Cass. Sez. III n. 6739 del 12 febbraio 2018 (Ud 28 nov 2017)
Presidente: Ramacci Estensore: Reynaud Imputato: Arruzzo
Rifiuti.Semirimorchi e rimorchi e iscrizione all’Albo gestori ambientali
Configura il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 anche l’effettuazione di un’attività di trasporto di rifiuti speciali non pericolosi utilizzando un semirimorchio non inserito nella lista dei mezzi che il titolare di autorizzazione al trasporto di rifiuti e iscritto all’Albo dei gestori ambientali, è abilitata ad impiegare, poiché ai fini della disciplina richiamata, tra i mezzi di trasporto rientrano non soltanto le motrici, ma anche i (semi)rimorchi.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 13 marzo 2017, il Tribunale di Milano condannava alle pene pecuniarie di legge gli odierni ricorrenti Michele Arruzzo e Catena Francesca Rizzo – rispettivamente, quale esecutore materiale del trasporto e amministratore della società COMOTER Srl, locataria del mezzo - per il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (così riqualificata l’originaria imputazione elevata ai sensi del comma 1, lett. a, della stessa disposizione), per aver effettuato un’attività di trasporto di rifiuti speciali non pericolosi utilizzando un semirimorchio non inserito nella lista dei mezzi che la COMOTER Srl, titolare di autorizzazione al trasporto di rifiuti e iscritta all’Albo dei gestori ambientali, era abilitata ad impiegare. Condannava altresì alle pene di legge Anna Teresa Cirino per aver effettuato, in concorso con altri, un’attività di stoccaggio di rifiuti non pericolosi su un’area sita nel comune di Nerviano, di cui era comproprietaria e che avrebbe gestito anche per mezzo di due società. Tutti gli imputati erano inoltre condannati, in via solidale, a risarcire al Comune di Nerviano, costituitosi parte civile, i danni non patrimoniali dal medesimo patiti, liquidati in complessivi 15.000 Euro.
2. Avverso la sentenza di appello, a mezzo dei difensori, hanno proposto ricorso tutti e tre i suddetti imputati, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
3. Con un primo motivo, i ricorrenti Arruzzo e Rizzo deducono vizio di motivazione e violazione degli artt. 546 e 125 cod. proc. pen. per aver il Tribunale ritenuto la loro responsabilità penale senza spiegare per quale ragione il reato di cui all’art. 256, comma 4, d.lgs. 152/2006 sarebbe integrato in assenza dell’iscrizione di un semirimorchio all’Albo dei gestori ambientali, trattandosi di mezzo che non può essere utilizzato senza la motrice (nella specie, regolarmente iscritta) e che non era stato comunicato per mera irregolarità, a seguito del riscatto dalla società di leasing che ne era in precedenza proprietaria. Nella fattispecie sarebbe ravvisabile unicamente l’illecito amministrativo di cui all’art. 46 legge 298/1974, per il quale la società ha pagato la relativa sanzione pecuniaria e non già il reato ritenuto, trattandosi peraltro di condotta inoffensiva sul piano penale.
I ricorrenti deducono poi il vizio di mancanza di motivazione con riguardo alla loro condanna, in solido con Anna Teresa Cirino, al risarcimento del danno nei confronti della parte civile Comune di Nerviano. Osservando come la condotta illecita loro contestata sia autonoma e distinta rispetto a quella di quest’ultima, il Tribunale non avrebbe in alcun modo spiegato per quale ragione essi dovrebbero rispondere del danno da “lesione alla integrità del territorio ed all’immagine” liquidato in favore dell’ente territoriale.
4. La ricorrente Cimino deduce, con un primo motivo, vizio di motivazione e travisamento della prova ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen. con particolare riguardo all’affermazione di sua penale responsabilità per il ruolo da essa avuto nelle società Arianna Immobiliare S.r.l. e Aurora M. V. Srl, sul presupposto che ella avrebbe violato il dovere giuridico dell’amministratore formale di controllare la gestione della società, pur se questa sia di fatto da altri amministrata. Il travisamento della prova viene innanzitutto dedotto in relazione al fatto che la Arianna Immobiliare S.r.l. – società di cui l’imputata era amministratore unico e che si occupa solo della gestione di immobili – sarebbe del tutto estranea ai fatti di causa. Quanto alla Aurora V.M. S.r.l. – locataria dell’area su cui erano stati stoccati i rifiuti e proprietaria dell’escavatore ivi utilizzato – la ricorrente deduce di esserne stata amministratrice solo sino al 6 ottobre 2009, vale a dire ben prima che essa stipulasse, nel 2011, il contratto di locazione del terreno.
