TAR Piemonte, Sez. I, n. 912, del 23 luglio 2013
Urbanistica.Nozione giuridica di costruzione per la cui realizzazione occorre la concessione edilizia

La nozione giuridica di costruzione per la cui realizzazione occorre la concessione edilizia ricomprende anche quei manufatti (quali tettoie, box in lamiera, roulottes, prefabbricati...) che non risultino infissi, né incorporati al suolo mediante fondazioni ma semplicemente aderenti a questo, in quanto pur sempre in grado di alterare lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e in funzione di esigenze non meramente occasionali; ciò tenuto conto della generale finalità di tutela dell'ordinato assetto del territorio perseguita dalla normativa urbanistica. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 00912/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01664/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1664 del 2000, proposto da: 
S.S. Cobers e S.S. Sebitalia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentate e difese dall'avv. Roberto Gatti, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Principe Amedeo,1;

contro

Comune Chieri, in persona del sindaco pro tempore, non costituito;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Building and Gardening S.R.L, rappresentata e difesa dall'avv. Guglielmo Durazzo, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Principe Amedeo, 1;

per l'annullamento

dell'ordinanza emanata dal Dirigente del Comune di Chieri il 27/04/2000, notificata lo stesso 27/04/2000 e di tutti gli atti ad esso presupposti, collegati e consequenziali.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Le società ricorrenti sono proprietarie di un appezzamento sito in Chieri, c.so Torino, distinto al catasto terreni al foglio 20 mappale 42.

Il terreno è stato locato con decorrenza dal primo agosto 1999 alla Building and Gardering s.r.l., attiva nel commercio di piccoli prefabbricati ed articoli per giardino, giardinaggio, fiori e piante.

2. Con ordinanza notificata il 27 aprile 2000, qui tempestivamente impugnata con ricorso notificato in data 09 giugno 2000, il dirigente del Comune di Chieri ha contestato la presenza sul fondo di una serie di opere abusive – per lo più consistenti in baracche e tettoie realizzate senza la prescritta concessione edilizia – ingiungendone la demolizione.

3. Le società ricorrenti hanno contestato il citato provvedimento sostenendo con un primo motivo che le opere contestate necessiterebbero di autorizzazione e non già di concessione edilizia, ai sensi dell’art. 7 comma 2, lett. b) DL 9/1982 e 56 L.R. 56/1977, sicché il regime sanzionatorio alle stesse applicabile sarebbe quello previsto dall’art. 10 L. 47/1985, e non quello di cui all’art. 7 della stessa legge.

Con un secondo motivo si censura il provvedimento comunale nella parte in cui contesta la “realizzazione senza la prescritta concessione edilizia o denuncia di inizio attività di tratti di recinzione con pali o rete metallica a delimitazione del mappale n. 42”. Si rileva, infatti, la contraddittorietà tra l’asserita mancanza della necessaria denuncia di inizio attività e l’applicazione della disciplina prevista per la mancanza di concessione, quale quella della demolizione dell’opera, in difformità da quanto previsto dall’art. 7 comma 13 DL 398/1993.

Si fa rilevare, inoltre, come in epoca precedente all’entrata in vigore della norma del 1993 che ha previsto la denuncia di inizio attività per la realizzazione di recinzioni, modificata nel 1996 dall’art. 2 comma 60 L. 662/1996, il precedente proprietario del terreno (sig. Antonio Paletto) aveva presentato richiesta di autorizzazione in data 5 novembre 1984, riconducibile al regime di silenzio assenso previsto dall’art. 7 comma 3 del DL 9/1982.

Con un terzo motivo le ricorrenti deducono che le opere descritte nel provvedimento impugnato presenterebbero natura precaria, stante la tipologia e le modalità di adattamento del materiale impiegato. Anche sotto questo profilo risulterebbe ingiustificata, pertanto, l’applicazione del regime sanzionatorio riferito alle opere soggette a concessione.

Con un quarto motivo si contesta l’erronea applicazione dell’art. 12 L. 47/1985, in quanto riguardante la diversa fattispecie della parziale difformità delle opere dalla concessione.

Con un quinto motivo, poggiante sull’ipotesi che il Comune abbia voluto sanzionare l’utilizzo del terreno in contrasto con le previsioni del P.R.G.C., si fa rilevare l’irragionevolezza del provvedimento in quanto verrebbe a sanzionare attività legate al giardinaggio, molto meno invasive di quelle inerenti il recupero di rottami, consentite in continuazione dal P.R.G.C. vigente.

Si fa infine rilevare con un sesto motivo come sia in corso di approvazione una variante destinata a consentire l’attività ora in corso, sicché risulterebbe illogico impedire, mediante la demolizione dei manufatti, la prosecuzione di un’attività destinata a divenire a breve lecita.

4. Il Comune di Chieri non si è costituito in giudizio.

Nel corso del giudizio è invece intervenuta ad adiuvandum delle ricorrenti la Building and Gardering s.r.l., formulando deduzioni del tutto analoghe a quelle contenute in ricorso.

