TRIBUNALE DI PRIMO GRADO DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione), sent. 19 novembre 2009

«Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva disclorvos – Non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE– Procedura di valutazione – Parere di un gruppo scientifico dell’AESA – Eccezione di illegittimità – Art. 20 del regolamento (CE) n. 1490/2002– Presentazione di nuovi studi e dati nel corso della procedura di valutazione – Art. 8 del regolamento (CE) n. 451/2000– Art. 28, n. 1, del regolamento (CE) n. 178/2002– Legittimo affidamento – Proporzionalità – Parità di trattamento – Principio di buona amministrazione – Diritti della difesa – Principio di sussidiarietà – Art. 95, n. 3, CE, art. 4, n. 1, e art. 5, n. 1, della direttiva 91/414»
SENTENZA DEL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

19 novembre 2009

«Prodotti fitosanitari – Sostanza attiva disclorvos – Non iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE– Procedura di valutazione – Parere di un gruppo scientifico dell’AESA – Eccezione di illegittimità – Art. 20 del regolamento (CE) n. 1490/2002– Presentazione di nuovi studi e dati nel corso della procedura di valutazione – Art. 8 del regolamento (CE) n. 451/2000– Art. 28, n. 1, del regolamento (CE) n. 178/2002– Legittimo affidamento – Proporzionalità – Parità di trattamento – Principio di buona amministrazione – Diritti della difesa – Principio di sussidiarietà – Art. 95, n. 3, CE, art. 4, n. 1, e art. 5, n. 1, della direttiva 91/414»

Nella causa T‑334/07,

Denka International BV, con sede in Barneveld (Paesi Bassi), rappresentata dagli avv.ti C. Mereu e K. Van Maldegem,

ricorrente,

contro

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. B. Doherty e L. Parpala, in qualità di agenti,

convenuta,

avente ad oggetto la domanda di annullamento della decisione della Commissione 6 giugno 2007, 2007/387/CE, concernente la non iscrizione del disclorvos nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e la revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza (GU L 145, pag. 16),

IL TRIBUNALE DI PRIMO GRADO
DELLE COMUNITÀ EUROPEE (Seconda Sezione),

composto dalle sig.re I. Pelikánová, presidente, K. Jürimäe (relatore) e dal sig. S. Soldevila Fragoso, giudici,

cancelliere: sig.ra C. Kantza, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all\'udienza del 3 marzo 2009,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

Contesto normativo

Direttiva 91/414/CEE

1 La direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all\'immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (GU L 230, pag. 1), fissa il regime comunitario applicabile all’autorizzazione e alla revoca dell’autorizzazione dell’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari.

2 L’art. 4, n. 1, della direttiva 91/414 prevede che «[g]li Stati membri prescrivono che un prodotto fitosanitario possa essere autorizzato soltanto se (…) le sue sostanze attive sono elencate nell\'allegato I».

3 I requisiti necessari ai fini dell’iscrizione delle sostanze attive all’allegato I sono precisati dall’art. 5 della direttiva 91/414:

«1. In base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche una sostanza attiva viene iscritta nell\'allegato I per un periodo iniziale non superiore a dieci anni se si può supporre che prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva soddisfino alle seguenti condizioni:

a) che i loro residui derivanti da un\'applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbiano effetti nocivi sulla salute dell\'uomo o degli animali o sulle acque sotterranee né un influsso inaccettabile sull\'ambiente e che detti residui, se significativi dal punto di vista tossicologico o ambientale, possano essere misurati con metodi di applicazione corrente,

b) che il loro impiego derivante da un\'applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria non abbia effetti nocivi sulla salute dell\'uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull\'ambiente, come stabilito dall\'articolo 4, paragrafo 1, lettera b), punti iv) e v).

(…)».

4 L’art. 6, n. 1, della direttiva 91/414 così recita:

«L\'iscrizione di una sostanza attiva nell\'allegato I è decisa secondo la procedura prevista all\'articolo 19.

Secondo questa procedura si decidono parimenti:

– le condizioni eventualmente connesse a detta iscrizione;

(…)».

5 Le sostanze attive che non sono iscritte all’allegato I della direttiva 91/414 possono beneficiare, a determinate condizioni, di un regime derogatorio transitorio. Secondo l’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414, uno Stato membro poteva, durante un periodo di dodici anni a decorrere dalla notifica della direttiva stessa, autorizzare l\'immissione in commercio nel mercato interno di prodotti fitosanitari contenenti sostanze attive non elencate nell\'allegato I e che si trovavano già sul mercato due anni dopo la data della notifica della direttiva 94/914, vale a dire il 25 luglio 1993. La Commissione delle Comunità europee Commissione doveva avviare un programma di lavoro ai fini dell\'esame progressivo di tali sostanze attive. Successivamente, era possibile decidere se la sostanza attiva potesse essere o meno iscritta nell’allegato I della direttiva 91/414. Gli Stati membri dovevano garantire, a seconda dei casi, il rilascio, la revoca o la modifica delle relative autorizzazioni entro un termine prescritto.

6 Detto periodo di dodici anni è stato prorogato dall’art. 1 del regolamento (CE) della Commissione 12 agosto 2005, n. 1335, che modifica il regolamento (CE) n. 2076/2002 e le decisioni 2002/928/CE, 2004/129/CE, 2004/140/CE, 2004/247/CE e 2005/303/CE per quanto riguarda il periodo di tempo di cui all’articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e il mantenimento dell’impiego di alcune sostanze non iscritte nell’allegato I della suddetta direttiva (GU L 211, pag. 6) fino al 30 settembre 2007 per le sostanze attive esaminate nel quadro della seconda fase di cui al regolamento della Commissione 28 febbraio 2000, n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all\'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414 (GU L 55, pag. 25).

Regolamento n. 451/2000

7 Il regolamento n. 451/2000, come modificato dal regolamento (CE) della Commissione 14 agosto 2002, n. 1490, che stabilisce le modalità attuative della terza fase del programma di lavoro di cui all\'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e che modifica il regolamento (CE) n. 451/2000 (GU L 224, pag. 23), disciplina la procedura di valutazione di diverse sostanze ai fini della loro eventuale iscrizione all’allegato I della direttiva 91/414. Il disclorvos è ricompreso tra tali sostanze.

8 La procedura istituita dal regolamento n. 451/2000 inizia con la notifica di interesse, prevista dal suo art. 4, n. 1, che, con riguardo al disclorvos, doveva essere inviata, entro e non oltre il 31 agosto 2000, allo Stato membro relatore (in prosieguo: lo «SMR») indicato all’allegato I del regolamento, vale a dire la Repubblica Italiana, dal produttore che intendesse ottenere l’iscrizione all’allegato I della direttiva 91/414.

9 Ai sensi dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 451/2000, spetta ad ogni soggetto notificante inviare allo SMR un fascicolo sintetico e un fascicolo completo, come definiti all’art. 6, nn. 2 e 3, del regolamento medesimo.

