di Fulvio Albanese
Il responsabile dell’Area Unica del Comune di Grassano (Matera), con nota del 24 febbraio 2005, comunicava ad una società di radiodiffusione l’avvio del procedimento per l’esecuzione d’ufficio dell’ordinanza n. 9 del 2.3.2001, con la quale si disponeva di provvedere a propria cura e spese, alla demolizione dell’impianto radio ripetitore ed antenne non assentiti con concessione edilizia, con il conseguente ripristino dello stato dei luoghi, entro e non oltre giorni 90 dalla data di notifica del provvedimento, con l’avvertenza che, non ottemperando nel termine di cui sopra, si attiveranno le procedure previste per legge.
La società naturalmente impugnava il provvedimento al TAR asserendo che:
1. In data 18.7.2001 è stata presentata domanda, ex art. 13 della L. n. 47/85, per il rilascio della concessione in sanatoria per il mantenimento della postazione allestita per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione, rimasta senza riscontro.
2. In data 6.11.2003 è stato presentato un regolare progetto di risanamento ambientale, autorizzato dall’Ispettorato Territoriale di Puglia e Basilicata del Ministero delle Comunicazioni ed approvato dall’A.R.P.A.B. in data 6.5.2004.
3. E’ stata formulata al Comune istanza di autorizzazione a norma dell’art. 5, primo comma, del D.L.vo n. 198/2002, sulla quale si sarebbe formato il silenzio-assenso.
4. La società essendo titolare della concessione all’esercizio della radiodiffusione sin dal 1997, sarebbe pienamente titolata, a sensi dell’art. 4 secondo comma, della L. n. 223/90, ad avvalersi, per l’esercizio della propria attività, delle postazioni allestite a seguito dell’autorizzazione rilasciata dal Sindaco nel 1990.
5. Il provvedimento sarebbe stato adottato in violazione dell’art. 5 della L. reg. Basilicata n. 30 del 2000, a norma del quale i Comuni della Regione Basilicata devono adottare piani di localizzazione degli impianti di tele-radiocomunicazioni.
Il Tar Basilicata con la sentenza n. 496 del 20 aprile 2006, rigetta il ricorso con le seguenti motivazioni: “In relazione all’impugnativa dell’ordinanza n. 9 del 2.3.2001 giova evidenziare che, come risulta dalla stessa documentazione (relazione tecnica ed autorizzazione rilasciata dal Sindaco del Comune di Grassano in data 26.4.1990) depositata dalla ricorrente, la postazione allestita alla Via G. Di Vittorio del Comune di Grassano, utilizzata per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione, consta: a) di un basamento in cemento armato con sovrastante casotto di dimensioni di ml. 3,00 x 3,00 x 2,50, b) di un traliccio di forma quadrata, con un lato di cm. 60 e con un’altezza di ml. 12,00, ancorato al suolo con cavi pretesi. Orbene, non può revocarsi in dubbio che per la realizzazione di tali manufatti, di non irrilevanti dimensioni e destinati a soddisfare esigenze di carattere permanente, fosse necessario acquisire il prescritto titolo concessorio, stante la loro idoneità a comportare la trasformazione edilizia del territorio comunale. Cosicché, correttamente il Comune di Grassano, proprio sul presupposto dell’inidoneità dell’autorizzazione rilasciata dal Sindaco in data 26.4.1990 a consentire la costruzione di detti manufatti, ne ha disposto la demolizione, previa inequivoca sebbene implicita rimozione di detta autorizzazione.
Né vale invocare l’applicazione dell’art. 4 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato). Infatti, come correttamente posto in evidenza dal resistente Comune, l’avvenuto (e non contestato) rilascio della concessione per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione non esclude che la ricorrente concessionaria debba richiedere ed ottenere, ai fini della realizzazione degli impianti necessari per l’esercizio di detta attività, il titolo prescritto dalla distinta e cogente normativa dettata in materia urbanistico –edilizia”.
