Archeologia industriale: la (difficile) tutela culturale dei siti produttivi e dei complessi industriali

di Davide GAMBETTA

SOMMARIO 1. La nozione di archeologia industriale 2. La tutela culturale dell’archeologia industriale 3. Archeologia industriale e superamento della concezione estetizzante del bene culturale: la tutela della “testimonianza” 4. La tutela di siti industriali complessi con strutture diversamente rilevanti dal punto di vista culturale 5. La soluzione della giurisprudenza e la necessità di considerare le strutture presenti nelle loro interrelazioni funzionali 6. Ammissibilità dello stralcio selettivo di aree del sito industriale dalla tutela: premesse teoriche 7. Casistica giurisprudenziale della tutela per stralci selezionati: il caso del vincolo che escluda aree non funzionali

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Tra gli aspetti più attuali e delicati collegati alla tutela dei beni culturali, in particolare immobili, rientra certamente la complessa questione dell’archeologia industriale che, anche per ragioni storiche, ha in certa misura tardato a radicarsi nella prassi e nel tessuto giurisprudenziale.

L’indagine sulla produzione pretoria relativa ai vincoli imposti su complessi edilizi per ragioni di tutela dell’archeologia industriale restituisce l’immagine di una progressiva evoluzione verso forme sempre più consapevoli e teoricamente solide di protezione. In questa cornice, tra le questioni maggiormente complesse, rientra quella della tutela di impianti aventi geografia complessa o comunque caratterizzati da una significativa disomogeneità culturale, che evoca anche la necessità di valutare una possibile tutela “per stralci”. A questi ultimi profili è sinteticamente dedicata la presente indagine.

  1. La nozione di archeologia industriale

L’archeologia industriale concerne le testimonianze di civiltà che riguardano i procedimenti di industrializzazione, in particolare in relazione alle opere della scienza e della tecnica, e più in generale le attività economiche. Si tratta di una nozione certamente complessa, in parte dai contorni ancora indefiniti e dall’identità semantica di non piana ricostruibilità, sviluppatasi nel mondo anglosassone dagli anni cinquanta 1.

Tale branca della scienza archeologica attinge quindi certamente luoghi e oggetti a vario titolo collegati con i processi produttivi, con le attività economiche, con la scienza e la tecnica sviluppatesi nel tempo in particolare dalla rivoluzione industriale.

Le testimonianze oggetto di maggiore attenzione in questa prospettiva sono certamente, dal punto di vista immobiliare, costituite da fabbriche, impianti, complessi, strutture e siti produttivi, mentre dal punto di vista mobiliare, vengono in rilievo macchinari, strumenti, attrezzature ma anche prodotti finali dei procedimenti di lavorazione. Non può poi disconoscersi un pure cospicuo patrimonio culturale immateriale che avvolge amnioticamente questi beni fisici e che è costituito dal know how, dalle tecniche, dalle lavorazioni, dalla storia dei processi collegati all’industria.

  1. La tutela culturale dell’archeologia industriale

La tutela dei beni culturali collegati all’archeologia industriale sconta anzitutto i limiti dei testi normativi e in particolare del Codice dei beni culturali2, che non riserva allo specifico tema considerazioni articolate e organiche, né appresta forme di tutela apposite.

Nell’art. 10 del Codice, che contiene l’individuazione analitica delle categorie di beni aventi rilevanza culturale, vi è un pertinente riferimento in tal senso rintracciabile nel comma terzo lettera, d). Si prevede in particolare che possano essere dichiarati beni culturali a seguito di dichiarazione 3 le « cose immobili e mobili, a chiunque appartenenti, che rivestono un interesse, particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell'arte, della scienza, della tecnica, dell'industria e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell'identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose ». Dunque, ai fini della qualificazione in termini di bene culturale è rilevante anche un collegamento funzionale alla storia « della scienza, della tecnica, dell’industria».

Proprio sviluppando questo particolare inciso al di là di alcuni storici restrittivi perimetri si avviluppa nella categoria l’intero compendio dei beni, mobili e immobili, collegati alla storia industriale e più in generale alle attività economiche.

Ciò da luogo a una categoria evidentemente problematica, in particolare perché la storia industriale giunge sino all’epoca moderna e, dunque i beni, mobili e immobili, di archeologia industriale finiscono per irradiarsi fino alla realtà contemporanea.

