Cass. Sez. III n. 7462 del 19 febbraio 2008 (ud. 15 gen. 2008)
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Cozzoli
Rifiuti. Illecita gestione (natura di reato comune)
L\'articolo 51 comma primo del decreto Ronchi, ora riprodotto nell\'articolo 256 del decreto legislativo n 152 del 2006, puniva chiunque effettuava un\'attività di raccolta, trasporto, recupero, commercio o smaltimento dei rifiuti senza la prescritta autorizzazione o comunicazione. Le violazioni in esame configuravano e configurano un\' ipotesi di reato comune che può quindi essere commesso anche da persona che non esercita l\'attività di gestione o di trasporto di rifiuti
Pres. Lupo Est. Petti Ric. Cozzoli
Rifiuti. Illecita gestione (natura di reato comune)
L\'articolo 51 comma primo del decreto Ronchi, ora riprodotto nell\'articolo 256 del decreto legislativo n 152 del 2006, puniva chiunque effettuava un\'attività di raccolta, trasporto, recupero, commercio o smaltimento dei rifiuti senza la prescritta autorizzazione o comunicazione. Le violazioni in esame configuravano e configurano un\' ipotesi di reato comune che può quindi essere commesso anche da persona che non esercita l\'attività di gestione o di trasporto di rifiuti
In fatto
Con sentenza del 18 novembre del 2005, la corte d’appello di Lecce confermava quella pronunciata dal tribunale della medesima città in data 5 aprile del 2004, con cui Cozzoli Antonio era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed al pagamento delle spese processuali, quale responsabile del reato di cui all’articolo 51 comma 1 lettera a) del decreto lgs. n. 22 del 1997, per avere, in concorso con altri, effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali costituiti da materiale di demolizione edile senza la prescritta autorizzazione. Fatto commesso l’8 maggio del 2002.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata, in data 8 maggio del 2002, si accertava che l’autocarro targato VI 553835, condotto da Musardo Antonio e di proprietà di Ciullo Trifone, trasportava mattonelle, pietrame, polvere mista e conci di tufo, derivati da attività di demolizione e costruzione senza alcuna autorizzazione; che il trasporto era eseguito per conto della Cozzoli s.r.l., di cui era legale rappresentante Cozzoli Antonio; che la società anzidetta stava effettuando lavori di ripulitura del piazzale del palazzetto dello sport, sito in agro di Brindisi, denominato Nuova Idea.
Il Musardo aveva riferito di avere ricevuto una telefonata dal Ciullo, il quale gli aveva ordinato di prendere l’autocarro e di recarsi presso il palazzetto dello sport denominato Nuova Idea per eseguire lavori per conto di Cozzoli Antonio. Ivi giunto, il predetto gli aveva dato incarico di caricare con un escavatore del materiale sull’autocarro. Precisava che tale materiale era destinato ad essere scaricato presso la discarica “Cellino”.
Il Cozzoli si era difeso sostenendo di avere agito per conto del fratello Francesco, amministratore della ditta Edil Levante - s.a.s. -, titolare dei contratti di appalto con il Comune di Brindisi per la ristrutturazione del complesso “Nuova Idea”. Precisava di avere visto un cumulo di terra e di non avere notato la presenza di mattonelle e pietrame.
A fondamento della decisione la corte, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che non v’erano dubbi sulla responsabilità del Cozzoli, per avere dato l’incarico di trasportare quei rifiuti, come emergeva dalle dichiarazioni del Musardo; che il Cozzoli sapeva che trattavasi di rifiuto perché quel materiale era costituito anche da pietrame e mattonelle e doveva essere trasportato alla discarica “Cellino”; che al prevenuto, per il precedente penale, non potevano essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:
- la violazione della norma incriminatrice nonché omessa motivazione sul punto per avere la corte territoriale, in violazione dell’articolo 521 c.p.p., affermato la penale responsabilità del prevenuto a titolo di concorso senza specificare la sua qualificazione soggettiva, in quanto si era limitata ad affermare che il reato poteva essere commesso da chiunque;
- la violazione degli artt. 163, 164 e 175 per avere la corte territoriale respinto la richiesta di concessione di entrambi i benefici in base all’unico precedente penale per violazione dei sigilli, senza considerare che la pena irrogata per il reato per il quale si procede, cumulata con quella inflitta in precedenza, non avrebbe impedito la concessione dei benefici.
