Al Consiglio di Stato interessa cosa dice la Corte costituzionale in materia di tutela del paesaggio?
di Stefano DELIPERI
Una recente pronuncia del Consiglio di Stato in tema di rapporti fra tutela del paesaggio e disciplina urbanistica non può che far discutere.
La sentenza Cons. Stato, Sez. VI, 15 novembre 2016, n. 4707 ha respinto il ricorso del Ministero per i Beni e Attività Culturali e il Turismo avverso la sentenza T.A.R. Sardegna, 11 novembre 2016, n. 930, che, a sua volta, aveva accolto il ricorso di due residenti di Carloforte (CI) avverso il provvedimento di diniego di autorizzazione paesaggistica – e in particolare del parere vincolante espresso dalla Soprintendenza cagliaritana – per la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria di un edificio nella località Montagna, in zona “E – agricola” del vigente strumento urbanistico comunale.
Desta fortissime perplessità la motivazione di maggior rilievo espressa dal Giudice dell’appello riguardo la prevalenza delle disposizioni urbanistiche di cui al c.d. piano per l’edilizia o piano casa contenute nella legge regionale Sardegna n. 4/2009 e s.m.i. sulla normativa di tutela ambientale e, specificamente, il piano paesaggistico regionale (1° stralcio costiero), esecutivo con decreto Pres. R.A.S. n. 82 del 7 settembre 2006.
Così il Consiglio di Stato: “il citato art. 5 della legge regionale n. 4 del 2009 dispone che la «Regione promuove il rinnovamento del patrimonio edilizio ad uso residenziale e di quello destinato a servizi connessi alla residenza, turistico-ricettivo e produttivo esistente mediante interventi di demolizione e ricostruzione, senza l'obbligo del rispetto dell'aspetto, della forma e dell'orientamento dell'edificio originario all'interno del lotto delle costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1989, che necessitino di essere adeguate in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale ed a quelli necessari a garantire l'accessibilità dell'edificio alle persone disabili». Tale intervento persegue il dichiarato fine di contemplare misure di sostegno dell’economia e di rilancio del settore edilizio. La normativa in esame, per il suo contenuto, ha una valenza applicativa prevalente rispetto alle previsione del piano paesaggistico, in quanto essa prende in esame i valori paesaggistici e li contempera con le esigenze di sviluppo economico. La legge n. 4 del 2009 contiene, infatti, norme di tutela del paesaggio. Essa, tra l’altro, prevede le modalità di intervento che devono essere seguite in presenza di immobili insistenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, ed in aree di particolare valore paesaggistico o in prossimità di emergenze ambientali, architettoniche, archeologiche o storico-artistiche”.
Afferma, quindi, senza particolari approfondimenti logico-interpretativi la “valenza applicativa prevalente rispetto alle previsione del piano paesaggistico” della normativa di stampo urbanistico-edilizio di cui alla legge regionale Sardegna n. 4/2009 e s.m.i.
Non più tardi di qualche mese fa la Corte costituzionale, giudicando sulla legittimità di varie disposizioni di cui alla legge regionale Sardegna n. 21/2011, integrativa della legge regionale Sardegna n. 4/2009, aveva indicato, con una sentenza interpretativa di rigetto, una linea ben diversa con la sentenza n. 189 del 20 luglio 2016 (vds. più diffusamente in La Corte costituzionale ribadisce che qualsiasi disciplina urbanistica è subordinata alla pianificazione paesaggistica, Riv. Lexambiente, 5 settembre 2016)1.
Infatti, fra le varie statuizioni, la Corte aveva chiaramente affermato che “l’art. 7, comma 1, lettera f), della legge regionale impugnata deve … essere interpretato nel senso che gli interventi edilizi ivi previsti non possono essere realizzati in deroga né al piano paesaggistico regionale né alla legislazione statale”, in quanto “si deve escludere, proprio in ragione del principio della prevalenza dei piani paesaggistici sugli altri strumenti urbanistici (sentenza n. 11 del 2016), che il piano paesaggistico regionale sia derogabile”.
Non solo. Già la sentenza Corte cost. n. 11 del 29 gennaio 2016 aveva ricordato che “la giurisprudenza di questa Corte è costante nell’affermare che, in base all’art. 117, comma secondo, lettera s), Cost., la tutela del paesaggio costituisce un ambito riservato alla potestà legislativa esclusiva statale (sentenze n. 210 del 2014 e n. 235 del 2011) e che la tutela paesaggistica apprestata dallo Stato costituisce un limite inderogabile alla disciplina che le regioni e le province autonome possono dettare nelle materie di loro competenza (sentenze n. 101 del 2010, n. 437 e n. 180 del 2008, n. 378 e n. 367 del 2007)”. E ancora: “assegnando all’ordine inferiore della disciplina urbanistica la definizione del regime concreto degli interventi di recupero abitativo dei sottotetti, anche in deroga alle prescrizioni paesaggistiche, la norma regionale censurata degrada la tutela paesaggistica da valore unitario prevalente a mera «esigenza urbanistica» (sentenze n. 197 del 2014 e n. 437 del 2008), parcellizzata tra i vari comuni competenti al rilascio dei singoli titoli edilizi. Con la conseguenza che ne risulta compromessa quell’«impronta unitaria della pianificazione paesaggistica», assunta dalla normativa statale a «valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme [...] sull’intero territorio nazionale», idonea a superare «la pluralità degli interventi delle amministrazioni locali» (sentenza n. 182 del 2006)”.
