TAR Marche, Sez. I, n. 377, del 23 maggio 2013
Urbanistica.Legittimità ordinanza demolizione gazebo
La precarietà di un’opera va valutata sul piano funzionale, non potendo ravvisarsi tale caratteristica in un gazebo per l’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, indipendentemente dall’essere stato realizzato con struttura amovibile o meno, essendo lo stesso destinato a soddisfare esigenze durature nel tempo, principio rafforzato nel caso concreto dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta. Né a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi in considerazione dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico, considerato che tale autorizzazione non ha attribuito la facoltà di costruzione della struttura oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00377/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00334/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 334 del 2012, proposto da:
Ristorante Tacabanda Gest Food di Bernardini Sonia e C. s.a.s., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Maurizio Discepolo, Martina Viventi, Andrea Natalini, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Ancona, via Matteotti, 99;
contro
Comune di Loreto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Maria Giuseppina Vita, con domicilio eletto presso l’avv. Angelo Borrelli in Ancona, corso Matteotti, 54;
Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, in persona del Ministro pro tempore,
Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio delle Marche, in persona del Soprintendente pro tempore;
per l'annullamento
quanto al ricorso principale:
dell' ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi n° 23 del 24 febbraio 2012;
della nota n. 1512 del 31.01.2012 della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici delle Marche;
quanto ai motivi aggiunti:
della nota prot. n° 9906 in data 08 giugno 2012, con la quale il Comune di Loreto ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di realizzazione di una struttura rimovibile,
del parere della Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali prot. n° 9066 in data 05 giugno 2012;
nonchè per
il risarcimento dei danni.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Loreto;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore il Primo Referendario Francesca Aprile nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2013 e uditi per le parti i difensori, come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe, è stata impugnata l’ordinanza n° 23 del 24 febbraio 2012, con la quale il dirigente del settore tecnico del Comune di Loreto ha ingiunto alla ricorrente la demolizione di un manufatto realizzato in assenza di titolo abilitativo, nonché la nota n° 1512 del 31 gennaio 2012, con la quale la Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici delle Marche ha rappresentato al Comune di Loreto l’obbligo di rimuovere la struttura di cui si controverte.
Per resistere al ricorso, si è costituito il Comune di Loreto, che, con memorie e documenti, ne ha domandato il rigetto, vinte le spese.
Con ricorso per motivi aggiunti, è stata impugnata la nota prot. n° 9906 in data 08 giugno 2012, con la quale il Comune di Loreto ha comunicato i motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di realizzazione di una struttura rimovibile, nonché il parere della Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali prot. n° 9066 in data 05 giugno 2012.
Alla pubblica udienza del 21 marzo 2013, sentiti i difensori delle parti, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso.
DIRITTO
Preliminarmente, dev’essere scrutinato il profilo, rilevante in punto di interesse a ricorrere, attinente al rapporto tra l’impugnativa dell’ordinanza di demolizione, azionata nell’odierno giudizio e il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, che risulta essere stato proposto dalla ricorrente avverso il diniego del permesso in sanatoria.
Dev’essere osservato che la proposizione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il diniego di permesso in sanatoria non esonera il ricorrente dall’onere di impugnare l’ordinanza di demolizione, atteso che la connessione tra i provvedimenti di che trattasi non implica che, nell’ipotesi astratta della trasmissione di un vizio, possa configurarsi un’invalidità ad effetto caducante, di talchè l’eventuale accoglimento del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica avverso il diniego di permesso in sanatoria non determina la caducazione automatica dell’ordinanza di demolizione.
Il Collegio condivide il principio di diritto per il quale l’interesse ad agire è da parametrarsi all’interesse sostanziale azionato. Per tale ragione, laddove il ricorrente, in sede di impugnativa dell’atto presupposto, abbia azionato l’interesse sostanziale all’annullamento di tutti gli atti connessi e conseguenziali, il conseguimento dell’utilità finale perseguita, ovvero l’annullamento dell’atto presupponente non può prescindere dall’onere di impugnarlo, atteso che l’inoppugnabilità del provvedimento conclusivo preclude la realizzazione dell’interesse al bene, determinando l’improcedibilità dell’impugnativa proposta avverso l’atto presupposto.
Per converso, laddove l’interesse azionato sia circoscritto al solo annullamento dell’atto presupposto, l’inoppugnabilità del provvedimento presupponente non determina il venir meno dell’interesse ad agire avverso il primo provvedimento.
La connessione tra il diniego di sanatoria e l’ordinanza di demolizione non configura un nesso di derivazione immediata, diretta e necessaria, atteso che l’ordinanza di demolizione consegue all’accertata abusività delle opere e che l’accertamento di non conformità delle opere abusive agli strumenti urbanistici vigenti, compiuto in sede di diniego dell’istanza di permesso in sanatoria, non ha carattere costitutivo, di talchè non può ritenersi che l’accertata abusività delle opere sia determinata dal provvedimento di diniego della sanatoria.