10 Il termine per la presentazione di tali fascicoli nonché delle informazioni pertinenti che possono contribuire alla valutazione delle sostanze attive è stato fissato al 30 aprile 2002, ai sensi del combinato disposto dell’art. 5, n. 4, lett. c) e d), del regolamento n. 451/2000 e dell’art. 2 del regolamento (CE) della Commissione 6 aprile 2001, n. 703, che determina le sostanze attive dei prodotti fitosanitari da sottoporre ad esame nel corso della seconda fase del programma di lavoro di cui all\'articolo 8, paragrafo 2, della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e che modifica l\'elenco degli Stati membri designati come relatori per tali sostanze (GU L 98, pag. 6).

11 A termini dell’art. 7, n. 1, del regolamento n. 451/2000, lo SMR è tenuto, entro sei mesi dal ricevimento di tutti i fascicoli su una sostanza attiva, a riferire alla Commissione in merito alla completezza dei fascicoli trasmessi. Per le sostanze attive oggetto di un fascicolo ritenuto completo, lo SMR procede alla valutazione del fascicolo.

12 La fase di valutazione delle sostanze attive, propriamente detta, è disciplinata dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000, come modificato dall’art. 20 del regolamento n. 1490/2002.

13 L’art. 8, n. 1, del regolamento n. 451/2000 così recita:

«Lo [SMR] effettua una valutazione e presenta una relazione soltanto in merito alle sostanze attive per le quali almeno un fascicolo è stato considerato completo (…). Esso invia all\'[Autorità europea per la sicurezza alimentare], quanto prima e comunque entro dodici mesi dalla data in cui il fascicolo è stato considerato completo, un progetto di relazione di valutazione del fascicolo stesso. (…).

Contestualmente lo [SMR] raccomanda alla Commissione:

– di iscrivere la sostanza attiva nell\'allegato I della direttiva [94/414], precisando le condizioni della sua iscrizione, oppure

– di non iscrivere la sostanza attiva nell\'allegato I della direttiva [94/414], precisandone i motivi.

(…)».

14 In tale fase della valutazione, l’art. 8, n. 2, del regolamento n. 451/2000, modificato, prevede che «[in linea di principio] non sarà ammessa la presentazione di nuovi studi», ma che « [lo SMR] può richiedere ai notificanti di presentare ulteriori dati per chiarire il fascicolo» e che «[i]n tal caso [lo SMR] deve precisare un termine entro cui le informazioni devono essere fornite».

15 Conformemente all’art. 8, n. 5, primo comma, del regolamento n. 451/2000, « l’[Autorità europea per la sicurezza alimentare] trasmette agli Stati membri il progetto di relazione di valutazione del relatore e può organizzare una consultazione di esperti, ivi inclusi quelli dello [SMR]». In tale fase della procedura, l’art. 8, n. 5, secondo comma, del regolamento n. 451/2000, modificato, precisa quanto segue:

«Fatte salve le disposizioni dell\'articolo 7 della direttiva [91/414], non sarà ammessa la presentazione di nuovi studi. Lo [SMR], previo accordo dell’[Autorità europea per la sicurezza alimentare], può richiedere ai notificanti di presentare, entro termini specificati, ulteriori dati che esso o l’[Autorità europea per la sicurezza alimentare] ritengono necessari per chiarire il fascicolo».

16 L’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000 così recita:

« L’[Autorità europea per la sicurezza alimentare] valuta il progetto di relazione di valutazione del relatore e comunica alla Commissione il proprio parere circa la possibile conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva [91/414], entro un anno dalla ricezione del progetto di relazione di valutazione dello [SMR]. Se del caso, l’[Autorità europea per la sicurezza alimentare] esprime il proprio parere circa le possibili opzioni che essa ritiene atte al soddisfacimento dei requisiti di sicurezza (…)».

17 L’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 prevede quanto segue:

«Entro i sei mesi successivi alla ricezione del parere dell’[Autorità europea per la sicurezza alimentare] di cui al paragrafo 7, la Commissione presenta un progetto di rapporto di riesame (…). [L]a Commissione sottopone al comitato:

a) un progetto di direttiva intesa ad iscrivere la sostanza attiva nell\'allegato I della direttiva [91/414], in cui sono specificate, ove del caso, le condizioni per l\'iscrizione stessa, ivi inclusa la scadenza; oppure

b) un progetto di decisione destinata agli Stati membri e intesa a revocare le autorizzazioni relative ai prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva, a norma dell\'articolo 8, paragrafo 2, quarto comma della direttiva [91/414] e, di conseguenza, a rifiutare l\'iscrizione della sostanza attiva nell\'allegato I della direttiva [91/414], precisandone i motivi.

(…)».

Regolamento (CE) n. 178/2002

18 L’art. 28, n. 1, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2002, n. 178, che stabilisce i principi e i requisiti generali della legislazione alimentare, istituisce l\'Autorità europea per la sicurezza alimentare e fissa procedure nel campo della sicurezza alimentare (GU L 31, pag. 1), dispone quanto segue:

«Il comitato scientifico e i gruppi permanenti di esperti scientifici formulano i pareri scientifici dell’[Autorità europea per la sicurezza alimentare], ciascuno entro la sfera delle rispettive competenze, compresa la possibilità di disporre, ove necessario, audizioni pubbliche».

Fatti

19 La ricorrente, la Denka International BV, è una società che commercia disclorvos e taluni prodotti fitosanitari a base di disclorvos.

20 Il disclorvos è una sostanza attiva utilizzata come insetticida organofosfato nei trattamenti in serra e successivamente alla raccolta nei depositi.

21 Il 20 aprile 2000, la ricorrente notificava alla Commissione il proprio intento di ottenere l’iscrizione del disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414.

22 Il 17 aprile 2002, la ricorrente depositava il proprio fascicolo allo SMR. Dopo aver chiesto precisazioni al riguardo, lo SMR riteneva, il 17 ottobre 2002, che il fascicolo fosse completo e procedeva alla sua valutazione, ai sensi dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000.

23 Il 20 ottobre 2003, lo SMR sottoponeva il suo progetto di relazione di valutazione (in prosieguo: il «PRV») all’Autorità europea per la sicurezza alimentare (AESA). Il PRV raccomandava di non iscrivere il disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414 sulla base del rilievo, principalmente, che mancavano numerosi dati.

24 Il 21 giugno 2004, il PRV veniva comunicato dall’AESA agli Stati membri e alla ricorrente. In esito a tale comunicazione, la ricorrente depositava, il 16 agosto 2004, una relazione di esperti concernente la tossicità cronica nonché le sue osservazioni in ordine al PRV. La comunicazione del PRV segnava l’inizio della procedimento chiamato «esame inter pares», quale previsto dall’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000.

25 In tale contesto, si svolgeva una riunione di valutazione, il 9 febbraio 2005, cui prendevano parte taluni rappresentanti degli Stati membri, l’AESA e la ricorrente.

