TAR Toscana Sez. II n. 2316 del 6 luglio 2010
Rifiuti. Bonifiche e competenze
Gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative. La conclusione della competenza dei dirigenti all’emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di interesse nazionale è innanzitutto valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del d.m. n. 471/1999 (precedente al d.lgs. n. 165/2001 e non avente rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell’Ambiente, di concerto con i Ministri dell’Industria (ora Sviluppo Economico) e della Salute, la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma, soprattutto, resta valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, “che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 02316/2010 REG.SEN.
N. 01433/2007 REG.RIC.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso con motivi aggiunti numero di registro generale 1433 del 2007, proposto dalla
ERG Petroli S.p.A., in persona del legale rappresentante in carica, ing. Pier Francesco Pinelli, rappresentato e difeso dagli avv.ti Lorenzo Acquarone, Alberto Marconi e Fabio Colzi e con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo, in Firenze, via San Gallo n. 76
contro
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Firenze, via degli Arazzieri, n. 4
Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio
Ministero dell’Economia e delle Finanze, non costituito in giudizio
Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, non costituito in giudizio
Ministero della Salute, non costituito in giudizio
Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio
Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, non costituito in giudizio
Ministero dell’Interno, non costituito in giudizio
Capitaneria di Porto di Marina di Carrara, non costituita in giudizio
Corpo Forestale dello Stato, non costituito in giudizio
Regione Toscana, non costituita in giudizio
Provincia di Massa Carrara, non costituita in giudizio
Comune di Massa, non costituito in giudizio
Comune di Carrara, non costituito in giudizio
A.P.A.T. – Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i Servizi Tecnici, non costituita in giudizio
A.R.P.A.T. – Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Toscana, non costituita in giudizio
Istituto Superiore di Sanità, non costituito in giudizio
Agenzia del Demanio, non costituita in giudizio
I.C.R.A.M. – Istituto Centrale per la Ricerca Scientifica e Tecnologica Applicata al Mare, non costituito in giudizio
E.N.E.A. – Ente per le Nuove Tecnologie, l’Energia e l’Ambiente, non costituito in giudizio
I.S.P.E.S.L. – Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro, non costituito in giudizio
Azienda Sanitaria Locale di Massa Carrara, non costituita in giudizio
Consorzio per la Zona Industriale Apuana, non costituita in giudizio
Autorità Portuale di Marina di Carrara, non costituita in giudizio
nei confronti di
Sviluppo Italia S.p.A., non costituita in giudizio
Sviluppo Italia Aree Produttive S.p.A., non costituita in giudizio
Kuwait Petroleum S.p.A., non costituita in giudizio
A) quanto al ricorso originario ed ai motivi aggiunti depositati il 26 novembre 2007:
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 18 maggio 2007, prot. n. 3623/QdV/Di/B, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive delle Conferenze di servizi decisorie relative al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara del 4 ottobre 2006 e del 13 dicembre 2006, nella parte recante prescrizioni a carico della ERG Petroli S.p.A. relativamente al dismesso impianto di distribuzione carburanti ubicato in Massa, via Massa-Avenza
nonché per l’annullamento
di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali, ivi inclusi i verbali delle Conferenze di Servizi decisorie tenutesi presso il Ministero dell’Ambiente il 4 ottobre 2006 ed il 13 dicembre 2006, approvate dal decreto impugnato, nonché – ove occorra – degli atti in esse richiamati ed in particolare:
- delle conclusioni della Conferenza dei Servizi Istruttoria del 17 luglio 2006;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 28 aprile 2006;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 28 luglio 2005;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 24 marzo 2005;
- delle conclusioni della Conferenza dei Servizi istruttoria del 10 febbraio 2005;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 9 novembre 2004;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 4 agosto 2004;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi decisoria del 7 ottobre 2003;
- delle determinazioni della Conferenza dei Servizi istruttoria del 17 luglio 2003;
- della nota dell’Istituto Superiore della Sanità n. 0000181 AMPP/IA dell’11 gennaio 2006;
- della nota dell’Istituto Superiore della Sanità n. 049759 del 17 dicembre 2002, allegata al verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006;
- della nota dell’I.S.P.E.S.L. n. DIPIA/00000236 del 30 gennaio 2006, allegata sub D) al verbale della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006;
- della nota dell’A.P.A.T. n. 47009 del 29 dicembre 2005;
- della nota dell’A.R.P.A.T. dell’11 settembre 2006;
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 16 maggio 2006
B) quanto ai motivi aggiunti depositati in data 11 settembre 2008
per l’annullamento
- delle determinazioni adottate dalla Conferenza dei Servizi dell’11 giugno 2008;
- di tutti gli atti presupposti e/o connessi, ed in particolare della nota dell’A.R.P.A.T. del 12 marzo 2008, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al numero di protocollo 6279/Qdv/DI del 18 marzo 2008
C) quanto ai motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009
per l’annullamento
- del decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare del 2 marzo 2009, prot. n. 8107/QdV/Di/B, contenente approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria relativa al sito di bonifica di interesse nazionale di Massa Carrara svoltasi il 10 febbraio 2009;
- delle determinazioni della Conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio 2009;
- di tutti gli atti presupposti e/o connessi, ed in particolare:
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 6 ottobre 2008, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al numero di protocollo 25498/Qdv/DI dell’11 novembre 2008;
- della nota dell’A.R.P.A.T. del 27 gennaio 2009, acquisita dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare al numero di protocollo 1981/Qdv/DI del 30 gennaio 2009.
Visto il ricorso originario con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;
Vista l’istanza di sospensione dell’esecuzione degli atti impugnati con il ricorso originario, proposta in via incidentale dalla ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 854/2007 del 27 settembre 2007, con cui è stata respinta l’istanza incidentale di sospensione;
Vista la domanda di riesame dell’istanza cautelare, depositata il 30 novembre 2007;
Visti i motivi aggiunti depositati il 28 dicembre 2007;
Vista l’ordinanza n. 28/2008 del 16 gennaio 2008, con cui è stata accolta la domanda di riesame dell’istanza cautelare;
Visti i motivi aggiunti depositati l’11 settembre 2008;
Visti i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009;
Visti le memorie ed i documenti depositati dalla ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore, nell’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, il dr. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue
FATTO
La ricorrente, ERG Petroli S.p.A., espone di avere comunicato alle Autorità competenti, il 1° marzo 2003, che vi era stato un lieve superamento delle concentrazioni limite previste per gli idrocarburi nell’area sottostante all’impianto di distribuzione di carburanti della predetta società, ubicato in via Massa Avenza, nel Comune di Massa.
L’impianto, dismesso nel novembre del 2002, sorge su un’area di cui l’esponente è affittuaria e che è ricompresa nel sito di bonifica di interesse nazionale di Massa-Carrara.
Successivamente, nell’area in esame veniva riscontrato, altresì:
- relativamente ai terreni, il superamento dei limiti per alcuni metalli, tra cui zinco, rame e piombo (ma non tetraetile);
- per le acque di falda, la contaminazione di alcuni metalli ed in particolare di ferro, manganese ed arsenico.
