 Cass. Sez. III n. 16591 del 28 aprile 2011 (CC. 31 mar. 2011)
Cass. Sez. III n. 16591 del 28 aprile 2011 (CC. 31 mar. 2011)
Pres. Gentile Est. Ramacci Ric. Mariotti
Urbanistica. Permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici
Il permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici è istituto di carattere eccezionale giustificato dalla necessità di soddisfare esigenze straordinarie rispetto agli interessi primari garantiti dalla disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti dall’articolo 14 D.P.R. 380\01 e mediante la specifica procedura. Tale sua particolare natura porta ad escludere che possa essere rilasciato “in sanatoria” dopo l’esecuzione delle opere.
REPUBBLICA ITALIANA
 IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:        Camera di consiglio
 Dott. GENTILE Mario              - Presidente  - del 31/03/2011
 Dott. FRANCO  Amedeo             - Consigliere - SENTENZA
 Dott. MULLIRI Guicla I.          - Consigliere - N. 684
 Dott. SARNO   Giulio             - Consigliere - REGISTRO GENERALE
 Dott. RAMACCI Luca          - rel. Consigliere - N. 36933/2010
 ha pronunciato la seguente: 
SENTENZA
 sul ricorso proposto da:
 Procuratore della Repubblica di Cosenza nel procedimento contro:
 MARIOTTI Pio Francesco nata a Benevento il 12/2/1951;
 avverso l'ordinanza emessa il 8/7/2010 dal Tribunale di Cosenza;
 Sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
 Sentito Pubblico Ministero nella persona del Dott. BAGLIONE Tindari,  			che ha concluso per l'annullamento con rinvio;
 Udito l'Avv. Gregorio Barba del Foro di Cosenza che ha concluso per  			il rigetto del ricorso.
 SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
 Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Cosenza  			proponeva ricorso per cassazione avverso l'ordinanza in data 8 luglio  			2010, con la quale il Tribunale del Riesame di Cosenza accoglieva  			l'appello promosso, ai sensi dell'art. 322 bis c.p.p., da MAROTTI  			Pio Francesco avverso l'ordinanza del G.I.P. del Tribunale di Paola  			con la quale era stata respinta la richiesta di revoca del sequestro  			preventivo della struttura edilizia denominata "Centro museale delle  			Comunicazioni", ubicata in località Cannaviva di San Pietro in  			Amantea, per violazioni inerenti la disciplina urbanistica,  			antisismica e sulle opere in cemento armato.
 Risultava infatti dal provvedimento impugnato che il sequestro della  			struttura era stato disposto perché l'esecuzione dell'intervento  			edilizio era stata effettuata in totale difformità dal permesso di  			costruire n. 6/2004, senza la prescritta autorizzazione dell'ente  			proposto alla tutela del vincolo ai sensi del D.Lgs. n. 42 del 2004,  			art. 146, ed in violazione della normativa antisimica e sulle opere  			in cemento armato.
 La domanda di dissequestro, negato dal G.I.P., aggiungeva il  			Tribunale, era giustificata sul rilascio di un permesso in sanatoria  			(n. 1/2010).
 Osservavano, in estrema sintesi, i giudici del riesame che  			l'intervento edilizio era stato assentito con permesso di costruire  			in deroga ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 14, che aveva  			comportato un'adeguata valutazione della compatibilità delle opere  			con la destinazione agricola dell'area interessata, con la  			conseguenza che il titolo abilitativo non poteva ritenersi emanato in  			violazione del divieto di costruire in zona agricola; che la  			sanatoria era possibile anche se le opere non erano state ancora  			ultimate a causa del sequestro penale come riconosciuto dalla  			consolidata giurisprudenza di questa Corte che richiamava e che il  			requisito della "doppia conformità" richiesto dalla disciplina  			urbanistica era stato attestato dalla amministrazione comunale  			competente.
 Il Pubblico Ministero ricorrente contestava la decisione dei giudici  			del riesame e, con unico motivo di ricorso, deduceva la violazione di  			legge ed il vizio di motivazione.
 Rilevava, in particolare, che l'art. 14 del T.U. edilizia non poteva  			essere applicato, come invece aveva fatto l'amministrazione comunale,  			per il rilascio di permessi in sanatoria, affermando che  			l'amministrazione medesima aveva di fatto approvato la deroga prima  			del rilascio della sanatoria, precostituendo con un artificio i  			presupposti per applicarla.
 Aggiungeva, dopo aver descritto nel dettaglio le opere, che il  			requisito della "doppia conformità" era stato falsamente attestato  			dal funzionario comunale competente il quale aveva certificato la  			sussistenza di tale requisito al momento del rilascio del titolo in  			sanatoria e non anche, come richiesto dalla legge, al momento della  			presentazione della domanda perché mancava.
