del dr. Giuseppe Pettenati
relazione al Convegno “Ecosistema e tutela penale, ovvero il diritto ad un ambiente salubre”
L’ambiente è il contenuto di un diritto fondamentale della persona- diritto ad un ambiente salubre- nonché un interesse fondamentale della comunità: dunque, il relativo danno, cioè il deterioramento che l’uomo con la sua attività apporta all’ecosistema circostante, con l’art. 18 legge 349/86 è stato qualificato danno risarcibile, quale fatto dannoso alla stregua del principio generale all’art. 2043 c.c.; è un danno pubblico per il quale la legge prevede una tutela risarcitoria azionabile dinanzi al giudice ordinario dallo Stato, nonché dagli enti territoriali sul cui territorio si trovano i beni oggetto del fatto lesivo. La quantificazione del danno, estremamente complessa spesso, è determinata in via equitativa, tenendo comunque conto della gravità della colpa individuale, del costo necessario per il ripristino, del profitto conseguito dal trasgressore in conseguenza del suo comportamento lesivo dei beni ambientali.
In generale, per inquinamento s’intende la contaminazione dell’aria, dell’acqua, del suolo con sostanze e materiali dannosi per la salute dell’uomo e dell’ambiente e capaci d’interferire con i naturali meccanismi di funzionamento degli ecosistemi o compromettere la qualità della vita.
Ecco, quindi, che usiamo parlare delle varie forme d’inquinamento, magistralmente trattate dai precedenti relatori: da quello atmosferico, a quello del territorio ( affascinante tematica della gestione dei rifiuti), all’inquinamento delle acque, a quello acustico ( o da rumore), infine l’inquinamento elettromagnetico, meglio noto come elettrosmog. Quanto prevale da tale poderosa normativa sono quelle istanze di tutela dell’ambiente, contemperandola equamente con lo sfruttamento al meglio delle fonti d’energia risparmiando, la salvaguardia delle relative iniziative imprenditoriali, la garanzia della Sicurezza, in omaggio al noto “principio di proporzionalità” delle misure adottate rispetto agli interessi sacrificati.[1]
Fatte queste premesse, passiamo a delineare più specificatamente il tema assegnatomi, dunque la tutela penale dall’inquinamento da radiazioni.
Premesso che per radiazioni la scienza intende le onde che costituiscono lo spettro elettromagnetico, quindi dai cd. Raggi gamma, alle onde radio, attraverso i raggi x, la luce visibile, la radiazione infrarossa, le microonde, attesa la pericolosità delle onde ionizzanti, da tempo è diffuso il sospetto che anche le radiazioni non ionizzanti possano, in misura non ancora ben determinata, influire negativamente sui sistemi viventi; solo di recente è cresciuto l’interesse per questa forma d’inquinamento- elettrosmog, appunto- dovuto alla presenza di radiazioni elettromagnetiche prodotte da elettrodotti, dispositivi elettronici ed impianti radiotrasmettitori-: interesse sempre maggiore da quando lo sviluppo tecnologico delle comunicazioni ha portato il fenomeno a livelli non più trascurabili.
Le componenti dello spettro magnetico a cui si allude quando si parla di inquinamento elettromagnetico sono quelle classificate come ELF ( Extremely low frequenzy) e ER ( Radio frequenzy): le prime con frequenza inferiore a 300 Hz ( come le linee dell’alta tensione, in Italia 50 Hz), mentre le seconde sono onde con frequenza compresa fra 10 Mhz e 300 Ghz ( ad esempio telefoni mobili, radar, trasmettitori per telecomunicazioni, forni a microonde).
Gli studi condotti sugli effetti delle onde ELF- bassa frequenza- sono di carattere sia epidemiologico, che di laboratorio. I risultati, riconosciuti anche dall’ Istituto Superiore di Sanità, sembrano confermare il sospetto che esista una qualche relazione fra la vicinanza a sorgenti di onde elettromagnetiche a bassa frequenza e l’insorgere di alcuni tumori, come la leucemia infantile.
