TAR Campania (NA) Sez. II n. 4150 del 17 giugno 2021
Urbanistica.Ordinanza di demolizione e violazione del principio del ne bis in idem
Con riferimento all’ordinanza di demolizione non sussiste la violazione del principio del ne bis in idem in materia penale, semplicemente perché entrambi i provvedimenti demolitori, emanati rispettivamente dall’autorità giudiziaria penale e da quella amministrativa comunale, condividono una natura essenzialmente amministrativa e non penale. Invero, tutte le misure sanzionatorie irrogate dall’autorità comunale in ambito edilizio hanno carattere eminentemente ripristinatorio dell’ordine giuridico violato e non afflittivo della singola posizione individuale, con la conseguenza di esulare dal perimetro della responsabilità penale come ricostruita dalla giurisprudenza della Corte EDU valorizzando il profilo punitivo e deterrente che ne costituirebbe l’essenza
Pubblicato il 17/06/2021
N. 04150/2021 REG.PROV.COLL.
N. 02976/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 74 c.p.a.
sul ricorso numero di registro generale 2976 del 2015, proposto da
-OMISSIS-, -OMISSIS-e -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall’Avv. Carmine Medici, con domicilio eletto in Napoli alla Via C. Poerio n. 53 presso lo studio legale Ganguzza e con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia del loro difensore;
contro
COMUNE DI CAIVANO, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Ida Carrara e Biagio Fusco dell’Avvocatura Municipale, con domicilio digitale presso la PEC Registri Giustizia dei suoi difensori;
per l'annullamento
a) dell’ordinanza dirigenziale del Comune di Caivano n. -OMISSIS-, recante l’ingiunzione di demolizione di un fabbricato residenziale realizzato nel territorio comunale alla -OMISSIS-;
b) del verbale della Polizia Municipale n. -OMISSIS-, recante l’accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione impartito con ordinanza sindacale n. -OMISSIS-;
c) di ogni altro atto e/o provvedimento preordinato, conseguente e connesso, ove lesivo degli interessi dei ricorrenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione resistente;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza di smaltimento del giorno 18 maggio 2021 il dott. Carlo Dell'Olio e trattenuta la causa in decisione ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137/2020;
Ritenuto che il ricorso si presta ad essere definito con sentenza in forma semplificata, giacché si presenta manifestamente infondato;
Premesso che:
- con l’ordinanza di demolizione n. -OMISSIS- in epigrafe è stata contestata ai ricorrenti la realizzazione, in assenza di permesso di costruire, di un fabbricato ad uso residenziale composto da un piano seminterrato e da tre piani fuori terra;
- lo stesso fabbricato è stato anche colpito da un ordine di demolizione penale, emesso dal Tribunale di Napoli, Sezione Distaccata di Afragola, con la sentenza di condanna per abusi edilizi del -OMISSIS-(divenuta irrevocabile il -OMISSIS-), che ha riguardato la ricorrente -OMISSIS-e il defunto marito -OMISSIS-, nella cui posizione giuridica sono poi subentrati quali eredi i figli -OMISSIS-, odierni ricorrenti;
- la presente impugnativa concerne la predetta ordinanza n. -OMISSIS-e il verbale della Polizia Municipale n. -OMISSIS-, recante l’accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione impartito con ordinanza sindacale n. -OMISSIS-; entrambi tali atti sono gravati per una serie di vizi riconducibili ai profili della violazione di legge e dell’eccesso di potere;
Rilevato che:
- in via preliminare, l’oggetto del giudizio va circoscritto alla sola ordinanza di demolizione n. -OMISSIS-, dal momento che sul rimanente atto impugnato, ossia sul verbale di accertamento di inottemperanza del -OMISSIS-, non può intervenire alcuna pronuncia di merito, essendo la relativa impugnativa inammissibile per carenza di interesse, atteso che si tratta di atto non dotato di lesività per la posizione giuridica di parte ricorrente. Invero tale atto, strettamente consequenziale al pregresso ordine demolitorio del-OMISSIS-, è stato superato dall’emissione dell’ordinanza di demolizione del -OMISSIS-qui gravata, che ha riattivato la procedura sanzionatoria di cui all’art. 31 del d.P.R. n. 380/2001 facendo perdere definitivamente