Cass. Sez. III n.45157 del 9 novembre 2023 (PU 27 giu 2023)
Pres. Andreazza Est. Macrì Ric.PM in proc. Caltran
Caccia e animali.Nozione di esemplare nella legge 150 del 1992
Ai sensi della L. 7 febbraio 1992, n. 150 l' "esemplare", oggetto di tutela penale, non è soltanto qualsiasi animale o pianta, vivo o morto, delle specie elencate nelle appendici I, II e III della convenzione di Washington, nell'allegato B e nell'allegato C, parte 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 3626/82 (e successive modd. ed integr.), ma anche qualsiasi parte o prodotto, facilmente identificabile, ottenuto a partire da animali o piante di queste stesse specie, nonché qualsiasi altra merce, se da un documento giustificativo, ovvero dall'imballaggio, dal marchio o dall'etichetta, o da qualsiasi altra circostanza, risulti trattarsi di parti o prodotti di animali o di piante appartenenti a queste stesse specie.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza in data 9 settembre 2020, in esito alla richiesta di definizione del processo con l’applicazione concordata della pena, il Giudice monocratico del Tribunale di Firenze ha assolto Agostino Caltran dal reato di cui agli art. 81 cpv, 110 cod. pen. e 1, comma 1, lett. f), l. n. 150 del 1992, per avere, in concorso con persone ignote, messo in vendita due oggetti di avorio, senza la prescritta documentazione CITES, in Firenze il 27 giugno 2018.
2. In data 2 ottobre 2020 il Pubblico ministero presso il Tribunale di Firenze presenta tempestivo atto di appello articolato in quattro motivi.
Con il primo deduce la violazione di legge per errata valutazione delle prove. Il Giudice aveva assolto l’imputato senza verificare quando e come si sarebbe procurato gli oggetti di avorio e, soprattutto, senza munirsi della certificazione CITES prima della vendita.
Con il secondo lamenta l’erronea interpretazione e applicazione degli art. 1 e ss. della legge n. 150 del 1992, perché i beni derivanti da specie protette erano da considerarsi registrati e potevano essere venduti solo seguendo una determinata procedura.
Con il terzo eccepisce l’erronea interpretazione e applicazione della legge n. 150 del 1992 perché era definito “esemplare” qualsiasi parte o prodotto facilmente identificabile, ottenuto a partire da animali o piante di queste stesse specie, nonché qualsiasi altra merce, se da un documento giustificativo, ovvero dall’imballaggio, dal marchio o dall’etichetta, o da qualsiasi altra circostanza, risultava trattarsi di parti o prodotti di animali o di piante appartenenti a quelle stesse specie.
Con il quarto denuncia la violazione di legge perché il Giudice aveva mal applicato il principio di diritto affermato nel precedente giurisprudenziale di questa Sezione, n. 31930 del 2017, al caso in esame in cui gli oggetti di avorio non erano personali e potevano essere commerciati dal proprietario, come avvenuto nel 2018.
Con ordinanza in data 2 marzo 2023 la Corte di appello di Firenze ha trasmesso l’atto di appello del Pubblico ministero alla Corte di cassazione, essendo impugnata una sentenza inappellabile.
Il PG nella sua requisitoria ha condiviso l’interpretazione normativa che ha fondato la pronuncia di assoluzione e il difensore dell’imputato si è associato
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso del Pubblico ministero è fondato.
4. Il Giudice ha accertato che l’imputato aveva consegnato a una nota casa d’asta fiorentina due oggetti in avorio indicati nel mandato a vendere come una “coppia di sigilli a forma di drago, di cui uno con rotture” e una “teiera con beccuccio e riserve a forma di drago”. Mentre il primo oggetto era sicuramente d’avorio, per il secondo non era stata specificata la composizione. Tuttavia, il Giudice ha concluso che, pur a voler ritenere anche il secondo oggetto di avorio, in ogni caso, si trattava di oggetti di uso personale, per cui la vendita, senza le certificazioni necessarie, integrava un illecito amministrativo e non un illecito penale. Secondo l’interpretazione del Giudice, che ha richiamato a sostegno della propria tesi la sentenza della Sez. 3, n. 31930 del 30 gennaio 2017, Mondelci, non massimata, l’oggetto, quando personale, non può mai essere considerato “esemplare”, ai sensi e per gli effetti della legge n. 150 del 1992.
Il Pubblico ministero ricorrente ha criticato la lettura delle norme e ha sostenuto che anche l’oggetto personale può essere un “esemplare”.
5. L’art. 1, comma 1, legge n. 150 del 1992, recante la “Disciplina dei reati relativi all'applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in via di estinzione, firmata a Washington il 3 marzo 1973, di cui alla legge 19 dicembre 1975, n. 874, e del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione e la detenzione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l'incolumità pubblica” stabilisce che “Salvo che il fatto costituisca piu' grave reato, e' punito con l'arresto da sei mesi a due anni e con l'ammenda da euro quindicimila a euro centocinquantamila chiunque, in violazione di quanto previsto dal Regolamento (CE) n. 338/97 del Consiglio del 9 dicembre 1996, e successive attuazioni e modificazioni, per gli esemplari appartenenti alle specie elencate nell'allegato A del Regolamento medesimo e successive modificazioni: […] lett. f) detiene, utilizza per scopi di lucro, acquista, vende, espone o detiene per la vendita o per fini commerciali, offre in vendita o comunque cede esemplari senza la prescritta documentazione”.
