TAR Lazio (RM), Sez. I-Quater, n. 8155, del 6 settembre 2013
Urbanistica.Una volumetria maggiore rispetto a quella assentita è variazione essenziale

La realizzazione di una volumetria maggiore rispetto a quella assentita configura un'ipotesi di variazione essenziale, ai sensi dell'art. 32 comma 1 lett. b ), d.P.R. n. 380 del 2001 (aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato), laddove abbia determinato un incremento percentuale superiore a quello di tolleranza del 2% previsto dall'art. 34 comma 2- ter , d.P.R. cit. (ai fini della configurazione della diversa fattispecie della parziale difformità dal titolo abilitativo) e quindi deve ritenersi legittima l'applicazione della sanzione demolitoria, che l'articolo 31, comma secondo, dello stesso d.P.R., riconnette non soltanto agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con variazione essenziali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 08155/2013 REG.PROV.COLL.

N. 00951/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 951 del 2009, proposto da: 
Soc Immobiliare Lorenz Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Ruggiero Frascaroli, Alessandro Biaggi, con domicilio eletto presso Ruggero Frascaroli in Roma, viale Regina Margherita, 46;

contro

Comune di Genzano di Roma, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Zupo, con domicilio eletto presso Giuseppe Zupo in Roma, via G. Gesmundo, 4;

per l'annullamento

del diniego della variante al permesso di costruire n. 18/2005 del 25.11.2008, comunicato alla ricorrente in data 1.12.2008;

dell’ingiunzione di sospensione lavori, demolizione di opere abusive e ripristino dello stato dei luoghi relativamente al “piano ultimo di copertura a tetto e costituendo aumento di volume per complessivi mc 253,15”, comunicata alla ricorrente in data 21.11.2008.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Genzano di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2013 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

La società ricorrente, premesso di avere acquistato nel settembre 2007 dal sig. Cherubini Ezio un fondo ubicato nel Comune di Genzano di Roma e distinto in catasto alla particella 410, subentrando nel permesso di costruire n. 18/05 rilasciato in favore del dante causa per la realizzazione di un edificio, espone di avere presentato, mentre era in corso di realizzazione il primo piano dell’edificio, in data 4.4.2002, una domanda di variante del permesso di costruire conforme alle prescrizioni introdotte dalla variante al piano regolatore generale, approvata con delibera della regione Lazio n. 615 dell’8.7.2005, secondo la quale la particella interessata dall’edificazione veniva in parte destinata a sottozona B5 (aree di completamento a bassa densità), con la quale chiedeva quindi di potere trasformare una parte della superficie da destinazione d’uso commerciale e terziario a destinazione residenziale.

Con il ricorso in epigrafe la società Lorenz Immobiliare impugna quindi il provvedimento di diniego della richiesta variante del permesso costruire, intervenuto a lavori già realizzati, e il conseguente provvedimento sanzionatorio di ingiunzione alla demolizione delle opere realizzate in difformità rispetto all’originario permesso di costruire, implicanti una maggiore cubatura ed una modifica non autorizzata della destinazione d’uso assentita.

Con unico articolato motivi di gravame la ricorrente lamenta l’illegittimità dei provvedimenti impugnati assumendo essersi formato il silenzio assenso sulla domanda di variante al momento dell’adozione del provvedimento esplicito di diniego e rilevando che, comunque, la maggiore cubatura realizzata non integrerebbe gli estremi della variazione essenziale rispetto all’originario permesso assentito.

Si è costituito in giudizio il Comune intimato, facendo rilevare l’infondatezza della censura per non essere applicabile al rilascio del permesso di costruire la fattispecie di cui all’art. 20 della legge 241/90 e per essere comunque decaduto il permesso originariamente rilasciato per mancato inizio dei lavori nel termine di un anno.

Con ordinanza n. 814/2009 il Tribunale ha rigettato la domanda di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

Depositate dalle parti ulteriori memorie difensive e di replica, alla pubblica udienza del giorno 23 maggio 2013 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione nel merito.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

a) Va rilevato, in via preliminare, che diversamente da quanto ritenuto da parte ricorrente alla fattispecie in esame non può applicarsi la figura del silenzio assenso introdotta con il d.l. n. 70/11, convertito in l. n. 106/11, che ha modificato, tra l'altro, il comma 8 dell'art. 20 T.U. Edilizia, che attualmente così recita: "Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, ove il dirigente o il responsabile dell'ufficio non abbia opposto motivato diniego, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-assenso, fatti salvi i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali, per i quali si applicano le disposizioni di cui ai commi 9 e 10".

Tale previsione normativa, infatti, in ossequio al principio del tempus regit actum si applica a tutti i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della disposizione innovativa, mentre il procedimento di variane al permesso di costruire, iniziato con domanda della ricorrente in data 4.4.2002, è stato definito con provvedimento esplicito di diniego del 25.11.2008.

