Consiglio di Stato Sez. IV n. 9044 del 17 ottobre 2023
Rifiuti.Spandimento dei fanghi biologici in agricoltura e competenze del comune

La materia relativa alla utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura attiene all’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che è di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione e la stessa disciplina primaria, all’art. 6, ha in materia previsto un diretto potere esercitato dalla Regione. Pertanto, muovendo da tali presupposti normativi, si perviene, sotto un primo profilo, ad affermare che i Comuni non sono titolari di potestà regolamentare in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene

Pubblicato il 17/10/2023

N. 09044/2023REG.PROV.COLL.

N. 09219/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9219 del 2019, proposto dal Comune di Garlasco, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Adavastro, con domicilio eletto presso lo studio Placidi in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 30;

contro

la ditta Evergreen Italia s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pietro Ferraris e Enzo Robaldo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio degli stessi avvocati in Milano, piazza Eleonora Duse, n. 4;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sede di Milano, Sezione terza, n. 986 del 2 maggio 2019.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Evergreen Italia s.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice nell’udienza pubblica del giorno 27 aprile 2023 la cons. Emanuela Loria;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. L’oggetto del presente contenzioso è costituito:

a) dall’articolo 35, comma 6, lettera b) del Piano delle Regole della Variante al Piano di Governo del Territorio del Comune di Garlasco, adottata con Deliberazione del Consiglio Comunale di Garlasco n. 8 del 20 aprile 2016, che istituisce, all’interno delle aree agricole, un esplicito divieto di utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione all’interno della fascia di rispetto di 500 metri dal perimetro del centro abitato ed individua, mediante la tavola DP05c, le aree del territorio comunale in base all’attitudine allo spargimento dei fanghi;

b) dalla nota prot. n. 14572 del 26 settembre 2016, con cui il Responsabile dell’Area Territorio del Comune di Garlasco, ha disposto la sospensione sine die dell'attività di spandimento di rifiuti speciali non pericolosi (fanghi di depurazione) a beneficio dell’agricoltura (attività R10, Allegato C alla Parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006), nei terreni, nella disponibilità della ricorrente, situati all'interno della fascia di rispetto di 500 metri dal centro abitato, secondo quanto previsto dall'articolo 35, comma 6, lettera b) del richiamato Piano delle Regole della Variante adottata al Piano di Governo del Territorio del Comune di Garlasco;

c) dalla nota prot. n. 14573 del 26 settembre 2016, con cui il Responsabile dell'Area Territorio del Comune di Garlasco ha disposto la sospensione dell’attività di spandimento di rifiuti speciali non pericolosi (fanghi di depurazione) a beneficio dell’agricoltura (attività R10, Allegato C alla Parte IV del d.lgs. n. 152 del 2006), nei terreni, nella disponibilità della ricorrente, sino alla ricezione di una “indagine a studio di carattere idrogeologico, al fine di valutare le locali condizioni di vulnerabilità della falda superficiale, con realizzazione di piezometri per il monitoraggio delle sostanze azotate” che “dovrà tener conto, per i terreni entro la fascia di 150 mt. del Terdoppio, di eventuali problematiche dovute alla possibile infiltrazione delle biomasse nel corso d'acqua”;

d) dalla nota del 18 ottobre 2016, sottoscritta dal Sindaco e dall’Assessore all'Ambiente, con cui è stata rigettata l’istanza di annullamento in autotutela della nota prot. n. 14573 del 26 ottobre 2016;

e) dalla Carta di Fattibilità Geologica allegata alla Variante al Piano di Governo del Territorio, nella parte in cui sottopone determinate classi di terreni (inseriti all'interno della Classe II - Fattibilità con modeste limitazioni) alla previa valutazione, sotto il profilo idrogeologico, degli effetti derivanti dagli spandimenti di fanghi di depurazione sulla falda superficiale;

f) dalla deliberazione del Consiglio Comunale n. 14 dell’11 aprile 2017, con cui è stata approvata la variante al Piano di Governo del Territorio (PGT) del Comune di Garlasco e quindi al PGT così come variato, con particolare riferimento:

- all’articolo 35, comma 6, lettera b), del Piano delle Regale della Variante al Piano di Governo del Territorio del Comune di Garlasco, che istituisce, all'interno delle aree agricole, un esplicito divieto all’ utilizzazione agronomica dei fanghi di depurazione all’interno della fascia di rispetto di 500 metri dal perimetro del centro abitato ed individua, mediante la tavola DP05c, le aree del territorio comunale in base all’attitudine allo spargimento dei fanghi;

- alla tavola DP05c, individuante le aree del territorio comunale in base all'attitudine allo spargimento dei fanghi;

- alla Carta di Fattibilità Geologica allegata alla Variante al Piano di Governo del Territorio, nella parte in cui sottopone determinate classi di terreni (inseriti all'interno della Classe II - Fattibilità con modeste limitazioni) alla previa valutazione, sotto il profilo idrogeologico, degli effetti derivanti dagli spandimenti di fanghi di depurazione sulla falda superficiale.

2. Con il ricorso di primo grado Evergreen s.r.l., società che esercita attività di recupero dei rifiuti prodotti dalla depurazione delle acque reflue (fanghi di depurazione) per l’utilizzo come fertilizzanti in agricoltura (operazione R10 di cui all’Allegato C al d.lgs. n. 152 del 2006), ha articolato i seguenti motivi:

A) Sull’illegittimità dell’articolo 35 del PdR della Variante adottata e della tavola DP05c, della Carta di Fattibilità Geologica, nonché sull'illegittimità derivata delle note del 26 settembre 2016 e del 18 ottobre 2016:

A.I) Violazione e falsa applicazione della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 e della L. 17 agosto 1942, n. 1150. Violazione e falsa applicazione dell'articolo 198 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 in relazione a quanto disposto all'articolo 127 del d.lgs. citato. Violazione dell'articolo 6 del d.lgs. 22 gennaio 1992 n. 99. Violazione del DM 19 aprile 1999. Violazione della DGR 1° luglio 2014, n. 2031. Violazione della DGR 6 giugno 2016, n. 5269. Violazione degli articoli 92 e 112 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Violazione dell'articolo 117, commi 2 e 3 Cost. Eccesso di potere per sviamento dalla causa. Difetto di attribuzione di potere ed incompetenza. Eccesso di potere per violazione del principio di buon andamento ed imparzialità della P.A. e per difetto di motivazione.

A.II) Violazione dell'articolo 6 del TUEL in relazione a quanto previsto dall'articolo 117, comma 2, lett. s) della Costituzione. Violazione degli articoli 195, 196, 197, 198 e 208 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152. Difetto di attribuzione di potere ed incompetenza.

A.III) Violazione degli articoli 6 e 12 del d.lgs. 22 gennaio 1992 n. 99. Violazione e della DGR l° luglio 2014, n. 2031 e della D.G.R. 6 giugno 2016, n. 5269. Violazione del DM 19 aprile 1999 (Codice delle buone pratiche agricole). Eccesso di potere per illogicità manifesta, per contraddittorietà, per difetto di istruttoria, per difetto dei presupposti e per difetto di motivazione. Eccesso di potere per disparità di trattamento. Violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità della P.A.

A.IV) Violazione dell'articolo 16 del d.lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, con riferimento alla Parte IV del d.lgs. 152/2006. Carenza assoluta di potere per difetto di attribuzione di potestà ed incompetenza. Violazione del combinato disposto di cui agli articoli 218 e 344 del Testo Unico delle Leggi. Sanitarie (r.d. 27 luglio 1934, n. 1265).

A.V) Violazione dell'articolo 7 del D.lgs. 27 gennaio 1992 n. 99, dell'Allegato A di cui alla D.G.R. 1° luglio 2014, n. 2031, dell'articolo 16 della Legge Regionale 12 dicembre 2003, n. 26, articolo 208 D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Incompetenza.

