Cass. Sez. III n. 46213 del 16 dicembre 2008 (Ud. 4 nov. 2008)
Pres. Grassi Est. Amoresano Ric. Dallemule
Rifiuti. Taglio alberi ed eliminazione dei rami mediante incenerimento
Il taglio di alberi, eseguito nell\'ambito della silvicoltura, costituisce attività produttiva e quindi trova applicazione il D.L.vo 152/2006. La eliminazione, mediante incenerimento, dei rami degli alberi tagliati (per circa un metro cubo) non usufruibili in processi produttivi non costituisce una forma di utilizzazione nell\'ambito di attività produttive. Inoltre non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione attuali l\'utilizzazione delle ceneri come concimante naturale. Tale materiale pertanto non può essere considerato materia prima secondaria riutilizzata in diversi settori produttivi senza pregiudizio per l\'ambiente
Con sentenza del 23 gennaio 2008 la Corte di Appello di Trento, in parziale riforma della sentenza del Tribunale, concesse le circostanze attenuanti generiche, rideterminava la pena in euro 1.800,00 di multa (pena interamente condonata), confermando nel resto.
Ritenevano i giudici di merito che il taglio di alberi, se compiuto nell’ambito della silvicoltura, costituisse attività produttiva e che lo smaltimento, mediante incenerimento, delle ramaglie residue fosse illecito (non potendo essere considerato una forma di utilizzazione del prodotto nell’ambito di un’attività produttiva).
2) Propone ricorso per cassazione l’imputato per violazione di legge in relazione all’art. 208 e 185 lett. e), per esercizio di potestà non consentita ai pubblici poteri, per vizio di motivazione.
La potatura degli alberi non costituisce attività produttiva (specialmente nel caso di specie, non venendo praticata la silvicoltura) e la riutilizzazione delle ramaglie per la concimazione a scopi non imprenditoriali è esclusa dall’applicazione de D.L.vo 152/2006 (art.185 lett. e). In proposito si richiama quanto dedotto nella deliberazione della Giunta Provinciale di Trento n.1846/2007 del 31 agosto 2007.
3) Le censure sollevate dal ricorrente non tengono conto che il controllo demandato alla Corte di legittimità va esercitato sulla coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità di verificare se i risultati dell’interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni risultanti dagli atti del processo.
E’ necessario cioè accertare se nell’interpretazione delle risultanze processuali siano state applicate le regole della logica, le massime di comune esperienza e i criteri legali dettati in tema di valutazione delle prove, in modo da fornire la giustificazione razionale della scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 1 RV 214567).
I giudici di merito, con motivazione congrua ed immune da vizi logici, hanno valutato adeguatamente il materiale probatorio, ed hanno ritenuto, da un lato, che il taglio di alberi, eseguito nell’ambito della silvicoltura, costituisca attività produttiva e che quindi trovi applicazione il D.L.vo 152/2006 e, dall’altro, che la eliminazione, mediante incenerimento, dei rami degli alberi tagliati (per circa un metro cubo) non usufruibili in processi produttivi non costituisca una forma di utilizzazione nell’ambito di attività produttive. Hanno, inoltre, sottolineato che non trova riscontro nelle tecniche di coltivazione attuali l’utilizzazione delle ceneri come concimante naturale.
Tale materiale pertanto non può essere considerato materia prima secondaria riutilizzata in diversi settori produttivi senza pregiudizio per l’ambiente (Cass. pen. sez. 3, 4 ottobre 2006).
Irrilevante è la delibero della Giunta Provinciale, che richiama la legge provinciale 14 aprile 1998 n. 5, in quanto in forza della stessa è consentita la bruciatura solo degli scarti agricoli di modesta quantità - comma 2 bis art. 13 - (nel caso di specie si trattava, invece, non di potatura, come assume il ricorrente, ma di un taglio di alberi).
Il ricorso va, pertanto, rigettato.