TAR Toscana, Sez. II, n. 1628, del 26 novembre 2013
Sviluppo sostenibile.Centrale elettrica a biogas e variante agli strumenti urbanistici locali

Il legislatore nazionale con il D.lgs. 387/2003 non ha consentito agli strumenti urbanistici degli enti locali di porre divieti per l’installazione d’impianti come quello su cui si controverte. Le uniche limitazioni sono quelle che la Regione può porre in ossequio alle linee guida del D.M. 10.9.2010 ed è per tale ragione che la concessione dell’autorizzazione, che evidentemente può essere rilasciata solo quando non sussistano in concreto incompatibilità ambientali e paesaggistiche e problemi per la salute, determina automaticamente una variante agli strumenti urbanistici locali così da superare ogni eventuale preclusione che da essi dovesse derivare. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01628/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01515/2012 REG.RIC.

N. 01516/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi riuniti ed iscritti ai numeri di registro generale 1515 e 1516 del 2012, proposti da: 
Simone Ballerini, Giuliana Cecere, Nicola Ciotta, Giuseppe Cucciarrè, Antonietta Cutillo, Angelo De Gregorio, Antonietta De Gregorio, Carmine De Gregorio, Alessandra De Simone, Stefania Di Stefano, Antonio Famiglietti, Gerardo Famiglietti, Pasquale Famiglietti, Alessandra Lo Piano, Alfonso Lo Piano, Vincenzo Lombardi, Antonino Lucchese, Giovanni Maiorano, Alessandro Malloggi, Mario Parziale, Maria Roberti, Salvatore Valente, Emme.Gi.Erre S.R.L., La Vela S.R.L., rappresentati e difesi dall'avv. Nicola Pignatelli, con domicilio eletto presso Claudio Bargellini in Firenze, piazza dell'Indipendenza 10;

contro

Provincia di Pisa, rappresentata e difesa dagli avv.ti Silvia Salvini, Maria Antonietta Antoniani, con domicilio eletto presso l’avv. Raffaella Poggianti in Firenze, via degli Artisti 8/B; 
Comune di Santa Maria a Monte, rappresentato e difeso dall'avv. Michele Greco, con domicilio eletto presso l’avv. Nicoletta Gagliano in Firenze, via Ippolito Nievo 13; 
Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pisa, Comando Regionale dei Vigili del Fuoco della Toscana, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Firenze, via degli Arazzieri 4; 
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Toscana Direzione Regionale, rappresentata e difesa dall'Fabio Ciari, domiciliata presso gli uffici dell’avvocatura regionale in Firenze, piazza dell'Unità Italiana 1;

nei confronti di

Prati Bioenergia Società Agricola A R.L., rappresentata e difesa dagli avv.ti Monica Passalacqua, Eugenio Bruti Liberati, Alessandra Canuti, Mario Bucello, con domicilio eletto presso l’avv. Monica Passalacqua in Firenze, via XX Settembre 60;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia,

della determinazione dirigenziale della Provincia di Pisa n. 3157 del 5.7.2012, recante "autorizzazione impianto a biogas nel Comune di Santa Maria a Monte proponente Prati Bioenergie soc. agricola s.r.l."

dell'allegato a alla suddetta determinazione recante il verbale della conferenza dei servizi del 25.6.2012;

dell'allegato a1 alla suddetta determinazione, recante l'elenco delle prescrizioni;

dell'allegato b alla suddetta determinazione, recante le risposte alle osservazioni presentate;

del parere dell'Arpat del 25.6.2012, limitatamente alla parte indicata nel ricorso;

del parere del comando provinciale dei Vigili del Fuoco di Pisa del 14.8.2012 e della nota, in esso richiamata, della direzione regionale dei Vigili del Fuoco del 27.7.2012, rese al di fuori della conferenza di servizi;

di tutti i pareri richiamati nella determinazione dirigenziale n. 3157 del 5.7.2012;

del verbale della conferenza di servizi del 29.3.2012;

della deliberazione della giunta del comune di Santa Maria al Monte n. 82 del 22.6.2012 e della relativa convenzione stipulata in data 8.8.2012;

nonchè, per quanto occorrer possa, della deliberazione della giunta comunale n. 30 del 27.3.2012;.



Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio della Provincia di Pisa, del Comune di Santa Maria a Monte, di Prati Bioenergia Società Agricola a R.L. del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Pisa e del Comando Regionale dei Vigili del Fuoco della Toscana, dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Toscana Direzione;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 ottobre 2013 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con distinti e coevi ricorsi, due società che gestiscono l’attività turistico-residenziale sulla riva di un lago artificiale ed una serie di cittadini, abitanti nella stessa zona, impugnavano la delibera della Provincia di Pisa ed una serie di atti endoprocedimentali con cui era stata concessa l’autorizzazione ex art. 12 D.lgs. 387/2003 per la costruzione di una centrale elettrica alimentata a biogas che sarebbe sorta a poca distanza dal luogo dove le società gestivano la propria attività economica e dalla zona in cui vivevano gli altri ricorrenti.

In particolare le due società ritenevano che l'autorizzazione illegittima di un impianto a biogas localizzato in terreni limitrofi a quelli di proprietà della Emme.Gi. Erre S.r.l., sui quali é stata

realizzata l' "Oasi di San Donato", attraverso la stipulazione di una Convenzione con il Comune di Santa Maria a Monte per l'attuazione di un Piano Particolareggiato per la riqualificazione e valorizzazione dell’area, determinerebbe la chiusura della struttura o comunque il suo fatale svilimento, posto che essa non sarebbe più fruibile, non soltanto per l'impatto visivo dell'impianto sui territorio in prossimità della struttura ricettiva, ma anche per la produzione di emissioni diffuse e maleodoranze, in quanto tali incompatibili con un'attività di ristorazione e con qualsiasi attività turistico­ ricreativa (gare nazionali ed internazionali di pesca sportiva; attività di ricreazione).

