Consiglio di Stato Sez. VI n. 136 del 4 gennaio 2023
Urbanistica.Annullamento del permesso di costruire per vizi sostanziali e art. 38 del TU Edilizia
In presenza di un annullamento del permesso di costruire per vizi sostanziali non può trovare applicazione l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, sicché l’amministrazione non dispone di alcun margine di discrezionalità, essendo tenuta ad ordinare la demolizione dell’immobile. Trattandosi di procedimento vincolato, inoltre, gli apporti partecipativi del privato non potrebbero condurre ad una diversa decisione poiché l'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso. Ciò a maggior ragione nei casi in cui, come nel caso di specie, l’annullamento del titolo edilizio è avvenuta a seguito di un processo nell’ambito del quale è stata accertata in contraddittorio con l’interessato la sussistenza di vizi sostanziali del permesso di costruire, che rende la demolizione un’opzione obbligata.
Pubblicato il 04/01/2023
N. 00136/2023REG.PROV.COLL.
N. 03324/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3324 del 2017, proposto da
Stefano De Fenza, rappresentato e difeso dall'avvocato Ferdinando Scotto, con domicilio eletto presso il di lui studio in Roma, via G.G. Belli, n. 39;
contro
Comune di Quarto, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Erik Furno, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Enrico Califano in Roma, piazza dei Consoli, n. 11;
nei confronti
Maria Nappo, Francesca Racca, Monica Racca, Anna Racca, non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Seconda) n. 4731/2016, resa tra le parti,
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Quarto;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 14 novembre 2022 il Cons. Roberta Ravasio in collegamento da remoto attraverso videoconferenza, con l'utilizzo della piattaforma "Microsoft Teams";
Udito per le parti l’avvocato Erik Furno;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Con il permesso di costruire n. 36/2013 e la successiva SCIA in variante n. 140/2013, il Comune di Quarto autorizzava il sig. Stefano De Fenza ad eseguire un intervento di demolizione e ricostruzione dell’immobile di sua proprietà, sito nel Comune di Quarto, alla via G. De Falco, n. 23, includente anche un ampliamento.
2. Le signore Maria Nappo, Francesca Racca, Monica Racca e Anna Racca impugnavano i suddetti titoli edilizi innanzi al TAR Campania, che ne disponeva l’annullamento con sentenza n. 3239 del 12 giugno 201; tale decisione veniva confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 2130/2015.
3. A seguito della pronuncia del Consiglio di Stato il Comune di Quarto emanava l’ordinanza n. 2/2015 con la quale, ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001, ordinava a De Fenza Stefano la demolizione “di tutte le opere eseguite di cui al Permesso di costruire n. 36/2013….”
4. Il sig. De Fenza impugnava tale provvedimento innanzi al TAR Campania chiedendone l’annullamento.
5. Nel giudizio si costituiva il Comune di Quarto, insistendo per la reiezione del gravame.
6. Con atto di intervento ad opponendum si costituivano in giudizio anche le controinteressate, chiedendo il rigetto del ricorso.
7. Con sentenza n. 4731/2016 il TAR Campania respingeva il ricorso.
8. Con il ricorso in epigrafe indicato il sig. De Fenza ha interposto appello.
9. Il Comune di Quarto si è costituito insistendo per il rigetto del gravame.
10. La causa è stata chiamata per la discussione in occasione dell’udienza straordinaria del 14.11.2022, a seguito della quale è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
1. Con il primo motivo d’appello si denuncia error in judicando e la violazione/ falsa applicazione dell’art 38 D.P.R. 380/01, nonché il difetto di istruttoria e travisamento.
1.1 Si contesta, in particolare, il capo della sentenza con cui il TAR ha ritenuto non applicabile al caso di specie la sanzione pecuniaria prevista dall’art 38 D.P.R. 380/01, in quanto l’annullamento del permesso di costruire è stato determinato da vizi sostanziali, ed in particolare per la violazione delle norme (inderogabili) sulle distanze fra edifici nonché violazione dei parametri di volumetria e altezza stabiliti dallo strumento urbanistico: ad avviso del TAR la sanzione pecuniaria di cui all’art 38 è applicabile solo in presenza di vizi procedurali non emendabili o a fronte della oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione, ipotesi non ricorrenti nel caso di specie.