L’esponente evidenzia di essere estranea alla contaminazione da metalli, trattandosi di un fenomeno incompatibile con l’attività di stoccaggio e vendita di carburanti. Nondimeno, in esito ad una serie di passaggi procedimentali puntualmente descritti nel gravame (tra cui la presentazione del progetto definitivo di bonifica dell’area da parte della società), nella Conferenza di Servizi decisoria tenutasi il 13 dicembre 2006 venivano dettate prescrizioni a carico della ERG Petroli S.p.A., poi approvate con decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (d’ora in poi: Ministero dell’Ambiente) prot. n. 3623/QdV/Di/B del 18 maggio 2007. In particolare con le suddette prescrizioni veniva imposto alla società esponente:
- di ripetere le analisi relative al parametro piombo tetraetile sia nei suoli che nelle acque di falda;
- di adeguare l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza già adottato e ritenuto insufficiente ad impedire la diffusione dell’acqua di falda contaminata, tramite la realizzazione di una barriera fisica di contenimento, nonché di un sistema idraulico di emungimento a monte della barriera fisica e di successivo trattamento (costituito da almeno due pozzi di emungimento);
- di presentare entro trenta giorni un progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda basato sul confinamento fisico dell’intera area, nonché sulle prescrizioni indicate nella medesima Conferenza di Servizi.
Avverso il summenzionato decreto direttoriale prot. n. 3623/QdV/Di/B del 18 maggio 2007, nonché le Conferenze di Servizi decisorie del 4 ottobre 2006 e del 13 dicembre 2006, con esso recepite ed approvate, e gli atti presupposti (indicati in epigrafe) è insorta l’esponente con il ricorso originario del pari indicato in epigrafe, chiedendone l’annullamento previa sospensione dell’esecuzione.
A supporto del gravame, la ERG Petroli S.p.A. ha formulato in primo luogo le seguenti doglianze nei riguardi del decreto direttoriale n. 3623/2007:
- invalidità derivata, in quanto il decreto direttoriale sarebbe affetto dai medesimi vizi di legittimità che connoterebbero le Conferenze di Servizi decisorie, le quali ne rappresenterebbero il presupposto endoprocedimentale;
- invalidità per vizi propri ed in specie per violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e ss. della l. n. 241/1990, violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, così come attuato dal d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, incompetenza e violazione e falsa applicazione dell’art. 4 del d.lgs. n. 165/2001, giacché nel caso di specie non sarebbe stato “sentito” il Ministero dello Sviluppo Economico (già delle Attività Produttive), non sarebbe stato emanato alcun decreto interministeriale e mancherebbe il concerto con le Amministrazioni indicate dalle norme succitate; inoltre, il decreto avrebbe dovuto essere sottoscritto dal Ministro dell’Ambiente e non, come invece avvenuto, da un dirigente.
In secondo luogo, la ricorrente ha dedotto i seguenti vizi comuni a tutte le prescrizioni che le sono state dettate “dalla Conferenza di Servizi del 16 febbraio 2007” (rectius, dalle Conferenze decisorie del 4 ottobre e del 13 dicembre 2006):
- violazione e falsa applicazione degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, giacché la P.A. avrebbe omesso l’analisi di rischio-sito specifica e, pertanto, non avrebbe accertato il superamento delle cd. concentrazioni soglia di rischio (C.S.R.); inoltre il Ministero si sarebbe illegittimamente sostituito al soggetto interessato nel determinare i contenuti del progetto di bonifica. Né il quadro cambierebbe a ritenere applicabili l’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 ed il d.m. n. 471/1999, che non consentirebbero la prescrizione di interventi di bonifica su una base meramente tabellare;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 del d.m. n. 471/1999 e 264 del d.lgs. n. 152/2006, incompetenza, eccesso di potere per difetto dei presupposti legittimanti, contraddittorietà, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità, in quanto l’istruttoria procedimentale sarebbe stata svolta dal Ministero dell’Ambiente, invece che dall’A.N.P.A., dall’A.R.P.A.T. e dall’Istituto Superiore della Sanità;
- violazione degli artt. 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n. 241/1990, violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, poiché da un lato sarebbe stata omessa la comunicazione di avvio del procedimento, così impedendo alla ricorrente di parteciparvi, dall’altro lato il termine di trenta giorni assegnato per la presentazione del progetto di bonifica dei suoli e della falda sarebbe del tutto incongruo.
Con riferimento alla prescrizione di realizzazione della barriera di contenimento fisico, ha avanzato la seguente censura:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, violazione della l. n. 241/1990, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, atteso che la P.A. avrebbe anteposto la fase deliberativa a quella istruttoria e non avrebbe considerato che mentre la contaminazione degli idrocarburi è stata riportata nei limiti di legge, l’inquinamento da metalli non sarebbe imputabile alla ERG Petroli S.p.A.; ancora, la P.A. non avrebbe eseguito alcuna indagine in relazione all’efficacia, alla realizzabilità ed alla sostenibilità economica della misura prescritta, né si sarebbe preoccupata degli effetti controproducenti di questa sull’ambiente; infine, la prescrizione de qua violerebbe il principio di proporzionalità.
Con riguardo alla prescrizione di attenersi, per il piombo tetraetile, al valore di riferimento indicato dall’Istituto Superiore della Sanità con nota prot. n. 049759 del 17 dicembre 2002, la ricorrente ha dedotto la doglianza di:
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, nonché dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, in quanto la P.A. avrebbe introdotto un limite non previsto dalla disciplina in tema di ambiente, ma soltanto da un organo consultivo, qual è l’Istituto Superiore di Sanità.
Quanto, poi, alla prescrizione di provvedere alla bonifica di terreni ed acque dalla contaminazione dei metalli pesanti, la ricorrente ha dedotto la doglianza di:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 ed eccesso di potere sotto i profili del difetto assoluto dei presupposti, della contraddittorietà, del difetto di istruttoria e di motivazione, del travisamento dei fatti, dell’illogicità ed ingiustizia manifesta, in quanto l’attività di stoccaggio e di distribuzione dei carburanti non potrebbe in alcun modo determinare l’impiego o la dispersione dei metalli rinvenuti nelle rilevazioni: dunque, la prescrizione in parola sarebbe stata impartita alla ricorrente nonostante questa non abbia alcuna responsabilità per la presenza dei suddetti metalli e senza effettuare alcuna indagine circa l’imputabilità dell’inquinamento in questione.
In relazione, infine, alle altre, minori prescrizioni, la ricorrente ha dedotto la doglianza di:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997 e del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 240 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 ed eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria e di motivazione ed illogicità, in quanto la prescrizione di rimozione del terreno contaminato e quella di caratterizzazione del suolo rimosso, con descrizione dettagliata delle aree di stoccaggio provvisorio, sarebbero irrealizzabili ed inutili, oltre che dannose per gli interessi della società.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell’Ambiente, con atto di mera costituzione formale.
Nella Camera di consiglio del 26 settembre 2007 il Collegio, considerata l’ampia e documentata attività istruttoria dispiegata dalla P.A., da cui non si desumevano profili di illegittimità prima facie fondati, e ritenuta la prevalenza dell’interesse pubblico alla bonifica del terreno contaminato, con ordinanza n. 854/2007 ha respinto l’istanza incidentale di sospensione.
Con atto depositato il 30 novembre 2007, la ricorrente ha ripresentato la domanda di sospensione degli atti impugnati, ai sensi dell’art. 21, dodicesimo comma, della l. n. 1034/1971. Ciò, sulla base del richiamo ai contenuti di una nuova proposta di accordo di programma, presentata dal Ministero dell’Ambiente in una riunione svoltasi in data 30 ottobre 2007, che sarebbero del tutto incompatibili con quanto disposto negli atti stessi.