  1. Archeologia industriale e superamento della concezione estetizzante del bene culturale: la tutela della “testimonianza”

Con riguardo ai beni culturali collegati all’archeologia industriale è evidente l’inapplicabilità di una concezione anche soltanto latamente estetizzante, in particolare con riferimento ai siti, agli impianti, alle fabbriche e alle strutture destinate alle lavorazioni.

In effetti, è sin troppo evidente come assai spesso i beni collegati con i processi di industrializzazione e le realtà produttive possano essere anche lontani da una concezione classica di bellezza estetica dal punto di vista architettonico: ciò avviene in particolare per i beni immobili, cioè siti, impianti, strutture, fabbriche, officine, opifici 4 che sono infatti pensati di norma in ottica strettamente utilitaristica e congegnati nel miglior interesse della produzione e del lavoro, senza particolare attenzione alle velleità estetiche.

Come condivisibilmente osservato dalla giurisprudenza già da tempo 5, oggetto della tutela, nel caso dei beni di archeologia industriale, non è affatto la dimensione estetica, bensì l’intrinseco valore storico-culturale. Ciò rende del tutto irrilevante ogni riflessione sulla dimensione estetica, che non assume rilievo ai fini dell’indagine sulla natura culturale. Proprio per questa ragione i beni di archeologia industriale sono particolarmente rappresentativi nello studio della dimensione non estetizzante della natura culturale, intesa nel senso proprio di testimonianza.

  1. La tutela di siti industriali complessi con strutture diversamente rilevanti dal punto di vista culturale

Storico problema collegato ai siti industriali è dovuto alla complessità della loro geografia interna e alla costante tendenza evolutiva cui sono sottoposti nel corso della propria esistenza, in particolare ove vi sia concretamente svolta attività industriale. In altri termini, i siti industriali, a differenza di quelli monumentali classici, assai spesso evolvono nel tempo sia nell’ampiezza che nella sostanza: vengono ampliati, razionalizzati, ristrutturati, riorganizzati, rimaneggiati.

Ciò genera storiche problematiche: la prima è che all’interno di un medesimo sito industriale possano esservi più immobili, coevi o meno, aventi qualità e caratteristiche architettoniche anche profondamente diverse6. Ciò avviene di norma per motivi legati al funzionamento industriale: alcune strutture hanno caratteristiche anche architettoniche particolari solitamente in conseguenza della funzione che assolvono nel ciclo produttivo7.

  1. La soluzione della giurisprudenza e la necessità di considerare le strutture presenti nelle loro interrelazioni funzionali

A tale ultimo proposito soccorre inequivocabilmente la stessa giurisprudenza già citata che, a fugare ogni equivoco, ha ribadito come oggetto della tutela non sia affatto la bellezza architettonica dell’edificio, talché l’impianto dovrà essere assoggettato a tutela avendo in esclusiva considerazione la rilevanza storico artistica delle strutture 8 e non certamente il pregio individuale atomistico di questo o quel manufatto o di questa o quella porzione.

Per di più l’indagine sul valore culturale principia avendo a riguardo l’intero complesso delle strutture considerate nelle loro interrelazione funzionale. La tutela dovrà cioè guardare al sito, avendo in considerazione non il pregio del singolo esempio architettonico 9, bensì l’importanza storico-artistica del sito per l’evoluzione della scienza e della tecnica nella particolare prospettiva dei procedimenti di industrializzazione.

  1. Ammissibilità dello stralcio selettivo di aree del sito industriale dalla tutela: premesse teoriche

Tale valutazione tende dunque ad abbracciare gli impianti complessi nella loro integralità, ma resta aperta la questione della potenziale ammissibilità di uno stralcio selettivo di aree caratterizzate da un minor pregio dal punto di vista della rilevanza storico-culturale.

Per i motivi già richiamati, infatti, possono darsi siti nei quali siano presenti strutture di disomogenea età costruttiva, caratteristiche e pregio intrinseco 10, non soltanto dal punto di vista dell’architettura, ma anche del legame con la storia industriale e, dunque, in ultima analisi, del valore culturale. In altri termini un impianto può essere costituito da più aree di diversa datazione e destinate a diversa funzione, alcune delle quali molto più recenti e prive, anche per le loro caratteristiche, di un collegamento saldo con la storia industriale.