Dopo aver premesso che la loro legittimazione attiva derivava dal criterio della vicinitas rispetto all’impianto, che avrebbe senz’altro costituito un elemento di peggioramento della qualità della vita in quanto residenti e di declassamento dell’appetibilità turistica del lago per le due società, proponevano una serie di censure relative ai profili procedimentali, a quelli di pianificazione urbanistica ed ai vizi dell’impianto medesimo che articolavano in 13 motivi.

1° Violazione degli artt. 12, 3° e 4° comma, LRT n. 39/2005 e 12, 3° comma, Dlgs. n. 387/2003 e violazione dei principi generali sul giusto procedimento.

La società controinteressata ha presentato nel corso del procedimento due varianti la prima relativa alla localizzazione dell’impianto e la seconda alla sua dislocazione; solamente nel primo caso la Provincia di Pisa aveva riavviato il procedimento di autorizzazione, mentre nel secondo caso ciò non era avvenuto.

In particolare la seconda variante riguarda la modifica delle modalità di approvvigionamento della biomassa prevedendo lo stoccaggio della parte prodotta dai terreni in disponibilità della Prati Bionergia limitrofi all'impianto all'interno delle trincee dell'impianto, mentre la parte rimanente sarebbe stata immagazzinata o presso un centro di stoccaggio, da ubicare in via preferenziale nell'area PIP del Comune di Santa Maria a Monte, oppure delocalizzata presso i siti di provenienza

della biomassa. La modifica sostanziale di due elementi qualificati come essenziali ai fini della

presentazione della istanza autorizzatoria avrebbe dovuto imporre alla Provincia una nuova riattivazione del procedimento con relativa fase di pubblicazione, garantendo un ulteriore

confronto procedimentale su profili conoscibili dai ricorrenti soltanto a seguito della pubblicazione dei provvedimenti impugnati. Le trincee devono essere qualificate come un'opera o

un'infrastruttura intimamente e funzionalmente connessa all'impianto in senso stretto, legandosi con esso in un unicum strutturale e progettuale, così che una modifica localizzativa di esse determina una variazione essenziale del progetto complessivamente inteso e quindi dell'istanza presentata; ai fini dell'apprezzamento della suddetta essenzialità funzionale, sia sufficiente rilevare come un impianto senza trincee non possa funzionare. posto che sarebbe carente il presupposto del primo

momento del ciclo, ovvero sarebbe carente il luogo fisico per lo stoccaggio della biomassa.

2° Violazione dell'art. 12, 4° comma bis, D.lgs. n. 387/2003 ed eccesso di potere per difetto istruttorio.

La Società proponente non aveva, al momento dell'autorizzazione, la disponibilità dei terreni sui quali dovrebbero sorgere parte delle trincee: né dei terreni in area PIP né dei terreni limitrofi ai siti di provenienza della biomassa, e non risultava essere stato avviato un procedimento espropriativo per l'acquisizione forzosa dei terreni dove localizzare le opere infrastrutturali necessarie e imprescindibili per il funzionamento dell'impianto. La "disponibilità”, di cui parla la norma, non comporta necessariamente il riferimento al diritto di proprietà, ma ad essa deve essere

assegnato un significato giuridico che implichi la possibilità non precaria di uso del bene a mezzo di un titolo giuridico valido ed efficace.

L'unicità del procedimento, ribadita ai commi 3 e 4 dell'art. 12 del d. lg. 387/2003 non consente di scindere in fasi diverse il momento dell'approvazione del progetto e del rilascio dell'autorizzazione da quello dell'acquisizione, anche attraverso procedure espropriative, dell'acquisto della disponibilità del suolo.

In conclusione le evocate aree PIP non risultavano assegnate alla società proponente al momento dell'autorizzazione, né la Conferenza di servizi ha valutato la praticabilità dell’assegnazione alla luce del bando comunale per l’assegnazione di dette aree.

3° Violazione degli artt. 12, 4° comma bis, D.lgs. n. 387/2003 e art. 14.14. D.M. 10.9.2010 n. 47987 nonchè eccesso di potere per difetto istruttorio.

La carenza della disponibilità delle aree è apprezzabile anche in riferimento alla localizzazione dell'impianto principale: infatti la disponibilità delle particelle indicate (foglio 41, mappali nn.

150, 151, 209 e 211) si fonderebbe su un contratto preliminare di costituzione del diritto di superficie del 9.1.2012 e dell'addendum del 22.6.2012. Un contratto preliminare non garantisce l’esigenza di certezza giuridica relativa all'uso dei terreni a mezzo di un titolo giuridico non soltanto valido ed efficace in sé, ma anche idoneo al fine di dare certezze circa la disponibilità materiale delle aree necessarie alla costruzione dell’impianto.

4° Violazione dell'art. 14 l. n. 241/1990 e dell'art. 7 DPR n. 151/2011.

La determinazione n. 3157 del 5.7.2012, recante approvazione del progetto definitivo ed autorizzazione della costruzione e dell'esercizio dell'impianto a biogas, è stata adottata in carenza del parere dei Vigili del Fuoco di cui all'art. 7 DPR n. 151/2011.

Nel caso di specie in data 18.6.2012, in vista della Conferenza di servizi del 25.6.2012, è stata acquisita semplicemente la "relazione" istruttoria del Comando Provinciale che ha accertato la necessità tecnica dell'applicazione di una "deroga" alla normativa vigente (visto l'enorme

accumulo di gas nell'impianto, al di là della soglia normativamente tollerabile).

Sulla base di tale relazione istruttoria, in carenza assoluta del parere dell'organo competente e cioè della Direzione regionale, è stato adottato il provvedimento autorizzatorio. Tale parere, infatti, è stato acquisito al di fuori della Conferenza dei servizi, dopo la chiusura del procedimento autorizzatorio. Un parere reso da un'Amministrazione al di fuori della conferenza è reso in

carenza assoluta di potere.

5° Violazione dell'art. 14 ter, 9° comma, l. n. 241/1990 e del paragrafo 15.1.D.M. 10.9.2010 n. 47987.