Sulla base della predetta proposta di accordo di programma, la società ha poi depositato, in data 28 dicembre 2007, motivi aggiunti avverso gli atti già impugnati con il ricorso originario, deducendo la seguente censura:
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. art. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti, contraddittorietà ed illogicità, perché la bozza di accordo: a) confermerebbe il vizio di carenza di istruttoria a carico degli atti impugnati, sotto i profili dell’individuazione del soggetto responsabile dell’inquinamento e della carenza del previo studio di fattibilità unitario e coordinato per tutte le aziende insediate nel sito di bonifica; b) dimostrerebbe la contraddittorietà dell’azione della P.A., in quanto gli atti impugnati escluderebbero quell’intervento unitario e coordinato che è, invece, il presupposto dello studio di fattibilità previsto dalla bozza di accordo.
Nella Camera di consiglio del 16 gennaio 2008 il Collegio, considerato l’intervento superamento di fatto, nelle more del giudizio, dei provvedimenti gravati ad opera della nuova proposta di accordo di programma, e visto l’onere economico derivante alla ricorrente dall’esecuzione di un intervento di impostazione non più attuale, con ordinanza n. 28/2008 ha accolto l’istanza cautelare.
Dopo l’adozione della predetta ordinanza, è pervenuto alla ricorrente la richiesta di ottemperare alle prescrizioni impartite nella Conferenza di Servizi dell’11 giugno 2008. Si tratta, in particolare, della prescrizione di realizzare una barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento, e di quella di presentare un progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda basato sulle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006.
Avverso le suddette prescrizioni è insorta la ERG Petroli S.p.A., gravandole con ricorso per motivi aggiunti depositato l’11 settembre 2008. A supporto del gravame, con cui ha chiesto l’annullamento delle prescrizioni impugnate, ha dedotto le seguenti censure:
- invalidità derivata, in quanto le prescrizioni sarebbero viziate in via derivata dai medesimi vizi da cui sono affetti gli atti originariamente impugnati;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, nonché degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999 e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, elusione dell’ordinanza del T.A.R. Toscana n. 28/2008, giacché si tratterebbe di prescrizioni già impartite nelle Conferenze di Servizi approvate con il decreto direttoriale del 18 maggio 2007, impugnato con il ricorso originario e sospeso con la predetta ordinanza, e che, comunque, si porrebbero in contraddizione con la proposta di accordo di programma del 30 ottobre 2007;
- violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, ed eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, in quanto alla ricorrente sarebbe assegnato un termine per l’adempimento delle prescrizioni assolutamente insufficiente (30 giorni);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, violazione degli artt. 3, 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e dei presupposti legittimanti, ulteriore eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti, contraddittorietà e illogicità, incompetenza, in quanto, se si considerano le prescrizione gravate diverse da quelle di cui al decreto direttoriale del 18 maggio 2007, non si comprenderebbe cosa esattamente la P.A. abbia inteso ordinare alla società; nell’ipotesi che si tratti di nuove prescrizioni, esse sarebbero illegittime perché non precedute dalla comunicazione di avvio del procedimento, né dall’individuazione del responsabile dell’inquinamento e neppure dall’analisi di rischio sito-specifica, perché imporrebbero i contenuti del progetto di bonifica, sostituendosi illegittimamente al privato, e perché, comunque, sarebbero state impartite in forza di un’istruttoria svolta da un organo incompetente.
Successivamente, veniva trasmesso alla società il decreto direttoriale del Ministero dell’Ambiente, prot. n. 8107/QdV/Di/B del 2 marzo 2009, recante approvazione e recepimento delle determinazioni conclusive della Conferenza di servizi decisoria del 10 febbraio 2009. In tale Conferenza sono state reiterate a carico del “soggetto titolare dell’area ex P.V. ERG” le prescrizioni, più sopra indicate, di realizzare una barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento e di presentare nei trenta giorni un progetto di bonifica di suoli ed acque di falda basato sulle prescrizioni formulate dalla Conferenza di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006. Oltre a ciò, è stato imposto alla ricorrente di ottemperare alle prescrizioni riportate nel verbale della stessa Conferenza del 10 febbraio 2009 (cfr. p. 13, nn. da 1 a 8) con riguardo al documento “Monitoraggio acque di falda – P.V. Erg Petroli MS/010 Avenza – Massa”.
Avverso il citato decreto direttoriale, il verbale della Conferenza di Servizi del 10 febbraio 2009 e gli atti presupposti indicati in epigrafe, è insorta la ERG Petroli S.p.A., impugnandoli con ulteriore ricorso per motivi aggiunti, depositato il 29 maggio 2009, e chiedendone l’annullamento.
A supporto del gravame, la società ha avanzato le doglianze di:
- invalidità derivata, in quanto gli atti gravati sarebbero viziati in via derivata dai medesimi vizi da cui sono affetti gli atti precedentemente impugnati;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, nonché degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999 e degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, elusione dell’ordinanza del T.A.R. Toscana n. 28/2008, in quanto si tratterebbe della reiterazione di prescrizioni già imposte con il decreto del 18 maggio 2007, la cui esecutività è stata sospesa dall’ordinanza cautelare n. 28/2008; peraltro, lo stesso verbale della Conferenza del 10 febbraio 2009 ne dimostrerebbe l’inutilità e la mancanza di ogni giustificazione. Inoltre, vi sarebbe palese contraddizione rispetto al contenuto della proposta di accordo di programma del 30 ottobre 2007, che presuppone un intervento unitario e coordinato tra le aziende interessate;
- in subordine, violazione e falsa applicazione degli artt. 239 e ss. del d.lgs. n. 152/2006 e dell’art. 17 del d.lgs. n. 22/1997, eccesso di potere per contraddittorietà, difetto di istruttoria e motivazione, difetto dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità, giacché alla ricorrente verrebbe assegnato un termine per l’adempimento delle prescrizioni assolutamente insufficiente (30 giorni);
- violazione e falsa applicazione degli artt. 15 e 17 del d.lgs. n. 22/1997, degli artt. 8 e ss. del d.m. n. 471/1999, nonché degli artt. 242 e ss. del d.lgs. n. 152/2006, violazione degli artt. 3, 7, 10-bis, 14 e ss. della l. n. 241/1990, eccesso di potere per difetto di motivazione, di istruttoria e dei presupposti legittimanti, ulteriore eccesso di potere per difetto di istruttoria e dei presupposti, contraddittorietà e illogicità, incompetenza, in quanto, se si considerano le prescrizione gravate diverse da quelle di cui al decreto direttoriale del 18 maggio 2007, non si comprenderebbe cosa esattamente la P.A. abbia inteso ordinare alla società; nell’ipotesi che si tratti di nuove prescrizioni, esse sarebbero illegittime perché non precedute dalla comunicazione di avvio del procedimento, né dall’individuazione del responsabile dell’inquinamento e neppure dall’analisi di rischio sito-specifica, perché imporrebbero i contenuti del progetto di bonifica, sostituendosi illegittimamente al privato, e perché, comunque, sarebbero state impartite in forza di un’istruttoria svolta da un organo incompetente. Quest’ultima censura è stata specificamente reiterata dalla ricorrente con riferimento all’obbligo di monitoraggio delle acque di falda
In vista dell’udienza pubblica, la società ha depositato una memoria, insistendo per l’annullamento degli atti impugnati nella parte in cui recano prescrizioni a suo carico.