L'articolo 20 del d.p.r. 380 del 2001, nel testo vigente ratione temporis - quindi antecedente rispetto alla citata modifica di cui all'articolo 5, comma 2, lettera a), numero 3), del D.L. 13 maggio 2011, n. 70 - disponeva che "Entro sessanta giorni dalla presentazione della domanda, il responsabile del procedimento cura l'istruttoria, acquisisce, avvalendosi dello sportello unico, i prescritti pareri ... e, valutata la conformità del progetto alla normativa vigente, formula una proposta di provvedimento... Il termine di cui al comma 3 può essere interrotto una sola volta dal responsabile del procedimento, entro quindici giorni dalla presentazione della domanda, esclusivamente per la motivata richiesta di documenti che integrino o completino la documentazione presentata e che non siano già nella disponibilità dell'amministrazione o che questa non possa acquisire autonomamente. In tal caso, il termine ricomincia a decorrere dalla data di ricezione della documentazione integrativa...Il provvedimento finale, che lo sportello unico provvede a notificare all'interessato, è adottato dal dirigente o dal responsabile dell'ufficio, entro quindici giorni dalla proposta di cui al comma 3 ... Decorso inutilmente il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo, sulla domanda di permesso di costruire si intende formato il silenzio-rifiuto.".

Il silenzio definito come "rifiuto" dalla normativa appena richiamata, è stato ricondotto dalla giurisprudenza nell'ambito del silenzio "inadempimento".

Si è affermata, cioè, l'opinione, secondo cui, ai sensi degli artt. 20 e 21 T.U. 6 giugno 2001 n. 380, la sequenza procedimentale per il rilascio del permesso di costruire comporta per il Comune l'obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini prescritti, ma la sua mancata adozione non costituisce silenzio assenso, quanto, piuttosto, silenzio rifiuto, che va inteso come mero inadempimento che è pertanto ovviabile quando il provvedimento espresso intervenga in un momento successivo ancorché in ritardo .

Ne consegue che l'Amministrazione non perde il potere di determinarsi espressamente sulla domanda di permesso di costruire.

b) I lavori realizzati, in assenza di titolo abilitativo, e in difformità rispetto al permesso di costruire originariamente rilasciato, sono quindi da considerarsi abusivi.

Legittimamente, dunque, l’amministrazione intimata ha adottato il provvedimento sanzionatorio impugnato.

Infondato è anche l’assunto di parte ricorrente secondo cui la maggiore cubatura realizzata non integrerebbe gli estremi della variazione essenziale rispetto a quanto assentito col permesso rilasciato.

L’aumento di cubatura realizzato, con le opere di cui all’ultimo piano dell’edificio, è pari a complessivi mc 253,15: superiore quindi al limite 2% sia della cubatura assentita per l’edificio interessato ( edificio indicato come B con cubatura pari a mc 3126,50) sia della stessa cubatura complessiva del manufatto pari a mc 4080.

La realizzazione di una volumetria maggiore rispetto a quella assentita configura un'ipotesi di variazione essenziale, ai sensi dell'art. 32 comma 1 lett. b ), d.P.R. n. 380 del 2001 (««aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato»), laddove abbia determinato un incremento percentuale superiore a quello di tolleranza del 2% previsto dall'art. 34 comma 2- ter , d.P.R. cit. (ai fini della configurazione della diversa fattispecie della parziale difformità dal titolo abilitativo) e quindi deve ritenersi legittima l'applicazione della sanzione demolitoria, che l'articolo 31, comma secondo, dello stesso d.P.R., riconnette non soltanto agli interventi eseguiti in totale difformità dal permesso di costruire, ma anche a quelli realizzati con ««variazione essenziali».

c) I rilievi di parte ricorrente, introdotti con le memorie difensive, in ordine all’asserita conformità della richiesta di variante con le prescrizioni urbanistiche, in disparte ogni questione in ordine all’ammissibilità (essendo il ricorso basato solo sulla questione del silenzio assenso, mentre le censure di merito riferite al diniego di variante risultano generiche), sono comunque inconducenti, atteso che il diniego gravato risulta comunque adeguatamente motivato in relazione all’intervenuta realizzazione di opere abusive prima del rilascio del nuovo permesso di costruire e in difformità rispetto a quanto originariamente assentito.

d) Conclusivamente il ricorso deve essere rigettato perché infondato.

Le spese del giudizio devono essere poste a carico di parte ricorrente e si liquidano in complessivi euro 2000,00, oltre accessori come per legge.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese che liquida come in parte motiva.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Elia Orciuolo, Presidente

Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore

Fabio Mattei, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/09/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)