva “encomiabile” l’attività da questo svolta ed indicava una serie di condizioni operative per la gestione dell’impianto che coinvolgevano direttamente la struttura commissariale attraverso il finanziamento delle opere, la fornitura delle attrezzature necessarie, l’avviamento al lavoro delle maestranze da occupare (che erano quelle provenienti dalle discariche disattivate), la cura,almeno in una prima fase, dell’attivazione e della contrattualizzazione dei rapporti giuridici ed economici con le aziende di recapito delle frazioni. Addirittura, nella medesima nota, a conferma della ritenuta attualità dell’interesse pubblico a rendere operativo l’impianto di Palomonte e della pretestuosità di taluni ostacoli operativo-gestionali evidenziati dal Consorzio, il F. invitava quest’ultimo, qualora non fosse stato disponibile a gestire l’impianto alle suddette condizioni, a consegnare le opere realizzate e dichiarava che le spese sarebbero state rimborsate dalla struttura commissariale.
Senonchè, del tutto contraddittoriamente, a distanza di appena 3 giorni dalla sottoscrizione della predetta nota, ovvero il 7 settembre 2001, lo stesso F., nel corso di una visita sul posto, faceva le dichiarazioni alla popolazione riportate nell’articolo di giornale con le quali, nel criticare la scelta di Palomonte, sembrava far intendere che il contesto emergenziale che l’aveva dettata era a tale epoca ormai superato.
Ma fu soltanto nella nota del 14 dicembre 2001, allorquando fu chiamato ad esprimere l’intesa sulla bozza del decreto di autorizzazione per l’esercizio dell’impianto, collaudato soltanto in data 3 dicembre 2001 – ritardo anche questo non imputabile al F. ma dovuto, come si legge nella relazione al Ministero del Prefetto di Salerno datata 18 dicembre 2001(pag.3), a carenze ed irregolarità riscontrate nelle visite ispettive all’uopo disposte - che il sub-Commissario espresse finalmente - allorquando nel frattempo erano ancor di più lievitate, fino ad oltre un miliardo (vedasi nota del Consorzio del 12 dicembre 2001 indirizzata anche al F.) le spese anticipate per lavori e forniture dall’ente gestore – le prime formali riserve in ordine all’utilità ed economicità dell’impianto di Palomonte.
Ciò in quanto – si legge nella nota - esso si inquadrava in una fase acuta dell’emergenza che poteva ormai dirsi superata (“ l’emergenza rifiuti per quanto ancora presente, è entrata in una fase di gestione che ne permette un maggior controllo; tanto che, dall’agosto 2001, i rifiuti quotidiani vengono, nonostante alcune situazioni di particolare crisi, trattati e smaltiti regolarmente”…L’aspetto più preoccupante dell’attuale fase è rappresentato dalle circa 60.00 ton. ancora stoccate e comunque prodotte prima dell’ultima decade di agosto”).
Circa poi lo smaltimento dei rifiuti ancora stoccati il F. faceva presente che dagli incontri interistituzionali all’uopo tenutisi si era deciso di affrontare detta emergenza con un piano regionale che prevedeva l’utilizzo dell’impianto di trito-vagliatura, per la provincia di Salerno, di Giffoni Valle Piana, nonché di quelli fuori provincia di Giugliano e S.Maria la Fossa e con la realizzazione di un impianto di stabilizzazione dell’umido presso S.Maria la Fossa. In tale contesto, i rifiuti indifferenziati della provincia di Salerno che non era possibile trattare a Giffoni, per il successivo trasporto nelle discariche al momento disponibili di Ariano Irpino, Giugliano e S.Maria la Fossa, era secondo il F. più economico inviare a S.Maria la Fossa “e separare a bordo discarica la frazione secca da quella umida piuttosto che sviluppare la separazione a Palomonte per poi inviare le frazioni derivate sempre nel medesimo sito di S. Maria la Fossa”.