26 Nel maggio 2005, lo SMR pubblicava un addendum al PRV tenendo conto, come stabilito nella riunione del 9 febbraio 2005, della relazione di esperti concernente la tossicità cronica nonché delle osservazioni degli Stati membri e della ricorrente. In tale addendum, lo SMR precisava che, malgrado i dati sottoposti dalla ricorrente, restavano aperte diverse questioni, in particolare con riguardo alla tossicità a lungo termine ed alla mutagenicità del disclorvos. In tale addendum, lo SMR manteneva la propria raccomandazione quanto alla non inscrizione del disclorvos all’allegato I alla direttiva 91/414.

27 Dal 27 giugno al 1° luglio 2005, aveva luogo una riunione dell’unità di coordinamento nell’ambito dell’esame collegiale dei pesticidi condotto dall’AESA (in prosieguo: l’«EPCO»), nel corso della quale veniva esaminata la tossicità del disclorvos. Durante tale riunione, l’EPCO non era in grado di giungere ad una conclusione definitiva, segnatamente con riguardo alla mutagenicità ed alla cancerogenicità del disclorvos. Conseguentemente, veniva deciso di sottoporre due quesiti ad uno dei gruppi scientifici dell’AESA, il gruppo scientifico sulla salute delle piante, dei prodotti fitosanitari e dei loro residui (in prosieguo: il «gruppo SPR»). In tal senso, l’EPCO chiedeva al gruppo SPR, da una parte, se fosse possibile individuare un meccanismo con il quale il disclorvos provochi tumori e di fissare il limite di esposizione necessaria prima della loro comparsa e, dall’altra parte, se i tumori osservati nei ratti e nei topi costituissero elementi rilevanti ai fini della valutazione degli effetti del disclorvos sulla salute umana.

28 Il 1° aprile 2006, il gruppo SPR emanava un parere, che veniva esaminato il 5 aprile 2006 nella riunione di valutazione definitiva del disclorvos tra i rappresentanti degli Stati membri e l’AESA.

29 Il 12 maggio 2006, l’AESA concludeva la propria relazione, intitolata «Conclusioni relative all’esame collegiale della valutazione dei rischi connessi alla sostanza attiva disclorvos utilizzata come pesticida» (in prosieguo: la «relazione dell’AESA») che veniva poi comunicata alla Commissione, ai sensi dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000.

30 Il 22 giugno 2006, la ricorrente presentava le proprie osservazioni sulla relazione dell’AESA.

31 La relazione dell’AESA e il parere del gruppo SPR venivano esaminati dagli Stati membri e dalla Commissione nel contesto del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali. Una prima riunione di tale comitato si svolgeva il 14 luglio 2006. Nell’ambito di una seconda riunione, organizzata il 28 e 29 settembre 2006, la Commissione redigeva la sua relazione di esame del disclorvos, in cui proponeva di non inscrivere tale sostanza all’allegato I della direttiva.

32 Il 6 giugno 2007, la Commissione ha adottato la decisione 2007/387/CE, concernente la non iscrizione del disclorvos nell’allegato I della direttiva 91/414/CEE del Consiglio e la revoca delle autorizzazioni di prodotti fitosanitari contenenti detta sostanza (GU L 145, pag. 16, in prosieguo: la «decisione impugnata»).

33 La decisione impugnata dispone, al suo art. 1, che il disclorvos non è iscritto come sostanza attiva nell’allegato I della direttiva 91/414. Pertanto, essa prevede, al suo art. 2, che le autorizzazioni per i prodotti fitosanitari contenenti diclorvos siano revocate entro il 6 dicembre 2007 e che non siano più concesse né rinnovate autorizzazioni di tali prodotti a partire dal 7 giugno 2007. Ai sensi del suo art. 4, gli Stati membri sono destinatari della decisione impugnata.

34 I motivi della non iscrizione del disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414 sono indicati al ‘considerando’ 5 della decisione impugnata:

«Durante la valutazione di questa sostanza attiva sono emersi alcuni problemi. In particolare, in base ai dati tossicologici disponibili, tenendo conto delle incertezze delle proprietà genotossiche e cancerogene della sostanza e considerando anche la complessiva mediocrità del fascicolo, non è stato dimostrato che il rischio stimato per gli operatori, i lavoratori e gli astanti sia accettabile».

Procedimento e conclusioni delle parti

35 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 31 agosto 2007, la ricorrente ha introdotto il presente ricorso.

36 La ricorrente conclude che il Tribunale voglia:

– dichiarare il ricorso ricevibile e fondato;

– annullare la decisione impugnata ;

– condannare la Commissione alle spese, maggiorate degli interessi compensativi e moratori in misura dell’8%.

37 La Commissione chiede che il Tribunale voglia:

– respingere il ricorso;

– condannare la ricorrente alle spese.

In diritto

38 A sostegno del ricorso, la ricorrente solleva un’eccezione di illegittimità e deduce nove motivi di annullamento. L’eccezione di illegittimità è relativa all’illegittimità dell’art. 20 del regolamento n. 1490/2002. I motivi attengono, rispettivamente, il primo, alla violazione dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, alla violazione dell’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002, ed alla violazione dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000, il secondo, all’assenza di una base scientifica obiettiva della decisione impugnata, il terzo, alla violazione dell’art. 5 della direttiva 91/414, il quarto, alla violazione del principio di proporzionalità, del diritto di essere sentiti e del diritto di difesa, il quinto, alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento, il sesto, alla violazione del principio di buona amministrazione nonché dell’obbligo di eccellenza e di indipendenza dei pareri scientifici, il settimo, alla violazione del «principio di non-discriminazione», l’ottavo, alla violazione dell’art. 95 CE, dell’art. 4, n. 1, e dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 e il nono alla violazione del principio di sussidiarità nonché dell’art. 5 CE.

Sull’eccezione di illegittimità dell’art. 20 del regolamento n. 1490/2002

Argomenti delle parti

39 La ricorrente eccepisce l’illegittimità dell’art. 20 del regolamento n. 1490/2002, che, a suo avviso, ha profondamente leso i suoi diritti e le sue legittime aspettative, nel prevedere l’intervento dell’AESA nelle procedure di valutazione delle sostanze attive di cui alla seconda fase del programma di lavoro, come il disclorvos, il che costituisce una fase supplementare obbligatoria nella valutazione delle sostanze attive, mentre, nella vigenza della precedente disciplina, la stessa fase era facoltativa. L’art. 20 del regolamento n. 1490/2002 dovrebbe essere dichiarato illegittimo e inapplicabile alla ricorrente, atteso che tale disposizione sarebbe stata applicata con effetto retroattivo alla procedura di valutazione del disclorvos.