All’udienza pubblica del 4 febbraio 2010, la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Con il ricorso originario vengono impugnati gli atti (le determinazioni delle Conferenze di Servizi decisorie del 4 ottobre 2006 e 13 dicembre 2006 ed il relativo decreto direttoriale di approvazione) tramite i quali è stato imposto alla società ricorrente di adeguare l’intervento di messa in sicurezza d’emergenza dell’area di sua proprietà già eseguito (e ritenuto insufficiente), con la realizzazione di una barriera fisica di contenimento, nonché di una barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento. La ricorrente si duole anche delle prescrizioni di presentare un progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda basato sul confinamento fisico dell’intera area, e di eseguire l’analisi di rischio secondo le regole impartite nella predetta Conferenza del 13 dicembre 2006. Avverso tali atti la ERG Petroli S.p.A. ha poi proposto un primo ricorso per motivi aggiunti.
Con i motivi aggiunti depositati l’11 settembre 2008 sono state impugnate le prescrizioni imposte alla ricorrente dalla Conferenza di Servizi dell’11 giugno 2008 ed in particolare quelle di realizzare una barriera idraulica costituita da almeno due pozzi di emungimento e di presentare un progetto di bonifica dei suoli e delle acque di falda basato sulle prescrizioni dettate della Conferenza di Servizi istruttoria del 19 luglio 2006.
Con i motivi aggiunti depositati il 29 maggio 2009 viene impugnata, infine, la reiterazione, a carico della società ricorrente, delle prescrizioni suesposte (ad eccezione di quella di eseguire una barriera di contenimento fisico), derivanti dagli atti impugnati in precedenza: reiterazione che è conseguita alle determinazioni assunte nella Conferenza di Servizi decisoria del 10 febbraio 2009, approvata con decreto direttoriale del successivo 10 marzo.
Il Collegio ritiene di dovere dare la priorità, nell’esame dei motivi di gravame, a quello – rubricato sub A.II del ricorso originario, al punto b) – con cui si deduce il vizio di incompetenza dell’organo emanante, per essere stato il decreto di approvazione delle Conferenze di Servizi del 4 ottobre e del 19 dicembre 2006 adottato da un dirigente, invece che dal Ministro dell’Ambiente. Ciò, giacché, in caso di suo accoglimento, ai sensi dell’art. 26, secondo comma, della l. n. 1034/1971, si dovrebbe pronunciare l’annullamento del succitato decreto dirigenziale e rimettere l’affare alla competente autorità, restando precluso l’esame degli ulteriori motivi di censura, al fine di evitare intromissioni improprie nell’attività dell’organo riconosciuto come competente (cfr., ex plurimis, C.d.S., Sez. IV, 20 luglio 2009, n. 4568).
Il motivo è infondato, atteso che il decreto gravato costituisce espressione di attività di gestione (e non di indirizzo politico-amministrativo): per conseguenza, risulta corretta la sua adozione da parte del dirigente del settore interessato, e non da parte del Ministro.
Ed invero, l’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 distingue tra atti ed attività di competenza del Ministro dell’Ambiente ed atti e attività facenti capo al Ministero. Rientra ad es. tra i primi l’individuazione, ai fini della bonifica, dei siti di interesse nazionale (art. 252, comma 2, cit.), il che è del tutto logico, dovendo la suddetta individuazione reputarsi atto attinente all’indirizzo politico-amministrativo in materia di bonifica. La rilevanza politica di un tale atto risulta, del resto, confermata dalla necessità dell’intesa con le Regioni interessate: intesa prescritta, per l’appunto, dal comma 2 dell’art. 252. Si deve invece reputare che l’impugnato decreto di recepimento della Conferenza di Servizi costituisca un mero atto di gestione, di competenza dirigenziale e non del Ministro, atteso che esso certamente non concerne le scelte di fondo che la P.A. è chiamata a compiere nel settore in esame (come ad es., la mappatura dei siti di interesse nazionale), avendo invece ad oggetto la prescrizione di un singolo intervento di messa in sicurezza d’emergenza e, poi, di bonifica.
Del resto, l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152 cit. attribuisce la competenza per i procedimenti di bonifica di cui al precedente art. 242, qualora abbiano ad oggetto i siti di interesse nazionale, “alla competenza del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio”: né una simile espressione può esser considerata atecnica, erronea o comunque non voluta e casuale, poiché essa si inserisce in una disposizione (l’art. 252 cit.) in cui, come accennato, quando ci si vuole riferire alle competenze del Ministro dell’Ambiente, lo si dispone espressamente, stabilendo che l’atto compete al “Ministro” e non al “Ministero” (così l’autorizzazione provvisoria ex art. 252 cit., comma 8). E se l’attribuzione delle relative competenze al “Ministero” (e non al Ministro, salve le tassative eccezioni) sussiste per gli atti del procedimento di bonifica, a fortiori essa deve sussistere anche per gli interventi di messa in sicurezza d’emergenza, i quali investono una fase prodromica rispetto alla bonifica e non sono in grado di determinare il definitivo riassetto del sito (v. art. 240, comma 1, lett. m), del d.lgs. n. 152 cit.).
A conferma dell’ora vista conclusione si richiama la più recente giurisprudenza (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 9 ottobre 2009, n. 1738), per la quale gli atti del procedimento di bonifica dei siti di interesse nazionale, compresi quelli conclusivi, rientrano nella competenza tecnico-gestionale degli organi esecutivi (dirigenti), in quanto non contengono elementi di indirizzo politico-amministrativo che possano attrarre detta competenza nella sfera riservata agli organi di governo. Questi si limitano a definire gli obiettivi e programmi da attuare, verificandone i risultati, il cui raggiungimento risulta riservato alla responsabilità dei dirigenti. Ciò, in base al generale principio di distinzione tra attività di governo ed attività di gestione, che presiede l’organizzazione ed il funzionamento delle P.A., alla luce anche dell’art. 4, comma 3, del d.lgs. n. 165/2001, secondo il quale le attribuzioni dei dirigenti possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative. La pronuncia in esame, che richiama a proprio supporto anche una decisione di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 16 ottobre 2008, n. 2287), osserva, inoltre, come la conclusione della competenza dei dirigenti all’emanazione degli atti del procedimento di bonifica di siti di interesse nazionale sia innanzitutto valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 15 del d.m. n. 471/1999 (precedente al d.lgs. n. 165/2001 e non avente rango legislativo), sebbene questo assegni al Ministro dell’Ambiente, di concerto con i Ministri dell’Industria (ora Sviluppo Economico) e della Salute, la competenza ad approvare il progetto definitivo di bonifica. Ma, soprattutto, resti valida con riguardo allo schema procedimentale di cui all’art. 252 del d.lgs. n. 152/2006, “che attribuisce genericamente la competenza per la procedura di bonifica al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio (sentito il Ministero delle Attività produttive)” (v. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, n. 1738/2009, cit.; id., 18 febbraio 2009, n. 319).