In estrema sintesi, la giurisprudenza costituzionale è costantemente netta e chiara nell’assegnare prevalenza alla normativa di tutela ambientale/paesaggistica, di competenza statale (art. 117, comma 2°, lettera s, cost.), e al suo fondamentale strumento attuativo rappresentato dal piano paesaggistico rispetto alla disciplina urbanistico-edilizia emanata da Regioni e Province autonome.
Al Consiglio di Stato interessa o no?
Dott. Stefano Deliperi
N. 04707/2016REG.PROV.COLL.
N. 00786/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 786 del 2015, proposto da:
Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Anna Puggioni e Maria Carla Puggioni, rappresentati e difesi dall'avvocato Enrico Salone, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonia De Angelis in Roma, via Portuense, 104;
Regione Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandra Camba e Sandra Trincas, con domicilio eletto presso lo studio della prima in Roma, via Lucullo, 24;
per la riforma
della sentenza 11 novembre 2014, n. 930, del Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, Sezione II.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di Anna Puggioni e di Maria Carla Puggioni e di Regione Sardegna;
viste le memorie difensive;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2016 il Cons. Vincenzo Lopilato e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Camassa e gli avvocati Salone e Camba.
FATTO e DIRITTO
1.– Il Direttore del Servizio tutela paesaggistica per le Province di Cagliari e Carbonia - Iglesias della Regione Sardegna, conformandosi al parere vincolante espresso dalla Soprintendenza per i beni architettonici, storici, artistici ed etnoantropologici per le province di Cagliari e Oristano (d’ora innanzi solo Soprintendenza) con atto 30 agosto 2013, n. 13922, ha respinto la richiesta delle signore Anna e Maria Carla Puggioni di autorizzazione paesaggistica alla demolizione e ricostruzione di un immobile di loro proprietà, sito in Comune di Carloforte, loc. Montagna, in Zona “E” (Agricola) del vigente strumento urbanistico comunale, a oltre 1 km. di distanza dalla linea di battigia. In particolare, la richiesta di autorizzazione paesaggistica ha riguardato la demolizione di un edificio adibito a uso residenziale e la realizzazione di due nuove unità immobiliari, di circa mq. 55 ciascuna.
2.– Le interessate hanno impugnato detto atto innanzi al Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, che, con sentenza 11 novembre 2014, n. 930, ha accolto il ricorso. In particolare, il primo giudice ha messo in rilievo che: i ) il parere della Soprintendenza fosse illegittimo per la mancanza di un vincolo specifico sull’immobile e l’assenza di adeguata motivazione; ii) l’art. 5 della legge Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4, consente tale tipologia di interventi.
3.– L’amministrazione statale ha proposto appello.
3.1.– Si sono costituiti in giudizio le ricorrenti in primo grado e la Regione Sardegna, chiedendo il rigetto dell’appello.
4.– La causa è stata decisa all’esito dell’udienza pubblica del 7 luglio 2016.
5.– Con un primo motivo l’appellante assume l’erroneità della sentenza in quanto l’edificio in questione sarebbe stato «costruito intorno all’anno 1920» prima della dichiarazione di notevole interesse pubblico paesaggistico dell’Isola di San Pietro, avvenuta con decreto ministeriale 25 marzo 1966. Si assume che detto fabbricato costituirebbe una componente individuale del paesaggio da proteggere e che l’intervento che si intende effettuare non conserverebbe quello che viene definitivo un significativo esempio di edificato rurale.
Il motivo non è fondato.
Questo Consiglio ha già avuto modo di affermare che, nel settore paesaggistico, la motivazione può ritenersi adeguata quando risponde ad un modello che contempli, in modo dettagliato, la descrizione: i) dell’edificio mediante indicazione delle dimensioni, delle forme, dei colori e dei materiali impiegati; ii) del contesto paesaggistico in cui esso si colloca, anche mediante indicazione di eventuali altri immobili esistenti, della loro posizione e dimensioni; iii) del rapporto tra edificio e contesto, anche mediante l'indicazione dell'impatto visivo al fine di stabilire se esso si inserisca in maniera armonica nel paesaggio (Cons. Stato, sez. VI, 23 dicembre 2013, n. 6223; Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2013, n. 4899; Cons. Stato, sez. VI, 10 maggio 2013, n. 2535).
