Cass. Sez. VI n. 25063 del 19 luglio 2006 (ud. 13 giu. 2006)
Pres. Di Virgilio Est. Milo Ric. Freda ed altri
Rifiuti. Impianto di compostaggio
Non può essere autorizzata la costruzione di un impianto di
compostaggio, stante la evidente natura di impianto industriale dello
stesso, in zona classificata come agricola dallo strumento urbanistico.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli III. mi Signori
Dott. DI VIRGINIO
ADOLFO
Presidente
1. Dott. MANNAINO SAVERIO
FELICE
Consigliere
2. Dott. SERPICO
FRANCESCO
Consigliere
3. Dott. MILO
NICOLA
Consigliere
4. Dott. ROSSI
AGNELLO
Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PUBBLICO MINISTERO PRESSO
TRIB
LIBERTA'
di AVELLINO
nei confronti di:
1) FREDA
ANGELO
N. IL 09/03/1973
2) RICCIARDELLI
GIULIA
N. IL 18/01/1944
avverso ORDINANZA del 11/11/2005
TRIB. LIBERTA' di AVELLINO
sentita la relazione fatta dal Consigliere MILO NICOLA
lette/sentite le conclusione del P.G. Dr. A.M. De Sandro, che ha
concluso con l'annullamento senza rinvio
il difensore non è comparso.
Fatto e diritto
Il Tribunale di Avellino, nell'ambito del procedimento penale a carico
di Ricciardelli Giulia, Freda Angelo, Freda Giovannino, Petrillo Ivano
e Petrozziello Vincenzo, indagati in ordine ai reati di cui agli art.
323 c.p., 44 dpr n. 380/'01 e 51 d. lgv. n. 22/'97, con ordinanza
11/11/2005, decidendo in sede di riesame ex art. 324 c.p.p., annullava
il decreto di sequestro preventivo emesso il precedente 22 ottobre dal
Gip dello stesso Tribunale (con contestuale convalida del sequestro
operato dal Corpo Forestale l'11/10/2005) ed avente ad oggetto l'area
di circa mq. 9.000, sita in agro di Prata P.U., e il relativo impianto
di compostaggio in corso di realizzazione su di essa, disponendone la
restituzione agli aventi diritto.
Riteneva il Tribunale di non ravvisare, nella specie, gli estremi degli
ipotizzati reati: non violata la normativa sulla richiesta
autorizzazione regionale per la realizzazione dell'impianto di
compostaggio, essendo -nella specie- consentito l'accesso alla
procedura semplificata di cui agli art. 31 e 33 del d.lgv. n. 22/'97,
come attestato dalla nota in data 19/10/2005 (prot. 0857021) dell'Area
Generale di Coordinamento Ecologia della Giunta regionale della
Campania; non configurabili l'abuso di ufficio e il reato edilizio,
considerato che la relativa autorizzazione alla realizzazione
dell'impianto era stata legittimamente rilasciata, senza alcuna
violazione dello strumento urbanistico, il quale consentiva, anche in
zona agricola, costruzioni per industrie funzionali allo sfruttamento
in loco delle risorse del suolo, e che anche l'esecuzione del muro di
contenimento, come attestato dall'U.T.C., era regolarmente prevista nel
progetto approvato.
Ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica
presso il Tribunale di Avellino e ha denunciato la violazione e
l'erronea applicazione della legge penale, nonché il vizio
di motivazione, sotto vari profili: il Tribunale, sulla base della
documentazione prodotta dalla parte interessata, si era avventurato
nell'analisi di merito dell'ipotizzato capo d'accusa, piuttosto che
limitarsi a verificare l'astratta possibilità di sussumere i
fatti oggetto di causa nelle corrispondenti fattispecie legali; aveva
omesso una qualunque attività interpretativa della normativa
del c.d. decreto "Ronchi" e non aveva affrontato la questione di
diritto sulla possibilità di accesso alla procedura
semplificata anche per la costruzione di impianti destinati alla
gestione dei rifiuti, oltre che per le operazioni/attività
di recupero o autosmaltimento; il piano regionale della Campania non
prevedeva alcuna possibilità di realizzare l'impianto di
compostaggio sull'area oggetto di sequestro e ricadente nel territorio
del comune di Prata; i manufatti edilizi realizzati contrastavano con
la normativa di attuazione del P.D.F. e, costituendo un ampliamento di
pregresse costruzioni abusive mai sanate, dovevano ritenersi non
legittimamente assentiti; si era affermata la legittimità
del muro di contenimento sulla base dell'attestato di
conformità proveniente dal sindaco Petrozziello, principale
indagato.
Le parti offese, tramite il loro difensore, hanno prodotto, in data
29/5/2006, memoria con la quale hanno sottolineato l'assoluta
illegittimità dell'attività posta in essere dagli
indagati, cosi come lealmente riconosciuto, nel corso del giudizio
instauratosi dinanzi al TAR Campania, dall'Amministrazione Provinciale
di Avellino, ente preposto al controllo sulle attivitàdi
gestione dei rifiuti, e hanno richiamato, a conforto del loro assunto,
un recente predente in materia di questa Suprema Corte (Cass. Sez. III
11/5/2005. Delle. Foglie).