1.2 L’appellante sostiene che il Comune avrebbe errato nell’applicare la sanzione demolitiva di cui all’art 31 D.P.R. 380/01, che costituirebbe una extrema ratio, senza eseguire un’adeguata istruttoria circa la possibilità di irrogare la sanzione pecuniaria. Nello stesso errore sarebbe incorso il giudice di primo grado, il quale non avrebbe considerato che l’immobile confinante di proprietà delle controinteressate era stato dichiarato, nel frattempo, abusivo ed oggetto di un’ordinanza di demolizione, il che avrebbe determinato il venir meno della violazione delle distanze. L’appellante richiama, a tale proposito, l’orientamento secondo cui ai fini del rispetto delle distanze tra fabbricati imposto dal regolamento edilizio non si dovrebbe tener conto degli abusi edilizi commessi dal vicino, atteso che l’abuso edilizio non può essere di per sé rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi ha diritto ad edificare (Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 3968 del 21.8.2015). Non vi sarebbe dunque alcun vizio sostanziale ostativo all’irrogazione della sanzione pecuniaria; in ogni caso, la demolizione avrebbe dovuto essere limitata alla sola eccedenza volumetrica e non all’intero immobile.
1.3 Il motivo non è fondato.
1.3.1 Occorre premettere che l’art 38 D.P.R. 380/01 prevede che “In caso di annullamento del permesso di costruire, qualora non sia possibile, in base a motivata valutazione, la rimozione dei vizi delle procedure amministrative o la restituzione in pristino, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale applica una sanzione pecuniaria pari al valore venale delle opere o loro parti abusivamente eseguite, valutato dall'agenzia del territorio, anche sulla base di accordi stipulati tra quest'ultima e l'amministrazione comunale. La valutazione dell'agenzia è notificata all'interessato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio e diviene definitiva decorsi i termini di impugnativa”.
La norma disciplina l’ipotesi in cui le opere siano state realizzare in presenza di un titolo edilizio successivamente annullato dall’amministrazione o in sede giurisdizionale, e prevede la possibilità di evitare la demolizione dell’immobile irrogando una sanzione pecuniaria (c.d. fiscalizzazione dell’abuso) in due distinti casi: qualora non sia possibile la rimozione dei vizi delle procedure amministrative e qualora non risulti possibile la restituzione in pristino.
1.3.2 Il primo di tali requisiti (l’impossibilità di rimuovere i vizi delle procedure amministrative) è stato oggetto di una pronuncia dell’Adunanza Plenaria, che ha chiarito che: “I vizi cui fa riferimento l'art. 38, t.u. edilizia, approvato con d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 sono esclusivamente quelli che riguardano forma e procedura che, alla luce di una valutazione in concreto operata dall'amministrazione, risultino di impossibile rimozione” (Consiglio di Stato ad. plen., 07/09/2020, n.17). La norma, dunque, intende fare riferimento all’ipotesi in cui il titolo edilizio sia stato annullato per vizi formali o procedurali non emendabili ai sensi dell’art 21 nonies co. 2 l. 241/90; in tal caso, stante la sostanziale legittimità dell’opera, l’amministrazione deve procedere alla fiscalizzazione dell’abuso evitando la demolizione. La tutela dell’affidamento del privato circa la legittimità del titolo edilizio, pertanto, costituisce un limite rispetto al potere di riduzione in pristino dell’amministrazione solo nel caso in cui l’opera non presenti profili di abusività dal punto di vista sostanziale: “La tutela dell'affidamento attraverso l'eccezionale potere di sanatoria contemplato dall'art. 38 non può infatti giungere sino a consentire una sorta di condono amministrativo affidato alla valutazione dell'amministrazione, in deroga a qualsivoglia previsione urbanistica, ambientale o paesaggistica, pena l'inammissibile elusione del principio di programmazione e l'irreversibile compromissione del territorio, ma è piuttosto ragionevolmente limitata a vizi che attengono esclusivamente al procedimento autorizzativo, i quali non possono ridondare in danno del privato che legittimamente ha confidato sulla presunzione di legittimità di quanto assentito. ” (Consiglio di Stato ad. plen., 07/09/2020, n.17).