40 La ricorrente rammenta, infatti, che il principio di diritto comunitario di non retroattività esige che la disciplina applicabile alla procedura di valutazione del disclorvos, in applicazione della direttiva 91/414, sia quella vigente all’epoca in cui ha avuto inizio la procedura stessa. Tale principio imporrebbe che detta disciplina non venga profondamente modificata successivamente. Solo eccezionalmente potrebbe ammettersi l’applicazione retroattiva di atti giuridici, con riserva di un’adeguata motivazione, e sempreché non vengano lese le legittime aspettative degli operatori economici.

41 Orbene, la ricorrente sottolinea che né la direttiva 91/414, né il regolamento n. 451/2000, né l’art. 20 del regolamento n. 1490/2002 espongono le ragioni per cui l’AESA dovesse intervenire con efficacia retroattiva nell’ambito di procedure di valutazione in corso. Inoltre, il legittimo affidamento della ricorrente sarebbe stato violato, in quanto essa non avrebbe potuto prevedere l’intervento di un organo distinto, quale l’AESA, nel contesto della procedura di valutazione, l’esame inter pares tardivo del PRV.

42 La Commissione sostiene che l’eccezione di illegittimità sollevata dalla ricorrente debba essere respinta in quanto infondata.

Giudizio del Tribunale

43 Occorre ricordare, anzitutto, che le disposizioni dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000 sono state modificate dall’art. 20 del regolamento n. 1490/2002. Mentre, precedentemente all’entrata in vigore del regolamento n. 1490/2002, le sostanze attive erano valutate dallo SMR e dalla Commissione, che, conformemente all’art. 8, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 451/2000, «[poteva] organizzare una consultazione di esporti di uno o più Stati membri», il regolamento n. 1490/2002 ha attribuito un ruolo all’AESA nella valutazione delle sostanze attive. Così, a termini dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 451/2000, come modificato, lo SMR invia, in merito alle sostanze attive per le quali almeno un fascicolo sia stato considerato completo, il PRV all’AESA la quale, conformemente all’art. 8, n. 7, dello stesso regolamento, valuta tale progetto e comunica alla Commissione il proprio parere circa la conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414.

44 Quindi, con riguardo, in primo luogo, alla censura attinente all’applicazione retroattiva dell’art. 20 del regolamento n. 1490/2002, occorre rilevare che il regolamento n. 1490/2002 non prevede alcuna applicazione retroattiva delle sue disposizioni e, segnatamente, del suo art. 20. Infatti, il detto regolamento, ai sensi del suo art. 21, è entrato in vigore il settimo giorno successivo a quello di pubblicazione nella Gazzetta ufficiale, vale a dire il 28 agosto 2002, e, da tale data, le sue disposizioni sono direttamente applicabili.

45 Al riguardo, occorre ricordare che, secondo giurisprudenza costante, contrariamente alle norme comunitarie di diritto sostanziale, che vanno interpretate nel senso che esse non riguardano, di massima, situazioni consolidatesi anteriormente alla loro entrata in vigore, le norme di procedura trovano applicazione diretta (v. sentenza del Tribunale 25 ottobre 2007, cause riunite T‑27/03, T‑46/03, T‑58/03, T‑79/03, T‑80/03, T‑97/03 e T‑98/03, SP e a./Commissione, Racc. pag. II‑4331, punto 116, e la giurisprudenza ivi citata).

46 Orbene, le disposizioni del regolamento n. 1490/2002, che prevedono l’intervento dell’AESA nel contesto della procedura di valutazione delle sostanze attive, costituiscono norme di procedura le quali, conformemente alla giurisprudenza citata al precedente punto 45, trovano applicazione diretta.

47 Pertanto, la ricorrente non può asserire che l’applicazione diretta delle nuove disposizioni dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000 a procedure di valutazione di sostanze attive in corso sia illegittima. Inoltre, in considerazione dell’applicazione immediata delle norme di procedura, nel regolamento n. 1490/2002 non era richiesta alcuna motivazione specifica al riguardo.

48 Per quanto attiene, in secondo luogo, alla censura relativa alla violazione del principio della tutela del legittimo affidamento, emerge da giurisprudenza consolidata che la sfera di applicazione di tale principio non può essere estesa fino ad impedire, in generale, che una nuova disciplina si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte sotto l\'impero della disciplina anteriore (sentenze della Corte 20 settembre 1988, causa 203/86, Spagna/Consiglio, Racc. pag. 4563, punto 19; 29 giugno 1999, causa C‑60/98, Butterfly Music, Racc. pag. I‑3939, punto 25, e 29 gennaio 2002, causa C‑162/00, Pokrzeptowicz-Meyer, Racc. pag. I‑1049, punto 55).

49 Inoltre, si deve rilevare, in primo luogo, che, in pratica, il regolamento n. 1490/2002 non ha introdotto una fase supplementare nel contesto della procedura di valutazione delle sostanze attive. Infatti, come già rilevato al precedente punto 43, l’art. 8, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 451/2000, prevedeva, prima della sua modifica ad opera del regolamento n. 1490/2002, che la Commissione «[potesse] organizzare una consultazione di esporti di uno o più Stati membri». Pertanto, su tale base, la ricorrente poteva attendersi, nel momento in cui ha notificato il suo fascicolo allo SMR, che si procedesse ad un esame inter pares.

50 In secondo luogo, dal momento che il regolamento n. 178/2002 è stato pubblicato il 1° febbraio 2002, la ricorrente poteva attendersi, in particolare alla luce dei ‘considerando’ 34 e 36 nonché dell’art. 22 di detto regolamento, che l’AESA fosse incaricata di emanare un parere scientifico nell’ambito della procedura di valutazione delle sostanze attive contenute nei prodotti fitosanitari. La ricorrente, pertanto, non può aver nutrito legittimo affidamento nel fatto che l’AESA non sarebbe intervenuta nella valutazione.

51 L’eccezione di illegittimità deve essere pertanto respinta.

Sul primo motivo, attinente alla violazione dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, dell’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002 e dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000

Sul primo capo del primo motivo

– Argomenti delle parti

52 Nel contesto del primo capo del primo motivo, la ricorrente fa valere che, ai sensi dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, l’AESA avrebbe dovuto comunicare il proprio parere alla Commissione nel mese di ottobre del 2004. Orbene, lo avrebbe fatto solo nel maggio 2006. Pertanto, secondo la ricorrente, l’AESA ha proceduto ad una valutazione durante un periodo in cui non era legittimamente abilitata a farlo e per il quale non disponeva di un mandato speciale, rilasciato dalla Commissione o da un’altra istituzione comunitaria. L’AESA avrebbe pertanto agito ultra vires.

