Pres. Onorato Est. Sarno Ric. Frisullo
Rifiuti. Sansa e acque di vegetazione delle olive
La disciplina contenuta nella legge 574-96 deve essere necessariamente circoscritta ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità a fini agricoli. Dall'insieme delle disposizioni che riguardano le acque di vegetazione dei frantoi si ricava che di tali sostanze è espressamente consentita unicamente l'utilizzazione agronomica e, cioè, l'applicazione al terreno. . .finalizzata all'utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti. . .ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo. E' da escludere, pertanto, che il legislatore abbia in qualche modo inteso favorire lo spandimento o l'abbandono sul terreno come mezzo incontrollato di smaltimento dei reflui della lavorazione delle olive ed anzi è ferma la preoccupazione del legislatore medesimo di contenere rigidamente il fenomeno
Svolgimento del processo
Frisullo Giovanni, già condannato dal tribunale di Lecce, sezione distaccata di Casarano, alla pena di mesi quattro di arresto ed euro tremila di ammenda, per il reato di cui all’articolo 51 comma 1 lett. a) D.L.vo 22/97 perché, nella qualità di legale rappresentante dell’Oleificio Cooperativo di Ruffano a r.l., procedeva all’abbandono incontrollato di rifiuti non pericolosi costituiti da sanse e residui di lavorazione - reato accertato il 30 novembre 2002 -, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza con la quale la corte di appello di Lecce, in data 30 gennaio 2006, in parziale riforma della decisione di primo grado, sostituiva alla pena inflitta quella di euro 15.000 di ammenda.
Il ricorrente eccepisce:
1) Travisamento dei fatti ed erronea applicazione della legge penale sul presupposto che erroneamente i giudici di merito avrebbero escluso l’applicazione della normativa di cui alla legge 574/96, assumendo che la disciplina predetta sarebbe circoscritta alle sole ipotesi nelle quali i reflui hanno una loro utilità a fini agricoli; che, in ogni caso, il terreno sul quale le acque di vegetazione e le sanse umide erano state sversate aveva natura agricola e che vi era agli atti una relazione tecnico agronomica la cui attendibilità non era stata posta in dubbio dal giudicante. Sostiene inoltre che, anche a voler prescindere dall’applicazione della legge 574/96, avrebbe dovuto trovare comunque applicazione nella specie, in via residuale, il D.L.vo 152/99 che, ai sensi dell’art. 28 comma 7, equipara gli scarichi derivanti della molitura delle olive alle acque reflue domestiche, sanzionandoli in via amministrativa.
2) Violazione di legge
Il giudice del gravame, in violazione del principio della reformatio in peius, avrebbe erroneamente rideterminato la pena pecuniaria nella misura di euro 15 mila, così operando un aumento ingiustificato della pena pecuniaria inflitta in primo grado, peraltro anche in misura eccedente quella della eventuale conversione della pena detentiva inflitta, comunque non cumulabile con quella pecuniaria, prevedendo la norma contestata l’applicazione disgiunta di esse.
Motivi della decisione
1) Il primo motivo di ricorso è infondato.
Occorre al riguardo anzitutto premettere che il giudice di merito esclude la utilizzazione delle acque di vegetazione e della sansa a fini agronomici sulla base dei rilievi fotografici e delle altre indagini effettuate dalla Polizia provinciale evidenziando che l’attività investigativa aveva posto in luce l’esistenza di uno spandimento che aveva interessato un’area incolta caratterizzata da sassi e vegetazione spontanea; che in varie zone dei terreni interessati si erano formati veri e propri “invasi”; che erano state riversate acque di vegetazione all’interno di una casa diroccata in maniera così copiosa da farle tracimare all’esterno ed, infine, che le sanse vergini erano state depositate in circa 80 cumuli sul terreno per un quantitativo presumibile di 8000 quintali.
Le conclusioni cui perviene la corte di merito sul punto, superano evidentemente le risultanze documentali citate dal ricorrente e, in quanto adeguatamente motivate e correttamente supportate sul piano logico, non possono in questa sede essere rivisitate trattandosi di valutazioni di merito.
Venendo ora all’esame della questione centrale posta dal ricorrente, ritiene il Collegio che correttamente i giudici di merito abbiano affermato che la disciplina contenuta nella legge 574/96 debba essere necessariamente circoscritta ai soli casi in cui i reflui oleari abbiano una loro utilità a fini agricoli.