1.3.3 Qualora il permesso di costruire sia stato annullato per vizi sostanziali, la fiscalizzazione dell’abuso è consentita solo nel caso in cui la restituzione in pristino risulti impossibile. Relativamente all’individuazione delle ipotesi che rendono impossibile la riduzione in pristino, la giurisprudenza ha chiarito che “Nell'ambito delle conseguenze agli illeciti edilizi, deve rilevarsi come l'impossibilità di riduzione in pristino non possa che essere di ordine squisitamente tecnico costruttivo; diversamente opinando, l'art. 38 d.P.R. 380/2001 si presterebbe a letture strumentali, consentendo sanatorie 'ex officio' di abusi attraverso lo strumento dell'annullamento in autotutela del titolo edilizio originario.” (Consiglio di Stato sez. IV, 19/04/2022, n.2919). La riduzione in pristino, pertanto, deve risultare impraticabile alla luce di una valutazione tecnica e non di una ponderazione dei vari interessi in gioco, fra cui l’affidamento del privato nella legittimità delle opere.
1.3.4 Nel caso di specie non ricorre alcuna delle ipotesi contemplate dall’art 38 D.P.R. 380/01. Non risulta, invero, che il permesso di costruire in possesso degli appellanti sia stato annullato per vizi formali o procedurali; l’annullamento, al contrario, è dipeso dalla violazione delle norme sulle distanze nonché dalla violazione di alcuni parametri disciplinati dallo strumento urbanistico, ed in particolare delle prescrizioni che fissano la volumetria e l’altezza massima consentita.
1.3.5 La circostanza che l’immobile di proprietà delle controinteressate sia stato dichiarato, successivamente, abusivo e che l’amministrazione ne abbia ordinato la demolizione non può incidere, allo stato, sulle modalità di esecuzione della sentenza che ha annullato il titolo edilizio, sussistendo un giudicato che accerta la sussistenza dell’indicato vizio sostanziale, giudicato che dovrebbe essere, eventualmente, fatto oggetto di revocazione in parte qua. Ciò implica che, allo stato, non può essere messa in discussione l’illegittimità del permesso di costruire, a suo tempo rilasciato al sig. De Fenza, per il mancato rispetto della distanza di 10 metri dalla parete finestrata dell’edificio di proprietà delle controinteressate.
1.3.6. Peraltro, come già precisato, il citato titolo edilizio è stato annullato anche per la presenza di ulteriori vizi di carattere sostanziale, di per sé idonei a precludere l’applicazione dell’art. 38 D.P.R. n. 380/2001.
1.3.7. Inoltre, dal momento che l’edificio attualmente esistente è stato interamente costruito sulla base del permesso di costruire n. 36/2013, annullato nella sua totalità, allo stato attuale è l’intero edificio a non essere assistito da un titolo edilizio e ad essere, come tale, soggetto a demolizione: una diversa conclusione avrebbe potuto essere sostenuta solo se una parte dell’edificio fosse stata realizzata in base ad un titolo edilizio diverso da quello annullato, oppure solo se il titolo edilizio fosse stato annullato in una parte specifica, anziché nella totalità; ma tali circostanze, come detto, non sono qui ricorrenti.
1.3.8 Da tali considerazioni deriva che l’ordinanza di demolizione costituiva, nel caso di specie, un atto dovuto per l’amministrazione, che non necessitava di particolari motivazioni circa la sussistenza di un interesse pubblico alla demolizione né di una ponderazione dei vari interessi in gioco. La demolizione dell’immobile abusivo, infatti, costituisce l’ordinaria e doverosa conseguenza dell’annullamento del titolo edilizio per vizi sostanziali, evitabile solo nel caso di impossibilità tecnica di procedere alla riduzione in pristino.
2. Con il secondo motivo d’appello si denuncia la violazione delle garanzie partecipative previste dalla l. 241/90.
2.1 Il TAR ha ritenuto che la comunicazione di avvio del procedimento e l’istruttoria in contraddittorio con il privato non fossero necessarie data la natura vincolata del procedimento. In ogni caso, ad avviso del giudice di primo grado, nel caso di specie troverebbe applicazione l’art 21 octies l. 241/90 in quanto il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso da quello in concreto adottato.
