Cass. Sez. III n. 8082 del 24 febbraio 2009 (Cc. 21 gen. 2009)
Pres. Altieri Est. Amoroso Ric. Di Pierdomenico
Rifiuti. Ammissibilità sequestro dell’intera azienda

In materia di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere anche un\'intera azienda ove sussistano indizi che anche taluno soltanto dei beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la commissione del reato, non assumendo alcun rilievo la circostanza che l\'azienda svolga anche normali attività imprenditoriali (nella specie la condotta di versamento in mare dei fanghi residui dalla lavorazione del marmo riguardava l\'attività dell\'intera azienda sicché il sequestro preventivo non poteva essere limitato ad un determinato processo produttivo specificamente interessato dalla condotta abusiva. Nell\'immediato l\'esigenza preventiva sottesa alla misura cautelare non poteva che afferire all\'intera azienda).

UDIENZA 21.01.2009

SENTENZA N. 149

REG. GENERALE n. 37454/08


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



composta dagli ill.mi signori Magistrati:


dott. Enrico Altieri Presidente
1. dott. Agostino Cordova
2. dott. Mario Gentile
3. dott. Giovanni Amoroso
4. dott. Santi Gazzara


ha pronunciato la seguente


SENTENZA


- sul ricorso proposto da Di Pierdomenico Giovanni, n. Fasano il 7.11.1933
- avverso l\'ordinanza del 15 ottobre 2008 del tribunale di Brindisi
- Udita la relazione fatta in camera di consiglio dal Consigliere Giovanni Amoroso; - Considerato che il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. Gioacchino Izzo ha concluso per l\'annullamento dell\' impugnata ordinanza;


la Corte osserva:


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO


1. Con ricorso del 3/10/2008 Di Pierdomenico Giovanni ha proposto richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal G.I.P. presso il tribunale di Brindisi il 23/9/2008, notificato il 24/9/2008, avente ad oggetto l\'impianto dello stabilimento della IMARFA s.r.l., sito in agro di Fasano sulla S.P. n. 4, per i reato p. e p. dagli artt. 256 D.Lgs. 152/06 e 734 c.p..


Con il provvedimento impugnato, il G.I.P. presso il tribunale di Brindisi ha convalidato il sequestro dello stabilimento suddetto, operato d\'urgenza dalla Guardia di Finanza di Fasano con verbale in data 18/9/2008. In sintesi, i militari operanti avevano sorpreso due dipendenti della IMARFA nel cuore della notte, mentre erano intenti ad operare presso le vasche di decantazione dei fanghi esistenti, come rivelato dalle macchie di fango che ricoprivano i vestiti. I due si davano inoltre alla fuga alla vista della P.G.. Lo stato dei luoghi consentiva di rilevare che tali vasche di decantazione erano collegate al mare da un lungo tubo connesso ad una pompa; inoltre, sulla scogliera erano presenti consistenti quantità di residui del marmo; ne consegue che, al momento dell\'intervento dei militari, era in corso un\'attività di versamento in mare dei fanghi residui dalla lavorazione del marmo. Tali circostanze di fatto risultavano pacificamente dalla comunicazione di notizia di reato in atti e erano state riportate integralmente nel decreto impugnato.


Con ordinanza del 15 ottobre 2008 il tribunale di Brindisi rigettava la richiesta di riesame confermando il decreto di sequestro impugnato.


2. Osservava il tribunale che non vi erano dubbi sulla illiceità di tale condotta, come contestato al capo A), dato che lo smaltimento di tali rifiuti non poteva certamente essere effettuato in mare.


Rilevava che, sotto il profilo logico, era difficile ipotizzare che i dipendenti avessero agito in assenza di direttive del datore di lavoro; il quale risponderebbe comunque del reato, anche solo a titolo colposo. In relazione al periculum in mora, tribunale osservava che l\'attività illecita era in corso in piena notte quando sono intervenuti i militari operanti, per cui vi era l\'evidente pericolo che tali condotte potevano essere reiterate in caso di revoca del sequestro.


3. Avverso questa pronuncia l\'imputato propone ricorso per cassazione con un unico motivo.


MOTIVI DELLA DECISIONE


1. Il ricorso è infondato.
Come affermato da questa Corte (Cass., sez. VI, 18 ottobre 1999, Albanese), il ricorso per cassazione avverso l\'ordinanza di riesame in tema di sequestro preventivo ammissibile solo per violazione di legge, e solo la totale mancanza di motivazione, come pure la motivazione soltanto apparente, sono deducibili sempre sotto il profilo della violazione di legge (art. 606, 1° comma, lett. c) e non già di quello del vizio di motivazione (art. 606, 1° comma, lett. e), che non è ammissibile.

Nella specie le considerazioni che svolge la difesa dell\'indagato in ordine al pericolo di reiterazione del reato, ritenuto insussistente, attengono alle valutazioni di merito e quindi alla motivazione dell\'impugnato provvedimento, mentre nessuna violazione di legge è in realtà allegata.


Ne c\'e stata alcuna modifica della contestazione essendo rimasto invariata la condotta addebitata all\'indagato; solo la qualificazione giuridica del fatto è mutata: da violazione del prima comma (attività non autorizzata di smaltimento di rifiuti) in violazione del secondo comma (trattamento incontrollato di rifiuti) dell\'art. 256 d.lgs. n. 152 del 2006.
Può aggiungersi che questa Corte (Cass., Sez. III, 7 novembre 2007 — 11 febbraio 2008, n. 6444) ha affermato che, in materia di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere anche un\'intera azienda ove sussistano indizi che anche taluno soltanto dei Beni aziendali, proprio per la sua collocazione strumentale, sia utilizzato per la commissione del reato, non assumendo alcun rilievo la circostanza che l\'azienda svolga anche normali attività imprenditoriali.
Nella specie la condotta di versamento in mare dei fanghi residui dalla lavorazione del marmo riguarda — nella prospettiva accusatoria - attività dell\'intera azienda sicché il sequestro preventivo non poteva essere limitato ad un determinato processo produttivo specificamente interessato dalla condotta abusiva. Nell\'immediato l\'esigenza preventiva sottesa alla misura cautelare non poteva che afferire all\'intera azienda.

3. Pertanto il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.


PER QUESTI MOTIVI


la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.


Cosi deciso in Roma, il 21 gennaio 2009



Presidente

Enrico Altieri



Il Consigliere estensore
Giovanni Amoroso


Deposito in cancelleria il 24/02/2009