Con un secondo motivo, si deduce violazione dell’art. 256, comma 1, lett. a), d.lgs. 152/2006 per essere stata comunque la sua responsabilità affermata in relazione al fatto che ella era comproprietaria al 50% del terreno, osservandosi che tale qualifica non impone l’obbligo giuridico di impedire l’illecito deposito di rifiuti da parte di terzi.
Si deduce, da ultimo, vizio di mancanza di motivazione con riferimento alla condanna solidale al risarcimento dei danni in favore della parte civile Comune di Nerviano per le stesse ragioni dedotte dai ricorrenti Arruzzo e Rizzo, osservandosi inoltre come la sentenza nulla dica in ordine al pregiudizio all’attività istituzionale che l’ente avrebbe subito e come le spese per il ripristino dello stato dei luoghi e la bonifica (ancora in corso) sarebbero supportate interamente dalla proprietà.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo del ricorso proposto dai signori Arruzzo e Rizzo è infondato e l’impugnazione proposta sul punto deve pertanto essere respinta.
L’art. 12, comma 3, d.m. 28 aprile 1998, n. 406 (Regolamento recante norme di attuazione di direttive dell'Unione europea, avente ad oggetto la disciplina dell'Albo nazionale delle imprese che effettuano la gestione dei rifiuti), vigente al momento dei fatti, prevedeva che nella domanda di iscrizione all’Albo dei gestori ambientali, le imprese intenzionate a svolgere attività di trasporto di rifiuti allegassero, tra l’altro, copia autentica della carta di circolazione dei mezzi di trasporto impiegati, documentazione attestante la loro disponibilità da parte del richiedente ed una perizia giurata, redatta da un professionista iscritto all’albo (ingegnere, chimico o medico igienista), attestante l’idoneità dei mezzi stessi in relazione ai rifiuti da trasportare. A norma del successivo art. 15, dopo l’iscrizione le imprese avevano l’obbligo di comunicare alle sezioni regionali o provinciali, entro trenta giorni, ogni variazione delle specifiche tecniche inerenti l’iscrizione stessa, tra cui certamente rientravano – per le imprese di trasporto rifiuti – quelle relative ad eventuali nuovi mezzi di trasporto utilizzati.
Sostituendo, con effetto dal 7 settembre 2014, il d.m. 406/1998, il nuovo regolamento approvato con d.m. 3 giugno 2014, n. 120 conferma sostanzialmente le previgenti statuizioni, prevedendo, all’art. 15, comma 3, lett. a) e b), per le imprese e gli enti che intendano effettuare attività di raccolta e trasporto di rifiuti su strada, che la domanda di iscrizione sia tra l’altro corredata da un’attestazione - redatta non più da un professionista, ma dal responsabile tecnico dell'impresa o dell'ente – circa l'idoneità dei mezzi di trasporto in relazione ai tipi di rifiuti da trasportare e della copia conforme all'originale della carta di circolazione dei veicoli unitamente all’eventuale documentazione che, in caso di intestatario della carta di circolazione diverso dal richiedente l'iscrizione, attesti la piena ed esclusiva disponibilità dei veicoli in capo a quest’ultimo. Il successivo art. 18 d.m. 140/2014 fissa alle imprese ed agli enti il termine di trenta giorni per comunicare alla sezione regionale o provinciale competente ogni atto o fatto che comporti modifica dell'iscrizione all'Albo, specificando che, nel caso di variazione per incremento della dotazione dei veicoli, le imprese, ai fini dell'immediata utilizzazione dei veicoli stessi, alleghino alla comunicazione di variazione una dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorietà resa ai sensi del d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, secondo il modello approvato con deliberazione del Comitato nazionale. Quest’ultima disposizione – non contemplata nel d.m. 406/1998 – ha l’unico effetto di consentire l’immediato utilizzo dei nuovi veicoli prima che l’autorità preposta deliberi sulla variazione, precisando l’art. 18, comma 5, d.m. 140/2014 che, altrimenti, prima della delibera, le imprese continuano ad operare sulla base del provvedimento d'iscrizione in loro possesso. Questa regola era già esplicitata – senza eccezioni - nell’art. 15, comma 4, d.m. 406/1998, il quale prevedeva che «le iscrizioni restano efficaci fino alla conclusione del procedimento di rinnovo».