 Osservava, infine, che il permesso di costruire in deroga non  			rispettava comunque le condizioni poste dal D.P.R. n. 380 del 2001,  			art. 14, in quanto rilasciato senza il rispetto dei requisiti  			inderogabili previsti dalla norma in generale e, in particolare,  			consentendo il superamento del limite di densità fondiaria previsto  			per le zone a destinazione agricola dal D.M. 2 aprile 1968, n. 1444,  			art. 7.
 Insisteva, pertanto, per l'accoglimento del ricorso.  			Con memoria depositata il 24 marzo 2011, la difesa del MARIOTTI  			eccepiva la inammissibilità del ricorso del Pubblico Ministero e  			l'infondatezza dello stesso nel merito, richiedendone la reiezione.  			MOTIVI DELLA DECISIONE
 Il ricorso è fondato.
 Non può farsi a meno di osservare, preliminarmente, come tanto il  			contenuto del provvedimento impugnato quanto quello del ricorso siano  			connotati da lacune e contraddizioni che rendono particolarmente  			ardua una adeguata ricostruzione della vicenda processuale.  			Da quanto emerge dagli atti e per quello che rileva in questa sede di  			legittimità, gli elementi di fatto essenziali possono essere così  			sintetizzati e riassunti:
 - l'intervento edilizio riguarda la realizzazione di un "Centro  			Museale delle Comunicazioni" con annesso laboratorio multimediale e  			"centro di spiritualità francescana", fabbricato adibito a  			foresteria, "club house", strade interne di collegamento, vasche per  			la raccolta dell'acqua ed un ulteriore edificio di forma irregolare;
 - la destinazione urbanistica dell'area è agricola ("Zona E");
 - le opere sono state autorizzate con permesso di costruire in deroga  			agli strumenti urbanistici ai sensi del D.P.R. n. 380 del 2001, art.  			14, (n. 6/2004 rilasciato in data 22 novembre 2004 e decaduto a far  			data dal terzo anno dall'inizio dei lavori - 3 dicembre 2004 - che  			non risultavano ultimati alla data dell'accertamento);
 - le opere realizzate sono state realizzate in totale difformità dal  			permesso rilasciato;
 - con permesso di costruire n. 1/2010, rilasciato
 dall'amministrazione comunale competente, le opere sono state sanate.  			Non è dato comprendere, invece, se l'area interessata dai lavori sia  			o meno soggetta a vincolo paesaggistico.
 La contestazione riguarda, infatti, il D.P.R. n. 380 del 2001, art.  			44, lett. b), ed il riferimento a tale ipotesi, unitamente alla  			mancanza di riferimenti al D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 181, induce a  			ritenere che l'area non sia interessata da vincoli paesaggistici. Il  			Tribunale afferma tuttavia, in premessa, che le opere sarebbero state  			realizzate "senza la prescritta autorizzazione dell'autorità  			competente D.Lgs. n. 42 del 2004, ex art. 146", ma richiama poi, a  			pagina 2, un'attestazione dell'amministrazione comunale circa la  			"mancanza di vincoli ambientali, paesistici, archeologici e di  			servitù militari.
 Ciò posto, occorre ricordare che l'art. 325 c.p.p., consente il  			ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse a norma dell'art.  			322 bis c.p.p., solamente per violazione di legge.
 Sul punto si sono espresse anche le Sezioni Unite di questa Corte le  			quali, richiamando la giurisprudenza costante, hanno ricordato che  			"...il difetto di motivazione integra gli estremi della violazione di  			legge solo quando l'apparato argomentativo che dovrebbe giustificare  			il provvedimento o manchi del tutto o risulti privo dei requisiti  			minimi di coerenza, di completezza e di ragionevolezza, in guisa da  			apparire assolutamente inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario  			logico seguito dall'organo investito del procedimento" (SS. UU. n.  			25932, 26 giugno 2008. Conf. Sez. 5^ n. 43068,11 settembre 2009).  			Date tali premesse, occorre rilevare che il provvedimento impugnato,  			pur con le lacune in precedenza evidenziate, non presenta comunque  			vizi così radicali quali quelli indicati dalla decisione in  			precedenza richiamata.
 Esso si fonda, tuttavia, su una errata lettura delle disposizioni  			applicate e, segnatamente, del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 14, che  			disciplina il rilascio del permesso di costruire in deroga agli  			strumenti urbanistici generali già previsto, peraltro, dalla  			precedente normativa.