Sul punto è opportuno sottolineare che la giurisprudenza è molto chiara: “Secondo la legge 6 agosto 1990 n. 223, il rilascio della concessione per l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione sonora e televisiva privata, disciplinata dall'art. 16, equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere connesse e dà titolo per richiedere alle autorità competenti le necessarie concessioni e autorizzazioni (art. 4, comma primo). In particolare (ex art. 4, comma secondo) i Comuni territorialmente competenti provvedono ad acquisire od occupare d'urgenza l'area interessata, a espropriarla, e a rilasciare la concessione edilizia. Pertanto, lungi dall'equiparare la concessione radiotelevisiva a quella edilizia, il disposto normativo richiede espressamente la necessità di due autonome e distinte concessioni, quella radiotelevisiva e quella urbanistica-edilizia. (Fattispecie relativa a costruzione, senza concessione edilizia, di una piattaforma in cemento armato e di un traliccio metallico)”. Cassazione Penale Sez. III, sent. n. 1599 del 09-02-1996; - Cassazione Penale Sez. III, sent. n. 172 del 06-11-2007.
Proseguono i giudici del TAR: “le considerazioni appena svolte sono sufficienti per ritenere infondata la censura sollevata dalla società ricorrente, infatti il Comune di Grassano si è limitato a disporre la demolizione di manufatti ritenuti abusivi, perché eseguiti in assenza della prescritta concessione edilizia, ferma ed impregiudicata la possibilità per la ricorrente di richiedere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria. Inoltre non si vede come possa essere stato violato l’art. 5 della L.R. n. 30 del 2000, recante disposizioni per l’adozione da parte dei Comuni della Regione Basilicata di piani ove localizzare impianti di tele-radiocomunicazioni, in quanto con l’impugnata ordinanza è stata disposta soltanto la demolizione di manufatti ritenuti abusivi siccome realizzati in assenza di concessione edilizia, ma non è stato opposto alcun diniego all’adozione dei piani di localizzazione previsti dal citato art. 5 L. n. 30/2000. Detto ciò il collegio precisa ulteriormente che la domanda di concessione in sanatoria per i manufatti in questione, ex art. 13 L. n. 47/85, presentata dalla ricorrente in data 18 luglio 2001 non risulta riscontrata dal Comune di Grassano, e non può trovare applicazione nella specie l’art. 4, comma 2, della L. n. 223/90 in quanto l’istituto del silenzio-assenso da esso previsto opera solo con riferimento a domande di concessione edilizia per impianti da ubicare nell’ambito di piani di assegnazione, il che nella specie non ricorre non constando che l’area su cui insistono i manufatti di che trattasi sia specificamente destinata ad ospitare impianti di tele radiocomunicazioni”. Su questo ultimo punto abbiamo già visto la giurisprudenza della Cassazione Penale.
Rimane da considerare quali effetti abbia prodotto la domanda presentata dalla ricorrente al Comune di Grassano in data 29.12.2003, avente ad oggetto <>. Nella memoria conclusiva la ricorrente sostiene che, in ordine alla detta istanza, dovrebbe trovare applicazione l’art. 87 del D.L.vo 1 agosto 2003, n. 259, sicché essendo l’istanza medesima stata corredata di tutta la documentazione prescritta da detto articolo, la stessa dovrebbe ritenersi accolta non essendo stato comunicato alcun provvedimento di diniego entro il previsto termine di novanta giorni, con conseguente impossibilità di dare esecuzione d’ufficio all’ordinanza del 2.3.2001.
Al riguardo, il collegio ritiene che effettivamente l’istanza in questione, sebbene faccia espresso riferimento all’art. 5 del D.L.vo n. 198/2002 già espunto dall’ordinamento a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 1 ottobre 2003 (pubblicata sulla G.U. n. 40 dell’8.10.2003), possa (e debba) ritenersi presentata a norma dell’art. 87 del D.L.vo n. 259/2003 e che, alla stregua delle disposizioni contenute in detto articolo, debba essere valutata dal Comune di Grassano. Ciò nondimeno, non è possibile ritenere che la detta istanza sia stata tacitamente accolta non essendo stato comunicato alcun provvedimento di diniego entro i novanta giorni dalla sua presentazione, ciò per la decisiva considerazione che l’istituto del silenzio-assenso disciplinato dal nono comma del citato art. 87 opera nella sola ipotesi di istanza di autorizzazione relativa ad impianti da costruirsi ex novo, tant’è che il successivo decimo comma prescrive che <>.