Parimenti infondata è, poi, la doglianza – contenuta nello stesso motivo (A.II) del ricorso originario, al punto a) – con cui si lamenta l’omissione del concerto con il Ministero delle Attività Produttive (oggi dello Sviluppo Economico), atteso che il suddetto concerto non è richiesto dalla normativa di riferimento: l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, infatti, non lo menziona. A tal proposito è significativa la differenza rispetto al precedente comma 1, che – come già esposto – richiede invece l’intesa con le Regioni per il distinto procedimento di individuazione dei siti di interesse nazionale. D’altro canto, l’intesa ed il concerto sarebbero incompatibili con la natura di atto gestionale propria del decreto direttoriale impugnato (ed anzi, il fatto che non siano richiesti conferma la natura di atto di mera gestione e non di indirizzo politico-amministrativo del decreto in questione). Sul punto, si ricorda infatti che, secondo la giurisprudenza, l’esercizio di poteri che sfociano in decreti emanati di concerto tra due ministri non può essere ricondotto ad un’attività meramente gestionale, ma rientra nell’ambito dell’indirizzo politico-amministrativo, rappresentando espressione di valutazioni anche politiche proprie dei poteri governativi (cfr. T.A.R. Veneto, Sez. II, 4 febbraio 2002, n. 350). Sotto questo aspetto, dunque, vi è assoluta coerenza tra la necessità dell’intesa nel procedimento di cui al comma 1 dell’art. 252 e l’assenza di una tale intesa o concerto nella disciplina di cui al successivo comma 4 (il quale si limita a chiedere che sia sentito il Ministero dello Sviluppo Economico): nel primo caso si tratta di un procedimento (l’individuazione dei siti di bonifica di interesse nazionale) che attiene all’indirizzo politico-amministrativo, mentre negli altri casi (ed in particolare in quello sfociato nel decreto impugnato) si tratta di procedimenti preordinati all’adozione di atti di gestione, che proprio per tale ragione non necessitano del preventivo concerto a livello di vertice politico dei rispettivi apparati.
Ad ulteriore conferma dell’infondatezza della doglianza, si può inoltre evidenziare che nel modulo procedimentale della Conferenza di Servizi, i pareri, le intese ed i concerti di cui all’art. 252 cit. ed all’art. 15, comma 4, del d.m. n. 471/1999 possono ben essere acquisiti all’interno della Conferenza stessa, senza che poi, in sede di emanazione del provvedimento finale, si debba provvedere ad una nuova acquisizione (T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, nn. 319/2009, cit. e 1738/2009, cit.). Ed in proposito diventa, allora, significativa la prassi seguita dal Ministero dell’Ambiente, nella sua veste di Amministrazione procedente, di invitare alle Conferenze di Servizi i rappresentanti delle Regioni coinvolte e delle altre Amministrazioni statali interessate, al fine di acquisire i predetti pareri, intese e concerti, e di far precedere le Conferenze stesse dalla verifica delle presenze di tali rappresentanti ovvero dall’allegazione di copia della lettera di invito e dei messaggi di conferma della ricezione di questa, in caso di assenza dei rappresentanti stessi: prassi ben nota al Collegio, in quanto osservata in tutte le fattispecie analoghe e rispettata anche nella Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006 (cfr. p. 6 del relativo verbale, doc. 1 della ricorrente). Donde, per tal via, l’infondatezza anche della doglianza di illegittimità del decreto gravato per omessa acquisizione del parere del Ministero delle Attività Produttive, del pari contenuta al punto a) del motivo in esame.
A nulla varrebbe obiettare che in precedenti decisioni (T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 marzo 2007, n. 383; id., 24 agosto 2009, n. 1399) la Sezione si è espressa nel senso della necessità del concerto tra il Ministero dell’Ambiente e le altre Amministrazioni statali che hanno partecipato alla Conferenza di Servizi decisoria, poiché tali decisioni si riferiscono alla normativa previgente (in particolare, gli artt. 17, comma 14, del d.lgs. n. 22/1997 e 15 del d.m. n. 471/1999), mentre nella fattispecie per cui è causa occorre fare applicazione della disciplina introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 che, in materia di competenza ministeriale o dirigenziale e di intese (o concerti), ha notevolmente innovato, come si è più sopra ricordato. In particolare, la disciplina posta dall’art. 252 del d.lgs. n. 152 cit. e poc’anzi illustrata dimostra l’inutilizzabilità, ai fini che qui interessano, dei precedenti sopra richiamati, alla luce del profondo mutamento di disciplina sul piano degli adempimenti procedurali e delle relative competenze decisorie, che confina, ormai, l’intervento del Ministro e dei relativi concerti ed intese (ove previsti) ai soli atti caratterizzati da valutazioni di indirizzo politico, attribuendo tutto il resto alla competenza dell’apparato ministeriale e quindi alla competenza dei dirigenti.
Ancora, sul piano della competenza, è infondata la doglianza – rubricata nel ricorso originario sub B.II e poi riproposta nei motivi aggiunti – di illegittimità dell’istruttoria perché svolta da un organo (la Direzione per la Qualità della Vita del Ministero dell’Ambiente) incompetente. La doglianza, in realtà, è manifestamente pretestuosa, in quanto la stesso verbale della Conferenza di Servizi del 13 dicembre 2006, invocato dalla ricorrente, ne confuta le tesi, indicando in modo inequivoco come il Ministero, nel corso dell’istruttoria, si sia avvalso dell’ausilio degli organi tecnici (A.P.A.T., I.S.S., A.R.P.A.T.) e, pertanto, si sia pienamente conformato al dettato dell’art. 15, comma 3, del d.m. n. 471/1999.
Passando all’esame delle ulteriori doglianze contenute nel ricorso originario e nei motivi aggiunti, si osserva che le stesse risultano per più versi fondate e, dunque, meritevoli di accoglimento.
Nello specifico, va anzitutto accolta la doglianza incentrata sul mancato rispetto, nella fattispecie in esame, delle garanzie di partecipazione procedimentale di cui agli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990, senza che vi fossero, o siano state addotte, ragioni idonee per derogarvi. Trattasi di doglianza che è rubricata nel ricorso originario sub B.III e che, come sopra visto, viene avanzata in generale avverso tutte le prescrizioni oggetto di contestazione con il predetto ricorso. La sua fondatezza è resa palese dalla questione della legittimità o meno dell’imposizione dell’uso del valore di riferimento indicato dall’Istituto Superiore della Sanità per la misurazione delle concentrazioni di piombo tetraetile (v. il motivo del ricorso originario rubricato sub C.II): infatti, appare evidente la necessità e l’utilità di un contraddittorio procedimentale, ai fini dell’individuazione di un valore di riferimento per la suddetta misurazione. La fondatezza della doglianza si appalesa ancora più evidente con riferimento all’altra censura (rubricata sub B.I nel ricorso originario e riproposta nei motivi aggiunti) con cui si lamenta l’illegittimità dell’operato della P.A., per essersi essa sostituita agli interessati nella determinazione dei contenuti del progetto di bonifica: contenuti sui quali – secondo il Collegio – risultava parimenti necessario, quantomeno, il previo esperimento di un contraddittorio procedimentale.