Dagli studi di laboratorio, invece, sembrerebbe che tali radiazioni, somministrate ad un’intensità di almeno 0,1 mt, condizionano le funzioni delle cellule e ne favoriscono la proliferazione.
Meno chiara, invece, risulta essere la situazione per gli effetti sugli esseri viventi per le radiofrequenze, non conoscendosi a tutt’oggi gli effetti di una esposizione prolungata. Ora, qui tocca fare una distinzione fra le maggiori fonti radio: gli impianti per la telefonia cellulare e quelli per la diffusione radiofonica, antenne altamente direzionali e a bassa frequenza le prime e di minima incidenza per l’ambiente, laddove quelle per la diffusione radiofonica ( centinaia di kilowatt di potenza) risulterebbero più dannose. Quanto ai telefoni cellulari, sembra che le loro emissioni producano un riscaldamento dei tessuti biologici, che a lungo può risultare nocivo.
In Italia l’attenzione del legislatore all’inquinamento elettromagnetico è stata tradotta in legge nel febbraio 2001.[2] In accordo con le normative europee del 1999, la legge conferma i limiti d’intensità indicati nel precedente decreto ministeriale ( n.381/98), imponendo limiti specifici in termini di distanza dalle fonti emissive di onde di bassa frequenza ( ELF), mentre pone cd. limiti cautelativi per la radiofrequenze, non conoscendosi gli effetti concreti sulla salute.
Ora, è importante ricordare che il principio di cautela sancito dalla suddetta legge reitera il medesimo principio contenuto nel Trattato UE, in cui si afferma che non spetta al cittadino dimostrare che una determinata situazione ambientale, in specie l’elettrosmog, in passato l’inquinamento atmosferico da benzene o da amianto, faccia male alla salute: è compito di chi rende autore del rischio dimostrare che questo non esiste e che l’innovazione è sicura.[3]
E’ verosimile ritenere che la fissazione di limiti non sortisce l’effetto di sedare l’anima della collettività che continuerà a ricorrere alla Magistratura, particolarmente in sede cautelare allo scopo d’ottenere una tutela anticipatoria al diritto alla salute senza che si debba attendere una prova dell’evento dannoso e dell’antigiuridicità del comportamento del gestore in sede di cognizione ordinaria per l’accertamento del nesso causale tra l’esposizione all’ELM e l’evento, per ottenere il ristoro dei danni.
All’art. 15 della suddetta legge vengono specificate le sanzioni amministrative del pagamento di somme di danaro, salvo che il fatto non costituisca reato, lasciando immutata la possibilità di perseguire anche in sede penale l’autore dell’illecito.