A.VI) Violazione dell'articolo 10, comma 5, della legge 17 agosto 1942, n. 1150. Violazione della legge 3 novembre 1952, n. 1902. Violazione dell'articolo 12 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380. Violazione degli articoli 6, 7, 10, 13, 14 e 57 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12. Violazione della D.G.R. 30 novembre 2011, n. 2616. Violazione della DGR 22 dicembre 2005, n. 1566. Violazione della DGR 28 maggio 2008, n. 7374. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttori, difetto di motivazione, violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi.

A.VII) Violazione del principio di libertà dell'iniziativa economica privata di cui agli articoli 41 e 44 Cost. Violazione dei principi in materia di proprietà privata di cui agli articoli 832 ss. e in materia di possesso di cui all'art. 1140 ss. del c.c. Violazione del principio di buon andamento e di imparzialità della P.A. Eccesso di potere per disparità di trattamento, per l'illogicità manifesta, per irragionevolezza, per violazione del principio di proporzionalità e per difetto di motivazione.

B) Sull’illegittimità, in via propria, delle note del 26 settembre 2016:

B.I) Violazione degli articoli 1, 3, 6, 7, 10, 21-quater e 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dell’articolo 208 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Difetto di attribuzione di potestà. Incompetenza.

C) Sull’illegittimità della nota del 18 ottobre 2016:

C.I) Violazione degli articoli 196, 197 e 198 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, in relazione a quanto previsto dall'articolo 127 del medesimo d.lgs. Violazione degli articoli 6 e 7 del d.lgs. 22 gennaio 1992 n. 99. Violazione dell'articolo 107 del d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. Carenza assoluta di potere per difetto di attribuzione di potestà ed incompetenza. Violazione dell'articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Eccesso di potere per travisamento dei fatti, carenza dei presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

3. La impugnata sentenza del T.a.r. per la Lombardia:

a) ha dichiarato infondata l’eccezione di irricevibilità dell’impugnazione rivolta alle note del 26 settembre 2016 con le quali il Comune ha disposto la sospensione dell’attività di spandimento dei fanghi che la ricorrente vorrebbe esercitare poiché si tratterebbe di provvedimenti che hanno autonoma portata lesiva pur se applicativi di una disposizione generale contenuta nella Variante al OPGT adottata, per cui il termine per l’impugnazione sarebbe iniziato a decorrere solo da quando l’interessata ne è venuto a conoscenza .” (cfr. capo 11 sentenza primo grado);

b) ha dichiarato irricevibile l’impugnazione, in accoglimento di ulteriore eccezione, nella parte inerente l’atto di adozione della variante, sul presupposto che, sulla base “delle statuizioni contenute nella sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 16 giugno 2015, n. 2986 … le disposizioni di PGT avversate abbiano natura di norme di zonizzazione e vadano perciò immediatamente impugnate.” (cfr. capo 12 sentenza primo grado).

c) ha accolto il ricorso della Evergreen argomentando nel senso che “sembra pertanto da escludere che lo strumento urbanistico possa dettare prescrizioni che riguardano l’attività di spandimento di fertilizzanti su suolo agricolo giacché non si vede quale attinenza abbai tale attività con l’interesse urbanistico. (…) in ogni caso, va poi osservato che, anche qualora si dovesse ritenere che la legge regionale n. 12 del 2005 abbia attribuito agli strumenti urbanistici comunali il compito di dettare norme autonome per la tutela dell’interesse ambientale, non si può ammettere che tale interesse trovi nel piano una regolazione contrastante con quella dettata dalla fonte regionale, cui la legge statale attribuisce specifica competenza in materia.”;

d) ha compensato le spese del giudizio.