Dalla disciplina regolamentare - vigente al momento dei fatti e successivamente confermata – si ricava in modo chiaro, pertanto, che l’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali per le imprese che effettuano trasporto di rifiuti abilita allo svolgimento dell’attività soltanto con i mezzi di trasporto oggetto di specifica comunicazione. La previsione, del resto, non appare connotata da mero formalismo, essendo necessario accertare che i mezzi di trasporto siano idonei per la tipologia di rifiuti oggetto dell’attività. Nel caso di impiego di un mezzo di trasporto diverso da quello comunicato in sede di iscrizione o di variazione il responsabile effettua dunque un’attività di gestione di rifiuti in «carenza dei requisiti e delle condizioni richiesti per le iscrizioni o comunicazioni» come previsto dall’art. 256, comma 4, d.lgs. 152/2006, ipotesi di reato che correttamente è stata ritenuta dal giudice di merito derubricando l’originaria contestazione mossa ai sensi del primo comma, lett. a), della stessa disposizione. La sentenza impugnata, d’altronde, ha fatto applicazione di un principio di diritto che era stato affermato con riguardo all’analoga previsione di cui all'art. 51, comma 4, d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (v. Sez. 3, n. 5342 del 19/12/2007, Tanzarella e a., Rv. 238799).
Nessun dubbio, poi, che, ai fini della disciplina richiamata, tra i mezzi di trasporto rientrino non soltanto le motrici, ma anche i (semi)rimorchi. Per un verso, anche questi sono classificati veicoli (v. art. 47, comma 1, lett. i, cod. str.), definizione che appunto ricomprende «tutte le macchine di qualsiasi specie, che circolano sulle strade guidate dall’uomo» (art. 46 cod. str.); per altro verso, lo specifico accertamento da compiersi ai fini dell’iscrizione all’Albo dei gestori ambientali con riferimento all’idoneità dei mezzi al trasporto dei rifiuti vale a maggior ragione per i rimorchi, le cui caratteristiche tecniche debbono essere appunto valutate ai fini di accertare che il trasporto possa svolgersi in condizioni di sicurezza per l’ambiente. Diversamente da quanto si opina in ricorso, dunque, l’inosservanza è tutt’altro che insignificante sul piano dell’offensività. Del tutto inconferente, poi, è il richiamo fatto in ricorso all’illecito, oggi depenalizzato, di cui all’art. 46, legge 6 giugno 1974, n. 298 (trasporti abusivi), riferito alla violazione della disciplina relativa all’autotrasporto di cose per conto di terzi, la quale ha oggettività giuridica differente da quella che viene qui in rilievo con la conseguenza che gli eventuali illeciti certamente concorrono.
1.1. Appare fondato, invece, il secondo motivo dei ricorsi proposti dai signori Arruzzo e Rizzo, posto che il giudice non ha adeguatamente spiegato per quale ragione da una condotta di trasporto di rifiuti non pericolosi effettuata da una società regolarmente iscritta all’Albo dei gestori ambientali, ma in violazione dell’abilitazione per il profilo segnalato, possano esserne derivati danni alla integrità del territorio comunale pur attraversato dal mezzo, ovvero all’immagine dell’ente territoriale. Nel fare riferimento – ai fini della quantificazione del danno in via equitativa – alle dimensioni dell’area interessata dallo stoccaggio dei rifiuti ed alla sua vicinanza ad edifici ubicati nel territorio comunale, il giudice sembra aver avuto a mente il pregiudizio connesso al reato di cui al capo b) della rubrica, contestato tuttavia alla signora Cimino e non ai ricorrenti Arruzzo e Rizzo, sicché, nei loro riguardi, la motivazione è manifestamente illogica. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con riferimento alle statuizioni civili relative a questi ultimi, con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione monocratica, per nuovo giudizio, nel quale si provvederà anche in ordine al regolamento delle spese di costituzione di parte civile relative al presente giudizio di legittimità.