Deve, quindi, escludersi, -concludono i giudici del TAR Basilicata- che l’istituto del silenzio-assenso possa trovare applicazione nel caso di specie, in quanto l’istanza è volta ad ottenere l’autorizzazione al mantenimento di impianti già esistenti.
La società impugna la sentenza del TAR al Consiglio di Stato il quale con la Decisione del 28 ottobre 2008 n. 6276 ritiene l’appello infondato con le seguenti motivazioni:
“L’appello si limita a sostenere l’illegittimità della successiva comunicazione di avvio del procedimento per l’esecuzione d’ufficio del predetto ordine di demolizione datata 24 febbraio 2005, sotto lo specifico profilo della presentazione di un’istanza di autorizzazione in data 29 dicembre 2003, che avrebbe comportato la formazione del silenzio assenso rispetto ai manufatti costituenti l’impianto in questione, in applicazione dell’art.87 del D.lgs.n.259 del 1° agosto 2003. L’appellante richiama, a sostegno di tale tesi, la giurisprudenza di questa Sezione che ha chiarito come l’autorizzazione prevista dall’art.87, citato, come è desumibile dal suo comma 10, assorbe la valutazione urbanistica edilizia delle opere da autorizzare, rendendo superflua l’instaurazione di un distinto procedimento, ai sensi del D.lgs.n.380 del 2001, al fine di ottenere il rilascio di un distinto permesso di costruire. La doglianza è però infondata, alla luce di quanto correttamente osservato dal giudice di prime cure, per cui il silenzio-assenso di cui all’art.87 D.lgs.n.259 del 2003 non è applicabile (come, in verità, in radice, l’intera procedura ex art.87 cit.) al caso di manufatti già realizzati, nel caso fin dal 1990, e non dunque di futura edificazione, come è desumibile dallo stesso comma 10 dell’art.87, il quale, sebbene fondi la conclusione dell’assorbimento della concessione edilizia nell’ambito dell’autorizzazione disciplinata da tale norma, rende del pari evidente che la fattispecie autorizzativa (anche) silenziosa è riferibile esclusivamente ad opere che “devono essere realizzate” (entro il termine perentorio di dodici mesi dalla formazione del silenzio-assenso) e quindi, appunto, non già edificate. In sostanza, anche per i suoi più volte chiariti fini acceleratori della realizzazione della rete degli impianti radioelettrici e di telecomunicazione, la norma riguarda, proprio alla luce della sua “ratio”, future realizzazioni impiantistiche, e non può costituire il fondamento di una autorizzazione “silenziosa” ex post, “in sanatoria”, assorbente dei profili edilizi, non contemplata dalla sua formulazione; una siffatta autorizzazione in sanatoria, per il suo carattere di previsione eccezionale e derogatoria dell’ordine legale di conseguimento preventivo degli atti permissivi rispetto all’attività da consentire, necessita, per contro, di una espressa previsione normativa in tal senso. Va altresì soggiunto che la posizione della ricorrente ai fini della eventuale autorizzazione ai sensi dell’art.87 del D.lgs.n.259 del 2003 risulta definita dall’amministrazione con nota del 29 marzo 2004 prot.n.3641, riferita proprio all’istanza richiamata in appello del 29 dicembre 2003, come si evince dal riferimento, contenuto nella nota medesima, alla ricezione della stessa istanza in data 8 gennaio 2004. Tale nota del 29 marzo 2004, da un lato, ha respinto l’istanza di autorizzazione ai sensi dell’art.87 D.lgs. n .2592003, in tali termini qualificata nell’atto di appello e dalla stessa sentenza di primo grado, dall’altro, è comunque intervenuta prima del decorso dei novanta giorni decorrenti dalla recezione dell’istanza in questione, precludendo perciò anche la solo teorica formazione del silenzio assenso e confermando, sotto ulteriore profilo, l’infondatezza del motivo aggiunto riproposto in appello. Inoltre, quanto alla rilevanza del diniego di cui alla nota in questione nel presente giudizio, va rilevato che essa andrebbe comunque rimossa con apposita impugnazione, che non risulta proposta, derivandone, in mancanza, l’eliminazione di ogni ostacolo all’esecuzione dell’ordine di demolizione contenuto nell’ordinanza del 2 marzo 2001, n.9, la cui impugnazione è stata, a sua volta, respinta dalla sentenza qui appellata con statuizioni inoppugnabili perché non ulteriormente contestate nella presente sede.