53 Dal momento che la relazione dell’AESA, ai sensi dell’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, avrebbe costituito la base della decisione impugnata, il vizio procedurale che inficerebbe detta relazione giustificherebbe l’annullamento della decisione impugnata. Infatti, se l’AESA avesse rispettato il termine previsto dall’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, la decisione impugnata sarebbe risultata diversa, poiché la Commissione avrebbe dovuto presentare nuovamente il PRV all’AESA o ad un altro organismo scientifico indipendente ai fini di un ulteriore esame inter pares. Lo SMR avrebbe avuto allora la possibilità di rendere noti tali motivi di preoccupazione alla ricorrente, che avrebbe avuto più tempo a disposizione per valutare il PRV e produrre studi complementari o per presentare ulteriori elementi probatori.

54 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente capo debba essere repsinto.

– Giudizio del Tribunale

55 Si deve ricordare che, ai sensi dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, l’AESA valuta il PRV e comunica alla Commissione il proprio parere circa la conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414, entro il termine di un anno dalla ricezione del PRV. Nel caso di specie, si deve rilevare che l’AESA non ha rispettato detto termine. Infatti, mentre ha ricevuto il PRV il 20 ottobre 2003, essa ha comunicato il suo parere alla Commissione solo il 12 maggio 2006.

56 Tutavia, anche a voler ritenere che il termine di cui all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000 sia cogente, il suo superamento inficierebbe la legittimità della decisione impugnata solo se risultasse dimostrato che, in mancanza della stessa, la detta decisione avrebbe avuto un contenuto diverso (v., in tal senso, sentenza della Corte 23 aprile 1986, causa 150/84, Bernardi/Parlamento, Racc. pag. 1375, punto 28, e sentenza del Tribunale 5 aprile 2006, causa T‑279/02, Degussa/Commissione, Racc. pag. II‑897, punto 416).

57 La ricorrente sostiene che ciò si sia verificato nella specie, in quanto, se l’AESA avesse rispettato il termine previsto dall’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, la Commissione avrebbe dovuto presentare nuovamente il PRV all’AESA o ad un altro organismo scientifico indipendente ai fini di un nuovo esame inter pares. Lo SMR avrebbe avuto allora la possibilità di rendere noti i propri motivi di preoccupazione alla ricorrente, la quale avrebbe avuto più tempo a disposizione per valutare il PRV e produrre studi complementari o per presentare ulteriori elementi probatori.

58 Tuttavia, si deve necessariamente rilevare che sia dal PRV sia dal suo addendum e dalla relazione dell’AESA risultava che il fascicolo, come notificato dalla ricorrente, non conteneva tutti gli elementi necessari per consentire una valutazione soddisfacente degli effetti nocivi del disclorvos. Orbene, se, in esito a scambi di opinioni e di informazioni organizzati al suo interno per diversi mesi, l’AESA non è giunta, in conclusione, il 12 maggio 2006, a decidere nel senso dell’innocuità del disclorvos, a fortiori, alla luce delle carenze del fascicolo notificato, essa non sarebbe potuta pervenire a un diverso risultato qualora avesse emanato la sua relazione entro il termine di un anno dalla comunicazione del PRV. Al contrario, lo SMR si sarebbe trovato nell’impossibilità di depositare un addendum al PRV, come ha fatto nel maggio 2005.

59 A ciò si aggiunga che, contrariamente a quanto la ricorrente fa valere riguardo alla possibilità, per la Commissione, di presentare nuovamente il PRV all’AESA o a un altro organismo scientifico indipendente ai fini di un nuovo esame inter pares, il regolamento n. 451/2000 non prevede una siffatta possibilità. Infatti, da una parte, dall’art. 8, n. 1, di detto regolamento risulta che la Commissione non dispone di alcuna competenza per presentare il PRV. Tale ruolo spetta esclusivamente allo SMR, che deve comunicare il PRV all’AESA entro e non oltre dodici mesi dal momento in cui il fascicolo è stato considerato completo. D’altra parte, ai sensi dell’art. 8, n. 4, del regolamento n. 451/2000, la presentazione di un nuovo PRV è possibile solo in casi eccezionali, qualora tale documento non sia manifestamente conforme ai requisiti relativi al formato raccomandato dalla Commissione. In tal caso, la Commissione concorda, con l’AESA e lo SMR, un termine per il deposito di un nuovo PRV il quale, conformemente all’art. 8, n. 4, del regolamento n. 451/2000, non deve essere superiore a quattro mesi. Si deve dunque rilevare che l’ipotesi elaborata dalla ricorrente, secondo cui, se la relazione dell’AESA fosse stata adottata entro il termine, la Commissione avrebbe dovuto presentare nuovamente il PRV all’AESA o ad un altro organismo scientifico, il che, in particolare, le avrebbe lasciato più tempo per produrre studi complementari, è erronea.

60 Il primo capo del primo motivo deve, pertanto, essere dichiarato infondato.

Sul secondo capo del primo motivo

– Argomenti delle parti

61 Nel contesto del secondo capo del primo motivo, la ricorrente rileva che, conformemente all’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002, nel corso dell’esame del disclorvos ai sensi della direttiva 91/414, l’EPCO ha sottoposto quesiti relativi alla cancerogenicità ed alla genotossicità del disclorvos al gruppo SPR. Secondo la ricorrente, a termini dell’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002, il parere formulato dal gruppo SPR rappresenta il parere scientifico complessivo dell’AESA. Di detto parere, pertanto, si sarebbe dovuto tenere conto, senza modifiche, nella relazione dell’AESA. Atteso che tala relazione si poneva in contrasto con il parere del gruppo SPR, l’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002 sarebbe stato violato. Inoltre, dal momento che la relazione dell’AESA costituisce la base scientifica della decisione impugnata, quest’ultima sarebbe priva di qualsivoglia fondamento scientifico e procedurale e dovrebbe essere, pertanto, annullata.

62 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente capo debba essere respinto.

– Giudizio del Tribunale

63 In sostanza, le affermazioni della ricorrente sollevano due questioni. La prima riguarda il valore giuridico del parere del gruppo SPR. Più precisamente, occorre determinare se tale parere sia vincolante per l’AESA. La seconda questione, che si pone solo in caso di soluzione affermativa alla prima, concerne l’asserito contrasto tra il parere del SPR e la relazione dell’AESA. Occorre esaminare tali due questioni in successione.

64 In primo luogo, con riguardo al valore giuridico del parere del gruppo SPR, occorre, anzitutto, chiarire il ruolo attribuito al gruppo SPR, nel contesto della procedura di valutazione dei fascicoli notificati da produttori che intendano ottenere l’iscrizione di una sostanza attiva all’allegato I della direttiva 91/414, come prevista dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000.

65 Al riguardo, occorre sottolineare che tale articolo non contiene alcuna menzione esplicita del gruppo SPR. Così, a termini dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 451/2000, lo SMR effettua un PRV che poi trasmette all’AESA. Ai sensi dell’art. 8, n. 5, dello stesso regolamento, l’AESA trasmette il PRV agli Stati membri e può organizzare una consultazione di esperti. Infine, conformemente all’art. 8, n. 7, di detto regolamento, l’AESA valuta il PRV e comunica alla Commissione il proprio parere circa la conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414.