La Magistratura penale dovrà ricostruire la sussistenza del fatto tipico e verificare l’esistenza del nesso causale tra l’installazione dell’impianto irradiante elettromagnetismo e l’evento patologico per la salute del soggetto querelante, nonché accertare, quanto all’elemento soggettivo, la sussistenza della rimproverabilità del soggetto querelato a titolo di dolo o colpa. Ora, a scanso d’ogni dubbio, è giurisprudenza che fino a quando non sarà scientificamente negato il rischio per la salute legato all’esposizione a campi elettromagnetici, potrà sussistere un nesso causale e, dunque, la responsabilità penale del soggetto agente, cui sia addebitabile quanto meno una colpa generica ( Trib. Rimini, sent. 697-99). Sulla base di un ampia motivazione la pronuncia riminese afferma per la prima volta l’esistenza del nesso casualità tra prolungata esposizione a campi elettromagnetici a bassa frequenza e danni alla salute umana, dichiarando la responsabilità penale dei dirigenti E.N.E.L. per lesioni colpose gravi arrecate a danno di alcuni cittadini affetti da sindrome cefalgica e condannando il resposnsabile civile E.N.E.L.s.p.a. alla riduzione in pristino dei luoghi mediante la disattivazione di corrente nel tratto di linea interessato. Seguendo le recentissime acquisizioni epidemiologiche, data la ragionevole probabilità di un danno alla salute da esposizione a campi ELF, il giudice fa quindi applicazione del modello di spiegazione causale della “sussunzione sotto leggi scientifiche”, di tipo probabilistico, secondo il quale, ai fini dell’accertamento giudiziale della causalità, non è necessario che il giudicante disponga di “leggi di copertura” di natura “universale”,
ma risulta sufficiente il ricorso a “leggi statistiche”, giacché, ove non ci si appagasse del metodo probabilistico, si finirebbe tra l’altro con il frustare gli stessi scopi preventivo-repressivi del diritto penale.[4] In armonia, dunque, con il progresso tecnologico e scientifico, si riconosce come la ragionevole probabilità sia sufficiente ad integrare un rapporto penale e più precisamente il nesso eziologico del delitto di lesioni colpose.[5]
Come detto da più parti, tale sentenza di Rimini si pone quale leading case per la tutela penale dall’inquinamento elettromagnetico ed apre la strada ad ulteriori importanti iniziative giudiziarie dal momento che alcune patologie correlabili all’esposizione ( come le leucemie infantili) sono ad esito infausto, e, quindi, l’evento morte consente di ipotizzare ipotesi di reato assai più gravi delle lesioni colpose, come l’omicidio plurimo o il disastro.
Giova rilevare, poi, che di recente[6] è stata riconosciuta l’astratta riconducibilità dell’inquinamento ELM nell’ambito dell’art. 674 c.p. ( Getto pericoloso di cose), quale reato di mero pericolo e, dunque, per integrarlo è sufficiente l’offensività delle cose gettate;[7] non solo, ma quando non è possibile applicare il reato de qua, è stata ritenuta applicabile la violazione all’art. 650 c.p. ( Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), allorquando l’ente gestore non ottemperi alle ordinanze sindacali di disattivazione di una stazione di telefonia cellulare.[8]
Nell’andare a concludere il mio modesto intervento, non posso che auspicare l’effettiva conoscenza degli effetti concreti sulla salute delle emissioni da radiofrequenze, sì da poter promuovere un eventuale risarcimento danni dinanzi al giudice ordinario ovvero configurare un nuovo reato.
Buon lavoro agli scienziati prima, ai giuristi poi…
[1] Vedasi da ultimo T.A.R. Napoli, IV Sezione, 7 Maggio 2003, n. 5195 sulla realizzazione di una centrale eolica sui monti irpini, in ordine al divieto di edificazione imposto su una vasta area di territorio.
[3] Vedi Camera dei deputati seduta del 17/1/01
[4] Sull’arg. Vedi Fiandaca-Musco, Diritto Penale, Parte Generale, Bologna, nonché Stella, Leggi scientifiche e spiegazione causale in diritto penale, Milano, 1975
[5] Allo stesso principio si richiama Cass. Civ. 7/2000; il giudice ordinario, cioè, deve accertare se, sulla base delle conoscenze scientifiche al momento della decisione, vi sia pericolo per la salute umana nell’esposizione al fattore inquinante, ancorché tale esposizione si determini nei limiti stabiliti da una disciplina di rango inferiore vigente al momento della decisione.
[7] Non a caso il P.M. di Torino, Dr. Guariniello, ha iscritto nel registro degli indagati il Presidente dell’E.N.E.L, Chicco Testa, per le emissioni di elettrodi vicino a luoghi per l’infanzia; parimenti, il P.M. di Roma, dr. Amendola, rinviava a giudizio dirigenti di Radio Vaticana per le emissioni dei ripetitori radio installati a Nord di Roma.
[8] Cass. Pen. 4 agosto 2000, n. 4102