Pres. Papa Est. Sensini Ric. Colò
Aria. Vecchia e nuova disciplina e ampliamento impianto preesistente
E’ evidente la continuità normativa dell'art. 279 del codice ambientale con il previgente art. 24 del D.P.R. n. 203-1988.
In tema di tutela delle emissioni nell'atmosfera, l'installazione, in un impianto preesistente, di apparecchiature che aumentano le emissioni richiede una ulteriore, preventiva autorizzazione, atteso che devono essere autorizzate tutte le emissioni, anche di modeste dimensioni, che abbiano concreta attitudine a causare un inquinamento dell'aria
Svolgimento
del
processo e motivi della decisione
Con sentenza in data 30 novembre 2006 il Tribunale di Roma condannava Colò Giorgio, in concorso di attenuanti generiche, alla pena di euro 400 di ammenda, con i doppi benefici, quale responsabile del reato p. e p. dall’art. 24 comma I D.P.R. n. 203/1988 perché, in qualità di legale rappresentante della ditta N.I.E.C.O. S.p.A., con insediamento produttivo in Roma, iniziava la costruzione di due nuovi impianti, con produzione di emissioni in atmosfera, senza la preventiva autorizzazione delle competenti autorità, ai sensi dell’art. 6 dello stesso D.P.R., pur avendo presentato la relativa domanda.
Accertato in Roma il 19 maggio 2003.
Emergeva in punto di fatto, dal controllo effettuato (nell’ambito dell’istruttoria iniziata a seguito della predetta domanda) presso l’insediamento produttivo di cui il prevenuto era legale rappresentante ed ove veniva svolta l’attività di stoccaggio di oli usati ed emulsioni oleose, che erano stati già installati due nuovi impianti di triturazione, uno per i contenitori in materiale plastico e l’altro per i contenitori in materiale metallico (utilizzati per contenere olio), nell’ambito dell’attività di recupero di rifiuti, senza la preventiva autorizzazione alle emissioni in atmosfera.
Avverso la sentenza di condanna ha proposto impugnazione il difensore del Colò, deducendo:
1) nullità della sentenza in quanto il prevenuto era stato tratto a giudizio per rispondere del reato di cui all’art. 24 comma I D.P.R. n. 203/1988. Tuttavia - nel frattempo - il D.P.R. era stato integralmente abrogato dal D.Lgs n. 152/2006 e l’art. 24 della vecchia normativa era stato sostituito dall’art. 279 del vigente T.U.
L’intervenuta abrogazione del D.P.R. n. 203/1988 aveva comportato la modifica dell’imputazione, con la conseguenza che il ricorrente era stato condannato per un fatto “diverso” da quello contestato;
2) l’istruttoria di primo grado non aveva accertato se il contributo in termini di emissioni arrecato dall’impianto alle immissioni in atmosfera fosse tale da pregiudicare significativamente la qualità dell’aria. Tale carenza rilevava ancor più in quanto l’impianto di triturazione era inserito in un più ampio e diverso ciclo produttivo, sicché non era alle singole fasi di produzione che occorreva far riferimento, ma all’intero processo produttivo.
Si chiedeva l’annullamento della sentenza.
Con successiva memoria difensiva, si ribadiva l’eccezione di nullità della sentenza per violazione degli artt. 516 e 522 c.p.p.
Il ricorso va rigettato, essendo infondate le censure che lo sorreggono.
In particolare, destituito di fondamento è il primo motivo, essendo evidente la continuità normativa dell’art. 279 del codice ambientale con il previgente art. 24 del D.P.R. n. 203/1988.
Il nuovo testo dell’art. 279 D.Lgs. n. 152 del 2006, anche sotto un profilo lessicale (“Chi inizia a installare o esercisce un impianto e chi esercita un’attività in assenza di autorizzazione ovvero continua l’esercizio dell’impianto o dell’attività con l’autorizzazione scaduta, decaduta, sospesa, revocata .... è punito...”), ricalca il previgente art. 24 del D.P.R. n. 203/1988, il quale, al primo comma, esordiva affermando “Chi inizia la costruzione di un nuovo impianto senza l’autorizzazione, ovvero ne continua l’esercizio con autorizzazione sospesa, rifiutata, revocata, ovvero dopo l’ordine di chiusura dell’impianto, è punito....”).
Non può, pertanto, ritenersi, nella specie, che il Colò sia stato condannato per un fatto diverso rispetto a quello per cui era stato tratto a giudizio, versandosi in ipotesi di condotte antigiuridiche, previste in termini analoghi da entrambe le normative.
Manifestamente infondato è il secondo motivo, giacché - per costante orientamento di questa Corte - in tema di tutela delle emissioni nell’atmosfera, l’installazione, in un impianto preesistente, di apparecchiature che aumentano le emissioni richiede una ulteriore, preventiva autorizzazione, atteso che devono essere autorizzate tutte le emissioni, anche di modeste dimensioni, che abbiano concreta attitudine a causare un inquinamento dell’aria (cfr., ex multis, Cass. Sez. 3, 8 novembre 2005 n. 44258, Centomo ed altro).
Nella fattispecie in oggetto, emerge dalla sentenza impugnata che si trattava di due impianti di triturazione di materiale plastico e metallico, utilizzati per contenere olio, aventi emissioni in atmosfera (cfr. quanto evidenziato nel parere espresso dal CTSA Sezione Rifiuti della Regione Lazio - di cui a pag. 3 della sentenza impugnata).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, mentre, in ragione del contenuto dell’impugnazione, non si ritiene di irrogare anche la sanzione amministrativa in favore della Cassa delle Ammende.