efficacia agli atti della precedente serie procedimentale. Inoltre giova aggiungere, con valenza assorbente, che il verbale di accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione ha valore di atto endoprocedimentale, strumentale alle successive determinazioni dell’ente comunale, ed ha efficacia meramente dichiarativa delle operazioni effettuate dalla Polizia Municipale, alla quale non è attribuita la competenza all’adozione di atti di amministrazione attiva, all’uopo occorrendo che la competente autorità amministrativa faccia proprio l’esito delle predette operazioni attraverso un formale atto di accertamento; ne discende che, in quanto tale, detto verbale non assume quella portata lesiva che sia in grado di attualizzare l’interesse alla tutela giurisdizionale, portata lesiva invece ravvisabile soltanto nell’atto formale di accertamento ex art. 31, comma 4, del d.P.R. n. 380/2001, con cui l’autorità amministrativa recepisce gli esiti dei sopralluoghi effettuati dalla Polizia Municipale e forma il titolo ricognitivo idoneo all’acquisizione gratuita dell’immobile al patrimonio comunale (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 17 giugno 2014 n. 3097; TAR Sicilia Catania, Sez. I, 23 aprile 2015 n. 1118; TAR Campania Napoli, Sez. VII, 4 giugno 2014 n. 3067);
- nel merito, le censure articolate avverso la suddetta ordinanza demolitoria possono essere così riassunte:
a) l’ordinanza di demolizione si traduce in una duplicazione della sanzione penale accessoria già irrogata alla Sig.ra -OMISSIS- con la sentenza di condanna del Tribunale di Napoli del 29 aprile 1999, posta in esecuzione con successivo provvedimento della locale Procura della Repubblica del 4 dicembre 2014. Ciò comporta la violazione del principio del ne bis in idem in materia penale, che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte EDU (cfr. sentenza Grande Stevens del 4 marzo 2014), impedisce che una persona sia perseguita due volte per lo stesso illecito nella misura in cui i fatti materiali siano sostanzialmente gli stessi, senza che possa assumere rilievo la qualificazione di sanzione amministrativa fornita dall’ordinamento interno. Infatti, alla “luce delle predette considerazioni, è indubbia la natura penale della sanzione della demolizione irrogata dal Comune di Caivano alla odierna ricorrente avendo esposto la stessa, con riferimento ai medesimi fatti e circostanze che hanno costituito oggetto dell’ordine di demolizione rivolto dall’Autorità penale, ad una sanzione che per natura e livello di gravità rientra nell’ambito della qualificazione di sanzione penale riconosciuta dalla Corte EDU. Ed, infatti, pur a fronte della qualificazione di sanzione amministrativa riconosciuta dall’ordinamento, con l’impugnato provvedimento l’Amministrazione ha esercitato funzioni proprie della sanzione penale e ciò in considerazione della gravità della sanzione irrogata nonché della funzione di tutela dell’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio esercitata dall’Amministrazione”. Stesso discorso va fatto per la posizione degli altri due ricorrenti (Sigg.ri -OMISSIS-), peraltro estranei alla commissione dell’illecito, attesa la materiale indivisibilità del fabbricato oggetto di demolizione;
b) l’ordinanza demolitoria è inficiata da violazione dei principi di adeguatezza e proporzionalità dell’azione amministrativa, giacché non contiene alcun accenno alla sanabilità del manufatto con riguardo alla sua possibile conformità alle previsioni degli strumenti urbanistici, avendo l’area interessata, a seguito di interventi di riclassificazione posti in essere dall’amministrazione comunale in relazione ad alcuni lotti contigui su cui insistono immobili condonati, perso l’originaria vocazione agricola per assumere quella di un’area residenziale vera e propria;
c) nel caso si dovesse qualificare l’ordine di demolizione emanato dal giudice penale come sanzione formalmente giurisdizionale ma sostanzialmente amministrativa, l’iniziativa repressiva intrapresa dal Comune di Caivano si colorerebbe comunque di illegittimità “per mancanza di causa dell’atto poiché il potere che l’Amministrazione resistente ha inteso esercitare con l’adozione dell’impugnata ordinanza risulta essere già stato esercitato dal giudice penale”: in altri termini, “il potere dell’Amministrazione si è consumato poiché esercitato dall’Autorità penale in funzione sostitutiva dell’Autorità amministrativa ordinariamente competente”;