Lo stralcio selettivo appare però concettualmente ostacolato dalle premesse pocanzi richiamate dalla sostanziale unità organizzativa e funzionale che di norma caratterizza gli impianti: l’identità storico-culturale, in altri termini, si riscontra spesso proprio nella complessità anche geografica e strutturale dell’unico sito, con le sue parti aventi diverse nature e datazioni, talché l’avulsione di singole particole rischierebbe di compromettere la logica della tutela.

  1. Casistica giurisprudenziale della tutela per stralci selezionati: il caso del vincolo che escluda aree non funzionali

Soccorre a tal proposito la produzione pretoria. La questione sembra infatti essersi posta anche di recente in giurisprudenza 11, con riguardo a un procedimento di tutela attivato su sollecitazione del privato in relazione a un intero complesso, conclusosi con l’apposizione del vincolo a una parte selezionata dell’area, con l’esclusione di una zona destinata a verde e dalla recinzione esistente, costituita da uno zoccolo in sasso e dalle relative aderenze. Per di più, la struttura industriale si espandeva anche nel sottosuolo e, in corrispondenza della porzione stralciata, ivi si collocavano vasche di lavorazione.

Il giudice ha concluso per la legittimità del decreto ministeriale di vincolo “selettivo”, ritenendo che la documentazione a corredo del provvedimento e l’istruttoria eseguita ben dimostrassero la rilevanza culturale dei soli beni sottoposti a protezione e, dunque, ben potessero essere esclusi dalla sfera della tutela l’area destinata a verde e la recinzione, ove per tali parti non fosse stata appurata la rilevanza culturale e il collegamento con la dimensione storico-culturale 12.

La produzione pretoria sembra dunque corroborare l’idea che lo stralcio di aree non funzionali dal vincolo sia possibile, quando l’istruttoria e la motivazione provino in modo sostanziale l’estraneità alla dimensione culturale considerata come riferibilità alla storia industriale.

1 * Avvocato, docente di “diritto del patrimonio culturale e museale” nel Master Europeo di I livello della LIMEC SSML, dottorando di ricerca in scienze giuridiche e politiche.

B. Corti, sub lemma Archeologia industriale, in Enciclopedia Italiana, 1991, ora in www.treccani.it

2 Decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.

3 Nelle forme di cui all’art. 13 del medesimo Codice.

4 Pur non mancando anche significativi e ricorrenti casi di impianti o altre costruzioni realizzate con particolare riguardo a offrire un risultato estetico apprezzabile. Vi sono anche celebri progetti di siti industriali realizzati da personalità apprezzate legate al mondo dell’architettura e del design. Si tratta di tendenze prevalentemente recenti.

5 In particolare Cons. Stato, VI, 7 settembre 2006, n. 5167, Pres. Giovannini, Est. Scola anche riportato in R. Chieppa (a cura di), Giudice amministrativo, in Aedon, 2006, n. 3.

6 Ciò avviene quando ad esempio un immobile, di norma il corpo avente funzione nodale e di rappresentanza, ha un determinato stile e prestigio anche architettonico, altri corpi accessori no.

7 Così, nel caso di un sito destinato alla produzione di determinate tipologie di alcolici, è ben possibile che una struttura di produzione abbia, quanto ai suoi corpi nodali nella lavorazione, un ampio complesso anche sotterraneo di vasche e di aree per la produzione. Si veda, per un caso significativo, T.A.R. Veneto, II, 15 febbraio 2011, n. 235.

8 Cons. Stato, VI, 7 settembre 2006, n. 5167.

9 Come avverrebbe appunto nel caso di puntiforme tutela di un bene per ragioni schiettamente architettoniche.

10 Ad esempio può ben darsi il caso di una fabbrica storica costituente il corpo centrale di un più complesso sito industriale progressivamente stratificatosi nel tempo con la realizzazione di nuovi immobili a servizio del primo. In questo caso, le singole parti dell’impianto hanno età, stili, valori e funzioni diversificate.

11 Un caso significativo è stato deciso da T.A.R. Veneto, II, 12 dicembre 2012, n. 1532.

12 « a fronte dell’avvenuta individuazione del perimetro dell’ambito da tutelare, non comprendente anche la recinzione in sasso e parte dell’area esterna al perimetro dell’edificio, nessuna censura in tal senso può essere mossa al decreto ministeriale ».