A seguito dell’accoglimento in sede cautelare dell’istanza di sospensiva, il procedimento è pervenuto a decisione all’esito dell’udienza pubblica in data 11 luglio 2013.

5. Va preliminarmente sgombrato il campo dai due ultimi motivi di ricorso (quinto e sesto), in quanto formulati su un’ipotesi di uno sviamento di potere – derivante dall’esercizio del potere sanzionatorio a fini di contenimento di attività ritenute non conformi ai piani urbanistici – di cui nel provvedimento impugnato non sono rinvenibili tracce.

6. Con riferimento al primo motivo di ricorso si osserva quanto segue.

Ai sensi dell’art. 56 della L.R. 56/1977 sono soggetti ad autorizzazione gli interventi relativi a “occupazione, solo temporanea, di suolo pubblico o privato .. con baracche e tettoie temporanee destinate a usi diversi dall'abitazione”, la realizzazione di “impianti tecnici al servizio di edifici esistenti” e “le opere costituenti pertinenze”.

6.1 Le opere indicate al punto 1) delle premesse dell’atto impugnato sono così descritte:

“ufficio vendita ricavato all’interno di ex autobus (dimensioni circa m. 2,40 x 5)”;

“tettoia a protezione di materiali vari realizzata in tubolari (tipo “innocenti”) e copertura in lamiera (dimensioni circa m. 6 x 12 ed altezza variabile da m. 2,80 a m. 3,50)”;

“posa di prefabbricato ad uso baracca di cantiere (dimensioni di circa m. 2,50 x 7,20 ed altezza di circa m. 2,30)”.

Al punto 2) dell’ordinanza è inoltre menzionata, tra gli altri manufatti presenti in loco, un “capanno in legno (dimensioni circa m. 3 x 2 sbalzxo tetto di m. 1 ed altezza variabile da m. 2 a m. 2,40)”

6.2 Tutte le opere sopra elencate non paiono rientrare nelle tipologie riportate nell’art. 56 LR 56/1977.

Per un verso, infatti, difettano del carattere di precarietà strutturale e funzionale insito nel concetto di interventi di “occupazione solo temporanea”.

Le opere in questione appaiono, al contrario, destinate ad un'utilizzazione perdurante nel tempo e non presentano intrinseche caratteristiche di precarietà strutturale e funzionale, tali da renderle facilmente amovibili e da destinarle fin dall'origine a soddisfare esigenze contingenti e circoscritte nel tempo (cfr. T.A.R Molise sez. I, 08 maggio 2009, n. 188).

Perché un'opera edilizia avente carattere precario, in forza della sua facile amovibilità, venga sottratta all'obbligo di concessione edilizia, è necessario, infatti, che sia destinata ad un uso molto limitato nel tempo, per fini specifici e temporanei. Le stesse allegazioni di parte ricorrente escludono il carattere circoscritto e temporaneo dell’impiego di tali manufatti, dei quali si enuncia una destinazione ad uso ricovero di attrezzature e materiali serventi, o di esposizione e rivendita di articoli per giardinaggio, funzionale all’attività della locataria.

Alla stregua dei criteri sin qui esposti, configurandosi un intervento sul territorio preordinato alla perdurante modificazione dello stato dei luoghi, diventa irrilevante la circostanza che tali opere siano state in parte realizzate senza opere in muratura (ma con lamiere e tubi innocenti). Ciò in quanto, come già esposto, il carattere precario dell'opera, dato dalla sua facile amovibilità, non è elemento da solo sufficiente ad escludere l'obbligo di concessione edilizia: la giurisprudenza, richiede che l'opera amovibile sia, altresì, destinata ad un uso molto limitato nel tempo, per fini specifici e temporanei, il che, come già esposto, non si verifica nel caso di cui si tratta (cfr. T.A.R. Trentino Alto Adige, sez. di Trento, 09 novembre 2001, n. 283; Cass. Pen., sez. III, 20 giugno 1997, n. 6781).

Nello stesso ordine di considerazioni va osservato che la nozione giuridica di costruzione per la cui realizzazione occorre la concessione edilizia ricomprende anche quei manufatti (quali tettoie, box in lamiera, roulottes, prefabbricati...) che non risultino infissi, né incorporati al suolo mediante fondazioni ma semplicemente aderenti a questo, in quanto pur sempre in grado di alterare lo stato dei luoghi in modo stabile, non irrilevante e in funzione di esigenze non meramente occasionali; ciò tenuto conto della generale finalità di tutela dell'ordinato assetto del territorio perseguita dalla normativa urbanistica.

Infine, non è possibile affermare la natura pertinenziale di tali manufatti, in quanto dotati di dimensioni non modeste e privi di funzione strumentale di servizio od ornamentale rispetto ad un edificio principale. Oltretutto, affinché un'opera possa essere annoverata tra le pertinenze, è necessario che la sua strumentalità rispetto all'immobile principale sia oggettiva, cioè connaturale alla sua struttura, e non soggettiva, desunta cioè dalla destinazione data dal possessore. Tale nozione riguarda, quindi, soltanto opere di modesta entità ed accessorie rispetto ad un'opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici e simili, ma non anche opere che dal punto di vista delle dimensioni e della funzione si connotino per una propria autonomia rispetto all'opera cosiddetta principale e non siano quindi coessenziali al bene principale.