Senonchè, affermava il F. che “ E’del tutto evidente che la gravità della prima fase dell’emergenza poteva porre in secondo piano la razionalità del sistema, l’economicità delle scelte e il diritto di pochi cittadini nei confronti del grande interesse collettivo. Nel momento in cui le condizioni, fortunatamente, si sono modificate è doveroso razionalizzare il sistema” …
Orbene, ad onta di quanto sopra è palese invece proprio l’irrazionalità della condotta tenuta dal F. e ciò anche a volersi ammettere (non potendo entrare il Collegio nel merito degli aspetti tecnici della questione) che a causa del ritardo la fase, per così dire “acuta”, dell’emergenza era, come da lui stesso dichiarato nella predetta nota, stata superata e che soltanto il ritardato collaudo dell’impianto –di cui ancora a settembre aveva invece dettato le condizioni per la gestione e sollecitato la messa in funzione - ne aveva determinato la intervenuta disutilità ed antieconomicità.
Infatti ,- premesso che sin dal settembre, ovvero tre mesi prima, aveva reso pubbliche dichiarazioni antitetiche rispetto a quanto affermato per iscritto - anziché assumere iniziative dirette a bloccare repentinamente l’attività del Consorzio finalizzata alla messa in esercizio dell’ impianto, in quanto produttiva di spese gestionali di giorno in giorno crescenti, il F. attese del tutto passivamente la richiesta prefettizia d’intesa sul provvedimento, che finalmente lo avrebbe fatto entrare in funzione, per affermarne formalmente invece la sopravvenuta mancanza di utilità e addirittura l’antieconomicità di una sua eventuale attivazione.
Nel contempo il F. medesimo prospettava però l’inizio di una fase diretta ad utilizzare in altro modo la struttura nell’ambito del piano regionale in corso di adozione, in termini di sito destinato a ricevere la raccolta differenziata ed invitava il Consorzio a presentare al riguardo un piano economico relativo alla tariffa del servizio .
Orbene, nell’incontro interistituzionale da lui convocato e tenutosi in data 18 dicembre 2001, il sub-Commissario,nonostante le perplessità ed i rilievi espressi dal Prefetto di Salerno in ordine al mutamento di destinazione dell’impianto in relazione alle ingenti spese già sostenute, insisteva nell’ipotesi di riconversione in un’altra struttura di minore impatto ambientale e sociale.
Pertanto il Prefetto di Salerno – con logica consequenzialità – trasmetteva al F. una bozza di decreto col quale si dichiarava conclusa la procedura relativa all’iniziativa concernente l’esercizio dell’impianto ed invitava il Commissariato ed il Consorzio gestore a concertare la futura riconversione ovvero la conservazione dell’impianto ormai realizzato. Non avendo a questa il F. dato alcun riscontro, in data 11 gennaio 2002, nell’interpretare il silenzio in termini di “sopravvenuto ripensamento di codesto Commissariato medesimo sull’ipotesi di abbandono” il prefetto gli trasmetteva nuovamente la bozza del decreto (n.202.15/5./Gab../EMER./) di autorizzazione all’esercizio dell’impianto.
Senonchè il F., con condotta ancora di più marcatamente irragionevole, anziché aderire subito alla richiesta di intesa alla chiusura, che lui stesso aveva chiesto al prefetto e sollecitato esponendo le ragioni di antieconomicità dell’originario impiego di Palomonte, al contrario (“sic!”) dichiarava, in data 16 gennaio 2002, sia pure con la mera riserva di considerarne l’efficacia all’interno del piano regionale, che “non vi è stato alcun ripensamento, si ritiene che nulla osti affinché l’iter amministrativo sia concluso con l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto…” nel contempo dettando delle modifiche da apportare alla bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio, puntualmente recepite dal prefetto di Salerno ( talune forse proprio in vista dei prospettati eventuali futuri diversi utilizzi,con riferimento alla salvezza delle prerogative ex art.7, comma 7 dell’O.P.C.M. n.3100 in ordine all’utilizzo ed affidamento in comodato d’uso ad idoneo soggetto pubblico dell’impianto) .
