Cass. Sez. III sent. 20468 del 25 maggio 2007 (Ud. 4 apr. 2007)
Pres. Papa Est. Franco Ric. Ciaramita
Caccia e animali. Detenzione animali in condizioni incompatibili

Nel caso in cui un cane pastore tedesco versi in una situazione di grave incuria e di pessima situazione igienica, legato ad una catena lunga appena due metri, e quindi esigua rispetto alle sue dimensioni e che non gli permette i movimenti naturali per lungo lasso di tempo, e soprattutto, sia lasciato per tutto il giorno d'estate in una zona priva di ombra e di alcun riparo che gli permetta di ripararsi dalla elevata temperatura del sole di agosto, temperatura ugualmente se non ancor più elevata all'interno della cuccia anch'essa esposta al sole, il comportamento posto in essere dal detentore dell’animale non è caratterizzato dalla ferocia e dalla volontà di arrecare al cane atroci sofferenze e quindi non dà luogo a sevizie, ma è comunque produttivo di gravi sofferenze per l'animale, determinate non solo dalla sporcizia del luogo e dall'incuria, ma soprattutto dall'essere praticamente privato della possibilità di movimento e dall'essere costretto a stare durante le ore più calde delle giornate di agosto in un luogo assolato o in una cuccia soffocante, priva a sua volta di una idonea tettoia. Ne consegue che il reato configurabile è quello di cui all’articolo 727 c.p. e non quello di cui all’articolo 544 ter c.p.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza in epigrafe il giudice del tribunale di Trapani, derubricata e diversamente qualificata la contestata imputazione di cui all'art. 544 ter c.p.p., dichiarò C.L. colpevole del reato di cui all'art. 727 c.p., limitatamente al cane di razza pastore tedesco, per averlo detenuto in condizioni incompatibili con la sua natura e produttive di gravi sofferenze, e lo condannò alla pena di Euro 1.500,00, di ammenda, mentre lo assolse relativamente alla condotta relativa al cane di razza dobermann. L'imputato propone ricorso per cassazione deducendo:

1) violazione degli artt. 727 e 2 c.p., comma 4, e art. 25 Cost., con riferimento alla ritenuta configurabilità della fattispecie di cui all'art. 727 c.p., come novellata dalla L. n. 189 del 2004, per mancanza o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla omessa specificazione della frazione di condotta asseritamente produttiva di gravi sofferenze. Osserva che il giudice ha escluso il contestato reato di cui all'art. 544 ter c.p., per mancanza del dolo che caratterizza l'ipotesi delle sevizie ed ha applicato il nuovo testo dell'art. 727 c.p., senza però motivare sulla sussistenza dell'elemento costitutivo del reato dato dal fatto che la detersione in condizioni incompatibili con la natura dell'animale deve essere produttiva di gravi sofferenze.

2) violazione dell'art. 727 c.p., per mancanza o manifesta illogicità della motivazione, in ordine circostanza che l'animale fosse detenuto in condizioni incompatibili con la propria natura, in quanto il cane era in discrete condizioni generale ed egli lo accudiva rifornendolo di acqua e cibo ogni giorno, lo cospargeva periodicamente di antiparassitario, lo teneva legato ad una catena sufficientemente lunga di cinque o sei metri, e lo aveva fornito di una cuccia con due entrate in grado di dargli riparo dal sole ed aerazione.


MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorso si articola, in realtà censure in fatto non proponibili in questa sede processuale, ed è comunque infondato.

Nella specie, invero, trova applicazione, del fatto, non proponibili in questa sede processuale, ed è comunque infondato.

Nella specie, invero, trova applicazione la L. 20 luglio 2004, n. 189, entrata in vigore il 1 agosto 2004, e quindi in data anteriore alla commissione del fatto, e precisamente dell'art. 727 c.p., comma 2, come riformulato da detta legge, che punisce "chiunque detiene animali in condizioni incompatibili con la loro natura, e produttive di gravi sofferenze".

Orbene, esattamente il giudice del merito ha ritenuto che non poteva parlarsi delle contestate sevizie, che presuppongono una particolare crudeltà e ferocia verso l'animale ed un dolo specifico costituto dalla volontà di arrecare un tormento atroce, ed ha ritenuto con corretta applicazione delle norme di diritto e con congrua, specifica ed adeguata motivazione sussistenti i due elementi costitutivi del reato in questione, ossia la detenzione dell'animale in condizioni incompatibili con la sua natura e le gravi sofferenze prodotte da tale detenzione.

Sotto il proprio profilo, invero, ha osservato che era stato accertato che il pastore tedesco versava in una situazione di grave incuria e di pessima situazione igienica, che era legato ad una catena lunga appena due metri, e quindi esigua rispetto alle sue dimensioni e che non gli permetteva i movimenti naturali per lungo tasso di tempo, e soprattutto era lasciato per tutto il giorno d'estate in una zona del cantiere priva d'ombra e di alcun riparo gli permettesse di ripararsi dalla elevata temperatura del sole di agosto, temperatura ugualmente se non ancor più elevata all'interno della cuccia anch'essa esposta al sole. Sotto il secondo profilo, il giudice ha osservato che tale comportamento, se pure non era caratterizzato dalla ferocia e dalla volontà di arrecare al cane atrocisofferenze, e quindi non dava luogo a sevizie, era comunque produttivo di gravi sofferenze per l'animale, determinate non solo dalla sporcizia del luogo e dall'incurie, ma soprattutto dall'essere praticamente privato della possibilità di movimento e dall'essere e costretto a stare durante le ore più calde della giornata di agosto in un cantiere assolato o in una cuccia soffocante, priva a sua volta di una idonea tettoia.

Trattandosi di motivazione adeguata e scevra di vizi logici, il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Corte Suprema Di Cassazione, il 4 aprile 2007.