Considerato che le prefate doglianze non meritano condivisione per le ragioni di seguito esplicitate:
aa) non sussiste la prospettata violazione del principio del ne bis in idem in materia penale, semplicemente perché entrambi i provvedimenti demolitori, emanati rispettivamente dall’autorità giudiziaria penale e da quella amministrativa comunale, condividono una natura essenzialmente amministrativa e non penale. Invero, tutte le misure sanzionatorie irrogate dall’autorità comunale in ambito edilizio hanno carattere eminentemente ripristinatorio dell’ordine giuridico violato e non afflittivo della singola posizione individuale, con la conseguenza di esulare dal perimetro della responsabilità penale come ricostruita dalla giurisprudenza della Corte EDU valorizzando il profilo punitivo e deterrente che ne costituirebbe l’essenza (cfr. Consiglio di Stato, Sez. II, 17 maggio 2019 n. 3196; Consiglio di Stato, Sez. VI, 23 marzo 2018 n. 1878; TAR Campania Salerno, Sez. II, 7 gennaio 2019 n. 30). Analogamente, l’ordine di demolizione del manufatto abusivo imposto dal giudice penale ai sensi dell’art. 31, comma 9, del d.P.R. n. 380/2001 costituisce una sanzione propriamente amministrativa, che assolve ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso e non ha finalità punitive, prescindendo del tutto dall’individuazione di responsabilità soggettive (orientamento consolidato: cfr. per tutte Cass. Pen., Sez. III, 21 gennaio 2020 n. 18483 e 12 settembre 2019 n. 49416). Ne discende che si tratta, in sostanza, di misure sanzionatorie entrambe di natura amministrativa, adottate da autorità differenti, che convergono verso il comune obiettivo della rimozione dell’immobile abusivo, il che spiega, attesa l’assenza di aspetti tipicamente punitivi delle singole condotte, l’intrinseca inconfigurabilità di un duplice trattamento penale. Per meglio corroborare le superiori osservazioni, giova richiamare, in via esaustiva, quanto di recente precisato dal massimo giudice penale in tema di concorrenza dei due sistemi sanzionatori: “3. Va comunque rilevato, quanto al primo motivo di ricorso, che la ricorrente, nel denunciare la violazione del principio del ne bis in idem, richiamando i principi affermati dalla Corte EDU, ha sostanzialmente sostenuto che l'applicazione della sanzione amministrativa della demolizione da parte dell'amministrazione comunale precluderebbe la possibilità di disporre la demolizione all'esito del procedimento penale. Osserva il Collegio che la richiamata sentenza Grande Stevens c. Italia, della Corte EDU ha sostanzialmente affermato il principio il principio secondo il quale il divieto del ne bis in idem può ritenersi violato allorquando, per un fatto corrispondente sotto il profilo storico-naturalistico a quello oggetto di sanzione penale, sia già stata irrogata all'imputato una sanzione formalmente amministrativa, della quale venga riconosciuta natura "sostanzialmente penale" (Sez. 6, n. 31873 del 9/5/2017, P.G. in proc. Basco, Rv. 270852), escludendo, quindi, la sussistenza di una violazione del principio del "ne bis in idem" convenzionale nel caso in cui uno dei procedimenti in relazione al quale si invoca il principio non abbia natura sostanzialmente penale (Sez. 3, n. 56264 del 18/5/2017, P.G. e altro in proc. Elan e altro, Rv. 272329), nonché la sua deducibilità anche in presenza di una sanzione formalmente amministrativa della quale venga riconosciuta la natura "sostanzialmente penale" quando manchi qualsiasi prova della definitività della irrogazione della sanzione amministrativa medesima (Sez. 3, n. 19334 del 11/2/2015, Andreatta, Rv. 264809; Sez. 3, n. 48591 del 26/4/2016, Pellicani, Rv. 268493). Quanto affermato dalle richiamate pronunce, nell'ambito di procedimenti aventi ad oggetto materie diverse, ha ripetutamente trovato applicazione in più decisioni di questa Corte relative a procedimenti nei quali l'applicazione della citata pronuncia della Corte EDU era stata invocata con riferimento all'ordine di demolizione di un manufatto abusivo. E' stata infatti ritenuta, in primo luogo, rilevante, ai fini della non applicabilità