La Conferenza dei servizi non si è conclusa con la determinazione del R.U.P., come espressamente previsto dall'art. 15.1. D.M. 10.9.2010 n. 47987, secondo cui "l'autorizzazione unica deve essere conforme alla determinazione motivata di conclusione assunta all'esito dei lavori della conferenza dei servizi".

Pertanto il provvedimento autorizzatorio risulta viziato sotto il profilo procedimentale.

6° Violazione dell'art. 229, comma 4, D.lgs. n. 152/2006.

Dalla relazione tecnica doc. D emerge in modo chiaro come le caratteristiche specifiche dell'impianto autorizzato siano idonee ad assimilarlo in senso sostanziale ad un impianto che brucia rifiuti. Pertanto l'Amministrazione ha omesso di applicare la specifica procedura disciplinata dall'art. 229, 4° comma, D.lgs. n. 152/2006.

7° Violazione del PIT - Scheda paesaggistica del Piano regionale, Ambito n. 17, sezione II ed eccesso di potere per difetto istruttorio.

La scheda paesaggistica del Piano regionale (Ambito n. 17, sezione II) non soltanto riconosce un "notevole" valore storico-culturale, in località Santa Maria a Monte, al Parco della Rimembranza (D.M. 17.5.1958), ma tutela lo stesso "quadro naturale di non comune bellezza panoramica' fruibile da esso, fissando tra gli "obiettivi di qualità' (sezione III) la "tutela dei percorsi storici e delle visuali che da tali percorsi si godono”.

Evidentemente la realizzazione di un impianto fortemente impattante sotto il profilo visivo, oltre che olfattivo, comprometterebbe i valori paesaggistici tutelati dal PIT, violandone illegittimamente il contenuto. L'intromissione visiva dell'impianto nel quadro naturale fruibile dal Parco della Rimembranza si desume con tutta evidenza dalla relazione tecnica allegata (doc. relazione A,

capitolo IV).

A questo si aggiunga, in ogni caso, che il PIT, Scheda Paesaggistica Ambito n. 17, sezione, III, fissa tra gli obiettivi di qualità anche "la conservazione delle condizioni di naturalità diffusa”. Tale naturalità sarebbe pregiudicata da un impianto assai ingombrante come quello di cui all'oggetto, che andrebbe a rompere la vocazione originaria dell'area.

Non può, pertanto, ritenersi, come ha fatto la Conferenza di servizi, l’impianto non impattante se non in conseguenza di una palese insufficienza istruttoria.

8° Violazione degli artt. 11.3.5, 13.2.8 e 68 del PTC.

L'art. 11.3.5 del PTC prevede espressamente che costituiscono obiettivi specifici del territorio

"l'individuazione di opportunità di sviluppo turistico” con il superamento di "situazioni di degrado e di abbandono al fine alleggerire la pressione turistica residenziale sulla costa “.

La EMME.GIERRE S.r.L ha investito vari milioni di euro, confidando nella collaborazione

dell'Amministrazione comunale, per la realizzazione di un'Oasi turistica a mezzo di uno specifico piano particolareggiato; nella relazione tecnica allegata sono chiariti gli elementi su cui si fonda la valenza turistica dell'Oasi di San Donato: basti pensare alla rilevanza internazionale dell'attività sportiva che si svolge nel Lago di San Donato.

A superare tale censura non basta rilevare che in Toscana non esiste una disciplina specifica per la localizzazione degli impianti a biomasse.

Il provvedimento autorizzatorio è altresì illegittimo per violazione dell'art. 13.2.8 del PTC che qualifica come invariante "la funzione ecologica delle vie d'acqua naturali ed artificiali', per le quali si prevede proprio "la promozione di azioni coordinate per la .fruizione, anche ciclopedonale, delle risorse naturali, per l'attivazione di circuiti d'acqua per finalità ecologiche naturalistiche, scientifiche, sportive e ricreative; in tali ambiti sarà da favorire la costituzione di aree protette, di parchi fluviali urbani, parchi sovracomunali'.

Evidentemente la realizzazione di un impianto, a pochi metri di distanza dall'Oasi, impattante sotto il profilo visivo e sotto il profilo olfattivo, bruciando mais e triticale, si risolverebbe in un allontanamento sociale dal Lago di San Donato, con assoluta compromissione della funzione di invariante dell' "acqua".

Sul punto la Conferenza di servizi non ha compiuto alcuna valutazione.

Infine l'art. 68, 1° comma, lett. f) prevede l’ utilizzo di siti industriali già esistenti, quale non è quello di specie.

Inoltre non risulta valutato, come si desume dal verbale quanto previsto dall' art. 68.2.1.2 secondo cui "Lo sviluppo ed il dimensionamento degli impianti deve essere collegato alla capacità di produzione e/ o reperimento della biomassa nell'ambito territoriale di competenza dell'impianto e compatibilmente con la capacità rigenerativa della stessa.

A tal fine è necessario valutare:

- le tipologie dei combustibili utilizzati, le modalità di approvvigionamento e le eventuali

pratiche di sostituzione della materia prima utilizzata;

- la distanza tra il punto di raccolta della biomassa ed il punto di utilizzo della stessa, sia per

l'uso di residui che per quello di biomassa da colture dedicate, in modo da minimizzare la

movimentazioni di combustibile ed il corrispondente aggravio del traffico stradale.

68.2.1.3 Con riferimento al punto precedente, la previsione e successiva realizzazione di impianti è

subordinata alla progettazione e organizzazione di un sistema di approvvigionamentodelle biomasse che si configuri anche come elemento di tutela del territorio".

9° Violazione dell'Allegato A al D.M 10.9.2010 n. 47987.

L’Allegato A, tenendo conto delle preoccupazioni di carattere ambientale che devono comunque essere tenute presenti nella scelta della localizzazioni di impianti a biomasse, quale criterio per

l'individuazione delle zone non idonee alla localizzazione, si riferisce alle"zone all'interno di coni visuali la cui immagine è storicizzata e identifica i luoghi anche in termini di notorietà internazionale di attrattiva turistica'.

La zona interessata, per le considerazioni svolte in precedenza, rientra a pieno titolo tra i siti non idonei.

10° Violazione dell'art. 12 D.lgs. n. 387/2003, dell'art. 49 R. U., dell'art. 18 P.S, dell'art. 8, 4° comma, L.R.T. n. 39/2005. Eccesso di potere per difetto istruttorio e per carenza motivazionale.

L'art. 49 R.U., in conformità al PIT, al PTC e al P.S., ammette nell'UTOE 2B3 esclusivamente "attività agrituristiche, ricreative, sportive per il tempo libero purché non

comportino danni ambientali; l'area compresa nel bacino del laghetto artificiale potrà essere

attrezzata per il tempo libero, pesca ( ... ) " e più in generale ritiene ammissibili

esclusivamente interventi di riqualificazione ambientale e paesaggistica.

Infatti il Comune di Santa Maria a Monte ha escluso che in detta zona possano essere posizionati impianti fotovoltaici.

Lo stesso P.S. comunale (art. 18 Subsistema Territoriale ambientale fluviale di Pianura 2-B), quanto alla zona in cui è localizzato l'impianto, pone tra gli obiettivi la "conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conforme agli interessi fondamentali della comunità c alla qualità della vita' (2.b). Inoltre fissa delle prescrizioni vincolanti prevedendo la "trasformazione volta alla realizzazione di strutture ricettive c servizi esclusivamente di supporto all'attività del tempo libero da definire in fase di redazione del Regolamento Urbanistico''.

E’ evidente che la collocazione dell’impianto si pone in contrasto con tali prescrizioni che non possono essere superate solo per il fatto che l’autorizzazione ex art. 12 D.lgs. 387/2003 vale anche come variante urbanistica.

Tale possibilità vale per il Regolamento Urbanistico ma non per il Piano strutturale che si pone come strumento di pianificazione territoriale; La L.R.T. n. 39/2005, contenendo norme di dettaglio (art. 117, 3° comma, Cost.) riconducibili anche al ''governo del territorio", ha previsto una regola

diversa e sostitutiva rispetto a quella contenuta nella legislazione statale, qualificabile come una disposizione di natura urbanistica ed in quanto tale posta all’interno della competenza del ''governo del territorio"; più specificatamente l'art. 8, 4° comma, L.R.T. n. 39/2005 prevede che l'autorizzazione unica sia subordinata alla variante urbanistica (" ( .. .) l'autorizzazione viene rilasciata qualora si pervenga ad una variante degli strumenti urbanistici').

Nel motivo di ricorso vengono poi diffusamente illustrate le ragioni per cui non sarebbe possibile derogare ad una serie di strumenti pianificatori sovra comunale che, come illustrato in precedenza, ostano alla collocazione di un impianti a biomasse nel sito individuato nell’autorizzazione, tenuto anche del fatto che era stato autorizzato un piano particolareggiato presentato dalle società ricorrenti per la valorizzazione turistica del sito.

11° Violazione dell'art. 3.3.7. del PIER ed eccesso di potere per difetto istruttorio.

Il Piano Energetico Regionale ( PIER ) prevede che gli impianti a biogas sorgano principalmente per abbattere il carico inquinante dei rifiuti organici e contestualmente per generare energia, nei limiti strutturali della fonte a biomassa. In questa logica la biomassa ottenibile da piantagioni energetiche dedicate deve ritenersi una mera "eccezione". Nel caso di specie, invece, il progetto ha ad oggetto l'uso prevalente di biomassa da coltura dedicata (mais e triticale); l'impianto è in concreto "superfluo" rispetto alle reali esigenze energetiche del territorio, come dimostrato puntualmente nella relazione tecnica.

12° Violazione dell'art. 269 D.lgs. n. 152/2006 nonché eccesso di potere per difetto istruttorio.

Prendendo spunto dal parere dell’ARPAT che evoca un fenomeno ineluttabile di emissioni e di flussi inquinanti non mitigabili, si denuncia la violazione dell’art. 269 T.U. Amb. che prevede per le emissioni diffuse l’indicazione di prescrizioni finalizzate ad assicurarne il contenimento.

Inoltre l'ARPA T, quanto alla decisiva problematica delle "maleodoranze diffuse'', da essa stessa rilevate, si limita a rilevare che le trincee, la vasca finale, la prevasca, il piazzale del digestato e del caricatore "sono stati dotati di coperture fisse o mobili che dovrebbero impedire la diffusione di odori dai materiali lavorati o in attesa di essere trattati nell'impianto. Poiché l'efficacia dei suddetti sistemi è strettamente legata al corrotto utilizzo delle coperture la ditta dovrebbe redigere per questi apparati una procedura dedicata da diffondere agli operatori' in merito alle operazioni di carico, scarico e di movimentazione.

Evidentemente appare oggettivo come il semplice rinvio alla definizione di una procedura di buona gestione sia inidoneo a garantire la neutralizzazione della problematica, in carenza di individuazione di misure specifiche e tecnicamente efficaci. Il rilievo dell' ARPAT è pertanto generico e viziato da difetto istruttorio.

In ogni caso tale "procedura" da diffondere tra tutti gli operatori non è stata predisposta.

13° Eccesso di potere per difetto istruttorio, per omessa valutazione dei requisiti della viabilità e per

erronea quantificazione del traffico veicolare connesso all'impianto.

Il provvedimento autorizzatorio è stato rilasciato sul presupposto che il sistema di viabilità abbia strade di dimensione di 6 metri; tale dimensione è stata dichiarata dalla Società proponente.

Il presupposto è erroneo. Le strade non superano mai i 5,5 metri ed in alcuni punti la dimensione si restringe fino a 4 e 3 m., proprio in prossimità dell'imbocco dell'impianto. Dalla relazione tecnica emerge uno stato della viabilità completamente difforme da quello presupposto dalla Provincia, che ha omesso di verificare i dati forniti dalla Società proponente.

In concreto, le suddette dimensioni rendono del rutto inadeguato il sistema rispetto all'effettivo volume di traffico che l'impianto genera.

La Società proponente, infatti, ha sottostimato il traffico di mezzi. Dalla relazione tecnica emerge un volume pari a 3.672 mezzi, posto che l'approvvigionamento non avviene come specificato e presupposto nell'allegato n. 9 alla Relazione della Società proponente nel lasso temporale

compreso tra agosto e settembre ma, come affermato dalla stessa Società nell'allegato n. 1, tra gennaio e dicembre. In altre parole il calcolo dei mezzi transitanti è stato effettuato sulla base

di un erroneo lasso temporale.

Inoltre l'angolo di deviazione e di curvatura delle strade è incompatibile con i mezzi impiegati per il trasporto e la pavimentazione stradale è in concreto inidonea a sopportare il traffico previsto e specificatamente gli automezzi pesanti.

Si costituivano in giudizio:

la Provincia di Pisa che eccepiva la tardività del ricorso poiché per le domande cautelari non si deve considerare la sospensione dei termini nel periodo feriale, l’inammissibilità dello stesso per non essere stato notificato a tutti i partecipanti alla Conferenza di servizi e la carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti; nel merito concludeva per il rigetto dei ricorsi;

la società controinteressata che eccepiva la carenza di legittimazione ad agire dei ricorrenti e nel merito chiedeva il rigetto del ricorso;

Il Comune di Santa Maria a Monte e la Regione Toscana per ARPAT che eccepivano il loro difetto di legittimazione passiva.

Alla camera di consiglio del 6.11.2012 veniva respinta l’istanza cautelare con ordinanza confermata dal Consiglio di Stato che si è pronunciato, respingendo l’appello, nella camera di consiglio del 30.1.2013.

L’udienza di merito, inizialmente fissata per il 20.6.2013, veniva differita al 17.10.2013 e nelle more il Comune di Santa Maria a Monte, essendo cambiata la maggioranza politica e di conseguenza la Giunta Comunale, si costituiva con nuovo difensore chiedendo l’accoglimento del ricorso.

In prossimità dell’udienza di merito veniva depositata dai ricorrenti e dal Comune di Santa Maria a Monte un’istanza di differimento essendo stata presentata una richiesta di provvedimento in autotutela alla Provincia di Pisa che, però, si opponeva all’istanza, affermando che non avrebbe adottato alcun atto fino alla definizione del giudizio.

In conseguenza di ciò l’istanza di rinvio veniva respinta e i ricorsi venivano trattenuti in decisione all’udienza del 17.10.2013.

DIRITTO

Preliminarmente è necessario procedere alla riunione dei due ricorsi stante la loro connessione oggettiva in quanto promossi per l’annullamento dei medesimi atti, sulla base di identici motivi, e la loro parziale connessione soggettiva mutando solamente il soggetto ricorrente.

Vanno, quindi, affrontate le eccezioni preliminare sollevate dalle amministrazioni resistenti.

Non è fondata l’eccezione di irricevibilità del ricorso, proposta dalla Provincia di Pisa poiché la sospensione dei termini feriali si applica anche per la notificazione ed il deposito dei ricorsi contenenti un ‘istanza cautelare ( TAR Lazio sentenze nr. 7528 e 7890 del 2013; TAR Sicilia sentenza nr. 1583/2013 ): la circostanza che la presentazione di una domanda cautelare consenta la sua trattazione anche nel periodo feriale non comporta il mancato computo della sospensione feriale dei termini ai fini della valutazione della tempestività del ricorso.

Anche la seconda eccezione formulata dalla Provincia di Pisa deve essere rigettata; l’impugnazione di un atto emesso all’esito di una conferenza di servizi non richiede la notifica a tutte le amministrazioni che vi hanno partecipato, ma solamente a quella che ha emanato il provvedimento che racchiude gli esiti della conferenza stessa. Basti osservare sul punto che la giurisprudenza è ormai unanime nel ritenere che non possa essere autonomamente impugnato il verbale conclusivo della conferenza di servizi per la sua natura non provvedimentale, costituendo lo stesso il mero presupposto del provvedimento conclusivo: non si vede per quale ragione l’impugnazione di tale provvedimento dovrebbe comportare la notifica a tutte le amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza di servizi, fornendo in quella sede il proprio parere che, non per questo, perde la sua natura di atto endoprocedimentale. La circostanza che la conferenza di servizi sia decisoria non modifica tale conclusione: infatti nella sentenza citata nella memoria della Provincia ( TAR Piemonte 237/2012 ) è stata impugnata una determinazione della provincia analoga a quella impugnata in questa sede ma non sono state citate in giudizio tutte le amministrazioni che avevano partecipato alla conferenza di servizi, senza che il ricorso sia stato, perciò, dichiarato inammissibile.

Per quanto attiene all’ultima eccezione di inammissibilità, e cioè il difetto di legittimazione passiva dei ricorrenti di entrambi i ricorsi, il Collegio, pur consapevole dell’esistenza di un orientamento non uniforme della giurisprudenza circa la esaustività del criterio della vicinitas per consentire l’impugnazione di provvedimenti, ritiene di aderire all’indirizzo meno rigoroso in quanto non si può disconoscere che un certo effetto lesivo quanto meno relativamente al possibile deprezzamento dei beni e delle attività dei ricorrenti non possa escludersi, così come non è certo che in futuro l’impianto non possa produrre maleodoranze; per tali motivi anche questa eccezione può essere respinta.

L’eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dalla Regione Toscana relativamente alla posizione dell’ARPAT va, invece, accolta dal momento che il parere da essa fornito ha natura meramente endoprocedimentale e non può essere autonomamente impugnato nella stessa logica che ha motivato il rigetto dell’eccezione di inammissibilità della provincia di Pisa relativa alla carenza di contraddittorio con i presunti controinteressati.

Si può, invece, omettere di esaminare l’eccezione inizialmente sollevata dal Comune di Santa Maria a Monte, circa il difetto di legittimazione passiva, dal momento che il nuovo difensore costituendosi ha adottato una linea processuale incompatibile con il mantenimento di tale eccezione che deve quindi considerarsi implicitamente rinunciata.

Si può, pertanto, passare al merito del ricorso esaminando i motivi analiticamente descritti in precedenza.

Il primo motivo va respinto in quanto non ritiene il Collegio che la seconda modifica del progetto possa essere qualificata come una variante sostanziale che, in quanto tale, avrebbe comportato un nuovo avvio del procedimento. A differenza della prima modifica, che avendo cambiato l’ubicazione dell’impianto aveva necessariamente richiesto il riavvio del procedimento, la seconda variante ha comportato una mera modifica delle trincee con riduzione della loro estensione essendo stato previsto un diverso sistema di approvvigionamento della biomassa non concentrata tutta presso l’impianto.

Tale cambiamento comportava, come conseguenza, una potenziale diminuzione di due effetti negativi e cioè le maleodoranze e l’incremento del traffico nella zona e quindi un’attenuazione dell’impatto sul territorio; non essendovi controindicazioni negative a fronte delle conseguenze positive della modifica non si vede per quale ragione si sarebbe dovuto aggravare inutilmente il procedimento con una nuova pubblicazione del progetto che non avrebbe potuto generare osservazioni diverse da quelle a suo tempo formulate, avendo, al contrario, determinato effetti almeno in parte favorevoli rispetto al contenuto delle preoccupazioni espresse.

L’art. 5, comma 3 D.lgs. 28/2011 definisce come non sostanziali le modifiche del progetto che non variano la potenza termica installata ed il combustibile rinnovabile utilizzato.

Non va, infine, dimenticato che il Codice dell’Ambiente, seppur in un diverso contesto, valuta come sostanziali le modifiche che hanno “effetti significativi e negativi sull’ambiente”, circostanza che non si verifica nel caso di specie, vista la natura della variante.

Il secondo motivo si fonda su un equivoco dal momento che censura la mancata disponibilità di aree su cui costruire parte dell’impianto, riferendosi a quella parte delle trincee che venivano delocalizzate. La società che ha presentato il progetto, avendo accolto il suggerimento di non stoccare tutta la materia prima presso l’impianto, ha ridotto le trincee presso di esso, ma non ha chiesto di realizzare quelle delocalizzate, ipotizzando di lasciare la parte delle biomasse residue presso i centri di approvvigionamento o in alternativa futura realizzando un ulteriore centro di stoccaggio nel Comune di Santa Maria a Monte preferibilmente nell’area PIP.

Il terzo motivo dubita che la società controinteressata abbia un titolo che garantisca una stabile disponibilità del terreno necessario per costruire l’impianto, non ritenendo a tal fine idoneo il contratto preliminare di costituzione del diritto di superficie presentato dalla società; non può condividersi questa lettura del contenuto del comma 4 bis dell’art.12, in quanto ciò che è richiesto è una relazione qualificata su base reale e non obbligatoria con il bene immobile anche se non ancora perfezionatasi con un atto traslativo; peraltro è evidente che, poiché la realizzazione dell’opera dipende dall’ottenimento dell’autorizzazione, chi non dispone già del terreno a titolo di proprietà adotterà le opportune cautele per non fare un investimento che potrebbe risultare all’esito del procedimento improduttivo.

Peraltro, il proprietario dei terreni indicati nel contratto preliminare è uno dei soci della società controinteressata a garanzia della serietà della proposta.

Il quarto motivo lamenta che il parere favorevole dei Vigili del Fuoco sarebbe avvenuto al di fuori della conferenza di servizi: la censura non coglie nel segno poiché il parere favorevole del Comando Provinciale era stato espresso in conferenza e subordinato al rilascio della deroga, trattandosi di impianto che non consente l’integrale osservanza delle regole tecniche per la prevenzione incendi. Nel verbale conclusivo della Conferenza di servizi e nel provvedimento impugnato l’autorizzazione era, di conseguenza, subordinata all’ottenimento della deroga che è pervenuta successivamente.

Non vi è stata, quindi, alcuna omissione di parere poiché l’organo intervenuto in conferenza di servizi ha formulato un parere favorevole che ovviamente era tale anche quanto alla concessione della deroga, deroga che doveva essere consentita da un organo non chiamato a partecipare alla conferenza di servizi, cosicché risulta ininfluente l’epoca di rilascio della stessa.

Il quinto motivo è generico e quindi potenzialmente inammissibile, in ogni caso, esaminando le conclusioni della conferenza di servizi riportate nel verbale e le prescrizioni indicate nell’autorizzazione, non si riscontrano le difformità denunciate.

Il sesto motivo denuncia il mancato espletamento della procedura di cui all’art. 229 Codice Ambiente poiché l’impianto in esame sarebbe equiparabile ad un impianto che brucia rifiuti.

La premessa in fatto non è corretta poiché il procedimento attraverso cui vengono prodotti i biogas che alimentano l’impianto non è la combustione di materiali, ma la fermentazione anaerobica di biomasse da cui residua il digestato utilizzato a fini agronomici e qualificato come sottoprodotto dall’art. 52, comma 2 bis, D.L. 83/2012.

I vizi relativi ai profili procedimentali sono, quindi, tutti da respingere.

Venendo ora ai vizi relativi ai profili di pianificazione urbanistica, va premesso che l’art. 12, comma 10, D.lgs. 387/2003 ha rimandato all’emanazione di linee guida l’indicazione dei criteri per assicurare un corretto inserimento degli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili nell’ambiente.

Sulla base delle linee guida le Regioni potevano indicare una serie di siti come non idonei all’installazione di specifiche tipologie di impianti.

Il D.M. 10.9.2010 ha fornito tali linee guida, nella logica, confermata dalla sentenza 224/2012 della Corte Costituzionale, di favorire la diffusione di tali impianti per consentire una diminuzione dell’inquinamento come richiesto dalle norme europee, contemperando tale esigenza con quella del rispetto degli interessi paesaggistici ed ambientali.

Orbene, la zona ove sorge l’impianto non è interessata da alcun vincolo paesaggistico, né è stata dichiarata come sito non idoneo dalla Regione Toscana e comunque nel procedimento sono stati coinvolti tutti gli enti preposti alla tutela del paesaggio, in considerazione di aree contermini che presentavano interesse sotto questo profilo, come l’Oasi al Lago di San Donato, ottenendo un parere favorevole.

Nel settimo motivo i ricorrenti si dolgono del mancato rispetto delle previsioni del P.I.T. ( Piano di indirizzo territoriale ) per la zona ove sorgerà l’impianto: si tratta di uno strumento urbanistico superiore adottato dalla Regione per dettare norme e principi che gli enti locali debbono recepire negli strumenti di pianificazione locali; il giudizio positivo fornito da enti preposti alla tutela paesaggistica e ambientale, in particolare dalla Soprintendenza, assicurano che l’intervento non è in contrasto con le finalità indicate dal P.I.T.

Risulta in proposito che la società proponente ha predisposto un foto inserimento dell’impianto dalla terrazza panoramica del Ristorante Oasi al Lago ed ha apportato delle modifiche per adeguarsi ai criteri costruttivi dell’impianto indicati dalla Regione Toscana.

Anche per quello che riguarda il possibile impatto olfattivo la società ha documentato tutti gli accorgimenti che saranno adottati per minimizzare la formazione di emissioni odorigene derivanti da processi fermentativi incontrollati e per ridurre al minimo le emissioni prodotte dagli stoccaggi.

L’ottavo motivo individua alcune norme del P.T.C. ( Piano Territoriale di Coordinamento ) che configgerebbero con la collocazione dell’impianto nel sito individuato; anche in questo caso va premesso come il legislatore nazionale non consenta agli strumenti urbanistici degli enti locali di porre divieti per l’installazione di impianti come quello su cui si controverte. Le uniche limitazioni sono quelle che la Regione può porre in ossequio alle linee guida del D.M. 10.9.2010 ed è per tale ragione che la concessione dell’autorizzazione, che evidentemente può essere rilasciata solo quando non sussistano in concreto incompatibilità ambientali e paesaggistiche e problemi per la salute, determina automaticamente una variante agli strumenti urbanistici locali così da superare ogni eventuale preclusione che da essi dovesse derivare.

Nel caso di specie poi il P.T.C. ( art. 68 ) non vietava in assoluto la localizzazione di impianti alimentati con le biomasse, ma suggeriva il loro inserimento in aree industriali già esistenti: si tratta, però, di una previsione risalente al 2006 quando ancora non erano state approvate le linee guida che devono pertanto essere ritenute prevalenti. Peraltro è stata rispettata la prescrizione che indicava la necessità di una filiera corta.

In ogni caso la valorizzazione delle opportunità di sviluppo turistico di cui al punto 11.3 del P.T.C. non comportano un divieto di installazione di impianti a biomasse per le ragioni illustrate in precedenza e la fruizione delle risorse naturali di cui al punto 13.2.8 non è insidiata dalle emissioni in atmosfera dell’impianto poiché esse sono scarsamente rilevanti tanto da non richiedere l’autorizzazione alle emissioni richiesta dall’art. 269 del Codice Ambiente.

Sul piano strettamente paesaggistico, poi, risulta che le aree da cui risulta maggiormente visibile l’impianto sono quelle pianeggianti limitrofe all’impianto e non significative sul piano panoramico ed, inoltre, la previsione di una siepe lungo il confine dell’impianto favorisce l’inserimento nell’ambiente; oltretutto risulta che, per la conformazione della vegetazione lungo il perimetro dell’Oasi al Lago, l’impianto risulta scarsamente visibile.

Il nono motivo contesta la violazione dell’Allegato 4 al D.M. 10.9.2010 che però indica i criteri che la Regione deve applicare per individuare i siti non idonei e la Regione non ha ricompreso quello ove sorge l’impianto tra quelli inidonei; in ogni caso la attenta valutazione di compatibilità ambientale viene compiuta con il procedimento di V.I.A. che in questo caso non è previsto, poiché la sua necessità è richiesta per gli impianti di potenza superore ai 30 MW termici, mentre l’impianto in esame ha una potenza di 2,7 MW.

Il decimo motivo afferma che la variante urbanistica conseguente all’autorizzazione potrebbe operare solo relativamente al Regolamento Urbanistico, ma ciò è in palese contrasto con la previsione dell’art. 12 citato che ricomprende tutti gli atti incidenti sul governo del territorio; è parimenti inesatto affermare che il Piano di Indirizzo Energetico Regionale ( P.I.E.R. ) avrebbe rinviato al P.I.T. per individuare le zone non idonee poiché non si capisce come strumenti anteriori alle linee guida possano costituire mezzi di attuazione delle stesse; in ogni caso neanche il P.I.T. sottopone a vincolo paesaggistico ambientale l’area ove sorge l’impianto.

La variante urbanistica compresa nell’autorizzazione non necessita di alcuna particolare motivazione poiché è la conseguenza di un giudizio favorevole sulla possibilità di consentire in loco la realizzazione del progetto presentato e, peraltro, non risulta esatto affermare che il Comune abbia espresso un parere contrario, poiché l’ente si è limitato ad affermare che un diniego motivato unicamente con il contrasto con le previsioni urbanistiche sarebbe contra legem senza addurre ulteriori ragioni per opporsi alla variante.

Non vi è alcun contrasto tra l’autorizzazione e il piano particolareggiato grazie al quale le società ricorrenti hanno realizzato il loro impianto turistico-ricettivo poiché tali aree non sono interessate dalla variante urbanistica.

Anche i motivi relativi alle violazioni degli strumenti urbanistici devono essere, in conclusione, respinti.

Gli ultimi tre motivi attengono a vizi relativi all’impianto a biogas.

L’undicesimo motivo rileva l’esistenza di un contrasto tra l’autorizzazione e le previsioni del P.I.E.R. al punto 3.3.7. Si riporta uno stralcio di tale strumento per attestare l’inesistenza di tale contrasto: “In considerazione, tuttavia, delle esperienze maturate e dei dati emersi da alcuni impianti pilota realizzati in Toscana, risulta che la destinazione della biomassa è ambientalmente più sostenibile se indirizzata verso lo sfruttamento termico in impianti di piccola taglia in quanto

si assicura un più stretto rapporto tra il bacino di approvvigionamento della biomassa ed il suo

luogo di utilizzo. Infatti, per assicurare la sostenibilità ambientale ed economica di questi

impianti è necessario sviluppare “filiere corte” che comportino minor consumo di “grey

energy” (energia grigia) necessaria nelle fasi di trasporto del biocombustibile. A titolo

puramente indicativo e con riferimento alle esperienze realizzate in questi anni ed allo stato di

sviluppo della filiera e delle tecnologie, si può individuare il dimensionamento ottimale degli

impianti in 0,8 – 1,5 MWt estendibili a 3 MWt in caso di impianti di cogenerazione”

In nessun parte del punto 3.3.7 si afferma che l’uso di biomasse da piantagioni energetiche debba costituire un’eccezione a fronte di una norma costituita da rifiuti organici; di questi ultimi si parla solamente verso la fine del paragrafo in questi termini “Prevedere l’impiego, entro il 2020, di circa mezzo milione di tonnellate di biomassa nella produzione di energia elettrica. Ciò presuppone una potenza di circa 60 Mw elettrici, cui si uniscono ulteriori 40 Mw di energia prodotta da biogas e rifiuti. In totale avremo una producibilità al 2020 di circa 1.100 GWh.”.

Il dodicesimo motivo censura la mancata sottoposizione dell’impianto all’autorizzazione alle emissioni in atmosfera dal momento che l’ARPAT ha affermato che non è eliminabile l’emissione nei reflui gassosi di inquinanti di vario genere. La censura non tiene conto del fatto che l’autorizzazione ex art. 269 Codice Ambiente è prevista per impianti di potenza superiore ai 3 MW e che l’ARPAT, nel segnalare che vi saranno comunque emissioni inquinanti, ha espresso parere favorevole perché tali emissioni rimangono sempre sotto la soglia consentita. Naturalmente, sul rispetto di tali soglie, sono previsti controlli al momento di funzionamento dell’impianto.

Nel tredicesimo motivo sono contenute censure relative alla mancata valutazione dell’incidenza del traffico veicolare connesso alla gestione dell’impianto sul sistema della viabilità circostante. Va premesso in merito che, come rilevato dalla Provincia di Pisa, le valutazioni in questo ambito sarebbero proprie di una procedura di V.I.A. che, per un impianto con la potenza descritta, non è prevista. In ogni caso, è stata stipulata una convenzione con il Comune che prevede l’adozione di misure, con spese a carico della società che gestisce l’impianto, nel caso in cui dovessero presentarsi problemi connessi con la circolazione.

Peraltro, la larghezza delle strade che circondano l’impianto consente il passaggio dei mezzi previsti per il trasporto delle biomasse che, oltretutto, non sono superiori a quelli attualmente utilizzati nel trasporto dei prodotti agricoli coltivati nella zona; inoltre, avendo previsto uno stoccaggio di parte delle materie prime in luogo diverso dall’impianto, vi sarà una diminuzione del carico veicolare rispetto alla diversa soluzione inizialmente adottata.

Non possono essere prese in considerazione, ai fini dell’accoglimento del motivo in esame, le due ordinanze del Comune di Santa Maria a Monte che hanno limitato il traffico in alcune delle vie nei pressi dell’impianto; per effetto di tali provvedimenti è stato inibito l’uso di alcune strade, senza impedire ai mezzi di poter raggiungere l’impianto, anzi prescrivendo per essi la via più agevole.

Non senza rilievo è anche la circostanza che, sul sistema viario ritenuto inidoneo dai ricorrenti, transitano anche autobus di linea e mezzi pesanti addetti alla raccolta dei rifiuti che incidono sulla pavimentazione stradale, che comunque potrà essere ripristinata anche a spese della società controinteressata in virtù della convenzione con il Comune cui si faceva riferimento in precedenza.

La consulenza disposta dal Comune di Santa Maria a Monte, in relazione alla questione del traffico veicolare, evidenzia le criticità appena illustrate, ma non offre elementi per ritenere che vi sia stata un’omissione in fase istruttoria tale da rendere illegittima l’autorizzazione impugnata.

Il Comune di Santa Maria a Monte ha depositato anche altre due relazioni tecniche per contestare, da un lato il rispetto del quantitativo di biomasse che deve provenire dai terreni coltivati da parte della società controinteressata, e dall’altro la mancanza di emissioni dannose per la salute.

I dubbi sollevati da entrambi le relazioni dovranno essere sciolti con le verifiche che saranno operate in sede di gestione dell’impianto, dal momento che sul piano ambientale è previsto un continuo monitoraggio delle emissioni per valutare che non superino le soglie di rischio e, per quanto attiene all’approvvigionamento, analoghi controlli saranno operati per verificare il rispetto della filiera corta.

In conclusione i ricorsi riuniti vanno respinti.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza nei confronti della Provincia di Pisa e della Prati Bioenergia, mentre possono essere compensate nei confronti del Comune di Santa Maria a Monte e dell’ARPAT.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li rigetta.

Condanna i ricorrenti in solido tra loro a rifondere le spese di giudizio alla Provincia di Pisa ed a Prati Bioenergia nella misura di € 3.000 oltre accessori, per ciascuna delle controparti. Compensa le spese nei confronti del Comune di Santa Maria a Monte e di ARPAT.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 17 ottobre 2013 con l'intervento dei magistrati:

Saverio Romano, Presidente

Bernardo Massari, Consigliere

Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 26/11/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)