Pertanto, nella situazione derivante dalla nota predetta, lo stesso appello, prima ancora che infondato nei termini sopra precisati, si rivela inammissibile per difetto di interesse, perché non idoneo a rimuovere l’atto i cui effetti escludono, già in assunto, l’accoglibilità dell’appello e determinano l’effettivo e definitivo assoggettamento della ricorrente all’esecuzione dell’ordine di demolizione”.
In conclusione alla luce della giurisprudenza esaminata possiamo evidenziare i seguenti importanti concetti generalmente applicabili:
1. Il silenzio-assenso di cui all’art.87 D.lgs.n.259 del 2003 non è applicabile (come, in verità, in radice, l’intera procedura ex art.87 cit.) al caso di manufatti già realizzati, e non dunque di futura edificazione, come è desumibile dallo stesso comma 10 dell’art.87, il quale, sebbene fondi la conclusione dell’assorbimento della concessione edilizia nell’ambito dell’autorizzazione disciplinata da tale norma, rende del pari evidente che la fattispecie autorizzativa (anche) silenziosa è riferibile esclusivamente ad opere che “devono essere realizzate” (entro il termine perentorio di dodici mesi dalla formazione del silenzio-assenso) e quindi, appunto, non già edificate.
2. Per i suoi più volte chiariti fini acceleratori della realizzazione della rete degli impianti radioelettrici e di telecomunicazione, la norma riguarda, proprio alla luce della sua “ratio”, future realizzazioni impiantistiche, e non può costituire il fondamento di una autorizzazione “silenziosa” ex post, “in sanatoria”, assorbente dei profili edilizi, non contemplata dalla sua formulazione; una siffatta autorizzazione in sanatoria, per il suo carattere di previsione eccezionale e derogatoria dell’ordine legale di conseguimento preventivo degli atti permissivi rispetto all’attività da consentire, necessita, per contro, di una espressa previsione normativa in tal senso.
La società naturalmente impugnava il provvedimento al TAR asserendo che:
1. In data 18.7.2001 è stata presentata domanda, ex art. 13 della L. n. 47/85, per il rilascio della concessione in sanatoria per il mantenimento della postazione allestita per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione, rimasta senza riscontro.
2. In data 6.11.2003 è stato presentato un regolare progetto di risanamento ambientale, autorizzato dall’Ispettorato Territoriale di Puglia e Basilicata del Ministero delle Comunicazioni ed approvato dall’A.R.P.A.B. in data 6.5.2004.
3. E’ stata formulata al Comune istanza di autorizzazione a norma dell’art. 5, primo comma, del D.L.vo n. 198/2002, sulla quale si sarebbe formato il silenzio-assenso.
4. La società essendo titolare della concessione all’esercizio della radiodiffusione sin dal 1997, sarebbe pienamente titolata, a sensi dell’art. 4 secondo comma, della L. n. 223/90, ad avvalersi, per l’esercizio della propria attività, delle postazioni allestite a seguito dell’autorizzazione rilasciata dal Sindaco nel 1990.
5. Il provvedimento sarebbe stato adottato in violazione dell’art. 5 della L. reg. Basilicata n. 30 del 2000, a norma del quale i Comuni della Regione Basilicata devono adottare piani di localizzazione degli impianti di tele-radiocomunicazioni.