 Si tratta di un istituto di natura eccezionale, in quanto la  			disciplina generale (D.P.R. n. 380 del 2001, art. 12, comma 1)  			stabilisce che il permesso di costruire sia rilasciato "in  			conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, dei  			regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico - edilizia  			vigente" e l'esercizio della deroga viene quindi ad incidere  			sull'uniforme applicazione della disciplina urbanistica nella zona  			dove si prevede l'intervento.
 La particolarità dell'istituto, la sua natura sostanzialmente  			discrezionale e le possibili conseguenze che il suo utilizzo può  			determinare sul programmato assetto del territorio hanno indotto il  			legislatore a prevederne l'applicazione solo in casi eccezionali,  			delimitandone in modo puntuale l'ambito di operatività allo scopo  			evidente di evitare che un uso poco accorto dell'istituto (in realtà  			spesso verificatosi) si risolvesse, nella pratica, in un surrettizio  			aggiramento della pianificazione.
 I presupposti ed i limiti fissati dalla norma attualmente in vigore  			sono i seguenti:
 - il rilascio è previsto esclusivamente per edifici ed impianti  			pubblici o di interesse pubblico;
 - il permesso in deroga non può essere rilasciato in violazione  			delle disposizioni contenute nel D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (ora  			D.Lgs. n. 42 del 2004) che devono essere comunque rispettate;
 - il permesso in deroga deve comunque rispettare le altre normative  			di settore aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia  			(ad esempio, la disciplina antisismica);
 - la deroga può riguardare esclusivamente i limiti di densità  			edilizia, di altezza e di distanza tra i fabbricati di cui alle norme  			di attuazione degli strumenti urbanistici generali ed esecutivi ma  			devono essere rispettate le norme igieniche, sanitarie e di sicurezza  			restando comunque fermo, in ogni caso, il rispetto delle disposizioni  			di cui al D.I. 2 aprile 1968, n. 1444, artt. 7, 8 e 9, che fissano,  			rispettivamente, i limiti inderogabili di densità edilizia, le  			altezze massime degli edifici e le distanze minime tra fabbricati per  			le diverse zone territoriali omogenee;
 - il procedimento applicativo prevede una specifica e preventiva  			deliberazione del consiglio comunale e la comunicazione ai soggetti  			interessati ai sensi della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 7.  			L'indicazione dei limiti posti alla deroga è stata oggetto di  			attenta analisi anche da parte della dottrina che è giunta a  			condivisibili conclusioni.
 In particolare, si è osservato che l'utilizzo dell'espressione "in  			ogni caso" implica che le richiamate disposizioni del D.I. n. 1444  			del 1968, vanno osservate indipendentemente dal loro recepimento da  			parte degli strumenti urbanistici.
 Si è poi rilevato che la deroga non può incidere sulle scelte di  			tipo urbanistico, potendo operare solo nel caso in cui l'area sia  			edificabile secondo le previsioni di piano, con la conseguenza che  			non può ritenersi ammissibile il rilascio di permessi in deroga, ad  			esempio, per aree a destinazione agricola o a verde pubblico o  			privato mancando in tal caso il presupposto dell'edificabilità  			dell'area necessario non per il rilascio in deroga del permesso i  			costruire ma per il permesso stesso.
 Analogamente, si è escluso che la deroga possa riguardare aumenti di  			volumetria rispetto a quelli oggetto di pianificazione potendo  			consentire soltanto, a parità di volume edificabile, che  			l'intervento si concretizzi, ad esempio, con altezza, superficie  			coperta, destinazione diverse da quelle previste dal PRG.  			Anche la giurisprudenza amministrativa pare orientata nel senso di  			ritenere limitata l'operatività della deroga entro i limiti  			precedentemente delineati (Cons. Stato Sez. 5^ n. 46, 11 gennaio  			2006; Sez. 6^ n. 4568, 7 agosto 2003).
 Ne consegue che, al di fuori dei limiti indicati dalla disposizione  			in esame, viene a configurarsi un'ipotesi di variante urbanistica la  			cui approvazione è soggetta alla specifica disciplina.  			Resta da osservare come l'istituto del permesso di costruire in  			deroga appaia incompatibile con la disciplina prevista dal D.P.R. n.  			380 del 2001, art. 36, per l'accertamento di conformità delle opere  			edilizie realizzate in assenza di titolo abilitativo, che la  			giurisprudenza di questa Corte indica come strumento ordinario di  			recupero e sanatoria delle opere abusive, caratterizzato da una  			verifica di conformità dell'intervento alla disciplina urbanistica  			ed edilizia e da sbarramenti amministrativi e temporali (v., ad es.,  			Sez. 3^ n. 6331, 8 febbraio 2008).