In diritto
Il collegio rileva che il reato si è ormai estinto per prescrizione essendo maturato alla data dell’8 novembre del 2006 il termine prescrizionale di anni quattro e mesi sei secondo la disciplina, applicabile alla fattispecie ratione temporis, vigente prima della riforma introdotta con la legge n. 251 del 2005.
Il ricorso con riferimento al secondo motivo non è manifestamente infondato poiché la motivazione in ordine al diniego dei benefici è obiettivamente carente, non essendo sufficiente il mero riferimento all’unico precedente penale costituito dalla condanna per violazione dei sigilli, posto che la pena per il delitto anzidetto, cumulata con quella oggetto dell’attuale procedimento, non era di per sé ostativa alla concessione. In tale situazione il giudice, al fine del rigetto dell’istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, non poteva limitarsi a richiamare la precedente condanna non ostativa, proprio perché essa non era ostativa, ma doveva indicare la ragione per la quale il beneficio, astrattamente concedibile, non poteva essere applicato al caso concreto.
Non ricorrono le condizioni per un proscioglimento pieno nel merito per l’infondatezza del primo motivo. L’articolo 51 comma primo del decreto Ronchi, ora riprodotto nell’articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, puniva chiunque effettuava un’attività di raccolta, trasporto, recupero, commercio o smaltimento dei rifiuti senza la prescritta autorizzazione o comunicazione. Le violazioni in esame configuravano e configurano un’ipotesi di reato comune che può quindi essere commesso anche da persona che non esercita l’attività di gestione o di trasporto di rifiuti. Quindi ai fini della decisione, come già rilevato dai giudici del merito, non era determinante stabilire se il Cozzoli fosse o no il legale rappresentante dell’impresa che aveva prodotto il rifiuto, essendo sufficiente avere dimostrato che era comunque implicato nell’attività di raccolta e trasporto di quel rifiuto, posto che l’ordine di raccogliere e trasportare quel materiale per il conferimento nella discarica era stato dato proprio da lui. Non esiste quindi alcuna violazione dell’articolo 521 c.p.p. perché l’imputato non è stato condannato per un fatto diverso da quello contestato.
Con sentenza del 18 novembre del 2005, la corte d’appello di Lecce confermava quella pronunciata dal tribunale della medesima città in data 5 aprile del 2004, con cui Cozzoli Antonio era stato condannato alla pena di mesi sei di arresto ed al pagamento delle spese processuali, quale responsabile del reato di cui all’articolo 51 comma 1 lettera a) del decreto lgs. n. 22 del 1997, per avere, in concorso con altri, effettuato attività di raccolta e trasporto di rifiuti speciali costituiti da materiale di demolizione edile senza la prescritta autorizzazione. Fatto commesso l’8 maggio del 2002.
Secondo la ricostruzione fattuale contenuta nella sentenza impugnata, in data 8 maggio del 2002, si accertava che l’autocarro targato VI 553835, condotto da Musardo Antonio e di proprietà di Ciullo Trifone, trasportava mattonelle, pietrame, polvere mista e conci di tufo, derivati da attività di demolizione e costruzione senza alcuna autorizzazione; che il trasporto era eseguito per conto della Cozzoli s.r.l., di cui era legale rappresentante Cozzoli Antonio; che la società anzidetta stava effettuando lavori di ripulitura del piazzale del palazzetto dello sport, sito in agro di Brindisi, denominato Nuova Idea.
Il Musardo aveva riferito di avere ricevuto una telefonata dal Ciullo, il quale gli aveva ordinato di prendere l’autocarro e di recarsi presso il palazzetto dello sport denominato Nuova Idea per eseguire lavori per conto di Cozzoli Antonio. Ivi giunto, il predetto gli aveva dato incarico di caricare con un escavatore del materiale sull’autocarro. Precisava che tale materiale era destinato ad essere scaricato presso la discarica “Cellino”.