4. Il Comune di Garlasco ha proposto appello avverso la sentenza sopra citata articolando i seguenti motivi:

I. Con riferimento alle statuizioni di merito: erroneità della sentenza per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto – erronea interpretazione ed applicazione dell’art. 10, comma 1, lett. e) e comma 4, lett. a) n. 1 l.r. Lombardia n. 12 del 2005, anche in correlazione con l’art. 117 Cost., con gli artt. 92, 112 127 e 198 d.lgs. n. 152 del 2006 e dell’art. 6 del d.lgs. n. 92 del 1999 – Omessa considerazione dell’art. 57 l.r. n. 12 del 2005 relativamente alla disciplina delle aree a pericolosità e vulnerabilità geologica – carenza, contraddittorietà illogicità e perplessità della motivazione.

La ricostruzione normativa e sistematica del primo giudice sarebbe travisata ed erronea nella parte in cui ha dato una interpretazione restrittiva della potestà di governo del territorio da parte dei Comuni riducendola alla mera disciplina dello sviluppo edificatorio stricto sensu.

Inconferenti sarebbero inoltre le pronunce indicate poiché l’unica sentenza che invece andrebbe richiamata è la n. 2986 del 2015 della IV Sezione, che ha affermato la sussistenza della potestà comunale di governo del territorio anche in riferimento alla prescrizione di specifiche discipline d’uso del suolo agricolo rimessa – sulla base del quadro costituzionale ed ordinario – all’esercizio della potestà comunale di zonizzazione del proprio territorio.

Sotto ulteriore profilo, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente ricondotto la potestà esercitata dal Comune di Garlasco alla potestà regolamentare in materia di tutela ambientale riservata alla competenza di Regione, ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 92 del 1999 e ciò sull’assunto che l’attività di spandimento dei fanghi costituirebbe attività agricola che afferisce la materia “ambiente” e non implicherebbe trasformazione del territorio né avrebbe attinenza con “l’interesse urbanistico”.

Al contrario, ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. a), n. 1) della l.r. n. 12 del 2005, con riferimento alle aree destinate all’agricoltura, è rimessa allo stesso Piano delle Regole il compito di dettare “la disciplina d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia, in conformità con quanto previsto dal titolo terzo della parte seconda”, tra cui rientrerebbe il potere di disciplina attribuito al Comune in sede di pianificazione urbanistica del territorio.

Inoltre, la sentenza del T.a.r. avrebbe erroneamente interpretato l’inciso contenuto nella l.r. n. 12 del 2005 ove si afferma che le regole di salvaguardia e valorizzazione delle aree paesaggistico-ambientali ed ecologiche debbono essere ulteriori e <<di attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale>>, poiché tale inciso sarebbe da riferirsi alle aree di valore paesaggistico –ambientale ed ecologiche e non sarebbe da riferirsi alle aree destinate all’agricoltura (cui è dedicato l’art. 10, comma 4, lett a).

II. In via pregiudiziale: erroneità della sentenza anche nella parte in cui ha omesso di dichiarare l’irricevibilità delle censure avverso le note comunali del 26 settembre 2016 e del 18 ottobre 2016 (prot. 14572 e 14573) inerenti l’applicazione delle misure di salvaguardia (docc. 1 e 2 fasc. I° ctp) – Erroneità per palese contraddittorietà ed illogicità della motivazione – Travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

La sentenza di primo grado avrebbe errato, sotto ulteriore profilo, nel rigettare le eccezioni di tardività delle censure avverso le note con cui il Comune ha fatto applicazione delle misure di salvaguardia del PGT adottato.

Conseguendo ex lege all’adozione del PGT o di sue varianti (art. 13, comma 12, l.r. n. 12 del 2015, art. 12, comma 3, T.U. Edilizia e art.10, comma 5, L. urb.), la contestazione del regime di salvaguardia presuppone necessariamente la valida impugnazione degli atti di adozione della variante, che invece nel caso di specie sarebbero stati impugnati tardivamente, per quanto il T.a.r. per la Lombardia ha (correttamente) accertato, posto che il ricorso di primo grado è stato notificato in data 25 novembre 2016, oltre il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione sul BURL dell’avviso di adozione del PGT.