66 Tuttavia, è nel contesto dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000 che può essere attribuito un ruolo al gruppo SPR. Conformemente a tale articolo, l’AESA, per valutare il PRV, è tenuta ad organizzare un esame inter pares, vale a dire ad opera degli Stati membri e, se necessario, da parte degli esperti nazionali. Allo scopo di razionalizzare tale esame, l’AESA ha elaborato procedure particolari. Tali procedure sono descritte nel documento intitolato «Procedure of the peer review of active sostanzas used in plant protection products evaluated in the second stage of the review programme » (Procedura dell’esame inter pares delle sostanze attive utilizzate nei prodotti fitosanitari valutati nel contesto della seconda fase del programma di lavoro). L’AESA espone in tal sede quattro tipi di procedure tra le quali essa può compiere la propria scelta in funzione delle difficoltà presentate dal fascicolo. Tali procedure sono gestite, nell’ambito dell’AESA, da un’unità di coordinamento dell’esame inter pares dei pesticidi, chiamato anche PRAPeR (AESA’s Pesticide Risk Assessment Peer Review), unità che ha ripreso le funzioni precedentemente svolte dall’EPCO. È nel contesto della procedura specificamente elaborata dall’AESA per compiere la valutazione delle sostanze attive la cui innocuità solleva un problema – che costituisce uno dei quattro summenzionati tipi di procedura – che l’AESA ha previsto un ruolo per il gruppo SPR, creato in applicazione dell’art. 28, n. 4, del regolamento n. 178/2002. Infatti, per tali sostanze, l’AESA ha previsto la convocazione di riunioni di esperti nazionali nonché la possibilità di consultare il gruppo SPR in ordine a questioni problematiche.

67 Occorre quindi chiarire se il parere del gruppo SPR vincoli l’AESA nella redazione della sua relazione. La ricorrente sostiene che ciò si verifichi con riferimento all’art. 28, n. 1, del regolamento n. 178/2002.

68 A termini di tale articolo, «i gruppi permanenti di esperti scientifici formulano i pareri scientifici dell’[AESA], ciascuno entro la sfera delle rispettive competenze». Occorre rilevare, al pari della ricorrente, che il disposto di tale articolo implica che l’AESA, laddove decida di chiedere un parere scientifico a un gruppo di tal genere, è tenuta a conformarvisi. Tale interpretazione è corroborata dalle norme di cui l’AESA si è dotata: in caso di consultazione del gruppo SPR, è previsto che la relazione delle riunioni di esperti nazionali menzionati al precedente punto 66 tenga conto del suo parere. Un’eccezione a tale regola è ammissibile solo nel caso in cui l’AESA disponga di elementi scientifici tali da giustificare che non si tenga conto didetto parere.

69 Tuttavia, occorre precisare che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, nel contesto della procedura di valutazione delle pratiche notificate dai produttori che intendano conseguire l’iscrizione di una sostanza attiva all’allegato I della direttiva 91/414, il parere del gruppo SPR non può confondersi con il parere dell’AESA sulla conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414, elaborato conformemente all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000. Infatti, si è già rilevato che, nel contesto della summenzionata procedura, il gruppo SPR può essere consultato dalla PRAPeR in ordine a talune difficoltà particolari dei fascicoli di cui coordina la valutazione. Per contro, il gruppo SPR non può in alcun caso essere indotto a sostituirsi all’AESA per la preparazione del parere di cui all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000.

70 Dalle suesposte considerazioni emerge che, nel contesto della procedura prevista all’art. 8 del regolamento n. 451/2000, il parere del gruppo SPR vincola l’AESA quanto alle questioni in ordine alle quali è stato consultato, ma senza incidere sulla valutazione generale del rischio presentato dalla sostanza attiva di cui è causa.

71 In secondo luogo, occorre verificare se il parere del gruppo SPR non sia stato deformato o contraddetto nella relazione dell’AESA. Al riguardo, occorre ricordare che il parere scientifico del gruppo SPR è stato fornito su richiesta dell’EPCO. Al gruppo SPR sono state poste due questioni. Da una parte, è stato chiesto a tale gruppo se potesse identificare i meccanismi in forza dei quali il disclorvos provoca tumori e, in caso affermativo, se potesse accertare la possibilità di fissare un limite di esposizione. D’altra parte, è stato chiesto se i tumori osservati negli animali potessero rilevare ai fini della valutazione degli effetti del disclorvos sulla salute dell’uomo.

72 Quanto alla prima questione, il gruppo SPR ha operato una distinzione, nel controricorso, tra genotossicità e cancerogenicità. Per quanto riguarda gli eventuali meccanismi in base ai quali il disclorvos potrebbe risultare genotossico, il parere del gruppo SPR ha concluso, da una parte, nel senso della mutagenicità in vitro del disclorvos e, dall’altra, nel senso dell’esistenza di alcune prove che il disclorvos è mutageno nel punto di contatto in vivo, ma che il meccanismo che provoca tale effetto è poco conosciuto. Quanto al carattere cancerogeno del disclorvos, il gruppo SPR ha sottolineato che il solo effetto cancerogeno accertato riguarderebbe tumori rilevati nello stomaco anteriore del topo. Secondo il gruppo SPR, tali tumori sembrano la conseguenza di concentrazioni locali elevate di disclorvos per un periodo prolungato (causati dall’alimentazione con la sonda degli animali). Al riguardo, il gruppo SPR ha indicato che è possibile, ma assolutamente non certo, che tali tumori siano causati da una modificazione dell’ADN delle cellule nel punto di contatto, il che implica, in linea di principio, che possano verificarsi tumori in altre parti. Tuttavia, secondo il gruppo SPR, le dosi necessarie per provocare tumori sono così elevate che la comparsa di tali tumori in altre parti è poco probabile. Ciò significa, pertanto, secondo il gruppo SPR, che sussiste un valore limite al disotto del quale non può prodursi alcuna reazione cancerogena.

73 Riguardo alla seconda questione, il gruppo SPR ha concluso che, dal momento che lo stomaco anteriore del topo non possiede un equivalente nell’uomo, sussisteva una considerevole incertezza scientifica quanto alla modalità di azione ed alla pertinenza, per gli uomini, dei tumori dello stomaco anteriore indotti dal disclorvos nel topo. Il gruppo SPR ha sottolineato che, sebbene non fosse possibile escludere un’interazione con l’ADN quale fase critica della produzione di tali tumori, la comparsa dei tumori stessi sembrava la conseguenza di concentrazioni locali elevate e prolungate di disclorvos. Selon il gruppo SPR, gli elementi di prova disponibili sembravano suggerire che tali tumori non si verificherebbero ai livelli di esposizione che si sarebbero riscontrati con l’uso proposto della sostanza attiva, considerato che prima che si sviluppino dei tumori farebbe la sua comparsa una tossicità sistemica grave.