Allorquando le circostanze di fatto –interpretate sempre con logica verosimiglianza- erano tali da far ritenere assentito da parte del F. l’esercizio dell’impianto –nel contempo continuando ovviamente a crescere le spese sostenute dal Consorzio di Bacino SA/3 che non mancava di rappresentare ancora una volta anche al F. in forma scritta il crescente “danno erariale” che si stava determinando in conseguenza della inammissibile situazione di stallo (vedasi nota del 22 febbraio 2002) – l’odierno convenuto invece, con un ulteriore revirement del tutto irrazionale, nella nota del 20 marzo 2002, (quindi a distanza di oltre due mesi dall’adozione del decreto di autorizzazione all’esercizio), dichiarava che l’impianto in questione “non rientra nel piano di gestione dell’emergenza su scala regionale” e di avere nel contempo, in accordo con il Consorzio di Bacino SA/3 “avviato le procedure affinchè sul sito di Palomonte si realizzi- in via definitiva-un impianto di selezione/valorizzazione delle frazioni secche recuperabili derivanti dalla RD”; pertanto chiedeva al prefetto “ di revocare - in via definitiva-l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto di tritovagliatura di Palomonte”
Orbene, il danno erariale azionato dal requirente è conseguente alla revoca poi intervenuta il 5 aprile 2002, in quanto è da tale momento,come giustamente si afferma nell’atto di citazione,che si è concretizzata la totale e definitiva disutilità dell’esborso tenuto conto che non si è nel frattempo mai attuata la riconversione dell’impianto all’altro impiego prospettato dal F., così abbandonandosi anche l’unica strada possibile per impedirne il prodursi (anche alla luce della disposizione contenuta nel comma 1 bis dell’art.1 della l.20 del 1994, introdotto dall’art.3, comma 1, della l.n.639 del 1996).
Trattasi quindi di una vicenda che ha dato luogo ad un macroscopico e palese sperpero di fondi pubblici (la cui ingiustizia emerge, non lo si può negare, in modo ancor più inaccettabile alla luce degli eventi drammatici di questi ultimi mesi), non essendo da essa scaturito il conseguimento di alcun obiettivo rispondente al pubblico interesse.
Il danno va senza alcun dubbio ascritto causalmente alla condotta -sviluppatasi nei momenti attivi ed omissivi sopra illustrati in rigoroso e necessario ordine cronologico - non solo illogica, irrazionale e contraddittoria, ma ictu oculi gravemente scriteriata e sconsiderata, in palese ed evidente spregio dell’interesse pubblico ad un razionale e proficuo impiego delle risorse finanziarie destinate dallo Stato a fronteggiare l’emergenza rifiuti.
Ciò, considerata anche l\'assoluta consapevolezza che il convenuto aveva - o, comunque, avrebbe dovuto avere stante le reiterate note scritte trasmessegli dall’ente gestore – dei considerevoli oneri che il Consorzio di Bacino SA/3 stava sostenendo a seguito dell’autorizzazione alla realizzazione (in parte coperti, come si è visto, con risorse finanziarie erogate dalla struttura commissariale ed in parte con fondi propri consorziali anticipati e non restituiti).
Trattasi di una condotta che appare ovviamente sindacabile da parte di questa Corte in quanto lungi dal riguardare il merito dell’azione amministrativa, e dunque comportare valutazioni in ordine alla bontà o meno delle soluzioni tecniche date alla crisi emergenziale che la provincia di Salerno si trovò ad attraversare nel 2001,si limita a valutare aspetti di legittimità nei termini chiaramente precisati dalla Suprema Corte di Cassazione, in termini di costi sostenuti rispetto agli obiettivi conseguiti.
Il F. avrebbe dovuto infatti anzitutto dare l’intesa diretta a consentire la messa in funzione dell’impianto per l’attività inizialmente prevista di trito-vagliatura dal momento che ancora a settembre 2001, dunque allorquando erano trascorsi ben sei mesi dall’avvio della realizzazione, aveva dettato, nella nota del giorno 4, precise condizioni gestionali al Consorzio che comportavano l’impegno finanziario e operativo della struttura commissariale, il che significa che a tale data ne riconosceva ancora l’assoluta utilità (il che peraltro contrasta con le dichiarazioni fatte in loco alla popolazione che si opponeva all’impianto come riportate dall’articolo di giornale).
