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Cass. Sez. III sent.10202 del 23 marzo 2006 (ud. 24 novembre 2005)
Pres. De Maio Est. Onorato Ric. Battinelli
Urbanistica – Condono edilizio limiti applicabilità ed efficacia articolo 39 L. 47-1985
La disposizione dell’articolo 39 Legge 47-1985 col suo effetto di estinzione dei reati, si applica quando è stata avanzata domanda di sanatoria per un’opera astrattamente sanabile e la sanatoria non è stata conseguita per difetto di condizioni soggettive od oggettive; non si applica, invece, quando le opere non sono sanabili neppure astrattamente, anche se è stata presentata la relativa domanda ed è stata versata l’oblazione autodeterminata.
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Composta dagli Ill.mi Sigg.:
Dott. Guido DE MAIO
1. Dott. Pierluigi ONORATO
2. Dott. Alfredo TERESI
3. Dott. Carlo GRILLO
4. Dott. Alfredo Maria LOMBARDI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da BATTINELLI Carmine, nato a Procida il 16.2.1938,
avverso la sentenza resa il 22.11.2004 dalla corte d'appello di Napoli.
Vista la sentenza denunciata e il ricorso,
Udita la relazione svolta in udienza dal consigliere Pierluigi Onorato,
Udito il pubblico ministero in persona del sostituto procuratore generale Guglielmo Passacantando, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso,
Udito il difensore dell'imputato, avv. Lorenzo Bruno Molinaro, che ha insistito nel ricorso,
Osserva:
Svolgimento del processo
1 - Con sentenza del 22.11.2004 la corte d'appello di Napoli, parzialmente riformando quella resa il 6.11.2003 dal tribunale monocratico di Pozzuoli, ha condannato Carmine Battinelli alla pena di due mesi di arresto ed euro 7.500 di ammenda quale colpevole dei seguenti reati:
a) art. 20 lett. c) legge 47/1985 per aver realizzato senza la prescritta concessione edilizia, in zona sottoposta a vincolo paesaggistico, un locale di mq. 38,50 in ampliamento di un precedente immobile abusivo, adibito ad autoscuola;
b) artt. 2, 13, 4 e 15 legge 1086/1971 per aver realizzato l'opera predetta con strutture in cemento armato senza progetto esecutivo, senza previa denunzia al Genio civile e senza la direzione dei lavori da parte di un tecnico abilitato;
e) artt. 151 e 163 D.Lgs. 490/1999 per aver eseguito l'opera predetta in zona sottoposta a vincolo paesaggistico ambientale senza la prescritta autorizzazione dell'autorità tutoria: accertati in Procida l'11.6.2001.
2 - L'imputato ha proposto ricorso per cassazione, col ministero dei suoi difensori, denunciando in sostanza tre motivi a sostegno.
Col primo denuncia erronea interpretazione e applicazione dell'art. 32, commi 26 e 27 del D.L. 269/2003, giacché la corte napoletana ha illegittimamente ritenuto che gli interventi in zona vincolata diversi dalle tipologie 4, 5 e 6 (restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria) non sono suscettibili di sanatoria edilizia.
Col secondo motivo il ricorrente lamenta violazione ed erronea applicazione del predetto art. 32, comma 25, in relazione all'art. 44 legge 47/1985, giacché i giudici di merito hanno omesso di sospendere il processo penale fino alla data prevista come termine per presentare domanda di sanatoria edilizia (10.12.2004), come imposto dalla legge.
Infine col terzo motivo il ricorso denunzia violazione o erronea applicazione dell'art. 6 legge 47/1985, nonché vizio di motivazione sul punto, giacché entrambi i giudici di merito hanno ritenuto la colpevolezza dell'imputato in quanto proprietario dell'immobile, senza alcuna prova che fosse anche committente dei lavori abusivi.
Si chiede pertanto l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata con assoluzione dell'imputato perché il fatto non è previsto come reato o, in subordine, per non aver commesso il fatto.
Con memoria scritta successiva il difensore insiste con articolata argomentazione sulla necessità della sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 38 legge 47/1985 e dell'art. 32, commi 26 e 27 del D.L. 269/2003.
Motivi della decisione
3 - I primi due motivi di ricorso, così come ulteriormente articolati nella memoria aggiuntiva, sono logicamente connessi e vanno trattati congiuntamente. Vanno però disattesi, giacché il processo penale non poteva essere sospeso, considerato che le opere abusive de quibus non erano suscettibili di sanatoria sotto vari profili.
3.1 - In primo luogo, secondo la costante prassi giurisprudenziale di questa sezione, non possono essere sanate le opere abusive che consistono - come nel caso di specie - in ampliamenti di preesistenti edifici abusivi non condonati. E ciò in considerazione della natura unitaria del manufatto che può essere recuperato attraverso la sanatoria urbanistica: è contro tale unitaria natura sanare opere di ampliamento senza sanare l'edificio principale a cui dette opere accedono.
Si consideri poi che le opere contestate al Battinelli ampliavano un edificio commerciale, destinato ad autoscuola, e che il recente "condono edilizio" di cui all'art. 32 D.L. 269/2002 consente la sanatoria solo di nuove costruzioni residenziali oppure di semplici ampliamenti di edifici non residenziali non superiori al 30 per cento della volumetria orginaria o comunque non superiore a 750 mc.. Ne deriva per il caso di specie che, secondo questa disciplina, non è possibile la sanatoria dell'edificio orginario, perché adibito a scopi non residenziali.
