TAR Abruzzo, Sez. I n. 788 del 20 novembre 2012
Urbanistica. Nozione di parete finestrata ex art. 9 D.M. 1444/1968.
Per “pareti finestrate", ai sensi dell’art. 9 del D.M. 2 aprile 1968 n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non solo le pareti munite di vedute, ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l`esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce), bastando altresì che sia finestrata anche la sola parete che subisce l’illegittimo avvicinamento. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 00788/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00713/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 713 del 2011, proposto da:
Barbara Pisciella, rappresentata e difesa dagli avv. Cesidio Gualtieri, Antonino Macera, con domicilio eletto presso Cesidio Avv. Gualtieri in L'Aquila, via Luigi di Natale, 6;
contro
Comune di Roseto degli Abruzzi in Persona del Sindaco P.T.;
nei confronti di
Emidio Braca, Mario Braca, Domenico Braca, Antonietta D'Eugenio, rappresentati e difesi dagli avv. Giulio De Carolis, Katiuscia Romano, con domicilio eletto presso Giulio Avv. De Carolis in L'Aquila, via degli Orsini N. 21; Arch. Lorenzo Patacchini Dirigente dell'Ufficio Tecnico del Comune di Roseto;
per l'annullamento
del permesso di costruire in variante n. 184 del 19/08/2011 con il quale e' stata assentita la realizzazione di una nuova parete finestrata nell'ambito dei lavori di ristrutturazione e sovraelevazione di un edificio monopiano.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Emidio Braca e di Mario Braca e di Domenico Braca e di Antonietta D'Eugenio;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 il dott. Paolo Passoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso principale, la sig.ra Barbara Piscella (proprietaria di una porzione di bene originariamente unito, mediante unico immobile, alla porzione di proprietà dei controinteressati) ha impugnato il permesso di costruire in variante rilasciato ai signori Braca e D’Eugenio, lamentando che, dopo il permesso di costruire per la ristrutturazione e sopraelevazione di un edificio monopiano, il gravato titolo in variante aveva assentito l’eliminazione di un vano scala a confine con la proprietà Pisciella e la realizzazione di una nuova parete finestrata al primo piano, in violazione degli artt. 5 e 22 lett. a) delle NN.TT.AA. del PRG del comune di Roseto, nonché dell’art. 9 del D.M. 1444/68 (distanza inferiore a ml. 5 dal confine ed a ml. 10 dall’edificio della ricorrente).
I sigg.ri Braca e D’Eugenio, dopo essersi costituiti in giudizio, hanno a loro volta impugnato con ricorso incidentale il permesso di costruire in variante n. 272 del 2010 rilasciato alla sig.ra Pisciella dal Comune di Roseto degli Abruzzi, per contrarietà di quel titolo edilizio all’art. 9 del D.M. 1444/1968 (opere assentite in sanatoria a ridosso della porta del sottotetto di loro proprietà); l’impugnativa incidentale è stata altresì estesa, per tuziorismo, anche al presupposto permesso n. 72 del 1.4.2010, che tuttavia, a quanto pare, non contemplava gli interventi che l’odierna ricorrente principale avrebbe invece a suo tempo attuato de facto, proprio in difformità da tale permesso 72/10 (tanto da aver chiesto la sanatoria, poi accordata per l’appunto con il contestato permesso n. 272/10).
Secondo i proponenti controinteressati, l’auspicato accoglimento del gravame incidentale determinerebbe inoltre la declaratoria di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso principale, così da rivestire portata dirimente sulla soluzione della complessa vertenza.
Con successive memorie, la sig.ra Pisciella ha replicato, sostenendo peraltro l’inammissibilità del ricorso incidentale per contrasto con l’art. 42 CPA, mentre con ordinanza n. 184/11 e n. 30/2012 questo tar ha disatteso rispettivamente l’istanza incidentale di sospensiva, nonché la successiva istanza di revoca dell’ordinanza 184/11.
Non si è invece costituito in giudizio il Comune di Roseto degli Abruzzi.
Dopo ampia discussione orale dei costituiti patroni nel corso della pubblica udienza del 7.11.12, la causa è stata infine trattenuta a sentenza.
DIRITTO
Ad avviso del Collegio, occorre dare prioritario scrutinio al ricorso incidentale, secondo quanto diffusamente argomentato dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 4/11 (pur con salvezza di quanto intenderà statuire in materia il giudice comunitario, investito da Tar Piemonte, sezione II, ordinanza 9/12), e ciò con specifico riguardo al fatto che tale controimpugnativa –mirata a paralizzare l’avversa pretesa, per determinare una sorta di inammissibilità (od improcedibilità) del ricorso principale per difetto di interesse- costituisce uno strumento idoneo ad introdurre in giudizio una questione di carattere pregiudiziale, da esaminare con priorità logica e cronologica rispetto al merito della domanda principale.