Invero, giova ribadirlo, se è vero che la competenza in ordine alla materiale localizzazione del sito fu del prefetto di Salerno e dei commissari ad acta, quella in ordine all’’istruttoria tecnico-amministrativa ed al parere tecnico favorevole del gruppo di esperti ad hoc nominato dal Commissario- Presidente della Giunta, quella in ordine all’assenso per gli aspetti amministrativi, del vice-Commissario V., tutta la successiva fase di messa in esercizio coinvolgeva aspetti strettamente gestionali dell’emergenza rifiuti e quindi investiva direttamente il sub- Commissario, come risulta peraltro documentalmente provato in modo inoppugnabile.
Qualora poi l’impianto, per il successivo trascorrere dei tre mesi da settembre a dicembre del 2001, allorquando venne definitivamente collaudato, non fosse stato ritenuto più rispondente al pubblico interesse connesso alla situazione emergenziale, come da lui affermato nella nota di dicembre, il F. avrebbe dovuto allora dare immediatamente, (una volta chiesto ciò anche espressamente nell’incontro interistituzionale del 18 dicembre 2001), l’assenso alla chiusura della procedura invece di affermare, del tutto illogicamente, a gennaio del 2002 che “nessun ripensamento” c’era stato salvo (laddove appariva evidente il contrario) e nel contempo indicare delle modifiche alla bozza del decreto di autorizzazione all’esercizio e quindi consentire al Consorzio di Bacino SA/3 di continuare l’attività diretta alla messa in funzione dell’impianto di Palomonte.
Invece, a distanza di altri due mesi, a marzo 2002, allorquando i costi gestionali erano ovviamente ancor più lievitati, chiese finalmente –ed in questo caso con un evidente “ripensamento” rispetto alla precedente decisione- la revoca dell’autorizzazione all’esercizio.
Orbene, circa l’ipotesi di riconversione dell’impianto in altri tipi di attività di gestione dei rifiuti, non è affatto rispondente al vero quanto affermato dal convenuto in sede di costituzione ovvero che egli si sia attivato per darne un concreto e fattivo avvio ma che essa doveva essere conclusa poi dal prefetto per competenza istituzionale.
Invero, come giustamente evidenziato dal Prefetto di Salerno nella nota del 26 giugno 2002 (di riscontro all’invito a partecipare alla conferenza di servizi poi tenutasi in data 2 luglio 2002), per tale ipotesi di riconversione, che doveva consistere nella ”realizzazione di un impianto di selezione e preparazione di carta, plastica, vetro,metalli ferrosi e non ferrosi,legno, rifiuti ingombranti e beni durevoli di uso domestico, con affidamento al Consorzio della gestione di tale impianto e del trasporto della frazione dei rifiuti urbani residuati dalla raccolta differenziata agli impianti di smaltimento” (vedasi nota del Consorzio del 19 marzo 2002), era stato individuato, dallo stesso Commissariato del Governo (nota dell’8 aprile 2002 diretta all’omissis. in cui si autorizza il Consorzio di Bacino SA/3 a restare nel possesso dell’immobile fino alla conclusione del procedimento previa corresponsione delle indennità di occupazione in favore dell’OMISSIS) “il procedimento previsto dalla normativa vigente, avvalendosi delle competenze fissate dall’ O.M. 2425 del 18 marzo 1996, come modificata dall’O.M. 2470 del 31 ottobre 1996 e 2560 del 2 maggio 1997..” Orbene, nell’ambito di tale procedimento le competenze fanno capo tutte al commissario(l’art.2, comma 1, dell’O.M. 2425 del 1996 prevede che è questo organo competente a “disporre le misure di obbligo e di divieto nonché gli interventi necessari per la realizzazione e l’attivazione degli impianti definitivi….approvando i progetti, provvedendo alle occupazioni d’urgenza e agli espropri, eseguendo le opere, acquisendo i servizi” ; il comma 1 bis, del medesimo art.2, introdotto dall’art.2 dell’O.M. 2470/1996, prevede che il commissario delegato, per l’approvazione dei progetti, in caso di urgenza, può indire una conferenza di servizi; ancora l’art.1, comma 7, dell’O.M.n.2560/1997 prevede che “l’approvazione dei progetti da parte del commissario delegato sostituisce ad ogni effetto visti, pareri,autorizzazioni, e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comunale e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori..”