Il Tar Basilicata con la sentenza n. 496 del 20 aprile 2006, rigetta il ricorso con le seguenti motivazioni: “In relazione all’impugnativa dell’ordinanza n. 9 del 2.3.2001 giova evidenziare che, come risulta dalla stessa documentazione (relazione tecnica ed autorizzazione rilasciata dal Sindaco del Comune di Grassano in data 26.4.1990) depositata dalla ricorrente, la postazione allestita alla Via G. Di Vittorio del Comune di Grassano, utilizzata per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione, consta: a) di un basamento in cemento armato con sovrastante casotto di dimensioni di ml. 3,00 x 3,00 x 2,50, b) di un traliccio di forma quadrata, con un lato di cm. 60 e con un’altezza di ml. 12,00, ancorato al suolo con cavi pretesi. Orbene, non può revocarsi in dubbio che per la realizzazione di tali manufatti, di non irrilevanti dimensioni e destinati a soddisfare esigenze di carattere permanente, fosse necessario acquisire il prescritto titolo concessorio, stante la loro idoneità a comportare la trasformazione edilizia del territorio comunale. Cosicché, correttamente il Comune di Grassano, proprio sul presupposto dell’inidoneità dell’autorizzazione rilasciata dal Sindaco in data 26.4.1990 a consentire la costruzione di detti manufatti, ne ha disposto la demolizione, previa inequivoca sebbene implicita rimozione di detta autorizzazione.
Né vale invocare l’applicazione dell’art. 4 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (Disciplina del sistema radiotelevisivo pubblico e privato). Infatti, come correttamente posto in evidenza dal resistente Comune, l’avvenuto (e non contestato) rilascio della concessione per l’esercizio dell’attività di radiodiffusione non esclude che la ricorrente concessionaria debba richiedere ed ottenere, ai fini della realizzazione degli impianti necessari per l’esercizio di detta attività, il titolo prescritto dalla distinta e cogente normativa dettata in materia urbanistico –edilizia”.
Sul punto è opportuno sottolineare che la giurisprudenza è molto chiara: “Secondo la legge 6 agosto 1990 n. 223, il rilascio della concessione per l'installazione e l'esercizio di impianti di diffusione sonora e televisiva privata, disciplinata dall'art. 16, equivale a dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità e urgenza delle opere connesse e dà titolo per richiedere alle autorità competenti le necessarie concessioni e autorizzazioni (art. 4, comma primo). In particolare (ex art. 4, comma secondo) i Comuni territorialmente competenti provvedono ad acquisire od occupare d'urgenza l'area interessata, a espropriarla, e a rilasciare la concessione edilizia. Pertanto, lungi dall'equiparare la concessione radiotelevisiva a quella edilizia, il disposto normativo richiede espressamente la necessità di due autonome e distinte concessioni, quella radiotelevisiva e quella urbanistica-edilizia. (Fattispecie relativa a costruzione, senza concessione edilizia, di una piattaforma in cemento armato e di un traliccio metallico)”. Cassazione Penale Sez. III, sent. n. 1599 del 09-02-1996; - Cassazione Penale Sez. III, sent. n. 172 del 06-11-2007.
Proseguono i giudici del TAR: “le considerazioni appena svolte sono sufficienti per ritenere infondata la censura sollevata dalla società ricorrente, infatti il Comune di Grassano si è limitato a disporre la demolizione di manufatti ritenuti abusivi, perché eseguiti in assenza della prescritta concessione edilizia, ferma ed impregiudicata la possibilità per la ricorrente di richiedere il rilascio della concessione edilizia in sanatoria. Inoltre non si vede come possa essere stato violato l’art. 5 della L.R. n. 30 del 2000, recante disposizioni per l’adozione da parte dei Comuni della Regione Basilicata di piani ove localizzare impianti di tele-radiocomunicazioni, in quanto con l’impugnata ordinanza è stata disposta soltanto la demolizione di manufatti ritenuti abusivi siccome realizzati in assenza di concessione edilizia, ma non è stato opposto alcun diniego all’adozione dei piani di localizzazione previsti dal citato art. 5 L. n. 30/2000. Detto ciò il collegio precisa ulteriormente che la domanda di concessione in sanatoria per i manufatti in questione, ex art. 13 L. n. 47/85, presentata dalla ricorrente in data 18 luglio 2001 non risulta riscontrata dal Comune di Grassano, e non può trovare applicazione nella specie l’art. 4, comma 2, della L. n. 223/90 in quanto l’istituto del silenzio-assenso da esso previsto opera solo con riferimento a domande di concessione edilizia per impianti da ubicare nell’ambito di piani di assegnazione, il che nella specie non ricorre non constando che l’area su cui insistono i manufatti di che trattasi sia specificamente destinata ad ospitare impianti di tele radiocomunicazioni”. Su questo ultimo punto abbiamo già visto la giurisprudenza della Cassazione Penale.