Va peraltro dato conto di una abile eccezione di inammissibilità del gravame incidentale, ritenuto -dal patrono della ricorrente principale- privo dei requisiti statuiti dall’art. 42 CPA; si assume infatti che –al contrario di quanto prescritto nella citata norma codicistica- in questo caso l’interesse alla controimpugnativa non sarebbe affatto sorto in dipendenza della domanda proposta in via principale, perché “persino ammettendo (…) che i permessi di costruire rilasciati alla sig.ra Pisciella fossero illegittimi, l’interesse alla proposizione della relativa domanda si pone in via autonoma, in quanto non derivante dall’impugnazione principale, atteso il difetto di ogni rapporto di sopraordinazione o di presupposizione con i permessi di costruire rilasciati alla sig.ra Pisciella”; in ogni caso l’impugnativa dei sigg.ri Braca e D’Eugenio (oltre che irrituale) sarebbe fatalmente tardiva, trattandosi di titoli edilizi rilasciati al ricorrente fin dal 2010 (cfr. da ultimo memoria conclusionale del 2.10.12).
Tale assunto finisce per delimitare l’ammissibilità del rimedio contro-impugnatorio ex art. 42 CPA solo nei confronti di provvedimenti che beneficiano il ricorrente principale, senza tuttavia ledere in modo autonomo anche posizioni giuridiche soggettive del controinteressato (perché altrimenti si assume che diversa sarebbe la sede processuale per contrastarli, vale a dire l’azione diretta di annullamento, nei modi e nei termini di cui all’art. 29 CPA); ed in ogni caso, qualsiasi ammissibilità sarebbe esclusa –anche a prescindere dall’improprio utilizzo del rimedio incidentale- allorquando la controimpugnativa riguardi atti per i quali risulti ormai spirato il termine di decadenza.
Ritiene tuttavia il collegio che nel caso in cui (come nella vertenza di specie) il provvedimento oggetto del ricorso incidentale presenti, per il controinteressato, un’autonoma capacità lesiva che quest’ultimo non ha a suo tempo fatto valere nei termini con una impugnativa principale, non per ciò solo (lesione non meramente occasionata e derivata dal ricorso principale) il rimedio può ritenersi irrituale e/o tardivo, sempre che il ricorrente incidentale –in linea con i principi dell’istituto azionato- intenda prescindere dall’annullamento dell’atto da egli gravato (senza invocare quindi il ripristino della situazione giuridica e fattuale che ne precedeva l’adozione), ma si limiti invece a chiedere e dimostrare, dall’auspicato scrutinio di illegittimità del provvedimento gravato nella sede incidentale, un più semplice effetto inibitorio della pretesa principale (quand’anche fondata), con esatta invarianza dello status quo ante.
Per vagliare l’ammissibilità del rimedio proposto dal controinteressato, occorre allora indagare se l’impugnativa del provvedimento (autonomamente lesivo) nella sola sede incidentale, sia astrattamente in grado (fatta salva ogni eventuale e successiva verifica di merito) di recare comunque le utilità proprie dell’istituto ex art. 42 CPA, generando l’auspicata inammissibilità del gravame principale, per carenza di interesse.
Nel caso di specie, con il ricorso incidentale i controinteressati –lungi dal chiedere l’annullamento dei permessi di costruire rilasciati alla ricorrente principale e/o il ripristino delle distanze di legge che tali permessi avrebbero violato- hanno invece dedotto che la pretesa principale risulterebbe basata su di una posizione di vantaggio originata da quei permessi edilizi contro-impugnati che si assumono illegittimi, così che una volta riconosciuta l’invalidità di detti titoli, questi ultimi non potrebbero più rappresentare il presupposto fondante dell’azione giudiziaria intrapresa.
Più specificamente, la ricorrente principale deduce che il permesso rilasciato ai controinteressati avrebbe consentito l’edificazione di nuove pareti finestrate a distanze inferiori rispetto a quelle di legge, mentre i controinteressati lamentano a loro volta che proprio l’edificazione autorizzata al ricorrente avrebbe in origine determinato la violazione di distanze minime rispetto alla confinante porta del sottotetto; così che la stessa ricorrente, profittando dei permessi illegittimi che le avrebbero consentito di edificare oltre le distanze minime, avrebbe poi preteso di censurare il mancato altrui rispetto delle distanze, computate proprio dal suo manufatto illegittimamente “avvicinato” ai confini della proprietà dei ricorrenti incidentali.
Emerge pertanto che la causa petendi del ricorso incidentale risulta correttamente confinato nei limiti di unaeccezione impugnatoria (mirata a paralizzare la pretesa altrui), e non di una vera e propria azione impugnatoria (in quanto tale, tardiva), preordinata ad ottenere utilità caducatorie e conformative, ormai precluse dal consolidamento degli atti gravati.
Può pertanto concludersi sul punto, nel senso della ravvisata ammissibilità del proposto ricorso incidentale.
Quest’ultimo risulta peraltro anche fondato nel merito.
