Cass. Sez. III n. 7948 del 1 marzo 2011 (Ud. 12 gen. 2011)
Pres. Lombardi Est. Sarno Ric. Furia
Rifiuti. Terre e rocce da scavo

La provenienza da siti bonificati, senza ulteriori interventi di caratterizzazione, postula la natura pericolosa delle terre e rocce di scavo tant’è che, anche nei più recenti approdi normativi, si è ribadito che “Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purché:.....; e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;” (art. 186 Dlgs 152/06 come sostituito dal DLgs 4/08).

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale



Composta dagli ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI                                      - Presidente -
Dott. MARIO GENTILE                                                         - Consigliere -
Dott. RENATO GRILLO                                                        - Consigliere -
Dott. GIULIO SARNO                                                           - Consigliere Rel. -
Dott. ELISABETTA ROSI                                                      - Consigliere -

ha pronunciato la seguente


SENTENZA


sul ricorso proposto da:
1) FURIA GINO N. IL 10/09/1963
2) MASINI ALDO N. IL 18/02/1935
- avverso la sentenza n. 2910/2006 CORTE APPELLO di GENOVA, del 29/05/2008
- visti gli atti, la sentenza e il ricorso
- udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/01/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIULIO SARNO
- Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Izzo Gioacchino che ha concluso per annullamento senza rinvio per prescrizione.


SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

 

Furia Gino e Masini Aldo propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza in epigrafe con la quale la corte di appello di Genova confermava quella del tribunale di Massa in data 5 maggio 2006 che li aveva entrambi ritenuti colpevoli del reato di cui agli articoli 110 del codice penale, 51 commi 3 e 4 d LG 22/97 perché in concorso tra loro, il Furia in qualità di amministratori della Furia SRL ed il Masini della Rimavi s.r.l., società la prima esecutrice del trattamento, del trasporto e del conferimento, la seconda gestore della discarica per effetto della determinazione dirigenziale della provincia di Massa Carrara del 22 febbraio 2001, gestivano una discarica non autorizzata di rifiuti non pericolosi consistenti in 28.122,26 tonnellate di rifiuti provenienti dalla bonifica dei siti inquinati contaminati con mercurio, idrocarburi totali, cloruri e rame in violazione delle prescrizioni contenute nella citata determinazione dirigenziale, nonché attribuendo nei formulari di trasporto il codice CER 170504 in luogo di 19 13 02 o 19/12 09 corrispondenti ai rifiuti effettivamente conferiti. Dal gennaio all'ottobre 2003.


I profili essenziali della vicenda non sono in contestazione e possono essere così ricostruiti:
a) secondo la determinazione dirigenziale del 22 febbraio 2001, che dettava le condizioni relative alla gestione della discarica denominata ex cava Viti, potevano conferirsi nel sito terre e rocce con codice identificativo CER 170501, con esclusione di quelle provenienti da bonifica;
b) in forza degli adempimenti imposti dall'entrata in vigore della legge numero 443/01 la società Rimavi presentava alla Provincia il 9 febbraio 2001 una richiesta di transcodifica;
c) in data 8 agosto 2001 la Rimavi, a completamento della domanda di transcodifica del 9 febbraio 2001, chiedeva alla provincia di essere autorizzata anche alla discarica di materiale proveniente da bonifica;
d) l'ente rispondeva con nota del 10 settembre 2001 indicando il nuovo codice identificativo 170504, senza aggiungere altro;
e) in data 6 novembre 2002 si teneva una riunione tra gli esperti ARPAT delle due province interessate alla discarica - Massa Carrara e Lucca - nella quale si poneva il problema di limitare le conseguenze derivanti dall'atto del 10 settembre 2001, nella parte in cui autorizzava ricevere terre e rocce provenienti da bonifiche nella ex cava di Viti;
f) nel dicembre 2002 la Rimavi effettuava una comunicazione alla provincia con la quale faceva presente che la società aveva intenzione di utilizzare il codice 170504 senza limitazione;
g) dal gennaio all'ottobre 2003 si teneva la condotta contestata;
h) il 17 dicembre 2003 la provincia emetteva la determinazione dirigenziale nella quale si prescriveva espressamente che, laddove si fosse trattato del codice 170504, l'autorizzazione non includeva le terre provenienti da bonifica;


Deducono in questa sede i ricorrenti:


Masini:
1) erronea applicazione dell'articolo 1 comma 15 della legge 443/01. Si rileva al riguardo che tale disposizione prevedeva che i soggetti che effettuavano attività di gestione dei rifiuti la cui classificazione era stata modificata con la decisione della commissione europea 2001/118/CE del gennaio 2001, dovessero inoltrare richiesta all'ente competente entro 30 giorni presentando domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 22/97 indicando i nuovi codici per i quali intendevano proseguire l'attività di gestione dei rifiuti e che l'attività poteva essere proseguita fino all'emanazione del conseguente provvedimento da parte dell'ente competente al rilascio delle autorizzazioni di cui al citato decreto legislativo. Si aggiunge che nel caso di specie la Rimavi aveva formulato richiesta di autorizzazione ai sensi dell'articolo 28 citato il 9 febbraio e 1'8 agosto 2001 e che il provvedimento della provincia di Massa Carrara, ente preposto al rilascio dell'autorizzazione, indicava il codice CER 170504 comprensivo anche delle terre provenienti da siti bonificati.


2) contraddittorietà manifesta ed illogicità della motivazione. Si censura in particolare il percorso argomentativo concernente l'elemento psicologico del reato, evidenziando che erroneamente la richiesta di transcodifica era stata interpretata come dimostrazione della consapevolezza della necessità di un esplicito provvedimento in ordine alle terre provenienti da bonifica e che, inoltre, non erano stati tenuti nel debito conto la riunione tenutasi il 6 novembre 2002 ed il contenuto del verbale della riunione.


Furia:
3) violazione dell'allegato D Digs 152/06 nonché dell'articolo 1 comma 15 legge 443/2001 dovendosi ritenere che con il provvedimento del 10 settembre 2002, nel comunicare il nuovo codice identificativo CER, sia stato rimosso il limite precedentemente esistente, e che erroneamente non sia stata riconosciuta nei giudizi di merito la natura autorizzativa del provvedimento. Si aggiunge che deve ritenersi arbitrariamente applicata la limitazione dalla provincia di Massa Carrara nella determinazione del 22 febbraio 2001 e che la circostanza che la determinazione dirigenziale del 17 dicembre 2003 abbia reintrodotto il limite sta a indicare che in precedenza tale limite non poteva ritenersi sussistente;


4) violazione degli articoli 42, 43 47 del codice penale nonché dell'articolo 5 e mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'elemento soggettivo o comunque manifesta illogicità e contraddittorietà della stessa. In relazione al comportamento tenuto dalla provincia a seguito della richiesta del nuovo codice CER legittimamente il ricorrente ha fatto affidamento sulla mancanza di limitazioni in ordine al trattamento delle terre e rocce di scavo; e d'altronde anche nella riunione ARPAT si era pervenuti alla medesima conclusione. Si è dunque - secondo il ricorrente - in presenza di un caso di errore inevitabile nell'applicazione della norma la, già costituita parte civile, ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi, la conferma delle statuizioni civili e la condanna degli imputati alla rifusione delle spese del grado di giudizio.


Motivi della decisione


Va preliminarmente rilevato che alla data odierna i reati sono prescritti e che non ricorrono le condizioni indicate dall'art. 129 cpp per escludere la responsabilità degli imputati.
Ugualmente deve procedersi in questa sede all'esame dei motivi di ricorso per la presenza della parte civile - Provincia di Massa -.
Le questioni poste dai ricorrenti sono sostanzialmente sovrapponibili.
Per un verso si sostiene che la comunicazione del nuovo codice CER (170504) a seguito della richiesta di transcodifica dovuta alla modifica della classificazione dei rifiuti conseguente alla decisione della Commissione europea 2001/118/CE del 16 gennaio 2001, non contenendo limitazioni, sulla esclusione dei materiali provenienti dai siti bonificati, doveva intendersi come autorizzazione al conferimento in discarica anche di questi ultimi (motivi 1 e 3); per altro verso si sostiene che tale situazione dovesse essere valutata perlomeno per escludere il profilo soggettivo del reato (motivi 2 e 4).


Su entrambe le questioni appare corretta la risposta della corte di merito.
In ordine al primo ed al terzo motivo la corte di merito, dopo avere premesso che con atto n. 8523 del 22 febbraio 2001 era stata autorizzata la discarica dei materiali di cui al codice CER 170501, con esclusione di quelli provenienti dai siti bonificati, e che con la successiva nota 27273/2428 Amb del 10 settembre su richiesta di transcodifica del Furia, era stato indicato il codice 170504, ha correttamente concluso escludendo che la comunicazione del nuovo codice CER avesse natura autorizzatoria dello smaltimento in discarica anche delle terre e rocce di scavo provenienti da siti sottoposti ad interventi di bonifica.


Il rilievo dei ricorrenti secondo il quale la mancata reiterazione della limitazione con riferimento al nuovo codice ha valenza decisiva, non ha pregio.


Occorre ricordare che, per effetto della modifiche apportate con la decisione della Commissione europea 2001/118/CE del 16 gennaio 2001, al codice CER 170501 corrispondono due nuovi codici:17 05 04 terra e rocce, diverse da quelle di cui alla voce 17 05 03 e 17 05 03 * terra e rocce, contenenti sostanze pericolose.


La comunicazione del codice CER 170504 implica dunque unicamente la possibilità di trattare terre e rocce di scavo non pericolose.
La provenienza da siti bonificati, senza ulteriori interventi di caratterizzazione, postula la natura pericolosa delle terre e rocce di scavo tant'è che, anche nei più recenti approdi normativi, si è ribadito che "Le terre e rocce da scavo, anche di gallerie, ottenute quali sottoprodotti, possono essere utilizzate per reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati purche'. .; e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica ai sensi del titolo V della parte quarta del presente decreto;" (art. 186 Dlgs 152/06 come sostituito dal DLgs 4/08).
Duplicati i codici CER per le terre e rocce di scavo non avrebbe avuto alcun senso utilizzare il codice concernente il materiale privo di sostanze pericolose e contestualmente ribadire la limitazione relativa al materiale proveniente da siti bonificati.


E del resto la determinazione dirigenziale n. 8732 del 17 dicembre 2003 ha dovuto ribadire che il materiale identificato con codice CER 170504 "non deve provenire da siti contaminati e/o di bonifica" come correttamente riportato dagli stessi ricorrenti.


Quanto sopra conferma peraltro la validità delle conclusioni cui è pervenuta la corte di merito che ha limitato la valenza della comunicazione del nuovo codice CER da parte dell'amministrazione provinciale precisando trattarsi di mero adeguamento numerico per effetto della normativa europea.


Le doglianze concernenti la motivazione relativa all'elemento soggettivo del reato sono anch'esse prive di fondamento.


I giudici di appello hanno adeguatamente motivato sulla consapevolezza degli imputati della necessità di una specifica ed ulteriore autorizzazione provinciale per il conferimento delle terre e rocce di scavo in questione nella discarica con il riferimento all'esistenza di una specifica ed ulteriore richiesta formulata sul punto. Ugualmente hanno preso in considerazione la riunione del 6 novembre 2002 spiegandone con argomentazione logica e corretta le ragioni della irrilevanza.


Le censure sul punto finiscono, pertanto, per riguardare il merito della valutazione in questa sede non scrutinabile.


La sentenza deve essere di conseguenza annullata senza rinvio per essere il reato estinto per prescrizione e vanno, invece, confermate le statuizioni civili con conseguente condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle del grado di giudizio in favore della Provincia di Massa Carrara costituita parte civile, liquidate complessivamente in euro 3000 oltre IVA ed accessori di legge.


P.Q.M.


La Corte Suprema di Cassazione

annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione di quelle del grado di giudizio in favore della Provincia di Massa Carrara liquidate complessivamente in euro 3000 oltre IVA ed accessori di legge.


Così deciso in Roma il 12 gennaio 2011


DEPOSITATO IN CANCELLERIA 1 Mar. 2011