2.2 L’appellante contesta che il procedimento in esame avesse natura vincolata e in ogni caso ritiene che il provvedimento impugnato in primo grado avrebbe dovuto essere preceduto da idonea istruttoria in contraddittorio con l’interessato per valutare la possibilità di conservare il manufatto ed irrogare la sanzione pecuniaria in sostituzione di quella demolitiva. Il combinato disposto dall’art. 38 DPR 380/01 e le regole del procedimento amministrativo canonizzate nella legge 241/90 imporrebbero infatti l’attivazione del contraddittorio con l’interessato anche solo al fine di individuare il regime sanzionatorio più appropriato.
2.3 Il motivo non è fondato.
2.3.1. Come premesso, in presenza di un annullamento del permesso di costruire per vizi sostanziali non può trovare applicazione l’art. 38 del D.P.R. n. 380/2001, sicché l’amministrazione non dispone di alcun margine di discrezionalità, essendo tenuta ad ordinare la demolizione dell’immobile. Trattandosi di procedimento vincolato, inoltre, gli apporti partecipativi del privato non potrebbero condurre ad una diversa decisione: come chiarito dalla giurisprudenza, infatti, “L'attività di repressione degli abusi edilizi, mediante l'ordinanza di demolizione, avendo natura vincolata, non necessita della previa comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, ai sensi dell'art. 7 l. n. 241/1990, considerando che la partecipazione del privato al procedimento comunque non potrebbe determinare alcun esito diverso.” (Consiglio di Stato sez. VI, 11/05/2022, n.3707). Ciò a maggior ragione nei casi in cui, come nel caso di specie, l’annullamento del titolo edilizio è avvenuta a seguito di un processo nell’ambito del quale è stata accertata in contraddittorio con l’interessato la sussistenza di vizi sostanziali del permesso di costruire, che rende la demolizione un’opzione obbligata.
3. Con il terzo motivo d’appello si denuncia la violazione dei canoni di ragionevolezza, efficacia ed efficienza dell’agire amministrativo nonché la violazione dell’affidamento del privato per non aver l’amministrazione convalidato il permesso di costruire annullato dal Consiglio di Stato.
3.1 Sul punto il TAR ha ritenuto che la sanzione demolitiva fosse obbligatoria alla luce della natura sostanziale dei vizi riscontrati dal Consiglio di Stato, e che pertanto non fosse necessaria alcuna ulteriore valutazione.
3.2 L’appellante ritiene invece che all’annullamento del permesso di costruire non debba necessariamente conseguire l’ingiunzione di demolizione e che, pertanto, l’amministrazione avrebbe dovuto valutare, anche alla luce delle sopravvenienze, la possibilità di rimuovere i vizi delle procedure anche al fine di tutelare l’affidamento maturato dal privato.
3.3 Il motivo non è fondato in quanto l’istituto della convalida è applicabile solo in presenza di un titolo viziato sotto il profilo formale ma conforme alle prescrizioni urbanistiche.
3.4. Il Comune ha correttamente irrogato la sanzione demolitiva in quanto permanevano ulteriori vizi sostanziali, non convalidabili, e, ad ogni buon conto, per la ragione che il vizio afferente il mancato rispetto delle distanze risultava accertato in via definitiva con sentenza passata in giudicato.
3.5. Come già precisato, inoltre, l’annullamento giurisdizionale ha riguardato il titolo edilizio nella sua interezza, il che ha comportato la sopravvenuta abusività del fabbricato nella sua totalità: l’assenza di titoli edilizi che legittimassero almeno una parte del fabbricato giustificava l’ordine di demolizione dell’intero fabbricato, e precludeva in radice anche ulteriori valutazioni afferenti la possibilità, o meno, di procedere alla riduzione in pristino, posto che simili valutazioni sono finalizzate ad evitare la compromissione di opere – id est: parti di fabbricato – legittimamente realizzate, che nel caso di specie non sono esistenti.