del principio, l'assenza di qualsiasi prova della definitività della irrogazione della sanzione amministrativa (Sez. 3, n. 30206 del 24/5/2017, Gargiulo, non mass.). Si è poi chiarito che le disposizioni che prevedono la demolizione dell'immobile abusivo non comportano l'applicazione di due "pene" diverse all'esito di due distinti procedimenti relativi al medesimo fatto, venendo invece applicata la medesima sanzione amministrativa finalizzata al ripristino dell'assetto del territorio, escludendosi così una concorrenza di sanzioni e ricorrendo, invece, un'unica sanzione amministrativa, ancorché irrogabile anche dal giudice penale (Sez. 3, n. 41498 del 7/6/2016, Ferrazzoli ed altri, non mass.; Sez. 3, n. 17246 del 8/3/2017, Marrone, non mass.; Sez. 3, n. 20873 del 10/11/2017, Novi, non mass.; Sez. 3, n. 20874 del 10/11/2017, Crispino, non mass.; Sez. 3, n. 9886 del 7/2/2018, Sollo, non mass.). Ciò che, tuttavia, rileva in maniera determinante è la natura prettamente amministrativa dell'ordine di demolizione riconosciuta da un consolidato e pluriennale indirizzo giurisprudenziale. Invero, la demolizione del manufatto abusivo, anche se disposta dal giudice penale ai sensi dell'art. 31, comma 9, qualora non sia stata altrimenti eseguita, ha natura di sanzione amministrativa che assolve ad un'autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, configura un obbligo di fare, imposto per ragioni di tutela del territorio, non ha finalità punitive ed ha carattere reale, producendo effetti sul soggetto che è in rapporto con il bene, indipendentemente dall'essere stato o meno quest'ultimo l'autore dell'abuso (Sez. 3, n. 49331 del 10/11/2015, P.M. in proc. Delorier, Rv. 265540, cui si rinvia anche per i richiami ai precedenti). 4. Deve conseguentemente affermarsi che l'imposizione dell'ordine di demolizione di un manufatto abusivo non comporta la violazione del principio del "ne bis in idem" convenzionale, come interpretato dalla sentenza della Corte Europea dei diritti dell'uomo nella causa Grande Stevens c. Italia del 4 marzo 2014.” (così Cass. Pen., Sez. III, 3 ottobre 2018 n. 51044);
bb) va rimarcato che, una volta appurata l’esecuzione di opere in assenza di permesso di costruire, non costituisce onere dell’amministrazione comunale verificare la sanabilità delle stesse (a seguito di accertamento di conformità) in sede di vigilanza sull’attività edilizia, essendo per legge rimessa ogni iniziativa in merito all’impulso del privato interessato: pertanto, l’ordine di demolizione può ritenersi validamente supportato, come nel caso di specie, dalla mera descrizione dell’abuso accertato, la quale costituisce presupposto giustificativo necessario e sufficiente a fondare la spedizione della misura sanzionatoria (cfr. TAR Campania Napoli, Sez. VI, 3 agosto 2015 n. 4190; TAR Campania Napoli, Sez. IV, 24 settembre 2002 n. 5556);
cc) infine, va sconfessata la tesi della mancanza di causa dell’atto e della consumazione del potere in capo all’amministrazione a seguito dell’intervento sostitutivo dell’autorità giudiziaria penale, in quanto va ribadito che il potere di demolizione di un manufatto abusivo spetta in maniera autonoma e concorrente al giudice penale e all’amministrazione comunale, senza che possano determinarsi preclusioni reciproche imputabili all’intervento prioritario dell’una o dell’altra autorità nella repressione dell’illecito edilizio (cfr. Cass. Civ., SS.UU., 22 settembre 2014 n. 19889; Cass. Pen., Sez. III, 6 giugno 1996 n. 7660);
Ritenuto, in conclusione, che:
- resistendo gli atti impugnati a tutte le censure prospettate, il ricorso deve essere respinto siccome infondato;
- le spese processuali devono essere addebitate alla soccombente parte ricorrente, nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna i ricorrenti in solido a rifondere in favore del Comune di Caivano le spese processuali, che si liquidano in complessivi € 3.000,00 (tremila/00),oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le persone dei ricorrenti.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2021, tenutasi con collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137/2020, con l'intervento dei magistrati:
Paolo Corciulo, Presidente
Carlo Dell'Olio, Consigliere, Estensore
Antonella Lariccia, Primo Referendario