Nella fattispecie in esame, costituisce dato non contestato che viene in rilievo un edificio che non è tutelato in sé. La rilevanza paesaggistica dell’intervento deriva, pertanto, dal suo inserimento in un’area da tutelare.
La Soprintendenza, nel provvedimento impugnato, ha motivato la decisione facendo riferimento ad una «maggiore consistenza» dei nuovi manufatti e al conseguente «più significativo grado di visibilità rispetto all’edificio preesistente». Si è aggiunto che l’intervento «non conserva quello che pare essere un significativo esempio di edificato rurale tradizionale ben più qualificante per il paesaggio di qualunque elemento di contesto (muretto, siepe ecc.) ».
Tale motivazione non risulta conforme al paradigma sopra indicato, in quanto manca una adeguata descrizione dei manufatti che si intendono realizzare, del contesto paesaggistico e soprattutto del rapporti tra detti manufatti e il contesto stesso.
6.– Con un secondo motivo si assume l’erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto illegittima la parte della motivazione che si è fondata sul fatto che gli edifici in progetto non sono riconducibili «a necessità funzionali relative alla conduzione agricola del fondo», come invece sarebbe necessario in zona agricola in base a quanto previsto dagli artt. 83 delle norme tecniche di attuazione del piano paesaggistico regionale. In particolare, si assume che l’art. 5 della legge della Regione Sardegna 23 ottobre 2009, n. 4 non potrebbe prevalere su previsioni specifiche poste a tutela del paesaggio.
Il motivo non è fondato.
Il citato art. 5 della legge regionale n. 4 del 2009 dispone che la «Regione promuove il rinnovamento del patrimonio edilizio ad uso residenziale e di quello destinato a servizi connessi alla residenza, turistico-ricettivo e produttivo esistente mediante interventi di demolizione e ricostruzione, senza l'obbligo del rispetto dell'aspetto, della forma e dell'orientamento dell'edificio originario all'interno del lotto delle costruzioni ultimate entro il 31 dicembre 1989, che necessitino di essere adeguate in relazione ai requisiti qualitativi, architettonici, energetici, tecnologici, di sicurezza strutturale ed a quelli necessari a garantire l'accessibilità dell'edificio alle persone disabili».
Tale intervento persegue il dichiarato fine di contemplare misure di sostegno dell’economia e di rilancio del settore edilizio.
La normativa in esame, per il suo contenuto, ha una valenza applicativa prevalente rispetto alle previsione del piano paesaggistico, in quanto essa prende in esame i valori paesaggistici e li contempera con le esigenze di sviluppo economico. La legge n. 4 del 2009 contiene, infatti, norme di tutela del paesaggio. Essa, tra l’altro, prevede le modalità di intervento che devono essere seguite in presenza di immobili insistenti nella fascia dei 300 metri dalla linea di battigia, ridotta a 150 metri nelle isole minori, ed in aree di particolare valore paesaggistico o in prossimità di emergenze ambientali, architettoniche, archeologiche o storico-artistiche.
In definitiva, dovendosi applicare la disciplina sopra riportata, il motivo posto a base del parere negativo è illegittimo per mancanza di base legale.
7.– Con un terzo motivo si assume che, in ogni caso, nella specie dovrebbe trovare applicazione dell’art. 13-bis della legge n. 4 del 2009, che prevarrebbe rispetto a quanto disposto dall’art. 5 della stessa legge. In particolare, si assume che la prima norma non potrebbe ritenersi generale rispetto a quella posta con l’art. 5, in quanto essa conterebbe chiari elementi di specialità costituiti dal fatto che essa trova applicazione soltanto all’interno degli ambiti di paesaggio costieri.
Il motivo non è fondato.
L’art. 13-bis detta norme in materia tutela, salvaguardia e sviluppo delle aree destinate all'agricoltura. Essa, come correttamente messo in rilievo dal primo giudice, disciplina le nuove costruzioni. Nella specie viene in rilievo un intervento di demolizione e costruzione, con la conseguente applicazione della sola disposizione che regola, in modo compiuto, le modalità di relazione di tale specifica tipologia di interventi. Né sarebbe sufficiente rilevare che l’art. 13-bis ha un ambito applicativo limitato per desumerne la sua valenza specifica, in quanto, nel giudizio di prevalenza, assume valenza assorbente la natura dell’intervento piuttosto che il contesto in cui esso deve essere attuato.
8.– L’appellante è condannata al pagamento, in favore delle parti costituite, delle spese del presente grado di giudizio, che si determinano in complessive euro 3.000,00, oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente pronunciando:
a) rigetta l’appello proposto con il ricorso indicato in epigrafe;
b) condanna l’appellante è condannata al pagamento, in favore delle parti costituite, delle spese del presente grado di giudizio, che si determinano in complessive euro 3.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Bernhard Lageder, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere, Estensore
Marco Buricelli, Consigliere