Come esposto in precedenza, la pretesa della ricorrente principale mira ad ottenere l’annullamento del permesso in variante n. 184 del 19.8.11, con cui i controinteressati sarebbero stati illegittimamente autorizzati ad aprire (nell’ambito della ristrutturazione e sopraelevazione del loro edificio monopiano) una nuova parete finestrata con distanze inferiori a quelle legali, rispetto ai confini ed all’immobile di appartenenza della ricorrente stessa.
Come in precedenza esposto, i ricorrenti incidentali hanno tuttavia efficacemente dedotto la preesistenza di una porta sulla parete del loro sottotetto, che avrebbe dovuto a sua volta postulare l’osservanza di dovute distanze da parte del proprietario confinante (vale a dire l’odierna ricorrente principale); distanze che invece i permessi a costruire rilasciati nel 2010 a tale ricorrente non hanno rispettato, come comprovato e dedotto nel ricorso incidentale con documentazione, in sé considerata, né contestata né disconosciuta da controparte (cfr. verbale di sopralluogo del 7.5.2010, varie fotografie prodotte, oltre che risultanze giudiziarie di una vertenza per distanze dai confini ancora pendente presso l’AGO, in specie ordinanze del Tribunale di Atri del 28.6.10 e del 15.9.10).
Anzi, la stessa ricorrente principale ha espressamente riconosciuto la preesistenza della porta, sia pure allo scopo di dimostrare che la parete finestrata autorizzata con il permesso impugnato in via principale sarebbe per l’appunto un’opera nuova, diversa dalla vecchia porta. In particolare alla pag. 4 della memoria del 18.1.2012, si afferma testualmente che “negli atti acquisiti e segnatamente nelle fotografie esibite da Controparte, la pretesa preesistenza altro non era che una porta…”.
Deve tuttavia rilevarsi che, per il vaglio di fondatezza del ricorso incidentale, basta fermarsi al dirimente accertamento storico di una porta che (indipendentemente se ora sostituita o da sostituire con una nuova finestra) preesisteva sulla parete dei controinteressati allorquando il ricorrente principale è stato (illegittimamente) autorizzato a realizzare opere edilizie, in violazione delle distanze legali.
Come correttamente evidenziato dal patrono incidentale, infatti, per “pareti finestrate", ai sensi dell`art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano, devono intendersi, non solo le pareti munite di "vedute", ma più in generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l`esterno, quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce), bastando altresì che sia finestrata anche la sola parete che subisce l’illegittimo avvicinamento (cfr. Tar Lombardia -MI- n. 1419/11, Tar Piemonte 2565/08, T.A.R. Toscana, Sez. III, 4 dicembre 2001, n. 1734).
Pertanto, la circostanza accertata in giudizio di una edificazione ad eccessivo ridosso della confinante parete finestrata (nel caso di specie, porta del sottotetto) ha a suo tempo postulato la violazione della normativa inderogabile sulle distanze di cui al DM 1444/68, con conseguente illegittimità del permesso di costruire rilasciato in snaatoria alla ricorrente principale.
Diversa ed ulteriore questione dibattuta fra le parti riguarda –come prima accennato- il fatto se l’apertura di cui al permesso di costruire 184/11, impugnato in via principale, rappresenti null’altro che il “mantenimento” della parete finestrata esistente” (tesi dei controinteressati), oppure rappresenti una nuova opera edilizia, ormai svincolata dalla porta preesistente (tesi della ricorrente principale).
Ma tale profilo attiene in realtà alla fondatezza del gravame principale, perché, in caso di effettiva novità dell’opera, l’intervento autorizzato con il permesso in variante 184/11 avrebbe dovuto essere a sua volta subordinato al regime delle distanze minime ex D.M. 1444/1968 (al contrario dell’ipotesi di preesistenza); ciò non di meno, tale aspetto della controversia rimane assorbito dalla acclarata fondatezza del ricorso incidentale, alla luce della dirimente violazione delle distanze (dalla porta del sottotetto confinante) operata dal permesso di costruire in variante n. 272 del 20.12.2010 rilasciato al ricorrente principale.
Resta invece, ovviamente, privo di rilievo nella presente vertenza il diverso ricorso per denuncia di nuova opera (che pende avanti all’AGO di Atri), azionato fin dal 18.6.2010 dagli odierni controinteressati per far valere l’illiceità del fabbricato, realizzato dall’odierna ricorrente principale -prima ancora del permesso poi ottenuto in sanatoria- a meno di dieci metri dalla originaria parete finestrata del sottotetto degli stessi ricorrenti incidentali.
In conclusione, va dichiarata la fondatezza del ricorso incidentale, e per l’effetto il ricorso principale si palesa inammissibile per difetto di interesse, nei sensi in precedenza diffusamente illustrati.
Sussistono ragioni per compensare le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima) definitivamente pronunciandosi sulla vertenza in epigrafe, accoglie il ricorso incidentale e per l’effetto dichiara inammissibile il ricorso principale, per carenza di interesse;
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Saverio Corasaniti, Presidente
Paolo Passoni, Consigliere, Estensore
Alberto Tramaglini, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/11/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)