Dall’insieme delle disposizioni che riguardano le acque di vegetazione dei frantoi oleari menzionate nella legge 574/96; agli artt. 38 e 59 co. 11 ter del D.L.vo 152/99; nel Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali 6 luglio 2005 che da attuazione all’art. 38, e da ultimo agli artt. 112 e 137 co. 14 del D.L.vo 152/2006) e delle sanse umide dei frantoi stessi (menzionate nella legge 574/96 e nel Decreto ministeriale 6 luglio 2005, citato) si ricava che dì tali sostanze è espressamente consentita unicamente l’utilizzazione agronomica e, cioè, l’applicazione al terreno finalizzata all’utilizzo delle sostanze nutritive ammendanti... ovvero al loro utilizzo irriguo o fertirriguo (art. 2 lett. n bis) D.L.vo 152/99; 74 lett. p) D.L.vo 152/2006).
Puntualizza l’art. 1 del Decreto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali del 6 luglio 2005 recante “Criteri e norme tecniche generali per la disciplina regionale dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e degli scarichi di frantoi oleari, di cui all’art. 38 del decreto legislativo 11 maggio 1999 n. 152” che “lo spandimento delle acque di vegetazione e delle sanse umide deve essere praticato nel rispetto di criteri generali di utilizzazione delle sostanze nutritive ed ammendanti pedogeomorfologiche, ideologiche ed agroambientali del sito e che siano rispettosi delle norme igienico-sanitarie, di tutela ambientale ed urbanistica” (comma 2) e che “l’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione e della sansa umida disciplinata dalla legge n. 574 del 1996 e dal presente decreto è esclusa ai sensi dell’art. 8 comma 1 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22 dal campo di applicazione del medesimo decreto legislativo” (comma 3).
E’ da escludere, pertanto, che il legislatore abbia in qualche modo inteso favorire lo spandimento o l’abbandono sul terreno come mezzo incontrollato di smaltimento dei reflui della lavorazione delle olive ed anzi è ferma la preoccupazione del legislatore medesimo di contenere rigidamente il fenomeno come dimostra l’introduzione del comma 11 ter all’art. 59 con il D.L.vo n. 258/2000 che ha inserito la sanzionabilità penale dell’utilizzazione agronomica delle acque di vegetazione dei frantoi oleari dei casi e delle procedure previste dall’art. 38 del D.L.vo. 152/99.
Non rileva in questa sede affrontare le problematiche attinenti ai diversi sistemi sanzionatori indicati dalla legge 574/96 e dall’art. 59 co. 11 ter del D.L.vo 152/99 (ora art. 137 co. 14 D.L.vo 152/2006) ed ai rapporti tra di essi intercorrenti. Peraltro solo con il decreto interministeriale citato è stata data completa attuazione all’art. 38 del D.L.vo 152/99 - condizione questa comunque essenziale per l’applicazione del sistema sanzionatorio indicato all’art. 59 comma 11 ter; ed occorre attualmente valutare in che rapporto si ponga il decreto citato con la previsione dell’art. 112 D.L.vo 152/2006 che ripropone al comma 2 la formulazione dell’art. 38 citato.
Ciò che interessa ora rilevare è invece che al di fuori dell’applicazione agronomica per i residui oleari non possono comunque trovare applicazione le disposizioni contenute nella legge 574/96 ma vanno invece applicate le disposizioni generali in tema di inquinamento e di rifiuti.
Tra i rifiuti - al di fuori si ribadisce dall’utilizzazione agronomica - va certamente inclusa la sansa di cui non si fa infatti menzione né negli artt. 38 c 59 comma 11 ter del D.L.vo 152/99, né negli artt. 112 e 137 comma 14 del D.L.vo 152/2006 che li hanno sostituiti.
Ma anche le acque di vegetazione possono senz’altro rientrare tra i rifiuti qualora di esse si faccia una raccolta finalizzata, come nella specie, all’abbandono.
Appare correttamente motivata, pertanto, la decisione del giudice d’appello che ritiene configurata nella specie il reato di cui all’art. 51 co. 1 lett. a) citato.
2) Appare invece fondato il secondo motivo di ricorso.
Nonostante la contestazione iniziale riguardasse anche il comma 3 dell’art. 51 D.L.vo 22/97, la sentenza di primo grado ha limitato la declaratoria di condanna ai soli capi 1 e 2 dell’articolo citato.
E, dunque, la pena prevista era quella alternativa dell’arresto o dell’ammenda. Ha quindi errato certamente il tribunale a procedere all’applicazione congiunta di esse ma, indubbiamente ha errato anche la corte di merito a rideterminare la pena in misura finanche superiore a quella ottenibile previa conversione della pena detentiva inflitta.
E’ palese dunque il trattamento di sfavore per l’appellante.
La sentenza va dunque annullata con rinvio sul punto per consentire al giudice di merito una nuova valutazione sulla pena che tenga conto della necessità di non superare quella inflitta in primo grado.