4 - In secondo luogo, come ha sempre ritenuto la giurisprudenza di questa sezione, anche se con motivazioni differenti, il D.L. 30.9.2003 n. 269, convertito in legge 24.11.2003 n. 326, in relazione alle opere realizzate senza titolo abilitativo su immobili soggetti a vincolo:
1) ai sensi dell'art. 32, comma 26, lett. a), consente la sanatoria solo delle opere di restauro, risanamento conservativo e manutenzione straordinaria (tipologie 4, 5 e 6 dell'Allegato 1); per conseguenza, non prevede la sanatoria delle altre opere, conformi o non conformi alle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici (tipolgie 1, 2 e 3 dell'Allegato 1);
2) ai sensi dell'art. 32, comma 27, lett. d), non consente la sanatoria neppure delle opere di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, quando si tratti di immobili soggetti a vincoli imposti, prima della realizzazione delle opere, da leggi statali o regionali a tutela di interessi idrogeologici, di interessi ambientali o paesaggistici, nonché di parchi e aree protette;
3) ai sensi dell'art. 32, comma 27 lett. e), non consente la sanatoria neppure delle opere di restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, quando siano realizzate su immobili dichiarati monumento nazionale o di interesse particolarmente rilevante.
4.1 - In tutti questi casi, difettando "tipicamente" la sanabilità delle opere, ovverosia mancando il presupposto legale della sanatoria, non si può far luogo alla sospensione c.d. automatica del processo prevista dall'art. 44, e neppure a quella prevista dall'art. 38 della legge 47/1985.
Siccome la ratio della sospensione del processo penale è quella di consentire l'esaurimento della procedura amministrativa del condono (iniziata o soltanto possibile), in considerazione degli effetti che possono derivarne sulla sentenza del giudice penale, la sospensione non ha senso quando l'opera non è per legge sanabile e quindi l'esaurimento della procedura amministrativa non può avere effetti sull'esito del processo penale.
Proprio perché la sanabilità delle opere è il presupposto implicito di entrambe le sospensioni processuali (ex art. 44 o art. 38), si comprende per quale ragione anche dopo la presentazione di una domanda di sanatoria e il pagamento della prima rata di oblazione il giudice non è obbligato a sospendere il processo anche nel caso in cui le opere non sono astrattamente sanabili.
4.2 - A questa conclusione non osta la norma di cui all'art. 39 legge 47/1985, richiamata in via generale dall'art. 32, comma 25, legge 326/2003.
Secondo detta norma, il pagamento dell'oblazione, qualora le opere non possano conseguire la sanatoria, estingue i reati contravvenzionali di cui all'art. 38 della stessa legge 47/1985. Ma - come ha ben spiegato Cass. Sez. III, del 20.11.1997, ud. 15.10.1997, P.M. in proc. Mazzola, ampiamente riportata nella memoria del difensore - essa riguarda gli effetti penali e non quelli urbanistici della procedura di oblazione; e soprattutto attiene alla possibilità che un'opera astrattamente condonabile non ottenga concretamente la sanatoria, ad esempio per difetto dei requisiti soggettivi di cui al comma 29 dell'art. 32 legge 326/2003 (non aver riportato condanna definitiva per uno dei delitti di cui agli artt. 416 bis, 648 bis e 648 ter c.p.) o per mancanza di una delle condizioni oggettive imposte dal comma 37 dello stesso art. 32 (pagamento degli oneri di concessione, presentazione della prescritta documentazione sull'edificio abusivo, denuncia in catasto, denuncia ai fini dell'I.C.I., e - ove dovute - denunce ai fini della tassa per lo smaltimento dei r.s.u. e ai fini dell'occupazione del suolo pubblico).
La norma, invece, non riguarda - ad avviso di questo collegio - le diverse ipotesi in cui la sanatoria è "tipicamente" esclusa dal legislatore.
In altri termini, la disposizione dell'art. 39, col suo effetto di estinzione dei reati, si applica quando è stata avanzata domanda di sanatoria per un'opera astrattamente sanabile, e la sanatoria non è stata conseguita per difetto di condizioni soggettive od oggettive; non si applica, invece, quando le opere non sono sanabili neppure astrattamente, anche se è stata presentata la relativa domanda ed è stata versata l'oblazione autodeterminata.
4.3 - Per tutte queste ragioni, si deve concludere che nel caso di specie:
a) anche le opere di mero ampliamento dell'edificio commerciale preesistente non potevano essere sanate, perché non configurabili come restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria, e perché realizzate su immobile soggetto a vincolo paesaggistico, restando quindi escluse dal condono sia ai sensi del comma 26 lett. a), sia ai sensi del comma 27 lett. d) del più volte citato art. 32;
b) legittimamente la sentenza impugnata non ha disposto la sospensione del processo ex art. 44 legge 47/1985.
5 - Anche il terzo e ultimo motivo è infondato e va respinto.
La corte di merito ha confermato la responsabilità dell'imputato non solo perché era proprietario dell'immobile, ma anche perché ne aveva la disponibilità, in quanto gestiva nei relativi locali un'autoscuola (nell'edificio originario) e un autosalone (nel manufatto aggiunto).
6 - Il ricorso va pertanto respinto. Consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Considerato il contenuto dell'impugnazione, non si ritiene di irrogare anche la sanzione pecuniaria a favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
la corte suprema di cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 24.11.2005.