4. Con il quarto motivo d’appello si censura la sentenza di primo grado per non aver rilevato il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
4.1 Il TAR ha affermato che in caso di annullamento per vizi sostanziali non è richiesto all'Amministrazione un particolare impegno motivazionale, in quanto la sanzione demolitiva è imposta dalla legge.
4.2 Nella prospettazione dell’appellante, l’amministrazione avrebbe dovuto esplicitare nel provvedimento impugnato, i motivi per i quali ha deciso di irrogare la sanzione demolitiva anche alla luce dei principi di proporzionalità e ragionevolezza che devono sorreggere l’azione amministrativa.
4.3 Il motivo non è fondato.
14.3.1. Il richiamo alla sentenza n. 2130/2015 del Consiglio di Stato che ha annullato il permesso di costruire appare sufficiente a giustificare l’ordine di demolizione alla luce della natura sostanziale dei vizi che hanno portato all’annullamento: come già precisato, l'ordine di demolizione delle opere abusive a seguito dell’annullamento giurisdizionale del titolo edilizio è un atto vincolato, richiedendosi all’amministrazione di valutare solo la natura, sostanziale o formale, dei vizi che hanno determinato l’annullamento del titolo precedentemente rilasciato.
4.3.2. La Sezione, peraltro, già da tempo ha chiarito che eventuali problematiche tecniche che comportino l’impossibilità di procedere alla demolizione possono sempre essere valutate nel corso dell’esecuzione della demolizione. In linea di principio, però, simili problematiche debbono escludersi quando l’illegittimità investa – come nel caso in esame - un intero fabbricato, posto che in tal caso non esiste una parte del fabbricato legittimamente realizzata che debba essere tutelata.
5. Con il quinto motivo d’appello si denuncia, sotto altro profilo, la violazione degli artt 31 e 38 D.P.R. 380/01 per avere il TAR ritenuto che l’art 38 consenta l’irrogazione della sanzione pecuniaria solo in presenza di vizi formali.
5.1 L’appellante ritiene che la norma sia applicabile, a seguito di una valutazione discrezionale, anche in presenza di vizi sostanziali; in particolare l’art. 38 andrebbe interpretato nel senso che, a seguito dell’annullamento giurisdizionale del permesso di costruire, sia possibile la rinnovazione del titolo pure in presenza di vizi sostanziali, con la sola esclusione dei vizi inemendabili a causa della inedificabilità dell’area. La misura ripristinatoria, dunque, avrebbe un valore solo residuale.
5.2 Il motivo è infondato: sul punto è sufficiente richiamare quanto già rilevato al precedente paragrafo 11.
6. In conclusione, l’appello deve essere respinto in ragione della infondatezza di tutti i motivi articolati a fondamento dell’impugnazione.
7. Fermo restando quanto sopra detto, occorre però rilevare che non è precluso all’Amministrazione di valutare una eventuale istanza di sanatoria di conformità, ex art. 36 del D.P.R. n. 380/2001, preceduta dalla demolizione o dalla “fiscalizzazione”, ex art. 34, del D.P.R. n. 380/2001, di parti dell’edificio, in modo da pervenire all’eliminazione dei vizi sostanziali che hanno determinato l’annullamento del titolo edilizio. Tale opzione, tuttavia, può essere valutata solo su istanza dall’appellante, il quale deve valutare se preferisce procedere alla demolizione totale o seguire la via alternativa indicata, rimanendo esposto, sino a quel momento, all’obbligo della demolizione totale, eventualmente attuata anche a cura dell’Amministrazione ed a spese dell’appellante.
8. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna l’appellante al pagamento, in favore della resistente Amministrazione, delle spese relative al presente giudizio, che si liquidano in €. 3.000,00 (tremila), oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 novembre 2022, celebrata in videoconferenza ai sensi del combinato disposto degli artt. 87, comma 4 bis, c.p.a. e 13 quater disp. att. c.p.a., aggiunti dall’art. 17, comma 7, d.l. 9 giugno 2021, n. 80, recante “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle pubbliche amministrazioni funzionale all'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e per l'efficienza della giustizia”, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2021, n. 113, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Massimiliano Tarantino, Presidente FF
Giovanni Sabbato, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Roberta Ravasio, Consigliere, Estensore
Annamaria Fasano, Consigliere