Cass. Sez. III n. 26423 del 24 giugno 2016 (Ud 11 feb 2016)
Presidente: Ramacci Estensore: Socci Imputato: Nappi
Acque.Scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione e natura di reato permanente -

In tema di inquinamento idrico, il reato di scarico di acque reflue industriali senza autorizzazione ha natura permanente, in quanto si consuma fino al rilascio dell'autorizzazione o alla cessazione dello scarico.

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Cassino, con sentenza del 9 luglio 2014, condannava Nappi Vincenzo alla pena di € 1.000,00 di ammenda con le generiche, relativamente al reato di cui all'art. 137, comma 1, del d. Igs n. 152 del 2006

2. Ricorre in Cassazione Nappi Vincenzo, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma l, disp. att., cod. proc. pen.

2. 1. Art. 606, comma 1, lettera E, del cod. proc. pen. per manifesta illogicità della motivazione. Nessun teste ha visto il Nappi riversare acque reflue industriali da lavaggio degli autoveicoli nella rete fognaria o nel canale.
Il teste D'Orso, dipendente Arpa ha dichiarato di essersi riportato al sopralluogo dei carabinieri e di non aver trovato nessuna vettura al lavaggio. In ogni caso al momento della sentenza i reati erano prescritti, per entrambi gli episodi, infatti per il sopra! luogo del 7 aprile 2009 il dipendente Arpa non ha accertato alcunché, si è infatti riportato al precedente sopralluogo dei carabinieri.
Ha chiesto pertanto l'annullamento della sentenza impugnata e in subordine la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.
Sulla responsabilità la sentenza impugnata con motivazione adeguata, non manifestamente illogica e non contraddittoria attribuisce gli scarichi dell'impianto di autolavaggio all'imputato, titolare della ditta, sulla base di due testimonianze (Florio, m.11o CC e D'Orso dipendente Arpa), e constatata l'assenza di autorizzazione.
Nel ricorso si sostiene l'assenza di scarichi perché nessuno dei due testi ha visto in diretta lo scarico, ma non si forniscono elementi concreti (solo prospettazioni teoriche soggettive) di prova per la ricostruzione alternativa.
La regola dell'«al di là di ogni ragionevole dubbio>>, secondo cui il giudice pronuncia sentenza di condanna solo se è possibile escludere ipotesi alternative dotate di razionalità e plausibilità, impone all'imputato che, deducendo il vizio di motivazione della decisione impugnata, intenda prospettare, in sede di legittimità, attraverso una diversa ricostruzione dei fatti, l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla colpevolezza, di fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali. (Sez. 5, n. 18999 del 19/02/2014 - dep. 08/05/2014, C e altro, Rv. 260409).

3. 1. Sull'eccepita prescrizione si rileva che il reato di scarichi senza autorizzazione è reato permanente, e il termine finale di prescrizione è quello del giorno 5 agosto 2014, considerate le sospensioni (120 giorni per due sospensioni).
Infatti la consumazione del reato si protrae fino al rilascio dell'autorizzazione, o alla cessazione dello scarico (vedi Sez. 3, n. 1154 del 09/01/1995 - dep. 03/02/1995, P.M. in proc. Dazzo ed altri, Rv. 201485).
Il termine, quindi, risulta successivo alla sentenza impugnata.
L'inammissibilità del riscorso esclude la valutazione della prescrizione maturata dopo la sentenza impugnata. L'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità a norma dell'art. 129 cod. proc. pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente alla sentenza impugnata con il ricorso). (Sez. U, n. 32 del 22/11/2000 - dep. 21/12/2000, D. L, Rv. 217266).
Alla dichiarazione di inammissibilità consegue il pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00, e delle spese del procedimento, ex art 616 cod. proc. pen.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso l' 11/02/2016