Rimane da considerare quali effetti abbia prodotto la domanda presentata dalla ricorrente al Comune di Grassano in data 29.12.2003, avente ad oggetto <
Al riguardo, il collegio ritiene che effettivamente l’istanza in questione, sebbene faccia espresso riferimento all’art. 5 del D.L.vo n. 198/2002 già espunto dall’ordinamento a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 303 del 1 ottobre 2003 (pubblicata sulla G.U. n. 40 dell’8.10.2003), possa (e debba) ritenersi presentata a norma dell’art. 87 del D.L.vo n. 259/2003 e che, alla stregua delle disposizioni contenute in detto articolo, debba essere valutata dal Comune di Grassano. Ciò nondimeno, non è possibile ritenere che la detta istanza sia stata tacitamente accolta non essendo stato comunicato alcun provvedimento di diniego entro i novanta giorni dalla sua presentazione, ciò per la decisiva considerazione che l’istituto del silenzio-assenso disciplinato dal nono comma del citato art. 87 opera nella sola ipotesi di istanza di autorizzazione relativa ad impianti da costruirsi ex novo, tant’è che il successivo decimo comma prescrive che <
Deve, quindi, escludersi, -concludono i giudici del TAR Basilicata- che l’istituto del silenzio-assenso possa trovare applicazione nel caso di specie, in quanto l’istanza è volta ad ottenere l’autorizzazione al mantenimento di impianti già esistenti.
La società impugna la sentenza del TAR al Consiglio di Stato il quale con la Decisione del 28 ottobre 2008 n. 6276 ritiene l’appello infondato con le seguenti motivazioni:
“L’appello si limita a sostenere l’illegittimità della successiva comunicazione di avvio del procedimento per l’esecuzione d’ufficio del predetto ordine di demolizione datata 24 febbraio 2005, sotto lo specifico profilo della presentazione di un’istanza di autorizzazione in data 29 dicembre 2003, che avrebbe comportato la formazione del silenzio assenso rispetto ai manufatti costituenti l’impianto in questione, in applicazione dell’art.87 del D.lgs.n.259 del 1° agosto 2003. L’appellante richiama, a sostegno di tale tesi, la giurisprudenza di questa Sezione che ha chiarito come l’autorizzazione prevista dall’art.87, citato, come è desumibile dal suo comma 10, assorbe la valutazione urbanistica edilizia delle opere da autorizzare, rendendo superflua l’instaurazione di un distinto procedimento, ai sensi del D.lgs.n.380 del 2001, al fine di ottenere il rilascio di un distinto permesso di costruire. La doglianza è però infondata, alla luce di quanto correttamente osservato dal giudice di prime cure, per cui il silenzio-assenso di cui all’art.87 D.lgs.n.259 del 2003 non è applicabile (come, in verità, in radice, l’intera procedura ex art.87 cit.) al caso di manufatti già realizzati, nel caso fin dal 1990, e non dunque di futura edificazione, come è desumibile dallo stesso comma 10 dell’art.87, il quale, sebbene fondi la conclusione dell’assorbimento della concessione edilizia nell’ambito dell’autorizzazione disciplinata da tale norma, rende del pari evidente che la fattispecie autorizzativa (anche) silenziosa è riferibile esclusivamente ad opere che “devono essere realizzate” (entro il termine perentorio di dodici mesi dalla formazione del silenzio-assenso) e quindi, appunto, non già edificate. In sostanza, anche per i suoi più volte chiariti fini acceleratori della realizzazione della rete degli impianti radioelettrici e di telecomunicazione, la norma riguarda, proprio alla luce della sua “ratio”, future realizzazioni impiantistiche, e non può costituire il fondamento di una autorizzazione “silenziosa” ex post, “in sanatoria”, assorbente dei profili edilizi, non contemplata