Pertanto, anche l’occupazione del terreno successiva al periodo autorizzato dal prefetto per realizzare l’impianto di trito-vagliatura di Palomonte (scadente, dopo la proroga di un mese, ad aprile 2002) non poteva giustamente, secondo il medesimo prefetto, trovare alcun titolo legittimante nei decreti da lui emessi nel marzo 2001 e nel marzo 2002 in quanto assolventi una finalità ormai superata ma doveva rientrare in una nuova fase comportante l’esercizio dei necessari poteri commissariali.
In altre parole, ben avrebbe potuto e dovuto il F. tenere una condotta idonea ad evitare il danno prodottosi in ragione del rapporto di servizio e delle sue competenze all’interno della struttura commissariale, adottando comportamenti coerenti con l’ormai avvenuto completamento delle opere dirette alla messa in esercizio di Palomonte, in particolare attivandosi per la concretizzazione dell’ipotesi di riconversione che poteva assicurarne un sia pure diverso impiego, anziché consentirne il definitivo abbandono. Il comportamento tenuto nella vicenda denota l’assoluta incapacità del convenuto di programmare le azioni da intraprendere e di governare in modo razionale, economico,efficace ed efficiente anche i possibili mutamenti della situazione di fatto dovuti al contesto emergenziale.
Ciò posto, affermata la responsabilità amministrativa del F., il Collegio ritiene però che sussistano le condizioni per esercitare il potere riduttivo disciplinato dall’art.52, comma 2, del R.D. 12 luglio 1934 n.1214 ( a tenore di cui “ La Corte, valutate le singole responsabilità, può porre a carico dei responsabili tutto o parte del danno accertato o del valore perduto”) in considerazione della drammaticità del contesto emergenziale connesso alla gestione dei rifiuti in cui egli si trovò ad operare, dell’esistenza di una pluralità di soggetti ed enti istituzionalmente competenti (prefetto di Salerno, commissario straordinario- presidente della Regione Campania, Consorzio di Bacino SA/3, commissari ad acta), ai sensi dell’art.5 dell’O.P.C.M.n.3100/2000, in ordine alla realizzazione ed all’attivazione dell’impianto di Palomonte, nonché della complessità delle relative procedure amministrative.
Pertanto, il danno va ridotto all’ importo di euro 250.000,00 (duecentocinquantamila/00) di cui – rispettando le percentuali risultanti dalle somme indicate nell’atto di citazione (pag.26) rispetto al danno complessivamente azionato- :
o euro 158.900,00 (centocinquantottomilanovecento/00)-corrispondente al 63,56% -, in favore del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche,tutela delle acque nella Regione Campania;
o euro 91.100,00 (novantunomilacento/00)-corrispondente al 36,44%.- in favore del Consorzio di Bacino SA/3.
I predetti importi sono comprensivi di rivalutazione monetaria mentre vanno ad essi aggiunti gli interessi legali dalla data del deposito della presente decisione fino al soddisfo.
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
definitivamente pronunciando nei termini di cui in motivazione, contrariis reiectis,
il convenuto G. F. al risarcimento del danno quantificato, con esercizio del potere riduttivo, in euro 250.000,00 (duecentocinquantamila/00) di cui – rispettando le percentuali risultanti dalle somme indicate nell’atto di citazione (pag.26) rispetto al danno complessivamente azionato- :
o euro 158.900,00 (centocinquantottomilanovecento/00)-corrispondente al 63,56% -, in favore del Commissariato di Governo per l’emergenza rifiuti, bonifiche,tutela delle acque nella Regione Campania;
o euro 91.100,00 (novantunomilacento/00)- corrispondente al 36,44%.- in favore del Consorzio di Bacino SA/3.
I predetti importi sono comprensivi di rivalutazione monetaria mentre vanno ad essi aggiunti gli interessi legali dalla data del deposito della presente decisione fino al soddisfo.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate in
Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio dei giorni 29 febbraio –7 marzo 2008
Depositata in Segreteria il 27 aprile 2008