Sul punto si rammenta che, con una recente decisione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 6 maggio 2009, n. 762), questa Sezione ha già avuto modo di precisare come, nei procedimenti in materia di bonifica ambientale, sia necessario che la P.A. consenta ai destinatari delle prescrizioni stabilite dalla stessa P.A. di partecipare al relativo procedimento, articolato in una o più Conferenze di Servizi istruttorie e decisorie. Ciò, quantomeno, con riferimento alle fasi procedimentali in cui emerge l’esistenza di una contaminazione del terreno e della falda acquifera nell’area interessata e che poi sfociano nelle determinazioni assunte dalla Conferenza di Servizi decisoria. È chiaro, infatti, che l’onerosità degli obblighi imposti agli interessati impone di instaurare con questi ultimi un ampio contraddittorio. È pacifica, d’altra parte, in giurisprudenza l’affermazione che l’attività istruttoria del procedimento di bonifica deve prevedere la partecipazione del soggetto interessato, ed in particolare gli accertamenti analitici vanno eseguiti in contraddittorio (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. I, 19 aprile 2007, n. 1913; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 27 luglio 2001, n. 488).
Sotto quest’ultimo profilo, non si potrebbe ribattere che lo stato di contaminazione dei suoli e delle falde forma oggetto di un accertamento tecnico, con natura di attività vincolata, per il quale, quindi, non sono invocabili i principi in tema di giusto procedimento di cui alla l. n. 241/1990.
In contrario, si richiama la giurisprudenza poc’anzi indicata, secondo cui, nell’attività istruttoria del procedimento di bonifica, il contraddittorio procedimentale si appalesa necessario in particolare per gli accertamenti analitici (v. T.A.R. Lombardia, Sez. I, n. 1913/2007, cit.): ciò, atteso che l’onere di effettuare gli accertamenti in contraddittorio con le parti interessate risponde ad evidenti ragioni di trasparenza e pubblicità, principi del diritto vivente cui la P.A. si deve uniformare in ogni momento della propria azione, oltre che all’interesse pubblico all’imparzialità dell’azione amministrativa. Va poi rilevato che, ad avviso di altra giurisprudenza, in materia sarebbe applicabile l’art. 223 disp. att. c.p.p., secondo cui, qualora, nel corso di attività ispettive o di vigilanza previste da leggi o decreti, si debbano eseguire analisi di campioni per le quali non è prevista la revisione, l’organo procedente deve, anche oralmente, dare avviso all’interessato dell’ora e del luogo di effettuazione delle analisi, in funzione del diritto dello stesso di presenziare a queste, di persona o tramite persona di fiducia da lui designata, eventualmente con l’assistenza di un consulente tecnico (cfr. T.A.R., Lombardia, Sez. I, 11 novembre 2003, n. 4982, che, in proposito, ricorda l’orientamento della Cassazione, per cui la disposizione è applicabile anche alle analisi di campioni finalizzate a verificare l’esistenza di illeciti puniti con sanzioni amministrative).
Nemmeno sarebbe fondata l’obiezione che nella vicenda in parola, trattandosi dell’imposizione, tra l’altro, (anche) di misure di messa in sicurezza di emergenza, vi sarebbero esigenze di celerità del procedimento, tali da giustificare, ai sensi dell’art. 7, comma 1, primo periodo, della l. n. 241/1990, l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e di tutta la fase della partecipazione al procedimento stesso. Invero, la tempistica dell’azione amministrativa smentisce già di per se stessa l’attendibilità di ogni giustificazione basata sull’urgenza del provvedere, all’uopo non potendo certo bastare la mera tipologia emergenziale degli interventi imposti: tale (pretesa) tipologia è, peraltro, in radice contraddetta dalla stessa natura degli interventi (la barriera fisica, ma anche quella idraulica), che richiedono certamente tempi non brevi per il loro completamento (v. subito infra).
Da ultimo non appare invocabile, sul punto, neppure l’art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990, non avendo la P.A. fornito in giudizio la prova che, anche con la partecipazione della controparte, il provvedimento finale non avrebbe potuto avere un contenuto differente da quello contestato (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 762/2009, cit.).
Venendo alle censure formulate avverso le singole prescrizioni impartite con il decreto direttoriale impugnato, devono essere, in primo luogo, accolte quelle formulate nei confronti della prescrizione di realizzare una barriera fisica di confinamento dell’area. Invero, il fatto che detta prescrizione non sia stata riproposta né nella Conferenza di Servizi dell’11 giugno 2008, né in quella del 10 febbraio 2009, non comporta di per sé la sopravvenuta carenza di interesse e, pertanto, l’improcedibilità sul punto del gravame, in difetto di un’esplicita revoca della prescrizione stessa.
L’imposizione della realizzazione della predetta barriera è illegittima, giacché questa costituisce una misura priva di adeguata istruttoria e di motivazione in grado di giustificarne l’adozione. Ne deriva che è fondato e va accolto il motivo rubricato come C.I nel ricorso originario.
Osserva, sul punto, il Collegio che la misura della cd. barriera fisica non risulta supportata, negli atti impugnati, da adeguati accertamenti tecnici o da altre spiegazioni, che la indichino come l’unico od il miglior sistema per evitare la diffusione dell’inquinamento: perciò, ha natura di mera (e del tutto inidonea) formula di stile il riferimento, contenuto nel verbale della Conferenza di Servizi decisoria del 13 dicembre 2006, ad un’ampia ed approfondita discussione. Ed in proposito va aggiunto come l’obbligo di un’esaustiva motivazione della prescrizione – rimasto inadempiuto – discendesse anche dalla rilevante onerosità e complessità tecnica di questa, che necessita di tempi notevolmente lunghi per il suo completamento.
A prescindere dalla valutazione di altre misure, di minore complessità ed onerosità, resta fermo che, secondo la giurisprudenza (T.A.R. Puglia, Lecce. Sez. I, 11 giugno 2007, n. 2247), anche di questa Sezione (T.A.R. Toscana, Sez. II, 14 ottobre 2009, n. 1540; id., 18 dicembre 2009, n. 3973), la P.A. è tenuta a valutare ed accertare non solo l’inefficacia di misure meno invasive della barriera fisica, ma anche l’effettiva necessità, efficacia e realizzabilità del sistema di contenimento fisico. Pertanto, l’opzione per detto sistema, ovvero per un utilizzo combinato delle differenti tipologie di intervento, avrebbe potuto legittimamente avere luogo soltanto all’esito di un’analisi comparativa tra le diverse alternative in discorso, in ragione delle specifiche caratteristiche dell’area. L’analisi comparativa si sarebbe dovuta incentrare sull’efficacia delle diverse alternative nel raggiungere gli obiettivi finali, nonché sulle concentrazioni residue, sui tempi di esecuzione e sulla loro compatibilità con l’urgenza del provvedere, e sull’impatto rispetto all’ambiente circostante gli interventi (T.A.R. Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.). In sintesi, detta analisi avrebbe dovuto implicare la valutazione comparativa dei vantaggi e degli svantaggi delle differenti opzioni sul campo, con necessaria precisazione, da parte della P.A., non solo dei vantaggi effettivi connessi alla realizzazione della barriera fisica, ma anche della comparazione con i relativi svantaggi, fornendo la prova di aver adeguatamente valutato questi ultimi.