Il successivo art. 8-sexies definisce alla lett. b), come esemplare, “Qualsiasi animale o pianta, vivo o morto, delle specie elencate nelle appendici I, II e III della convenzione di Washington, nell'allegato B e nell'allegato C, parte 1 e 2, del regolamento (CEE) n. 3626/82, e successive modificazioni ed integrazioni, qualsiasi parte o prodotto, facilmente identificabile, ottenuto a partire da animali o piante di queste stesse specie, nonche' qualsiasi altra merce, se da un documento giustificativo, ovvero dall'imballaggio, dal marchio o dall'etichetta o da qualsiasi altra circostanza risulti trattarsi di parti o prodotti di animali o di piante appartenenti a queste stesse specie”.
Siccome sia la loxodonta (cioè l’elefante africano) che l’elephas maximus (cioè l’elefante indiano) sono contemplati negli allegati I e II della Convenzione di Washington, qualsiasi parte o prodotto da essi derivati, e quindi anche l’avorio, rientra nella prescrizione normativa. In altri termini, l’avorio, che deriva dalle zanne dell’elefante africano o indiano, è certamente un “esemplare”, secondo la definizione appena enunciata. Pertanto, la vendita dell’avorio è vietata ed è punita dall’art. 1, lett. f), legge n. 150 del 1992, come correttamente indicato nel capo d’imputazione.
Ben vero, questi elefanti sono contemplati nell’allegato A) del Regolamento europeo (originariamente dal Regolamento CEE 36261 del 1982, sostituito dal Regolamento CE n. 338 del 1997, successivamente modificato dal Regolamento CE n. 865 del 2016 come precisato documento di orientamento sulla disciplina UE relativa agli scambi di avorio (2021/C 528/03) pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale C528 del 30/12/2021), ma non deve fuorviare tale circostanza, né quella per cui la lett. b) dell’art. 8-sexies definisce come “esemplare” quello contenuto negli allegati B) e C), parti 1 e 2 del Regolamento europeo, mentre la lett. c) definisce come “oggetto ad uso personale o domestico” quello contenuto nell’allegato A), tabelle I, II e III e nell’allegato C), parti 1 e 2, del Regolamento. Invero, a parte la comunanza nelle due definizioni agli elementi di fauna e flora contenuti nell’allegato C), è decisivo il fatto che gli elefanti sono contemplati negli allegati I e II della Convenzione di Washington cui fa rinvio la nozione di “esemplare”.
In definitiva, la disciplina penale è contenuta, per quanto qui d’interesse, nell’art. art. 1, comma 1, lett. f), che è relativo agli esemplari dell’allegato A) del Regolamento europeo, secondo la definizione dell’art. 8-sexies, lett. b), legge n. 150 del 1992, che individua come “esemplari”, come detto, non solo quelli dell’allegato B) e dell’allegato C), ma anche quelli degli allegati I, II e III della Convenzione di Washington.
Tale lettura normativa è confortata dal precedente di questa Sezione n. 23972 del 25/05/2011, Sylla, Rv. 250486-01, secondo cui dalla lettura delle norme emerge chiaramente che rimane esclusa dalla sanzione penale soltanto la detenzione di esemplari (intendendosi per tali anche i prodotti derivati) per uso personale o domestico. Debbono, quindi, perché possa applicarsi la sanzione amministrativa di cui alla L. n. 150 del 1992, art.2, comma 3 e non quella penale di cui al comma 1), ricorrere le seguenti condizioni: 1) deve trattarsi di un prodotto derivato destinato ad uso personale o domestico; 2) deve appartenere ad una persona fisica; c) non deve essere posto in vendita o comunque destinato al commercio (così in mot.).
Al contrario, gli art. 5 e 5-bis invocati dal Giudice, a sostegno della tesi dell’illecito amministrativo, riguardano ipotesi diverse, da una parte, della “sanatoria” per gli esemplari posseduti in data anteriore all’entrata in vigore della legge la cui detenzione va regolarizzata entro novanta giorni dall’entrata in vigore, dall’altra, per la detenzione, l’importazione e la riesportazione di esemplari, previa marcatura CITES, nonché per la relativa commercializzazione, laddove ammessa.
Più precisamente, ai sensi dell’art. 5-bis, comma 1, i soggetti che devono fare la denuncia in seguito all’entrata in vigore della legge, sono esonerati da questa denuncia, quando l’esemplare sia indicato nell’allegato A, tabella I, e nell’allegato C, parte 1, e sia classificato come oggetto a uso personale o domestico. Tuttavia, questo tipo di esemplari non può essere commercializzato od offerto in vendita o esposto in vendita, salva la previa denuncia con le modalita' previste dall'articolo 5, comma 1, ai fini della verifica della regolarita' dell'importazione a suo tempo avvenuta secondo le norme previste dalla convenzione di Washington. Si tratta quindi di disciplina eterogenea rispetto al caso in esame, in cui rileva la nozione di oggetto a uso personale o domestico nell’accezione dell’art. 8-sexies.
Il precedente di questa Sezione n. 31930 del 2017 è stato mal citato dal Giudice del Tribunale di Firenze perché aveva oggetto un pianoforte con i tasti d’avorio posseduto in data anteriore alla Convenzione di Washington e commercializzato successivamente, per cui la Corte di cassazione ha ritenuto applicabile il meccanismo transitorio degli art. 5 e 5-bis ora esposto.
Alla luce delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va quindi annullata con rinvio al Giudice del Tribunale di Firenze in diversa persona fisica, per nuovo esame sul punto
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Firenze in diversa persona fisica
Così deciso, il 27 giugno 2023