Il Cozzoli si era difeso sostenendo di avere agito per conto del fratello Francesco, amministratore della ditta Edil Levante - s.a.s. -, titolare dei contratti di appalto con il Comune di Brindisi per la ristrutturazione del complesso “Nuova Idea”. Precisava di avere visto un cumulo di terra e di non avere notato la presenza di mattonelle e pietrame.
A fondamento della decisione la corte, per quanto ancora rileva in questa sede, osservava che non v’erano dubbi sulla responsabilità del Cozzoli, per avere dato l’incarico di trasportare quei rifiuti, come emergeva dalle dichiarazioni del Musardo; che il Cozzoli sapeva che trattavasi di rifiuto perché quel materiale era costituito anche da pietrame e mattonelle e doveva essere trasportato alla discarica “Cellino”; che al prevenuto, per il precedente penale, non potevano essere concessi i benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Ricorre per cassazione l’imputato per mezzo del proprio difensore deducendo:
- la violazione della norma incriminatrice nonché omessa motivazione sul punto per avere la corte territoriale, in violazione dell’articolo 521 c.p.p., affermato la penale responsabilità del prevenuto a titolo di concorso senza specificare la sua qualificazione soggettiva, in quanto si era limitata ad affermare che il reato poteva essere commesso da chiunque;
- la violazione degli artt. 163, 164 e 175 per avere la corte territoriale respinto la richiesta di concessione di entrambi i benefici in base all’unico precedente penale per violazione dei sigilli, senza considerare che la pena irrogata per il reato per il quale si procede, cumulata con quella inflitta in precedenza, non avrebbe impedito la concessione dei benefici.
In diritto
Il collegio rileva che il reato si è ormai estinto per prescrizione essendo maturato alla data dell’8 novembre del 2006 il termine prescrizionale di anni quattro e mesi sei secondo la disciplina, applicabile alla fattispecie ratione temporis, vigente prima della riforma introdotta con la legge n. 251 del 2005.
Il ricorso con riferimento al secondo motivo non è manifestamente infondato poiché la motivazione in ordine al diniego dei benefici è obiettivamente carente, non essendo sufficiente il mero riferimento all’unico precedente penale costituito dalla condanna per violazione dei sigilli, posto che la pena per il delitto anzidetto, cumulata con quella oggetto dell’attuale procedimento, non era di per sé ostativa alla concessione. In tale situazione il giudice, al fine del rigetto dell’istanza di concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena, non poteva limitarsi a richiamare la precedente condanna non ostativa, proprio perché essa non era ostativa, ma doveva indicare la ragione per la quale il beneficio, astrattamente concedibile, non poteva essere applicato al caso concreto.
Non ricorrono le condizioni per un proscioglimento pieno nel merito per l’infondatezza del primo motivo. L’articolo 51 comma primo del decreto Ronchi, ora riprodotto nell’articolo 256 del decreto legislativo n. 152 del 2006, puniva chiunque effettuava un’attività di raccolta, trasporto, recupero, commercio o smaltimento dei rifiuti senza la prescritta autorizzazione o comunicazione. Le violazioni in esame configuravano e configurano un’ipotesi di reato comune che può quindi essere commesso anche da persona che non esercita l’attività di gestione o di trasporto di rifiuti. Quindi ai fini della decisione, come già rilevato dai giudici del merito, non era determinante stabilire se il Cozzoli fosse o no il legale rappresentante dell’impresa che aveva prodotto il rifiuto, essendo sufficiente avere dimostrato che era comunque implicato nell’attività di raccolta e trasporto di quel rifiuto, posto che l’ordine di raccogliere e trasportare quel materiale per il conferimento nella discarica era stato dato proprio da lui. Non esiste quindi alcuna violazione dell’articolo 521 c.p.p. perché l’imputato non è stato condannato per un fatto diverso da quello contestato.