Per tali ragioni, non sussistendo alcun nesso di condizionamento tra il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto avverso il diniego del permesso in sanatoria e l’odierno giudizio, nel quale è impugnata l’ordinanza di demolizione, non si configura la pregiudizialità necessaria di cui all’art. 295 c.p.c..
Ciò premesso, il ricorso, principale e per motivi aggiunti, è, nel merito, infondato.
Non può essere accolta la prospettazione impugnatoria per la quale il manufatto di cui si controverte sarebbe a carattere precario.
La precarietà di un’opera va valutata sul piano funzionale, non potendo ravvisarsi tale caratteristica in un gazebo per l’esercizio dell’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, indipendentemente dall’essere stato realizzato con struttura amovibile o meno, essendo lo stesso destinato a soddisfare esigenze durature nel tempo, principio rafforzato nel caso concreto dal carattere permanente e non stagionale dell’attività svolta.
Né a diverse conclusioni potrebbe pervenirsi in considerazione dell’autorizzazione all’occupazione di suolo pubblico rilasciata all’odierna ricorrente in data 16 aprile 2010, considerato che tale autorizzazione non ha attribuito la facoltà di costruzione della struttura oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione.
Sono infondate le dedotte doglianze di eccesso di potere per difetto dei presupposti, sviamento dalla causa tipica, difetto di motivazione, omessa comunicazione di avvio del procedimento, violazione delle garanzie procedimentali, contraddittorietà, irrazionalità e difetto di istruttoria.
Per ius receptum, l’ordinanza di demolizione di opere abusive é un atto dovuto a carattere vincolato, che costituisce esercizio dei poteri-doveri di vigilanza sull’attività edilizia spettanti all’autorità preposta al governo del territorio.
Per tale ragione, é da condividersi il principio giurisprudenziale in virtù del quale il provvedimento con il quale si ingiunge doverosamente la demolizione di opere abusive, quale atto vincolato, fondato sull’accertamento del carattere abusivo delle opere, non deve essere preceduto dall’avviso dell’inizio del procedimento.
Per la medesima considerazione, non si richiede una motivazione particolarmente stringente, una volta che sia stata evidenziata l’accertata abusività delle opere.
Tale é l’evenienza che ricorre nell’odierna controversia, considerato che l’ordinanza impugnata descrive con sufficiente precisione le opere realizzate in assenza di permesso di costruire su area demaniale del Comune di Loreto e in assenza di autorizzazione paesaggistica, essendo l’area altresì sottoposta a vincolo paesaggistico ai sensi del d.lgs. n° 42/2004, di talchè non può ritenersi che possano essere rimasti inspiegati o non comprensibili gli elementi logico giuridici sui quali l’ordinanza di demolizione é stata adottata.
Le doglianze, proposte avverso la nota della Soprintendenza ai Beni architettonici e paesaggistici delle Marche n° 1512 del 31 gennaio 2012, sono infondate, essendo state adeguatamente esplicitate le ragioni sottese alla valutazione di non compatibilità del manufatto di cui si controverte con il bene protetto dal vincolo.
Per tali ragioni, il ricorso principale dev’essere respinto, perché infondato.
Il ricorso per motivi aggiunti è infondato.
Le doglianze articolate avverso il parere negativo della Soprintendenza per i Beni e le Attività culturali, sono infondate.
Per principio giurisprudenziale indiscusso, il parere di non compatibilità col vincolo paesistico è adeguatamente motivato con riferimento all’utilizzo di materiali di scarsa qualità, poiché i medesimi, per le caratteristiche costruttive esterne che conferiscono al manufatto, contrastano oggettivamente con la bellezza d’insieme tutelata dal vincolo.
Deve anche osservarsi che il provvedimento dell’amministrazione comunale con il quale sono comunicati i motivi ostativi alla realizzazione di un intervento edilizio è da ritenersi adeguatamente motivato in relazione al parere negativo dell’autorità preposta alla tutela del vincolo.
Per tali ragioni, la domanda di annullamento, svolta con il ricorso principale e per motivi aggiunti, dev’essere respinta, perché infondata.
La domanda risarcitoria avanzata nell’atto introduttivo del giudizio non può essere accolta.
Per quanto emerge dagli atti di causa, non può ritenersi che, per la condotta amministrativa, l’odierna ricorrente possa aver confidato nella legittimità del manufatto edilizio di cui si controverte, di talchè, non essendo trascorso un lasso di tempo considerevole tra la realizzazione delle opere abusive e l’emanazione dei provvedimenti repressivi e sanzionatori dell’abuso edilizio, in mancanza della lesione di alcun ragionevole affidamento, la pretesa risarcitoria è infondata.
Per le suesposte ragioni, il ricorso, principale e per motivi aggiunti, dev’essere respinto, perché infondato.
Le spese processuali possono essere compensate, per ragioni equitative.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, principale e per motivi aggiunti, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2013 con l'intervento dei magistrati:
Gianluca Morri, Presidente FF
Giovanni Ruiu, Consigliere
Francesca Aprile, Primo Referendario, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)