2. Venendo al ricorso presentato da Anna Teresa Cimino, reputa il Collegio che i primi due motivi – da analizzarsi unitariamente - siano fondati.
Dalle prove documentali allegate al ricorso in omaggio al principio di autosufficienza – da cui si deducono non contestati elementi in fatto peraltro considerati sia nella descrizione dell’addebito fatto in imputazione, sia nell’accertamento compiuto in sentenza – emerge effettivamente come la ricorrente fosse amministratrice della sola Aurora Immobiliare S.r.l., il cui ruolo nella condotta illecita contestata e ritenuta, tuttavia, non è stato in alcun modo indicato nella sentenza impugnata, che sul punto è dunque affetta da carenza di motivazione. Quanto invece alla Aurora V.M. S.r.l. – locataria e gestrice dell’area su cui i rifiuti erano stati stoccati – pacifico essendo che la signora Cimino fosse, da tempo, un ex amministratore (in sentenza se ne dà atto) è manifestamente illogica l’argomentazione che ne fonda la responsabilità sulla base degli obblighi giuridici di controllo inerenti alla qualità di amministratore formale. Come risulta dalla visura camerale prodotta in giudizio e allegata al ricorso, la ricorrente cessò dalla carica amministrativa il 6 ottobre 2009, vale a dire ben prima che la Aurora V.M. S.r.l. stipulasse, nel 2011, il contratto di locazione del terreno sul quale furono stoccati i rifiuti oggetto dell’ispezione effettuata dalla Polizia municipale il 15 febbraio 2013.
Quanto alle argomentazioni contenute in sentenza circa il fatto che ella fosse proprietaria per la quota del 50% del terreno in questione, non essendo stata accertata ed illustrata una sua compartecipazione alla condotta di gestione del sito – che in sentenza si attribuisce di fatto al di lei marito Mario La Porta, denunciato per concorso nel reato con trasmissione di copia degli atti del processo alla Procura della Repubblica – detta formale qualifica è insufficiente a comportare l’affermazione di penale responsabilità per il reato ascritto, giusta consolidata giurisprudenza che anche il giudice di merito cita nell’assolvere la coimputata Alessandra Martinez, formale titolare del restante 50% delle quote del terreno. Deve infatti qui essere ribadito il principio secondo cui, in materia di rifiuti, non è configurabile in forma omissiva il reato di cui all'art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006, nei confronti del comproprietario di un terreno sul quale il coniuge abbia abbandonato o depositato rifiuti in modo incontrollato, anche nel caso in cui non si attivi per la rimozione degli stessi, non sussistendo un obbligo giuridico di impedire la realizzazione o il mantenimento dell'evento lesivo, che il proprietario può assumere solo ove compia atti di gestione o movimentazione dei rifiuti (Sez. 3, n. 28704 del 05/04/2017, Andrisani e a., Rv. 270340; Sez. 3, n. 50997 del 07/10/2015, Cucinella e a., Rv. 266030).
Con riferimento alla posizione della ricorrente Anna Teresa Cirino – restando assorbito il terzo motivo di ricorso - la sentenza impugnata deve dunque essere annullata per vizio di motivazione, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano in diversa composizione, che si pronuncerà anche in relazione alle spese di costituzione di parte civile relative al giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente alle statuizioni civili nei confronti degli imputati Arruzzo Michele e Rizzo Catena Francesca e limitatamente alle statuizioni penali e civili nei confronti dell’imputata Cirino Anna Teresa, con rinvio al Tribunale di Milano. Rigetta nel resto i ricorsi di Arruzzo Michele e Rizzo Catena Francesca.
Così deciso il 28/11/2017.