Cass. Sez. III n. 9942 del 10 marzo 2016 (Ud 20 gen 2015)
Pres. Ramacci Est. Andreazza Ric.Spaccatini
Acque.Inefficacia della mera domanda di autorizzazione allo scarico

La semplice domanda di autorizzazione allo scarico non opera alcun effetto "liberatorio", neppure temporaneo, potendo l'attività richiesta essere esercitata unicamente una volta rilasciata l'autorizzazione

RITENUTO IN FATTO

1. Spaccatini Paolo ha proposto ricorso nei confronti della sentenza del Tribunale di Terni che, in data 21/02/14, lo ha condannato per il reato di cui all'art. 137, comma 1, del d. Igs. n. 152 del 2006 avendo, quale amministratore delegato della Calcestruzzi Cipiccia s.p.a, effettuato senza l'autorizzazione prevista dall'art. 124 del d. Igs. cit., uno scarico di acque reflue industriali in acque superficiali.

2. Con un primo motivo lamenta la mancanza di motivazione in relazione alla ricostruzione del fatto e del giudizio di condanna, strutturandosi la sentenza in quattro righe dedicate alla ricostruzione del fatto e in sette righe dedicate ad elemento oggettivo e soggettivo del reato; la ricostruzione del fatto è rimasta priva di ogni riferimento locale, temporale e financo modale nonché è rimasta omessa l' identificazione della posizione giuridica soggettiva correlata all'addebito ascritto. Aggiunge che la puntualizzazione secondo la quale non sarebbe previsto il silenzio - assenso o il rilascio tacito di autorizzazione si pone in contrasto con la previsione dell'art. 124, comma 7, del d. Igs. n. 152 del 2006 secondo cui, ove l'autorità non provveda entro sessanta giorni dalla ricezione della domanda, l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni.

3. Con un secondo motivo lamenta mancanza di motivazione e violazione dell'art. 124 comma 7 citato, posto che non si considera l'ipotesi della legittimità dell'operato dell'imputato per essere la condotta di sversamento di liquidi iniziata proprio nello spazio decorrente dal sessantunesimo giorno successivo a quello della presentazione della domanda fino al centoventesimo, e dunque nell'arco di tempo in cui, a norma di legge. l'autorizzazione si intende temporaneamente concessa.

4. È stata poi presentata memoria difensiva con motivi aggiunti con cui si evidenzia la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 131 bis c.p. giacché, in sentenza, si è dato atto della mancanza di_ accertamento di un danno mentre è evidente il carattere episodico e non abituale del fatto posto che l'autorizzazione allo scarico era stata richiesta ma non era stata rilasciata al momento del controllo mentre, successivamente al controllo, l'autorizzazione fu rilasciata dalla Provincia proprio sulla base della originaria richiesta.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. I motivi di ricorso, congiuntamente esaminabili perché afferenti, sia pure nella diversa prospettiva del vizio motivazionale e della violazione di legge, al medesimo punto, sono inammissibili perché manifestamente infondati. Quanto anzitutto alla pretesa carenza motivazionale in ordine alle coordinate spaziotemporali della condotta e alle modalità della stessa, la sentenza impugnata, sia pure succintamente, ha richiamato, evidentemente con riferimento al fatto come contestato nel luogo e nel tempo di cui all'imputazione, la testimonianza dell'operatore del Corpo forestale dello Stato secondo cui l'acqua utilizzata per il lavaggio della cava (tale essendo l'attività esercitata dalla società rappresentata dall'imputato) veniva contenuta in vasche e poi, con un tubo, riversata sul fiume Nera in assenza di autorizzazione, solo successivamente al controllo rilasciata dalla Provincia. Sicché, tanto più in assenza di specifiche doglianze mosse dal ricorrente alla considerazione da parte del Tribunale di tale elemento probatorio, il preteso vizio motivazionale appare insussistente. Con riferimento poi all'ulteriore censura ricollegata al fatto che, scaduti sessanta giorni dalla presentazione della domanda di autorizzazione, l'autorizzazione dovrebbe intendersi come temporaneamente concessa per i successivi sessanta giorni, il ricorso appare avere erroneamente valorizzato l'originario testo del comma 7 dell'art. 124 del d.lgs. n. 152 del 2006 che, effettivamente, prevedeva un meccanismo di silenzio-assenso, sia pure temporaneo, di tal fatta. Tale testo, però, è stato modificato dall'art.2, comma 12, del d.lgs. n. 4 del 2008 nel senso, rimasto inalterato sino ad oggi, ed applicabile nella specie (avente ad oggetto fatti accaduti nel 2011), che "l'autorità competente provvede entro novanta giorni dalla ricezione della domanda" senza contemplare più alcun meccanismo di silenzio - assenso legato all'inadempimento dell'autorità a provvedere sulla domanda. Deve dunque affermarsi che la semplice domanda di autorizzazione allo scarico non opera alcun effetto "liberatorio", neppure temporaneo, potendo l'attività richiesta essere esercitata unicamente una volta rilasciata l'autorizzazione.

6. Quanto infine alla richiesta di applicazione dell'istituto della particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis c.p., deve essere ribadito che l'inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta infondatezza dei motivi non consente il formarsi/ di un valido rapporto di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare appunto l'esclusione della punibilità, prevista dall'art. 131-bis c.p.., pur trattandosi di "ius superveniens" più favorevole al ricorrente (da ultimo, Sez. fer., n. 40152 del 18/08/2015, Vece, Rv. 264573; Sez. 3, n. 34932 del 24/06/2015, Elia, Rv. 264160). Ogni possibile questione è dunque preclusa, nella specie, dalla rilevata inammissibilità dei motivi proposti con il ricorso.

7. Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di denaro di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2016