Una volta dichiarata la tardività del gravame avverso l’adozione della variante, andrebbe di conseguenza dichiarata l’irricevibilità e/o inammissibilità delle censure rivolte ai conseguenziali e vincolati provvedimenti di salvaguardia, che, diversamente da quanto opinato dal T.a.r., sono privi di autonomia lesiva, limitandosi ad invitare gli operatori a dare concreta attuazione alle norme allocative della variante adottata, già in suscettibili di immediata applicazione.

5. La ditta intimata si è costituita in giudizio.

5.1. In adempimento dell’ordinanza presidenziale n. 163 del 3 febbraio 2021 il Comune di Garlasco ha depositato nota con la quale ha dichiarato la persistenza dell’interesse alla decisione del giudizio

5.2. Analogamente ha fatto la società intimata con la nota del 10 marzo 2021 con la quale ha dichiarato che, in relazione alla propria posizione di soggetto ricorrente in primo grado, permane l’interesse alla caducazione dell’atto comunale a suo tempo impugnato in quanto limitativo della propria attività imprenditoriale.

5.3. Entrambe le parti hanno depositato memorie di replica con le quali hanno argomentato in relazione alle rispettive tesi difensive.

5.4. All’udienza del 27 aprile 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Viene in decisione l’appello proposto dal Comune di Garlasco avverso la sentenza del T.a.r. per la Lombardia, che ha deciso in senso favorevole alla società Evergreen il ricorso di primo grado con il quale sono stati impugnati: a) la variante al PGT (e la Carta di fattibilità geologica ad esso allegata) nella parte in cui ha introdotto una serie di disposizioni con le quali l’Amministrazione ha sostanzialmente disciplinato l’attività di spandimento agronomico dei fanghi di depurazione ex d.lgs. n. 99 del 1992 nonché b) le note con le quali è stata disposta nei confronti della società Evergreen la sospensione dell’attività di spandimento dei fanghi utilizzati quali fertilizzanti nella fascia di rispetto di 500 metri dal centro abitato.

L’appello non merita accoglimento.

6.1. La prima questione da dirimere – proposta con l’articolato primo motivo di gravame – è se rientri nella competenza dei Comuni, ai sensi della legge urbanistica e della legge regionale lombarda n. 12 del 2015, l’adozione, nell’ambito del proprio strumento di governo del territorio, di disposizioni quali quelle contestate, che prevedono un limite allo spargimento dei fanghi da depurazione su suolo agricolo e che dispongono l’espletamento di particolari indagini prodromiche all’inizio della medesima attività.

Secondo la tesi comunale, l’ente locale sarebbe competente a disciplinare l’attività di spandimento dei fanghi biologici ex d.lgs. n. 92 del 1999 e a fissare dei limiti territoriali al loro utilizzo attraverso il proprio generale potere di pianificazione e regolamentazione del proprio territorio in materia urbanistica.

6.2. A tale tesi si è contrapposta quella della società intimata che, partendo dal presupposto che l’attività di spandimento dei fanghi in agricoltura costituisce un’attività di fertilizzazione dei terreni, ritiene la materia in questione del tutto estranea al contenuto che caratterizza tipicamente il PGT quale specifico strumento urbanistico di pianificazione comunale per il governo del territorio.

7. Il Collegio ritiene in effetti infondata la tesi del Comune per i seguenti motivi.

È necessario partire dalla disciplina riguardante l’attività di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura.