 In primo luogo, sembra ostarvi il tenore letterale dell'art. 14 che  			disciplina il procedimento amministrativo finalizzato al rilascio del  			permesso in deroga prevedendo la previa deliberazione del consiglio  			comunale e specifiche garanzie partecipative per i soggetti  			interessati.
 Tale deliberazione consiliare deve dunque precedere il rilascio del  			titolo e l'esecuzione dell'intervento ed è finalizzata alla verifica  			dei presupposti per l'esercizio del potere di deroga e la  			considerazione dei contrapposti interessi dei soggetti che potrebbero  			subire pregiudizio dal rilascio del titolo e un simile iter  			procedimentale appare del tutto incompatibile con una valutazione  			postuma di tali dati.
 Il rilascio del titolo sanante ai sensi dell'art. 36, è poi  			sottoposto ad uno specifico e diverso procedimento e risulta,  			inoltre, assai arduo immaginare come possa rinvenirsi il requisito  			della "doppia conformità" delle opere sia al momento della  			realizzazione dell'intervento senza titolo, sia al momento della  			presentazione della domanda di sanatoria "alla disciplina urbanistica  			ed edilizia vigente" (quest'ultima intesa, come è noto in senso  			ampio, nel senso che in essa rientrano, ad esempio, i regolamenti  			edilizi, il programma pluriennale in corso di attuazione al momento  			del rilascio, le prescrizioni fissate dall'art. 9 del TU per  			l'attività edilizia in assenza di pianificazione urbanistica) con un  			titolo abilitativo che ha come presupposto la deroga agli strumenti  			urbanistici generali.
 Deve quindi affermarsi il principio secondo il quale il permesso di  			costruire in deroga agli strumenti urbanistici è istituto di  			carattere eccezionale giustificato dalla necessità di soddisfare  			esigenze straordinarie rispetto agli interessi primati garantiti  			dalla disciplina urbanistica generale e, in quanto tale, applicabile  			esclusivamente entro i limiti tassativamente previsti dal D.P.R. n.  			380 del 2001, art. 14, e mediante la specifica procedura. Tale sua  			particolare natura porta ad escludere che possa essere rilasciato "in  			sanatoria" dopo l'esecuzione delle opere.
 Date tali premesse deve rilevarsi che, nel caso di specie,  			l'intervento edilizio risultava eseguito, per quel che è dato  			ricavare dal contenuto del provvedimento impugnato e del ricorso,  			sulla base di un permesso di costruire in deroga rilasciato al di  			fuori dei casi previsti dalla legge.
 La deroga riguardava, come osservato in ricorso, interventi da  			eseguirsi in zona a destinazione agricola nella quale mancava quindi  			il presupposto essenziale dell'edificabilità ed erano comunque  			superati i limiti inderogabili di densità edilizia di cui al D.L. n.  			1444 del 1968, art. 7.
 La mancanza di autorizzazione dell'ente preposto alla tutela del  			vincolo, se effettivamente sussistente, stante le indicate  			incongruenze rilevate nel testo del ricorso e dell'ordinanza  			impugnata, avrebbe rappresentato, inoltre, un ulteriore violazione  			dell'art. 14 più volte menzionato.
 La violazione della disciplina antisismica e sul cemento armato  			configura, inoltre, una violazione delle "altre normative di settore  			aventi incidenza sulla disciplina dell'attività edilizia" indicate  			dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 14.
 Le opere, realizzate con permesso decaduto ed in totale difformità  			dal titolo abilitativo per le ragioni in precedenza esposte, non  			erano poi suscettibili di sanatoria ai sensi del D.P.R. n. 380 del  			2001, art. 36, la quale, al contrario, risulta rilasciata con una  			procedura che in ricorso si ritiene anche inficiata dalla falsità  			dell'attestazione di conformità delle opere (la sanatoria non  			avrebbe peraltro spiegato i suoi effetti verso il reato  			paesaggistico, se sussistente, e quelli previsti dalla disciplina  			antisismica e sulle opere in cemento armato).
 Prescindendo quindi dai richiami alla ultimazione delle opere  			(effettuati peraltro con riferimenti a giurisprudenza di questa Corte  			riferita al diverso istituto del "condono edilizio") la valutazione  			della efficacia del permesso in sanatoria, alla luce degli elementi  			fattuali acquisiti, doveva essere effettuata dal Tribunale tenendo in  			diversa considerazione la disciplina dettata dal D.P.R. n. 380 del  			2001, artt. 14 e 36.
 Il provvedimento impugnato deve pertanto essere annullato con le  			consequenziali determinazioni indicate in dispositivo.  			P.Q.M.
 Annulla l'impugnata ordinanza con rinvio al Tribunale di Cosenza per  			nuovo esame.
 Così deciso in Roma, il 31 marzo 2011.
 Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2011
 
                    