74 Occorre rilevare che la relazione dell’AESA contiene una sintesi fedele di tali risposte. In esito a tale sintesi, l’AESA riconosce che, in forza del parere del gruppo SPR, un valore limite, oltre il quale l’uso della sostanza attiva disclorvos non presenterebbe pericoli, può teoricamente essere fissato. Tuttavia, secondo la relazione dell’AESA, dal momento che il fascicolo non contiene uno studio solido a lungo termine sulla cancerogenicità, non è possibile né fissare la «dose senza effetti indesiderabili osservati» (DSEIO), né avere una visione d’insieme delle proprietà tossicologiche della sostanza attiva. Pertanto, secondo la relazione dell’AESA, nel caso di specie un tale valore limite non può essere definito.

75 Alla luce delle suesposte considerazioni, si deve rilevare che la relazione dell’AESA non altera né si pone incontrasto con il parere del gruppo SPR. Al riguardo, deve osservarsi che il fatto che, nella sua relazione, l’AESA abbia ritenuto che la valutazione dei rischi presentati dal disclorvos per la salute dell’uomo non era decisivo in ragione delle incertezze connesse alle proprietà genotossiche e cancerogene di tale sostanza, mentre il gruppo SPR ha sottolineato che gli elementi di prova disponibili sembravano suggerire che il rischio di genotossicità e di cancerogenicità era minimo, è direttamente connesso al rilievo di cui al precedente punto 69, secondo cui il gruppo SPR può essere consultato in ordine a talune difficoltà particolari delle pratiche da valutare, ma non può in alcun caso essere indotto a sostituirsi all’AESA per la preparazione del parere di cui all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000. Infatti, mentre la valutazione dei rischi effettuata dal gruppo SPR è di natura teorica, spetta all’AESA, quando effettua la valutazione medesima, tener conto degli aspetti contingenti pratici connessi alla gestione di tali rischi. Nel caso di specie, benché il gruppo SPR abbia ritenuto che, in teoria, i rischi di mutagenicità e di cancerogenicità fossero minimi, la relazione dell’AESA ha indicato che, a causa delle lacune nei dati forniti dalla ricorrente, che rendevano impossibile la fissazione di un valore limite, la valutazione dei rischi non era decisiva.

76 Pertanto, il secondo capo del primo motivo deve essere dichiarato infondato.

Sul terzo capo del primo motivo

– Argomenti delle parti

77 Nel contesto del terzo capo del primo motivo, la ricorrente sostiene che, secondo la giurisprudenza, la Commissione fosse tenuta a presentare agli Stati membri ogni informazione utile ai fini della decisione di iscrizione o di non iscrizione di una sostanza attiva, precedentemente al voto nell’ambito del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali. Un inadempimento a tale obbligo costituirebbe una violazione dei requisiti di procedura di cui all’art. 8 del regolamento n. 451/2000.

78 La ricorrente rileva, al riguardo, che dal ‘considerando’ 6 della decisione impugnata risulta che la Commissione ha attentamente esaminato tutte le sue osservazioni, tra le quali vi sarebbero quelle riguardanti la relazione dell’AESA, datate 22 giugno 2006. Dal momento che tali osservazioni non sono state comunicate agli Stati membri, la Commissione avrebbe violato i propri obblighi ai sensi dell’art. 8 del regolamento n. 451/2000, il che giustificherebbe l’annullamento della decisione impugnata.

79 La ricorrente fa, inoltre, valere, nella replica, che, se è pur vero che tali osservazioni sono state comunicate agli Stati membri l’11 settembre 2006, come asserisce la Commissione, è nella riunione del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali del 14 luglio 2006 che la Commissione avrebbe proposto, per la prima volta, la non iscrizione del disclorvos. I rappresentanti degli Stati membri, pertanto, non avrebbero avuto accesso a tali documenti durante il primo esame della proposta della Commissione. A ciò si aggiunga che essi vi avrebbero avuto accesso solo 17 giorni prima della riunione del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali del 28 settembre 2006, nel corso della quale sarebbe stata adottata la decisione impugnata.

80 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente capo debba essere respinto.

– Giudizio del Tribunale

81 Occorre rilevare, anzitutto, che, ai sensi dell’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000, la Commissione è tenuta a presentare, entro i sei mesi successivi alla ricezione del parere dell\'AESA, un progetto di rapporto di riesame nonché un progetto di direttiva intesa ad iscrivere la sostanza attiva nell’allegato I, o un progetto di decisione destinata agli Stati membri e intesa a revocare le autorizzazioni relative ai prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva di cui è causa e, pertanto, la mancata iscrizione di tale sostanza all’allegato I della direttiva 91/414.

82 Nel caso di specie, deve rilevarsi che, indipendentemente dalla questione dell’esistenza di un obbligo, per la Commissione, di comunicare le osservazioni della ricorrente sulla relazione dell’AESA, dagli atti di causa risulta che le osservazioni della ricorrente datate 22 giugno 2006 sono state comunicate agli Stati membri, ai fini della riunione del comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali del 28 e 29 settembre 2006, l’11 settembre 2006. Anche se, come ricorda la ricorrente, una prima riunione di detto comitato - riunione in esito alla quale non è stata adottata alcuna decisione in ordine all’iscrizione del disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414 -, si è svolta il 14 luglio 2006, il voto concernente la non iscrizione del disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414 si è svolto, nell’ambito del comitato medesimo, solo durante la riunione de 28 e 29 settembre 2006. Pertanto, è giocoforza constatare che le osservazioni della ricorrente sono state comunicate agli Stati membri entro un termine sufficiente perché questi ultimi potessero tenerne conto all’atto del voto.

83 Conseguentemente, il terzo capo del primo motivo deve essere dichiarato infondato.

Sul secondo motivo, attinente all’assenza di giustificazione scientifica della decisione impugnata

Argomenti delle parti

84 In primo luogo, la ricorrente asserisce che la Commissione non disponesse di elementi scientifici sufficienti che le consentissero di concludere, su una base obiettiva, nel senso della necessità di vietare il disclorvos.

85 In tal senso, la ricorrente fa valere che la decisione impugnata si fonda sulla conclusione scientifica essenziale secondo cui la genotossicità e la cancerogenicità del disclorvos non possono essere escluse. Tale conclusione sarebbe contraddetta dal parere del gruppo SPR, secondo il quale il disclorvos non presenterebbe rischio di cancerogenicità o di genotossicità. In tal senso, il tenore di tale parere, secondo il quale, «[d]opo aver esaminato tutti i dati a sua disposizione, il gruppo SPR ha concluso che, ad eccezione dei tumori dello stomaco anteriore del topo, non esisteva alcun elemento convincente di una crescita connessa al composto dell’incidenza tumorale», risulterebbe in contraddizione con le conclusioni formulate nella relazione dell’AESA e nella decisione impugnata.

86 Orbene, da una parte, il parere del gruppo SPR dovrebbe essere assimilato, sotto un profilo giuridico, a quello dell’AESA complessivamente inteso.