7.1. L’art 6 del d.lgs. n. 99 del 1992 (di attuazione alla direttiva 86/278/CEE concernente la protezione dell'ambiente, in particolare del suolo, nell’utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura) demanda alla Regione la potestà di stabilire “limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura di fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di colture praticate, alla composizione dei fanghi, alle modalità di trattamento”, nonché di stabilire “le distanze di rispetto per l'applicazione dei fanghi dai centri abitati, dagli insediamenti sparsi, dai pozzi di captazione delle acque potabili, dei corsi d'acqua superficiali, tenendo conto delle caratteristiche dei terreni (permeabilità, pendenza), delle condizioni meteo climatiche della zona, delle caratteristiche fisiche dei fanghi” (art. 6); l’art. 196 del d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce, inoltre, che spetta alla Regione la regolamentazione dell’attività di gestione dei rifiuti.

Da tale ultima disposizione si ricava che la materia in questione attiene all’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, che è di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lett. s) della Costituzione (ex multis, Corte Costituzionale, sentenza 23 luglio 2015, n. 180) e che la stessa disciplina primaria, all’art. 6, ha in materia previsto un diretto potere esercitato dalla Regione (sul punto cfr. Cons. Stato, n. 2722 del 6 giugno 2017).

Pertanto, muovendo da tali presupposti normativi, si perviene, sotto un primo profilo, ad affermare che i Comuni non sono titolari di potestà regolamentare in materia di spandimento dei fanghi biologici in agricoltura restando riservata agli stessi solo la potestà di sanzionare la violazione delle disposizioni regolamentari preventivamente stabilite dalla Regione, ove queste si sostanzino in violazioni della normativa regolamentare in materia di igiene (Cons. Stato, Sez, V, n. 7528 del 2010).

7.2. Inoltre, anche esaminando la legge regionale n. 12 del 2005 non è possibile pervenire alla condivisione della tesi dell’appellante sulla questione della competenza comunale nella materia in esame.

Invero, l’art. 10 della l.r. n. 12 del 2005 indica i contenuti del Piano delle regole, che costituisce una componente del Piano di governo del territorio.

La disposizione attribuisce al Piano delle regole il compito di individuare le aree destinate all’agricoltura e di dettare per esse la disciplina d’uso, di valorizzazione e di salvaguardia, nonché il compito di individuare le aree di valore paesaggistico-ambientale e di dettare per esse ulteriori regole di salvaguardia e di valorizzazione, per cui potrebbe sembrare che abbia attribuito ai Comuni il compito di perseguire (anche) l’interesse ambientale e di assicurare la sostenibilità ambientale delle attività umane che si esercitano sul suolo agricolo.

L’interpretazione sopra indicata non può tuttavia essere seguita poiché non conforme con le chiare indicazioni fornite dalla Corte costituzionale in relazione alla legge n. 12 del 2005 (sentenza n. 63 del 24 marzo 2016), ove è stato affermato che la legge regionale citata, disciplinando la pianificazione urbanistica, attiene senz’altro alla materia “governo del territorio” e, quindi, la legge regionale stessa non può perseguire finalità che esorbitano da tale ambito.

7.3. Pertanto è da condividersi l’interpretazione in proposito della sentenza impugnata per la quale la Regione non può dettare norme legislative dirette esclusivamente alla tutela dell’ambiente (materia che rientra nell’ambito della competenza esclusiva statale), e ciò ovviamente neppure per attribuirne la competenza amministrativa ai comuni affinché la esercitino in sede di pianificazione urbanistica, per cui la legge regionale n. 12 del 2005 non può avere attribuito agli strumenti di pianificazione comunale il compito di dettare autonome norme finalizzate alla tutela ambientale, ma ha attribuito loro il diverso compito di recepire e specificare (laddove vi siano margini) le disposizioni contenute nelle fonti statali e regionali.

Ed infatti, l’art. 10 comma 4, lett. b), della legge regionale n. 12 del 2005 demanda allo strumento urbanistico il compito di dettare le regole di salvaguardia e valorizzazione delle aree paesaggistico-ambientale ed ecologiche, ma specifica anche che queste regole debbono essere “ulteriori” e <<…di attuazione dei criteri di adeguamento e degli obiettivi stabiliti dal piano territoriale regionale, dal piano territoriale paesistico regionale e dal piano territoriale di coordinamento provinciale>>.