Sul punto, il Collegio ritiene di aderire al quadro istruttorio e motivazionale delineato, con riguardo alla scelta del sistema della barriera fisica, dalla giurisprudenza poc’anzi richiamata (T.A.R. Puglia, Lecce, Sez. I, n. 2247/2007, cit.), secondo la quale la scelta in parola richiede:
a) un’attenta istruttoria circa gli effetti che l’indicata barriera avrebbe sortito sulle dinamiche idriche e geologiche dell’area sottostante;
b) un’altrettanto attenta istruttoria sulle possibili interazioni tre i due modelli di barriera ipotizzabili (idraulica e fisica), al fine di evitare duplicazioni di interventi, con inutile aggravio dei costi, nonché interazioni negative comportanti aggravamento dei rischi che si intendevano scongiurare. A questo proposito deve, anzi, rilevarsi come nel caso di specie il difetto di istruttoria e di motivazione risulti tanto più grave, alla stregua della circostanza che viene imposta contestualmente la realizzazione sia della barriera fisica, sia di quella idraulica mediante almeno due pozzi di emungimento;
c) un’analisi costi/benefici in merito alle quantità di materiale contaminato di cui la realizzazione dell’opera avrebbe richiesto la movimentazione.
In argomento altra giurisprudenza ha sottolineato l’esigenza di sottoporre l’opera di confinamento fisico delle acque ad un’analisi dell’impatto che essa ha sul territorio circostante, onde scongiurare che produca sull’ambiente più problemi di quelli che tende a risolvere (T.A.R. Sardegna, Sez. II, 12 febbraio 2008, n. 165). Si è, anzi, specificato (cfr. T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 20 luglio 2007, n. 1254) che l’opera è soggetta a procedura obbligatoria di valutazione di impatto ambientale, ai sensi sia del d.lgs. n. 152/2006, sia del precedente art. 1, comma 1, lett. l), del d.p.c.m. n. 377/1988.
Orbene – come già sottolineato – dall’esame complessivo degli atti di causa non emerge che la P.A. abbia svolto i suddetti approfondimenti istruttori, in specie le suesposte valutazioni e comparazioni, né che abbia corredato la propria opzione in favore del modello del contenimento fisico del congruo apparato motivazionale, che invece si rendeva necessario.
Ne discende che l’omissione della doverosa indicazione degli elementi tecnici, in base ai quali si è ritenuto di prescrivere l’intervento di confinamento fisico, determina l’illegittimità della decisione assunta, giacché viziata da un uso arbitrario della discrezionalità tecnica. La giurisprudenza (T.A.R. Sardegna, Sez. II, n. 165/2008 cit., concernente l’imposizione, immotivata e carente di un’adeguata istruttoria, della barriera fisica quale misura per la messa in sicurezza d’emergenza) ha chiarito, sul punto, che la sindacabilità della scelta di siffatte misure si correla al principio per il quale il giudice amministrativo ha poteri di controllo della discrezionalità tecnica, che si spingono fino alla verifica diretta dell’attendibilità delle operazioni tecniche, in relazione alla loro correttezza sotto gli aspetti del criterio tecnico e del procedimento applicativo, ma senza sostituirsi alla P.A. nell’effettuazione di valutazioni opinabili (v. in argomento C.d.S., Sez. VI, 7 novembre 2005, n. 6152).
Per quanto detto, risulta altrettanto illegittima la prescrizione concernente il progetto di bonifica del sito, giacché tale progetto avrebbe dovuto basarsi anch’esso sul confinamento fisico.
È, del pari, fondata e da accogliere la doglianza di illegittimità dell’ordine di bonifica dei terreni e delle acque dalla contaminazione dei metalli pesanti per la mancata individuazione, a carico della ERG Petroli S.p.A., di profili di responsabilità nella suddetta contaminazione, alla luce dell’attività svolta dalla società in questione.
La fondatezza della doglianza – rubricata nel ricorso originario sub C.III e poi reiterata in quelli per motivi aggiunti – si desume dal fatto che la Conferenza di Servizi del 19 dicembre 2006 individua, come obbligato agli interventi, “il soggetto titolare dell’area ex P.V. ERG Petroli” (così, per quanto concerne la messa in sicurezza di emergenza, espressamente p. 21 del verbale), ma, poi, addossa le prescrizioni alla società ricorrente: in tal modo, tuttavia, la P.A. incorre nell’equivoco di considerare la società come proprietaria dell’area, anziché del solo impianto di distribuzione dei carburanti sito su questa, e, comunque, mostra di trascurare l’importanza di un simile elemento.
Come questa Sezione ha più volte avuto modo di affermare (cfr., ex multis, T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 aprile 2009, n. 665; id., 6 maggio 2009, n. 762), tanto la disciplina di cui al d.lgs. n. 22/1997 (in particolare, l’art. 17, comma 2), quanto quella introdotta dal d.lgs. n. 152/2006 (ed in particolare, gli artt. 240 e segg.), si ispirano al principio secondo cui l’obbligo di adottare le misure, sia urgenti che definitive, idonee a fronteggiare la situazione di inquinamento, è a carico unicamente di colui che di tale situazione sia responsabile, per avervi dato causa a titolo di dolo o colpa: l’obbligo di bonifica o di messa in sicurezza non può essere invece addossato al proprietario incolpevole, ove manchi ogni sua responsabilità (cfr., nello stesso senso, T.A.R. Sicilia, Catania, Sez. I, 26 luglio 2007, n. 1254). L’Amministrazione non può, perciò, imporre ai privati che non abbiano alcuna responsabilità diretta sull’origine del fenomeno contestato, ma che vengano individuati solo quali proprietari del bene, lo svolgimento delle attività di recupero e di risanamento (così, nel vigore della precedente disciplina, T.A.R. Veneto, Sez. II, 2 febbraio 2002, n. 320). L’enunciato è conforme al principio “chi inquina, paga”, cui si ispira la normativa comunitaria (cfr. art. 174, ex art. 130/R, del Trattato CE), la quale impone al soggetto che fa correre un rischio di inquinamento di sostenere i costi della prevenzione o della riparazione.
Tale impostazione, sancita dal d.lgs. n. 22/1997, risulta, come detto, confermata e specificata dagli artt. 240 e segg. del d.lgs. n. 152/2006 (cd. Codice Ambiente), dai quali si desume l’addossamento dell’obbligo di effettuare gli interventi di recupero ambientale, anche di carattere emergenziale, al responsabile dell’inquinamento, che potrebbe benissimo non coincidere con il proprietario ovvero il gestore dell’area interessata (T.A.R. Toscana, Sez. II, n. 665/2009, cit.).
Va precisato, in argomento, che il principio “chi inquina, paga” vale, altresì, per le misure di messa in sicurezza d’emergenza. Infatti, anche l’adozione delle misure di messa in sicurezza d’emergenza è addossata dalla normativa in discorso al soggetto responsabile dell’inquinamento (cfr. art. 242 del d.lgs. n. 152 cit.).
Si deve sottolineare che a carico del proprietario dell’area inquinata, che non sia altresì qualificabile come responsabile dell’inquinamento, non incombe alcun obbligo di porre in essere gli interventi in parola, ma solo la facoltà di eseguirli per mantenere l’area interessata libera da pesi. Dal combinato disposto degli artt. 244, 250 e 253 del Codice ambiente si ricava infatti che, nell’ipotesi di mancata esecuzione degli interventi ambientali in esame da parte del responsabile dell’inquinamento, ovvero di mancata individuazione dello stesso – e sempreché non provvedano né il proprietario del sito, né altri soggetti interessati – le opere di recupero ambientale sono eseguite dalla P.A. competente, che potrà rivalersi sul soggetto responsabile nei limiti del valore dell’area bonificata, anche esercitando, ove la rivalsa non vada a buon fine, le garanzie gravanti sul terreno oggetti dei medesimi interventi (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 10 luglio 2007, n. 5355; T.A.R. Toscana, Sez. II, 17 settembre 2009, n. 1448).