Con istanza datata 5/6/2006, gli indagati Freda Angelo e Ricciardelli
Giulia hanno lamentato di non avere ricevuto l'avviso di fissazione
dell'odierna udienza; anche l'indagato Freda Giovannino, a sua volta,
ha lamentato di non essere stato mai avvertito della presente
procedura, pur essendo stato anch'egli destinatario del provvedimento
di sequestro.
Il ricorso è fondato e, conseguentemente, l'ordinanza di
riesame, sulla base di quanto emerge dalla medesima e dal provvedimento
genetico della misura reale, va annullata senza rinvio, con l'effetto
che deve rivivere il sequestro preventivo a suo tempo disposto dal Gip.
Preliminarmente osserva la Corte che deve ritenersi regolarmente
instaurato contraddittorio per l'odierna udienza. Ed invero, Freda
Angelo e Ricciardelli Giulia, in quanto assistiti da difensore di
fiducia, l'avv. Guido Materazzo al quale risulta essere stato
regolarmente notificato l'avviso per l'odierna udienza, non avevano
diritto anch'essi alla notifica personale dello stesso avviso, la quale
compete, ai sensi dell'art. 613 c.p.p., al solo imputato che non sia
assistito da difensore di fiducia. Quanto a Freda Giovannino, rileva la
Corte che il medesimo non è parte nella presente procedura
incidentale, che venne attivata dai soli indagati Freda Angelo e
Ricciardelli Giulia.
Passando alla sollecitata verifica del provvedimento impugnato,
correttamente il P.M. ricorrente stigmatizza l'errore di prospettiva in
cui è incorso il giudice del riesame, il quale, senza
approfondire gli esatti termini della vicenda e l'interpretazione della
normativa di riferimento, si sofferma nell'analizzare il quadro di
gravità indiziaria a carico degli indagati, per escluderne
semplicisticamente la sussistenza, nonostante tutto ciò non
sia funzionale all'adozione della misura cautelare reale.
Perché questa sia legittimamente disposta, a necessario che
sia stato commesso un fatto riconducibile, in astratto, ad una
determinata fattispecie criminosa, sicché il controllo
giurisdizionale dovrà vertere sulla
sussumibilità, pur sommaria, del fatto nella fattispecie
penale oggetto di contestazione; il vaglio da parte del giudice, in
tema di misure cautelari reali, non può spingersi sino ad
analizzare in concreto la fondatezza dell'accusa, ma deve "limitarsi
all'astratta possibilità di sussumere il fatto attribuito ad
un soggetto in una determinata ipotesi di reato", rimanendo preclusa al
Tribunale investito del riesame della misura la valutazione sulla
sussistenza e gravità degli indizi di colpevolezza (cfr. C.
Cost. 17/2/1994 n. 48; Cass. S.U. 25/3/1993. Gifuni).
Ciò posto, non v'è dubbio che, almeno allo stato,
l'impianto di compostaggio in contestazione non sembra essere stato
realizzato nel rispetto della normativa dettata dal c.d. decreto
"Ronchi" e dello strumento urbanistico vigente nel comune di Prata P.U.
Detto impianto, avente -almeno in apparenza- natura industriale,
risulta essere stato assentito in zona agricola, senza previa modifica
dello strumento urbanistico, appare ricadere nella disciplina di cui
all'art. 27 del citato decreto "Ronchi", che pone come passaggi
obbligati la nomina da parte della Regione di un responsabile del
procedimento, la convocazione di una conferenza di servizi "cui
partecipano i responsabili degli uffici regionali competenti e i
rappresentanti degli enti locali interessati" e prescrive una rigida
procedura per l'approvazione del progetto e l'autorizzazione dell'opera
da parte della Giunta Regionale. L'approvazione del progetto e
l'autorizzazione alla realizzazione dell'impianto possono costituire
variante allo strumento urbanistico soltanto se il provvedimento ex
art. 27 "sia adeguatamente motivato in relazione alla pubblica
utilità dell'opera, per cui l'amministrazione, pur
nell'esercizio di un potere discrezionale, deve effettuare una
approfondita valutazione dell'interesse pubblico alla realizzazione
dell'impianto in variante allo strumento urbanistico sotto il profilo
della pubblica utilità, urgenza ed
indifferibilità dell'opera e solo la ricorrenza di tali
esigenze può legittimare la compressione delle scelte
effettuate dai Comuni in sede di pianificazione urbanistica". Di fronte
a tale realtà, i manufatti realizzati, al di là
delle difformità rilevate rispetto a quanto assentito, non
sembrano conformi allo strumento urbanistico e appaiono piuttosto
riconducibili ad una attività di abuso d'ufficio che avrebbe
caratterizzato il rilascio della relativa concessione edilizia, al fine
di privilegiare interessi di parte rispetto a quello pubblico.
Poiché, per effetto della presente decisione, deve porsi
nuovamente in esecuzione il decreto di sequestro preventivo a suo tempo
adottato, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui
all'art. 28 norme reg. c.p.p.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all'art. 28 norme
reg. c.p.p..
Così deciso in Roma il 13/6/2006
L'
estensore
Il presidente
Nicola
Milo
Adolfo Di VIrginio
Rifiuti. Impianto di compostaggio
- Dettagli
- Categoria principale: Rifiuti
- Categoria: Cassazione Penale
- Visite: 5307