Della destinazione funzionale e della secondarietà dei manufatti in parola rispetto ad un altro che si assuma come principale, la parte interessata deve fornire una prova adeguata (T.A.R. Piemonte sez. I, 04 settembre 2009, n. 2247).

Le baracche e le tettorie descritte negli atti non paiono rivestire il richiesto carattere oggettivo di pertinenza rispetto ad un immobile principale, che non è in alcun modo individuato. Di tali manufatti viene solo enunciata una funzione servente rispetto all’attività lavorativa della società locataria.

6.3 Per le medesime ragioni sin qui esposte, appare incongruo anche il riferimento contenuto in ricorso all’art. 7 comma 2 lett. b) il quale assoggetta ad autorizzazione gratuita - oltre alle opere costituenti pertinenze od impianti tecnologici al servizio di edifici già esistenti (lett. a) - anche le occupazioni di suolo mediante deposito di materiali o esposizione di merci a cielo libero (lett. b).

Sotto tutti i profili esaminati il primo e terzo motivo di ricorso vanno quindi respinti.

7. I medesimi motivi meritano invece accoglimento con riguardo alla parte di ordinanza riferita agli “arredi per giardino in gesso, cemento, legno, pietre, etc..” (punto 2), proprio in applicazione del sopra citato art. 7 comma 2 lett. b), il cui disposto rende l’ordine di riduzione in pristino, mediante demolizione, incongruo rispetto al deposito di materiali soggetto ad autorizzazione.

8. Appare altresì fondato il secondo motivo, con il quale si censura il provvedimento comunale nella parte in cui contesta la “realizzazione senza la prescritta concessione edilizia o denuncia di inizio attività di tratti di recinzione con pali o rete metallica a delimitazione del mappale n. 42”, applicando anche a tale abuso la sanzione della demolizione dell’opera prevista per le opere realizzate in assenza o in totale difformità dalla concessione edilizia.

8.1 Ai sensi dell’art. 4 comma 7 D.L. 398/1993 convertito con L. 493/1993, ratione temporis applicabile al caso di specie, le recinzioni sono soggette al regime della denuncia di inizio attività.

8.2 Peraltro, la giurisprudenza ha ulteriormente chiarito in materia che la valutazione in ordine alla necessità della concessione edilizia per la realizzazione di opere di recinzione va effettuata sulla scorta dei seguenti due parametri: natura e dimensioni delle opere e loro destinazione e funzione.

In base a tale criterio, dunque, la recinzione in legno o in rete metallica di un terreno non richiede alcuna concessione o autorizzazione edilizia in quanto costituisce non già una trasformazione urbanistica, non comportando una trasformazione morfologica del territorio, ma una estrinsecazione lecita dello "ius excludendi alios" immanente al diritto di proprietà; non sono pertanto necessari titoli formali per l'installazione di una recinzione in pali e rete metallica, senza cordolo in cemento, di una superficie. Occorre, invece, il permesso, quando la recinzione è costituita da un muretto di sostegno in calcestruzzo con sovrastante rete metallica, incidendo esso in modo permanente e non precario sull'assetto edilizio del territorio (cfr, ex multis, T.A.R. Umbria sez. I, 13 maggio 2013, n. 293; T.A.R. Bologna sez. II 26 gennaio 2007, n. 82; T.A.R. Brescia sez I 4 febbraio 2013, n. 118; T.A.R. Liguria sez I 8 novembre 2012, n. 1393).

Il punto è di sicuro rilievo se si considera che la recinzione contestata – secondo quanto si ricava dalla parte motiva del provvedimento – è stata realizzata “con pali e rete metallica”.

Ne consegue che, non essendo necessario il previo rilascio della concessione edilizia, non ne poteva essere intimata la demolizione.

9. Va infine respinto il quarto motivo di ricorso, in quanto è chiaro il riferimento contenuto nell’ordinanza all’art. 7 L. 47/1985, confermato sia dall’assegnazione alla parte di un termine di 90 giorni per provvedere alla demolizione spontanea; sia dalla previsione – in difetto di adempimento spontaneo - della acquisizione di diritto di dette opere al patrimonio del Comune.

Il richiamo all’art. 12, riferito alla diversa ipotesi della parziale difformità, può intendersi come frutto di un refuso non incidente sulla complessiva intelligibilità e coerenza del provvedimento.

Dall’accoglimento parziale del ricorso nei limiti sin qui esposti, consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata limitatamente alla parte che fa riferimento alle opere indicate al punto 2) (“arredi per giardino in gesso, cemento, legno, pietre, etc..”) e al punto 3) (“recinzione con pali e rete metallica”) delle premesse.

La prevalente reiezione del ricorso, eccettuato il suo accoglimento su profili parziali e di minor rilevanza nella portata complessiva dell’atto impugnato, giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Lo accoglie ai sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Spese di lite compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Lanfranco Balucani, Presidente

Roberta Ravasio, Primo Referendario

Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 23/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)