Facendo applicazione dell’ora visto principio al caso di specie, emerge con tutta evidenza come in questo la P.A. non abbia proceduto ad alcuna verifica della sussistenza, in capo alla ricorrente, del requisito della responsabilità colpevole. Ciò vale, anzitutto, per quanto concerne la prescrizione di bonifica dei terreni contaminati da metalli pesanti, poiché la P.A. non ha svolto alcuna verifica circa la compatibilità tra l’attività svolta dalla ricorrente e la suddetta contaminazione. In argomento vi è, anzi, un indizio di evidente perplessità nello stesso verbale della Conferenza del 13 dicembre 2006, lì dove si fa riferimento alla possibilità che la presenza di metalli pesanti nei terreni sia da ascrivere al materiale di riporto (p .18): è, perciò, palese che su questo punto la P.A. avrebbe dovuto svolgere un approfondimento istruttorio, al fine di sgombrare il campo dai dubbi da essa stessa sollevati, e – quantomeno per il momento – non procedere all’imposizione a carico della società di alcun progetto di bonifica, com’è invece avvenuto.
La doglianza risulta, altresì, fondata, con riguardo alle Conferenze di Servizi dell’11 giugno 2008 e del 10 febbraio 2009, impugnate con i motivi aggiunti. Ed invero, anche in queste l’individuazione del soggetto obbligato ad interventi di messa in sicurezza d’emergenza e poi di bonifica, avviene in base alla mera qualità di titolare dell’area (cfr. p. 6, punto K), del verbale della Conferenza dell’11 giugno 2008, nonché pp. 12-13 del verbale di quella svoltasi il 10 febbraio 2009): anche stavolta si ripresenta, allora, l’equivoco – non dissipato dall’Amministrazione – dell’imposizione di misure a carico di un soggetto che è proprietario soltanto dell’impianto di distribuzione dei carburanti e per il quale, pertanto, dovrebbe essere preventivamente accertata la qualità di soggetto (cor)responsabile, almeno, della situazione di inquinamento.
In buona sostanza, in tutte le Conferenze di Servizi che si sono menzionate la ERG Petroli S.p.A. è considerata unicamente nella sua veste di soggetto proprietario ed in tale sua qualità è evocata quale destinataria delle prescrizioni assunte con dette Conferenze. Così facendo, tuttavia, la P.A. utilizza illegittimamente – come si è esposto – il criterio dominicale, in luogo di quello della responsabilità colpevole, ai fini dell’individuazione del destinatario delle prescrizioni tese al risanamento del sito contaminato.
Per quanto finora detto, dunque:
1) il ricorso originario risulta fondato con riferimento alle censure rubricate sub B.III, C.I e C.III, mentre con riferimento alle doglianze mosse avverso la prescrizione riguardante la misurazione del piombo tetraetile (C.II) e le altre prescrizioni minori (C.IV) risulta assorbente, come già accennato, la censura di violazione delle regole in materia di partecipazione procedimentale, enunciata in linea generale sub C.I;
2) il ricorso per motivi aggiunti depositato il 28 dicembre 2007, rivolto avverso i medesimi atti già impugnati con il ricorso originario, può essere assorbito nella parte in cui si limita a riproporre (sub I.1) la doglianza di difetto di istruttoria sotto il profilo dell’(omessa) individuazione del responsabile dell’inquinamento, che risulta già fondata in base all’atto introduttivo del giudizio;
3) i ricorsi per motivi aggiunti depositati in data 11 settembre 2008 e 29 maggio 2009 sono a loro volta fondati quanto alle censure rubricate, rispettivamente, per il primo sub IV.2 a) e IV.2 b), e per il secondo sub IV.2 a), IV.2 b), V.1 a) e V.1 b), in considerazione della violazione delle regole sulla partecipazione procedimentale e di quelle che impongono di addossare gli interventi al responsabile dell’inquinamento.
Inoltre, i ricorsi per motivi aggiunti risultano fondati relativamente alle censure con cui si sottolinea la contraddittorietà dell’operato della P.A., per il contrasto tra la proposta di accordo di programma da essa predisposta, da un lato, e le prescrizioni oggetto di impugnazione, dall’altro.
In particolare, è fondata la doglianza volta a rimarcare la contraddittorietà tra il presupposto su cui è basata la predetta proposta – quello di prevedere un intervento coordinato ed unitario riguardante il sito di bonifica nella sua interezza e non i singoli terreni che vi sono ricompresi – e le misure dettate con le diverse Conferenze di Servizi, che hanno ad oggetto interventi sulle singole aree di proprietà. Si tratta di doglianza rubricata sub I.3 del ricorso per motivi aggiunti depositato in data 28 dicembre 2007, e sub II.2 di quello depositato l’11 settembre 2008, nonché di quello depositato il 29 maggio 2009.
Nel caso di specie è, pertanto, rinvenibile il vizio di eccesso di potere per contraddittorietà, che, per la giurisprudenza, si può configurare laddove gli atti in asserita contraddizione provengano da una stessa autorità, onde si possa ritenere che questa, adottando di volta in volta soluzioni diverse, abbia inteso usare della sua potestà discrezionale per cause mutevoli, non aderenti al fini istituzionale che è assegnato dalla norma attributiva del potere (T.A.R. Sardegna, Sez. I, 26 gennaio 2010, n. 85; v., pure, T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 6 maggio 2009, n. 4740, secondo cui è illegittimo per eccesso di potere per contraddittorietà il provvedimento che presenti contraddizioni od incongruenze rispetto a precedenti valutazioni della medesima P.A., o quando sussistano più manifestazioni di volontà dello stesso Ente che si pongano tra loro in contrasto).
Le violazioni evidenziate sono sufficienti, per il loro carattere assorbente, a determinare l’integrale accoglimento tanto del ricorso originario, quanto di quelli per motivi aggiunti, attesa la fondatezza delle doglianze sopra riportate – con l’eccezione di quelle relative al vizio di incompetenza, sotto i molteplici profili analizzati, e di mancata acquisizione dei pareri e dei concerti prescritti – restando
assorbite le ulteriori censure.
Per conseguenza, debbono essere annullati gli atti impugnati, nella parte in cui recano prescrizioni a carico della ricorrente ERG Petroli S.p.A..
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo nei confronti del Ministero dell’Ambiente, mentre sono compensate nei confronti delle altre parti, non costituitesi in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Seconda Sezione, così definitivamente pronunciando sul ricorso originario e su quelli per motivi aggiunti indicati in epigrafe, li accoglie e per l’effetto annulla gli atti con gli stessi impugnati, nei termini di cui in motivazione.
Condanna il Ministero dell’Ambiente al pagamento alla ricorrente di spese ed onorari di causa, che liquida in misura forfettaria in complessivi € 8.000,00 (ottomila/00), più I.V.A. e C.P.A. come per legge,
Compensa le spese nei confronti di tutte le altre parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze, nella Camera di consiglio del giorno 4 febbraio 2010, con l’intervento dei Magistrati:
Maurizio Nicolosi, Presidente
Bernardo Massari, Consigliere
Pietro De Berardinis, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/07/2010