7.4. Pertanto, i Piani urbanistici devono conservare un’attinenza con l’interesse urbanistico e non possono arrivare a disciplinare – fuori dall’ambito dei limiti imposti dalla legge regionale n. 12 del 2005, come interpretata dalla citata sentenza della Corte costituzionale – lo spandimento dei fanghi biologici su terreni agricoli, materia disciplinata da ulteriori e diverse disposizioni a livello regionale, non attenendo tale aspetto alla materia edilizia ed urbanistica.

Le stesse considerazioni possono essere traslate con riguardo alle prescrizioni contenute nella Carta di fattibilità geologica che, all’art. 57 della legge regionale n. 12 del 2005, prevede infatti che i Comuni individuino, in apposito elaborato, le “aree a pericolosità e vulnerabilità geologica, idrogeologica e sismica”, secondo i criteri e gli indirizzi di cui alla D.G.R. 2616/2011.

Il punto 3.1 della suindicata DGR individua i contenuti della Carta e impone ai Comuni di suddividere il territorio in quattro distinte classi di rischio (fattibilità senza particolari limitazioni, fattibilità con modeste limitazioni, fattibilità con consistenti limitazioni, fattibilità con gravi limitazioni) che si riferiscono esclusivamente ad interventi edificatori e non ad un’attività, quella di spandimento di fanghi, che attiene alla pratica agricola e più in generale, per quanto sopra argomentato, alla materia ambientale.

Conseguentemente la Carta di fattibilità geologica ha travalicato i limiti propri di tale strumento.

7.5. In ogni caso, anche ove si dovesse ritenere che la legge regionale n. 12 del 2005 abbia attribuito agli strumenti urbanistici comunali il compito di dettare norme autonome per la tutela di taluni aspetti di interesse ambientale, non si può ammettere che tale interesse trovi nel piano una regolazione contrastante con quella dettata dalla fonte regionale, cui la legge statale attribuisce specifica competenza in materia.

Nel caso in esame il contrasto sussiste poiché la norma contenuta nell’art. 35, comma 6, lett. b), delle NTA del Piano delle Regole individua la fascia di 500 metri entro la quale è vietata l’attività di spandimento fanghi mentre la D.G.R. n. 5269 del 2016 emanata in attuazione dell’art. 6, n. 3), del d.lgs. n. 99 del 1992, individua un limite fisso pari a 100 metri dal perimetro del centro abitato.

8. Con un secondo motivo di ricorso – invero proposto “in via pregiudiziale” - l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto tempestiva l’impugnazione delle note del settembre 2016, con cui il Comune ha applicato le misure di salvaguardia del P.G.T. adottato, sostenendo che, una volta accertata l’inammissibilità per tardività del gravame proposto contro la delibera di adozione, non possa che conseguirne l’inammissibilità delle censure rivolte verso gli atti applicativi.

8.1. Il motivo è infondato, atteso che le note impugnate hanno disposto la sospensione dello spandimento dei fanghi che la ditta interessata vorrebbe utilizzare sui terreni agricoli.

Conseguentemente, si tratta di note con contenuto provvedimentale che hanno una autonoma portata lesiva anche se applicative della norma generale del PGT adottata, per la cui impugnazione il termine è quindi iniziato a decorrere da quando la destinataria ne è venuta a conoscenza per cui correttamente il giudice di prime cure ha dichiarato tempestiva la loro impugnazione.

9. Conclusivamente, per le suindicate motivazioni, l’appello deve essere respinto e va conseguentemente confermata la sentenza di primo grado.

10. Le spese del giudizio possono essere compensate in ragione della particolarità, della complessità e della natura interpretativa delle questioni trattate.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 aprile 2023 con l’intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Luca Lamberti, Consigliere

Emanuela Loria, Consigliere, Estensore

Luigi Furno, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere