La procedura di screening è sempre necessaria.

di Stefano DELIPERI

 

Interessante pronuncia del T.A.R. Sardegna in materia di valutazioni di impatto ambientale, precisamente riguardo l’applicabilità della procedura di verifica preventiva (screening) anche in momenti tardivi e in assenza di normativa interna di recepimento.

Infatti, il T.A.R. Sardegna, con la sentenza sez. II, 30 marzo 2010, n. 412, cambiando opinione (Ritiene, infatti, il Collegio, all’esito di un più approfondito esame, di dover rivedere l’orientamento fatto proprio in sede di decisione sulla domanda cautelare”) rispetto all’avvenuta concessione del provvedimento di sospensione cautelare (ordinanza n. 27/2009), ha respinto il ricorso della Soc. coop. Edilhouse a r.l. contro  la determinazione 7 ottobre 1998, n. 10228, con cui il Responsabile del Servizio tecnico del Comune di Muravera ha chiesto alla ricorrente di presentare al Servizio S.A.V.I. dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente l’istanza di verifica preliminare (screening) di valutazione ambientale sulla richiesta di concessione edilizia 24 settembre 2007 per il “Progetto della volumetria del sub lotto 3 del villaggio turistico in loc. Piscina Rei del comune di Muravera - completamento unità abitative e servizi balneari”, nonché contro il parere dell’Assessorato regionale della difesa dell’ambiente n. 5789 del 29 maggio 2008, la nota n. 6930 del 27 giugno 2008 con la quale veniva manifestato l’impegno dell’Amministrazione comunale ad attivare il procedimento di verifica preliminare sulle opere di completamento del complesso ricettivo alberghiero in oggetto e la nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri datata 11 settembre 2008.

In poche parole, secondo l’orientamento giurisprudenziale costante della giurisprudenza comunitaria e amministrativa nazionale, cogliendo l’occasione della presentazione di una variante al progetto originario, è stato ritenuto necessario sottoporre alla vincolante procedura di verifica preventiva un complesso turistico-edilizio di complessivi 30 mila mc. di volumetrie mai assoggettato alla procedura prevista dalle direttive comunitarie in materia di valutazioni di impatto ambientale (direttive n. 85/337/CEE e n. 97/11/CE).  In proposito la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione (maggio 2008) su ricorso delle associazioni ecologiste Gruppo d’Intervento Giuridico e Amici della Terra, che avevano interessato varie volte le Autorità amministrative e giudiziarie locali (la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari ha posto sotto sequestro preventivo una parte dell’area interessata nel dicembre 2009).

Afferma il T.A.R.: “In tal modo lo Stato (e per esso la Regione autonoma della Sardegna, che avrebbe potuto dar esecuzione direttamente nel proprio ordinamento agli obblighi comunitari, n.d.r.) ha indubbiamente posto in essere una condotta contraria ai propri obblighi comunitari, posto che, come detto, la Direttiva 85/337/CEE avrebbe dovuto essere attuata entro il 3 luglio 1988. Una considerazione, questa, che - pur esulando dall’oggetto specifico della presente controversia, inerente una proposta di ampliamento dell’originaria lottizzazione (peraltro già decaduta al momento della presentazione della variante per decorso del termine massimo di dieci anni) - è, comunque, opportuna, ai fini di una chiara ricostruzione del quadro di fondo in cui tale modifica dovrebbe inserirsi.    Concentrando ora l’attenzione sulla Variante del 2008 - la quale sostanzialmente ribadisce la precedente Variante del 2005, assicurandone la coerenza con le disposizioni contenute nel nuovo Piano paesaggistico regionale - essa ricade pienamente nel fuoco delle nuove disposizioni in materia di verifiche ambientali, nel frattempo intervenute a livello comunitario e regionale”.

Devono essere, infatti, sottoposti alle valutazioni di impatto ambientale anche le parti di un unico progetto che nel tempo vengono modificate con la finalità di verificare gli impatti cumulativi: “La necessità di effettuare una valutazione complessiva è stata sottolineata anche in Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07, ove la Corte, occupandosi nella specie del progetto di ampliamento di un aeroporto, ha ritenuto che, a fronte ad un insediamento realizzato in più fasi, si debba “tener conto dell'effetto cumulativo di più progetti il cui impatto ambientale deve essere valutato complessivamente”. Nel medesimo senso è sostanzialmente orientato il Consiglio di Stato, secondo cui “Per valutare se occorra o meno la VIA è necessario avere riguardo non solo alle dimensioni del progettato ampliamento di opera già esistente, bensì alle dimensioni dell’opera finale, risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova, perché è l’opera finale nel suo complesso che, incidendo sull’ambiente, deve essere sottoposta a valutazione”: Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163”.   La giurisprudenza costante comunitaria e amministrativa nazionale (vds. in particolare Corte di Giustizia CE, Sez. III, 25 luglio 2008, n. 142; Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07; Cons. Stato, Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163) è netta sul punto e non consente una valutazione per singole parti, frammentaria, degli impatti diretti e indiretti sulle componenti ambientali dell’area interessata, che si tradurrebbe in un’oggettiva elusione delle previsioni delle direttive comunitaria in tema di V.I.A.

 

Dott. Stefano Deliperi

 

 

 

 

 

N. 00412/2010 REG.SEN.

N. 01063/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1063 del 2008, proposto da:
Edilhouse Società Cooperativa a.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Mauro Barberio e Stefano Porcu, con domicilio eletto presso il loro studio, in Cagliari, via Garibaldi n. 105;

contro

- Comune di Muravera, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Segneri, con domicilio eletto presso il suo studio, in Cagliari, via Sonnino n.84;
- Regione Autonoma della Sardegna, rappresentato e difeso dagli avv. Gian Piero Contu, Roberto Murroni e Mattia Pani, con domicilio eletto presso l’Ufficio Legale dell’Ente, in Cagliari, viale Trento n. 69;
- Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Cagliari, domiciliataria per legge in Cagliari, via Dante n. 23;
- Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Muravera, non costituito in giudizio;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della determinazione 7 ottobre 1998, n. 10228, con cui il Responsabile del Servizio tecnico del Comune di Muravera ha chiesto alla ricorrente di presentare al Servizio S.I.V.I.A. dell’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente l’istanza di verifica preliminare screening di valutazione ambientale sulla richiesta di concessione edilizia 24 settembre 2007 per il “Progetto della volumetria del sub lotto 3 del villaggio turistico in loc. Piscina Rei del comune di Muravera - completamento unità abitative e servizi balneari”, nonché del Parere dell’assessorato regionale della Difesa dell’ambiente acquisito al prot. n. 5789 del 29 maggio 2008, della Nota n. 6930 del 27 giugno 2008 con la quale veniva manifestato l’impegno dell’Amministrazione comunale ad attivare il procedimento di verifica preliminare screening sulle opere di completamento del complesso ricettivo alberghiero in oggetto e della Nota della Presidenza del Consiglio dei Ministri datata 11 settembre 2008;

nonché per il risarcimento dei danni patiti in conseguenza degli atti illegittimi adottati dall’amministrazione comunale.

 

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune del Muravera e della Regione Autonoma della Sardegna e del Presidente Consiglio dei Ministri;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2010 il dott. Antonio Plaisant e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Il Consiglio comunale di Muravera, con deliberazioni 2 marzo 1990, n. 54 e 19 novembre 1992, n. 112, aveva approvato un Piano di lottizzazione denominato “Edilhouse”, per la realizzazione di una struttura alberghiera in loc. Piscina Rei, zona urbanistica F, su area, vicina al mare, di complessivi mq. 169.750. Il progetto era stato poi oggetto di apposita Convenzione di lottizzazione con Edilhouse s.r.l. (in data 16 marzo 1993), di nulla osta ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. c), della l.r. 22 novembre 1989, n. 45 (deliberazione della Giunta Regionale del 30 aprile 1991), di autorizzazione paesaggistica (decreti dell’Assessore regionale alla Pubblica Istruzione 21 novembre 1991 e 1 ottobre 1992), nonché di concessione edilizia 9 luglio 1993, n. 4035, e relativi nulla osta paesaggistici, per la realizzazione delle opere di urbanizzazione (decreti dell’Assessore regionale alla Pubblica Istruzione 12 giugno 1992, 17 dicembre 1992 e 18 giugno 1993), fino alla completa realizzazione della struttura e delle stesse opere, regolarmente collaudate nell’anno 2004.

Con istanza 2 marzo 2005, Edilhouse s.r.l. ha proposto una Variante di Piano per poter realizzare ulteriori tre sub lotti - rispettivamente destinati a: infermeria/poliambulatorio, struttura ricettiva del tipo “casa per ferie” e modifica della struttura alberghiera - ottenendo l’autorizzazione edilizia della Giunta comunale di Muravera (deliberazione 18 marzo 2005, n. 27) e quella paesaggistica dal Servizio Tutela del Paesaggio della Regione Sardegna (determinazione 29 aprile 2005).

A ciò hanno fatto seguito la concessione edilizia per le opere di urbanizzazione interne ai nuovi sub lotti (20 marzo 2006, n. 1052), la concessione edilizia 30 novembre 2006, n. 1129 e l’autorizzazione paesaggistica 14 aprile 2006, entrambe relative al sub lotto 3 ed in particolare aventi ad oggetto il Centro servizi comuni alberghieri, nonché la concessione edilizia 29 novembre 2007, n. 1219 e l’autorizzazione paesaggistica 25 maggio 2007, entrambe relative ad alcuni dei nuovi fabbricati a destinazione alberghiera previsti in variante.

Restavano, a questo punto, tra gli interventi previsti dalla Variante del 2005, quattro unità ricettive ubicate nel cd. “blocco 4” e un fabbricato per servizi balneari, tutti manufatti ascrivibili al sub lotto 3 della stessa Variante. Prima di chiedere le relative concessioni edilizie, Edilhouse s.r.l., al fine di adeguare gli interventi all’art. 12 delle NTA del nuovo Piano paesaggistico regionale, in data 26 luglio 2007 ha presentato un’ulteriore richiesta di variante, proponendo l’arretramento dei fabbricati al di fuori della fascia di rispetto di 300 metri dalla linea di battigia. La proposta è stata approvata con deliberazione della Giunta comunale di Muravera 15 gennaio 2008, n. 1 e con l’autorizzazione paesaggistica regionale 26 giugno 2008, n. 1416.

Su tali presupposti, Edilhouse s.r.l. ha presentato istanza di concessione edilizia per detti interventi edilizi, ricevendo però in risposta la determinazione 7 ottobre 2008, n. 10228, con cui il Responsabile del Servizio Tecnico del Comune di Muravera l’ha invitata a presentare istanza di verifica preliminare di compatibilità ambientale al competente S.I.V.I.A. della Regione Sardegna, richiamando in motivazione il conforme parere 29 maggio 2008, n. 5789, dell’Assessore Regionale alla Difesa dell’Ambiente, nonché la nota 27 giugno 2008, n. 6930, con cui lo stesso Comune si era impegnato a sottoporre l’intervento a screening preliminare, nonché la nota 11 settembre 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, recante una richiesta di chiarimenti della Comunità europea sull’intervento in oggetto.

Avverso i provvedimenti dianzi citati Edilhouse s.r.l. propone il ricorso in esame, affidato alle seguenti censure:

1. Violazione ed errata applicazione delle Direttive del Consiglio delle Comunità Europee 27 giugno 1985, n. 85/37 e 3 marzo 1997, n. 97/11, del d.p.r. 12 aprile 1996, della l.r. 18 gennaio 1999, n. 1, della deliberazione della Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11. Illegittima sottoposizione a screening di opere meramente esecutive e non modificative di un progetto già approvato. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

2. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per omessa indicazione delle specifiche previsioni che, nel caso concreto, impongono lo screening ambientale. Eccesso di potere per difetto di motivazione.

3. Eccesso di potere per sviamento dalla causa tipica. Illegittima imposizione dello screening al deviato fine di evitare allo Stato Italiano la procedura di infrazione comunitaria per omesso tempestivo recepimento della Direttiva 85/337/CEE.

Si è costituita in giudizio la Regione Sardegna, chiedendo la reiezione del gravame.

Si è costituita in giudizio, altresì, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo la propria estromissione dal giudizio per difetto di legittimazione passiva, nonché, nel merito, il rigetto del ricorso.

Si è del pari costituito in giudizio il Comune di Muravera, anch’esso sollecitando la reiezione del gravame.

Questa Sezione, con ordinanza 21 gennaio 2009, n. 27, ha accolto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso.

Con successive memorie difensive ciascuna delle parti ha ulteriormente argomentato le proprie tesi.

La ricorrente, in vista dell’udienza di merito, ha anche prodotto copia della concessione edilizia 20 aprile 2009, n. 1428, e dell’autorizzazione paesaggistica 5 marzo 2009, n. 2657, nel frattempo rilasciate in suo favore dal Responsabile dell’Ufficio Tecnico del Comune di Muravera.

La Regione Sardegna, a sua volta, ha depositato in giudizio copia della nota della Commissione Europea 14 maggio 2009, con la quale si prefigura l’avvio, a carico dello Stato italiano, di una procedura d’infrazione comunitaria in relazione all’iter seguito per autorizzare l’insediamento edilizio in oggetto.

Alla pubblica udienza del 10 febbraio 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Questioni preliminari.

In primo luogo è necessario fare riferimento alla documentazione da ultimo prodotta dalla difesa della ricorrente, vale a dire la concessione edilizia 20 aprile 2009, n. 1428, e l’autorizzazione paesaggistica 5 marzo 2009, n. 2657, entrambe relative agli interventi oggetto di causa.

Rileva il Collegio che tali provvedimenti, di cui Edilhouse s.r.l. ha beneficiato nelle more dell’ordinanza n. 27/2009 con cui questa Sezione aveva accolto l’istanza cautelare contenuta nel ricorso, non comportano la cessazione della materia del contendere - peraltro non invocata da nessuna delle parti in causa - in quanto il Comune di Muravera li ha adottati all’unico scopo di dare esecuzione alla richiamata ordinanza cautelare. E, difatti, nel testo dei citati provvedimenti non è dato riscontrare alcuna autonoma motivazione direttamente riconducibile all’Amministrazione, la quale si è sostanzialmente limitata a riportare per esteso il contenuto dell’ordinanza, ragion per cui la ricorrente conserva un interesse alla definizione nel merito della presente controversia, onde evitare possibili interventi in autotutela da parte del Comune, una volta che dovesse venir meno l’efficacia di quel provvedimento cautelare a seguito di una ipotetica pronuncia di cessazione della materia del contendere in questa sede.

2. Ricostruzione dei fatti di causa.

Le circostanze di fatto poste a base della presente controversia sono sostanzialmente pacifiche fra le parti, in termini che appare opportuno riassumere.

L’intervento oggetto dei provvedimenti impugnati riguarda la realizzazione di nuove strutture edilizie da inserire in un più ampio insediamento residenziale, a destinazione alberghiera, realizzato e gestito nel corso degli anni ‘90 da Edilhouse s.r.l., in loc. Muravera - Piscina Rei, in zona prospiciente il mare.

Le nuove strutture che la lottizzante intende costruire sono pari a 3.442 mc., per n. 36 posti letto, a fronte di una volumetria complessiva della lottizzazione di circa 30.000 mc., per n. 469 posti letto; tali nuove opere non erano state ancora realizzate alla data di presentazione del ricorso.

Le strutture edilizie aggiuntive furono oggetto di una prima Variante assentita nel 2005, , per poi divenire oggetto di ulteriore Variante, anch’essa assentita con deliberazione della Giunta comunale di Muravera 15 gennaio 2008, n. 1 ed autorizzazione paesaggistica regionale 26 giugno 1008, n. 1416, aventi ad oggetto il loro “arretramento” per rispettare la fascia di 300 metri dalla linea di battigia.

Il ricorso in esame non tocca, quindi, le descritte fasi prodromiche del procedimento urbanistico e si concentra, invece, sulla fase “a valle” della procedura edilizia, dopo che, a fronte della conseguente domanda di concessione edilizia presentata da Edilhouse s.r.l., il Comune di Muravera ha opposto la necessità di procedere a previo screening di verifica ambientale, richiamando in motivazione il conforme parere nel frattempo espresso dai competenti organi regionali, nonché una richiesta di chiarimenti inviata nel maggio del 2008 da parte della Commissione Europea, la quale aveva inteso verificare il rispetto da parte dell’Italia della direttiva 85/337/CEE, sull’obbligo di previa sottoposizione a verifica ambientale.

È opportuno riportare per esteso le parti salienti di tale comunicazione - intervenuta dopo l’ordinanza pronunciata dal Collegio in sede cautelare - nella quale si sostiene che l’insediamento, e con esso gli stessi interventi oggetto dei provvedimenti ivi impugnati, debba essere sottoposto a verifica preliminare di compatibilità ambientale, a pena di violazione delle norme contenute nella direttiva 85/337/CEE. Secondo la Commissione, infatti, “Qualora si individui nella Convenzione Urbanistica del 1993 il momento autorizzativo (development consent) da far precedere da valutazione preliminare di assoggettabilità a VIA ai sensi della direttiva, sarebbero rilevanti l’articolo 4 e l’allegato II nella versione originaria della direttiva. L’allegato II contemplava tra gli interventi da sottoporre a screening, al punto 10, lettera b), i lavori di sistemazione urbana e, al punto 11, lettera a), i Villaggi di vacanza, complessi alberghieri. Non vi sarebbe, dunque, alcun dubbio sull’esigenza di sottoporre a screening ai sensi della direttiva il progetto di lottizzazione oggetto della detta convenzione e la circostanza che la direttiva VIA sia stata recepita in Sardegna solo con legge regionale n. 1 del 18 gennaio 1999 e che la legge regionale espressamente escludesse dal proprio ambio di applicazione i progetti per i quali le istanze autorizzative erano già in essere alla data di pubblicazione non potrebbe costituire valida scusante alla mancata valutazione preventiva o screening, in quanto gli Stati membri avrebbero dovuto applicare la direttiva VIA in tutto il loro territorio a partire dal 3 luglio 1988. Qualora invece si individui il momento autorizzativo da far precedere da valutazione preliminare ai sensi della direttiva VIA nelle singole istanze per il rilascio delle concessioni edilizie relative ai diversi interventi per la realizzazione della lottizzazione, si dovrebbero applicare alle singole istanze per il rilascio della concessione edilizia l’articolo 4 e l’allegato II nella versione appropriata a seconda della data dell’istanza stessa (direttiva originaria o direttiva modificata). In particolare, alle istanze per il rilascio della concessione edilizia presentate tra il 3 luglio 1988 e il 14 marzo 1999 si applicherebbero l’articolo 4 e l’allegato II della direttiva originaria, alle istanze presentate successivamente al 14 marzo 1999 si applicherebbero l’articolo 4 e l’allegato II modificati. L’articolo 4, comma 3, della direttiva modificata precisa che nella valutazione di assoggettabilità a VIA si deve tener conto dei criteri di selezione riportati nell’allegato III. Tra i detti criteri di selezione sono annoverati, tra gli altri, al numero 1, le dimensioni del progetto e il cumulo con altri progetti e, al numero 2, l’ubicazione dei progetti in zone costiere o in zone in cui gli standard di qualità ambientale siano stati già superati. La determina di screening deve essere motivata e deve essere messa disposizione del pubblico. Va osservato che, nel caso in esame, dal momento che dalle informazioni trasmesse dalle autorità italiani si evince che una porzione significativa degli interventi edilizi della lottizzazione Muravera-Piscina Rei-Edilhouse non è ancora stata realizzata e i lavori sono in corso, la realizzazione di uno screening sul progetto complessivo (e l’eventuale VIA qualora essa risulti necessaria) non sarebbe priva di effetto utile”.

Passando all’esame dei motivi di ricorso, essi sono tutti volti a contestare la legittimità della decisione del Comune resistente di condizionare il rilascio della concessione edilizia ad un previo screening ambientale.

3. Esame del primo e del terzo motivo di ricorso.

Con la prima e la terza censura, fra loro strettamente connesse, si sostiene, in sintesi, che la scelta dell’Amministrazione non troverebbe alcun fondamento nel quadro normativo di riferimento, il quale, in relazione a modifiche di insediamenti edilizi già esistenti, imporrebbe il previo screening ambientale esclusivamente per modifiche di carattere sostanziale, laddove, nel caso di specie, si tratterebbe, invece, di interventi non particolarmente rilevanti, già autorizzati sotto il profilo urbanistico e paesaggistico e per di più concepiti, nell’ultima versione progettuale, in modo da ridurre il più possibile l’impatto ambientale. E si deduce, altresì, lo sviamento dalla causa tipica, per avere l’Amministrazione deciso di sottoporre l’intervento a screening solo nella fase a valle, di rilascio della concessione edilizia, al solo scopo - ovviamente diverso da quello proprio della procedura di screening - di evitare la sottoposizione dell’Italia ad una procedura d’infrazione comunitaria.

Le censure in esame non meritano accoglimento.

Ritiene, infatti, il Collegio, all’esito di un più approfondito esame, di dover rivedere l’orientamento fatto proprio in sede di decisione sulla domanda cautelare.

In primo luogo non vi è dubbio - e neppure la ricorrente lo contesta - che la Direttiva 85/337/CEE, nella versione vigente all’epoca in cui la lottizzazione Edilhouse s.r.l. fu originariamente approvata (1990 e 1992), imponesse allo Stato Italiano di sottoporre il Pdl originario a verifica ambientale: l’art. 4 della Direttiva prevedeva, infatti, la sottoposizione a verifica, seppure in base a criteri selettivi stabiliti dagli Stati in sede di attuazione, di tutte le tipologie progettuali indicate nell’All. II, tra le quali “I villaggi di vacanze, complessi alberghieri” (punto 11, lett. a). Il progetto Edilhouse, pur essendo riconducibile alla suddetta tipologia e pur a fronte della indubbia rilevanza quantitativa dell’intervento (circa 30.000 mc.), non fu sottoposto ad alcuna verifica ambientale, in quanto il recepimento da parte dell’Italia della Direttiva 85/337 avvenne solo parecchi anni dopo, quindi con molto ritardo rispetto al termine prefissato dalla Direttiva (luglio 1988). In particolare, il primo intervento del legislatore nazionale si ebbe con l’art. 40, comma 1, della legge 22 febbraio 1994, n. 146 - e con il conseguente d.p.r. 12 aprile 1996 - il quale, all’art. 1, secondo cpv., specificamente dedicato alle regioni a statuto speciale, spostò sulle stesse l’onere di attuazione della Direttiva, statuendo che “Le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e Bolzano provvedono all’attuazione degli obiettivi del presente atto nel rispetto di quanto previsto dai rispettivi statuti e dalle relative norme di attuazione”. La Sardegna ha dato attuazione alle previsioni comunitarie solo molto più tardi, con la deliberazione della Giunta regionale 15 febbraio 2005, n. 5/11.

In tal modo lo Stato ha indubbiamente posto in essere una condotta contraria ai propri obblighi comunitari, posto che, come detto, la Direttiva 85/337/CEE avrebbe dovuto essere attuata entro il 3 luglio 1988. Una considerazione, questa, che - pur esulando dall’oggetto specifico della presente controversia, inerente una proposta di ampliamento dell’originaria lottizzazione (peraltro già decaduta al momento della presentazione della variante per decorso del termine massimo di dieci anni)- è, comunque, opportuna, ai fini di una chiara ricostruzione del quadro di fondo in cui tale modifica dovrebbe inserirsi.

Concentrando ora l’attenzione sulla Variante del 2008 - la quale sostanzialmente ribadisce la precedente Variante del 2005, assicurandone la coerenza con le disposizioni contenute nel nuovo Piano paesaggistico regionale - essa ricade pienamente nel fuoco delle nuove disposizioni in materia di verifiche ambientali, nel frattempo intervenute a livello comunitario e regionale.

Si fa riferimento, in primo luogo, alle modifiche apportate alla Direttiva 85/337/CEE da parte della successiva Direttiva 97/11/CEE, in base alla quale l’art. 2 della prima statuisce ora che “1. Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell'autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un notevole impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un'autorizzazione e una valutazione del loro impatto. Detti progetti sono definiti nell'articolo 4”. Quest’ultima disposizione, a sua volta, prevede, al comma 2, che siano soggetti a verifica preliminare (cd. screening) di compatibilità ambientale i progetti indicati nell’All. II, “mediante a) un esame del progetto caso per caso; o b) soglie o criteri fissati dagli Stati membri”. Così come l’All. II cita, al punto 12, lett. c), tra i progetti da sottoporre a screening, quelli relativi a “Villaggi di vacanza e complessi alberghieri situati fuori dalle zone urbane e strutture connesse”.

Non è, quindi, contestabile, che sulla base di tali disposizioni anche il progetto di Variante presentato dalla ricorrente - nel 2005 prima e nel 2008 poi – (e a prescindere dal problema della sua esatta qualificazione, come variante anziché come nuovo piano di lottizzazione) di per sé ricada fra le tipologie progettuali da sottoporre a screening ambientale.

Tale considerazione, tuttavia, non chiude il discorso, in quanto quel progetto non prevede la realizzazione di un insediamento turistico ex novo, bensì contempla la modifica estensiva di un insediamento già esistente (vedi supra). Trovano, quindi, applicazione anche le specifiche norme che riguardano tale evenienza, in specie l’art. 4, comma 3, della Direttiva, secondo cui “Nell'esaminare caso per caso o nel fissare soglie o criteri ai fini del paragrafo 2 si tiene conto dei relativi criteri di selezione riportati nell'allegato III”, nonché proprio questi ultimi criteri, tra i quali, per quanto ora di specifico interesse, figurano le “dimensioni del progetti”, il “cumulo con altri progetti”, la “utilizzazione di risorse naturali”, “la sensibilità ambientale delle aree geografiche che possono risentire dell'impatto dei progetti…, con particolare attenzione alle seguenti zone: …b) zone costiere”.

Come è dato vedere, la stessa Direttiva prevede criteri - riferibili anche agli interventi di modifica d’impianti già esistenti - che impongono di tenere conto, ai fini della sottoposizione a screening, della situazione di base in cui il nuovo intervento dovrà inserirsi e, in particolare, “del cumulo con altri progetti”. Pertanto la valutazione cui l’Amministrazione è chiamata non può esaurirsi nell’esame della modifica proposta quale fatto a sé stante, avulso dal contesto edilizio e ambientale di fondo, bensì deve tenere conto della sua interazione con gli insediamenti preesistenti, a maggior ragione se, come nel caso di specie, gli stessi - pur ricadenti in una zona costiera e di indubbio pregio ambientale - non siano stati a suo tempo sottoposti ad alcuna previa verifica ambientale.

Tale approccio interpretativo trova conferma nell’analisi dei pronunciati del Giudice comunitario, i quali mostrano la costante propensione della Corte alla valorizzazione della Direttiva sulla VIA, in un’ottica sostanzialistica e legata alle reali caratteristiche del sito di volta in volta interessato.

Assai significativa, al riguardo, è Corte di Giustizia CE, Sez. III, 25 luglio 2008, n. 142, ove si afferma, in materia di riassetto stradale, che la Direttiva 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, “deve essere interpretata nel senso che essa prevede la valutazione dell’impatto ambientale dei progetti …che possano, in considerazione della loro natura, delle loro dimensioni o della loro ubicazione e, all’occorrenza, tenuto conto della loro interazione con altri progetti, avere un notevole impatto ambientale”.

La necessità di effettuare una valutazione complessiva è stata sottolineata anche in Corte di Giustizia CE, Sez. II, 28 febbraio 2008, causa C-2/07, ove la Corte, occupandosi nella specie del progetto di ampliamento di un aeroporto, ha ritenuto che, a fronte ad un insediamento realizzato in più fasi, si debba “tener conto dell'effetto cumulativo di più progetti il cui impatto ambientale deve essere valutato complessivamente”. Nel medesimo senso è sostanzialmente orientato il Consiglio di Stato, secondo cui “Per valutare se occorra o meno la VIA è necessario avere riguardo non solo alle dimensioni del progettato ampliamento di opera già esistente, bensì alle dimensioni dell’opera finale, risultante dalla somma di quella esistente con quella nuova, perché è l’opera finale nel suo complesso che, incidendo sull’ambiente, deve essere sottoposta a valutazione”: Sez. VI, 15 giugno 2004, n. 4163.

Il diritto “vivente” giustifica, pertanto, la scelta della Regione Sardegna e del Comune di Muravera - comunque valutabile in questa sede esclusivamente sotto il profilo della conformità a legge e della logicità estrinseca - di sottoporre a previo screening gli interventi di ampliamento proposti dalla ricorrente, i quali comporterebbero un aumento non certo irrilevante (più di 3.000 mc.) di una struttura residenziale “mai” sottoposta a verifica ambientale e ubicata vicino al mare. È necessario, per obbligo derivante dalla disciplina comunitaria, effettuare una valutazione complessiva, che tenga conto del possibile impatto di una struttura assai estesa e che si intende ulteriormente implementare, la ratio sottesa alla necessità di una valutazione complessiva risiede anche nel voler evitare che una artificiosa segmentazione degli interventi in distinte e procrastinate progettazioni (ciò che nel caso in questione invero non si rinviene) possa compromettere l’efficacia concreta della Direttiva sulla VIA. In questo senso va intesa l’osservazione della difesa regionale, secondo cui tale esigenza è la stessa che comunemente induce a ritenere irrilevante il frazionamento artificioso di un appalto, evitando che lo stesso comporti la sostanziale elusione degli obblighi comunitari e nazionali sull’evidenza pubblica (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 maggio 2004, n. 3188).

Né depone in senso contrario la disciplina regionale con cui la Direttiva comunitaria 85/337 ha trovato attuazione in Sardegna.

La deliberazione della Giunta regionale 5/11, del 15 febbraio 2005 - nel disciplinare, all’All. A, la procedura di screening ambientale - vi sottopone, all’art. 2, “le modifiche o estensioni di progetti…già autorizzati, realizzati o in fase di realizzazione, che possono avere notevoli ripercussioni negative sull’ambiente”, per poi escludere dallo stesso screening, all’art. 3, n. 6, “le modifiche non sostanziali”.

Orbene, a giudizio del Collegio, tale disciplina ben può essere armonizzata con la sopra descritta necessità, imposta dal diritto comunitario, di tener conto del “cumulo di effetti” tra il nuovo intervento e gli insediamenti ad esso preesistenti. E, difatti, la normativa regionale si limita ad introdurre un criterio, peraltro assai generico, inerente il grado di rilevanza richiesta affinché la modifica debba essere sottoposta a VIA (statuendo che debba trattarsi di una “modifica sostanziale”), ma non precisa affatto i criteri in base ai quali tale giudizio deve essere compiuto. Il giudizio di “sostanzialità della modifica” dovrà, quindi, effettuarsi, sulla base di tutti i criteri di origine comunitaria, quali la rilevanza del sito naturale interessato e, soprattutto, l’effetto combinato dei nuovi interventi rispetto all’insediamento edilizio preesistente.

E, difatti, diversamente ragionando - ritenendo, cioè, che la mancata previsione espressa del criterio di “cumulo” nella disciplina regionale ne impedisca l’utilizzo - si finirebbe per attribuire alla normativa locale un tenore incompatibile con il diritto comunitario, che ne dovrebbe comportare la disapplicazione. Eloquente, sul punto, è un’altra pronuncia della Corte di Giustizia, (Sez. VI, 10 luglio 2008, n. 156), ove si legge che “Quando uno Stato membro opta per una regolamentazione generale ed astratta del campo applicativo della valutazione di impatto ambientale per i progetti rientranti nell'Allegato II della direttiva 85/337/Cee mediante la fissazione di soglie e criteri, esso è tenuto a redigere l'elenco di tali progetti applicando, a seconda dei casi, l'uno o l'altro dei diversi criteri "rilevanti" dell'Allegato III, di talché il "criterio del cumulo" può così essere utilizzato ove sia ritenuto rilevante, eventualmente prendendo in considerazione la realizzazione del complesso di tali progetti durante un periodo di tempo determinato”. Secondo la Corte, in altre parole, non è consentito agli Stati di applicare in modo eccessivamente generico la Direttiva, dovendo gli stessi quanto meno precisare le tipologie progettuali soggette a VIA e utilizzare, quale criterio interpretativo di completamento, proprio il cumulo tra i nuovi e i vecchi insediamenti preesistenti, soprattutto laddove le tipologie progettuali soggette a VIA o screening non siano indicate con sufficiente precisione dalla normativa interna (il che certamente si riscontra nel caso della richiamata deliberazione n. 5/11 della Giunta regionale sarda, ove si utilizza un criterio oltre modo generico come quello di “modifica sostanziale”: vedi supra).

Questa impostazione ha poi ricevuto espressa conferma in Consiglio Stato, Sez. VI, 10 marzo 2009, n. 1409, secondo cui “Con ordinanza 10 luglio 2008 (causa C-156/07) la sezione VI della Corte di giustizia delle Comunità Europee ha statuito che quando uno Stato membro sceglie di determinare in modo generale ed astratto quali progetti rientranti nello All. II alla direttiva 337/1985/Cee dovranno essere sottoposti a valutazione di impatto ambientale, esso è tenuto a redigere l'elenco di tali progetti applicando, secondo i casi, l'uno o l'altro dei diversi criteri di cui all'All. III, tra i quali figura il cosiddetto criterio del cumulo che può essere utilizzato per sottoporre un tipo di progetto a una tale valutazione, tenuto conto della realizzazione del medesimo con altri progetti, eventualmente prendendo in considerazione la realizzazione del complesso di tali progetti durante un periodo di tempo determinato. Devono pertanto ritenersi soggetti alla procedura di verifica di assoggettabilità alla v.i.a. i progetti di realizzazione di tracciati stradali di per sé autonomi ma da collocarsi in un contesto programmatorio sostanzialmente unitario e destinato ad esaurirsi in un ambito temporale alquanto ristretto”.

Le considerazioni svolte, oltre a smentire la fondatezza della prima censura, conducono al rigetto anche del terzo motivo di ricorso.

La scelta operata dall’Amministrazione, seppur indubbiamente “stimolata” dall’avvio di una procedura d’infrazione comunitaria, risponde al fine proprio del potere di cui è espressione, che è quello di sottoporre a previa verifica di compatibilità ambientale i nuovi interventi proposti, dopo averne valutato l’incidenza (sia qualitativa che quantitativa) in relazione all’insediamento già esistente. (c.d. “cumulo con altri progetti”).

Nel caso di specie, la mancanza di una procedura di screening del progetto di lottizzazione originario, indubbiamente fortemente impattante sul territorio, ha reso necessario - oggi – chiedere una verifica preliminare di compatibilità ambientale, non potendosi accedere alla tesi della ricorrente circa la non rilevante incidenza del nuovo insediamento rispetto al realizzato e quindi la modesta entità delle nuove opere,

4. Esame del secondo motivo di ricorso.

Resta da esaminare il secondo motivo, con cui la ricorrente deduce il difetto di motivazione, sul presupposto che l’amministrazione si sarebbe limitata a richiamare le principali disposizioni normative applicabili, senza dar conto delle ragioni che, nel caso concreto, imporrebbero la sottoposizione dell’intervento a screening ambientale.

Neppure questa prospettazione può essere condivisa.

Basti osservare, al riguardo, che l’iter logico seguito dall’Amministrazione ben può essere ricostruito tenendo conto di tutti gli atti entrati a far parte del procedimento, compreso il parere espresso dalle competenti Autorità regionali e le comunicazioni ricevute dalla Commissione Europea, secondo cui, come già ampiamente osservato, gli effetti ambientali dei nuovi interventi devono essere valutati tenendo conto del contesto complessivo nel quale dovranno trovare inserimento. Una volta chiarito questo aspetto, che si ricava dalle carte processuali, la motivazione degli atti impugnati emerge in modo sostanzialmente automatico, posto che l’ampiezza della lottizzazione Edilhouse (circa 30.000 mc.) e la sua vicinanza ad un tratto di costa di indiscussa bellezza, di per sé fondano la decisione dell’Amministrazione di far precedere il rilascio della concessione edilizia da screening ambientale, il quale, come è ovvio, non necessariamente dovrà avere esito negativo, costituendo, invece, il contesto procedimentale più adeguato per comparare i diversi interessi in gioco, nonché - ove possibile e necessario - rivolgere alla lottizzante le prescrizioni necessarie ad assicurare la compatibilità ambientale dell’insediamento edilizio.

Per queste ragioni, il ricorso è infondato e deve essere, quindi, respinto.

Sussistono giusti motivi per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali, considerata l’obiettiva incertezza e complessità delle questioni giuridiche trattate.

P.Q.M.

Respinge il ricorso indicato in epigrafe.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Cagliari nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2010 con l'intervento dei Magistrati:

Rosa Maria Pia Panunzio, Presidente

Francesco Scano, Consigliere

Antonio Plaisant, Primo Referendario, Estensore