dalla sua formulazione; una siffatta autorizzazione in sanatoria, per il suo carattere di previsione eccezionale e derogatoria dell’ordine legale di conseguimento preventivo degli atti permissivi rispetto all’attività da consentire, necessita, per contro, di una espressa previsione normativa in tal senso. Va altresì soggiunto che la posizione della ricorrente ai fini della eventuale autorizzazione ai sensi dell’art.87 del D.lgs.n.259 del 2003 risulta definita dall’amministrazione con nota del 29 marzo 2004 prot.n.3641, riferita proprio all’istanza richiamata in appello del 29 dicembre 2003, come si evince dal riferimento, contenuto nella nota medesima, alla ricezione della stessa istanza in data 8 gennaio 2004. Tale nota del 29 marzo 2004, da un lato, ha respinto l’istanza di autorizzazione ai sensi dell’art.87 D.lgs. n .2592003, in tali termini qualificata nell’atto di appello e dalla stessa sentenza di primo grado, dall’altro, è comunque intervenuta prima del decorso dei novanta giorni decorrenti dalla recezione dell’istanza in questione, precludendo perciò anche la solo teorica formazione del silenzio assenso e confermando, sotto ulteriore profilo, l’infondatezza del motivo aggiunto riproposto in appello. Inoltre, quanto alla rilevanza del diniego di cui alla nota in questione nel presente giudizio, va rilevato che essa andrebbe comunque rimossa con apposita impugnazione, che non risulta proposta, derivandone, in mancanza, l’eliminazione di ogni ostacolo all’esecuzione dell’ordine di demolizione contenuto nell’ordinanza del 2 marzo 2001, n.9, la cui impugnazione è stata, a sua volta, respinta dalla sentenza qui appellata con statuizioni inoppugnabili perché non ulteriormente contestate nella presente sede.
Pertanto, nella situazione derivante dalla nota predetta, lo stesso appello, prima ancora che infondato nei termini sopra precisati, si rivela inammissibile per difetto di interesse, perché non idoneo a rimuovere l’atto i cui effetti escludono, già in assunto, l’accoglibilità dell’appello e determinano l’effettivo e definitivo assoggettamento della ricorrente all’esecuzione dell’ordine di demolizione”.
In conclusione alla luce della giurisprudenza esaminata possiamo evidenziare i seguenti importanti concetti generalmente applicabili:
1. Il silenzio-assenso di cui all’art.87 D.lgs.n.259 del 2003 non è applicabile (come, in verità, in radice, l’intera procedura ex art.87 cit.) al caso di manufatti già realizzati, e non dunque di futura edificazione, come è desumibile dallo stesso comma 10 dell’art.87, il quale, sebbene fondi la conclusione dell’assorbimento della concessione edilizia nell’ambito dell’autorizzazione disciplinata da tale norma, rende del pari evidente che la fattispecie autorizzativa (anche) silenziosa è riferibile esclusivamente ad opere che “devono essere realizzate” (entro il termine perentorio di dodici mesi dalla formazione del silenzio-assenso) e quindi, appunto, non già edificate.
2. Per i suoi più volte chiariti fini acceleratori della realizzazione della rete degli impianti radioelettrici e di telecomunicazione, la norma riguarda, proprio alla luce della sua “ratio”, future realizzazioni impiantistiche, e non può costituire il fondamento di una autorizzazione “silenziosa” ex post, “in sanatoria”, assorbente dei profili edilizi, non contemplata dalla sua formulazione; una siffatta autorizzazione in sanatoria, per il suo carattere di previsione eccezionale e derogatoria dell’ordine legale di conseguimento preventivo degli atti permissivi rispetto all’attività da consentire, necessita, per contro, di una espressa previsione normativa in tal senso.