87 D’altra parte, la Commissione e l’AESA non hanno altra possibilità se non quella di aderire al parere del gruppo SPR ovvero discostarsene, a condizione, in quest’ultimo caso, di riferirsi ad un nuovo parere del gruppo SPR o di un organismo scientifico della stessa statura o dello stesso livello. Al riguardo, la relazione dell’AESA apparirebbe particolarmente soggetta a riserve, essendo stata ultimata solo cinque giorni dopo la comunicazione del parere del gruppo SPR che, a sua volta, aveva richiesto un anno di valutazione metodica. A ciò si aggiunga che la Commissione non si è fondata su scoperte scientifiche serie concernenti l’assenza di genotossicità e di cancerogenicità del disclorvos, come esposte nel parere del gruppo SPR, e che non sussisteva alcuna ricerca seria che indicasse il contrario. Infine, il parere del gruppo SPR non sarebbe menzionato nella decisione impugnata e la Commissione non apporterebbe alcuna giustificazione della propria violazione nella decisione impugnata.

88 In secondo luogo, la ricorrente fa valere che, sebbene la relazione dell’AESA dovesse essere considerata come un fondamento valido della decisione impugnata, la relazione stessa sarebbe viziata non essendo stata redatta dall’AESA, nella sua qualità di organismo indipendente che presenta pareri scientifici, ma nella sua qualità di coordinatore delle riunioni di esperti. Ciò risulterebbe dal ‘considerando’ 4 della decisione impugnata e dalla stessa relazione dell’AESA.

89 In terzo luogo, la ricorrente fa valere che gli effetti del disclorvos sulla popolazione in genere e sull’ambiente non sono pertinenti, in considerazione dell’uso proposto del disclorvos, vale a dire un uso interno per i bulbi dei fiori. Sarebbe evidente che, da un punto di vista logico nonché scientifico, non sussiste alcun rischio per la popolazione o per l’ambiente qualora il disclorvos vanga utilizzato per uso interno unicamente per i bulbi dei fiori. Conseguentemente, non sussisterebbe alcuna giustificazione scientifica alla restrizione contenuta nella decisione impugnata, fondata su preoccupazioni ipotetiche.

90 In quarto luogo, quanto all’affermazione della Commissione, secondo cui sarebbe stato impossibile condurre a buon fine la valutazione del rischio in ragione di lacune del fascicolo, la ricorrente sostiene, nella replica, che lo stesso SMR avrebbe dichiarato il fascicolo completo. Tale dichiarazione implicherebbe necessariamente che lo SMR ritenesse che il fascicolo contenesse tutti i dati richiesti ai sensi della direttiva 91/414 per poter procedere alla valutazione della sostanza attiva. La circostanza che le autorità competenti abbiano ritenuto il fascicolo completo e abbiano proceduto alla sua valutazione avrebbe fatto sorgere nella ricorrente il legittimo affidamento quanto al fatto che fossero stati forniti tutti i dati necessari.

91 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

92 Si deve rilevare che, come risulta dal suo quinto, sesto e nono ‘considerando’, la direttiva 91/414 mira all’eliminazione degli ostacoli agli scambi intracomunitari di prodotti fitosanitari, mantenendo nel contempo un livello elevato di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale (sentenza della Corte 14 settembre 2006, causa C‑138/05, Stichting Zuid-Hollandse Milieufederatie, Racc. pag. I‑8339, punto 43, e sentenza del Tribunale 9 settembre 2008, causa T‑75/06, Bayer CropScience e a./Commissione, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 81).

93 Deve osservarsi che in tale ambito dev’essere riconosciuto alla Commissione un ampio potere discrezionale affinché questa possa perseguire efficacemente l’obiettivo assegnatole e in considerazione delle complesse valutazioni tecniche che deve effettuare (sentenza della Corte 18 luglio 2007, causa C‑326/05 P, Industrias Químicas del Vallés/Commissione, Racc. pag. I‑6557, in prosieguo: la «sentenza IQV», punto 75, e sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 82).

94 L’esercizio di tale potere non è tuttavia sottratto al sindacato giurisdizionale. Al riguardo, da costante giurisprudenza risulta che, nell’ambito di tale sindacato, il giudice comunitario deve verificare l’osservanza delle norme di procedura, l’esattezza materiale dei fatti considerati dalla Commissione, l’insussistenza di errore manifesto nella valutazione di tali fatti o l’insussistenza di sviamento di potere (sentenze della Corte 25 gennaio 1979, causa 98/78, Racke, Racc. pag. 69, punto 5, e 22 ottobre 1991, causa C‑16/90, Nölle, Racc. pag. I‑5163, punto 12; sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 83).

95 Si deve anche ricordare che dall’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 451/2000 risulta che proprio il notificante deve dimostrare che, in base alle informazioni presentate per uno o più preparati per una serie limitata di usi rappresentativi, siano soddisfatti i requisiti della direttiva 91/414 in considerazione dei criteri di cui all’art. 5 della stessa. L’onere della prova dell’innocuità della sostanza attiva incombe quindi al notificante (v., per analogia, sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 85).

96 È alla luce delle suesposte considerazioni che occorre esaminare se le conclusioni scientifiche formulate nella decisione impugnata difettino, come asserisce la ricorrente, di una base scientifica obiettiva e valida.

97 In primo luogo, quanto all’argomento della ricorrente relativo al fatto che la decisione impugnata si fonderebbe sulla conclusione scientifica essenziale secondo cui la genotossicità e la cancerogenicità del disclorvos non potrebbero essere escluse, conclusione che sarebbe contraddetta dal parere del gruppo SPR, occorre rilevare, anzitutto, che dal ‘considerando’ 5 della decisione impugnata risulta che, anche se la preoccupazione fondamentale riguarda le incertezze quanto alle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos, si è parimenti fatto riferimento alla complessiva mediocrità del fascicolo, che ha costituito un ostacolo alla dimostrazione che il rischio stimato per gli operatori, i lavoratori e gli astanti fosse accettabile.

98 Se è pur vero che la Commissione non offre ulteriori precisazioni, nella decisione impugnata, in ordine alle lacune del fascicolo, la relazione dell’AESA, di cui è pacifico che costituisca la base scientifica della decisione impugnata, fornisce tali precisazioni. Così, aldilà delle incertezze in ordine alle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos, la relazione dell’AESA rileva i seguenti problemi:

– non è confermato alcun valore definitivo di riferimento;

– in mancanza di un accordo sui valori di riferimento definitivi, la valutazione del rischio per gli operatori, i lavoratori e gli astanti non è decisiva;

– non è possibile determinare una specificazione tecnica per il disclorvos ;

– non si dispone di alcun metodo analitico per la determinazione dei residui di disclorvos nel suolo, nell’acqua, nell’aria, nel sangue e nei tessuti animali.

99 Pertanto, erroneamente la ricorrente ignora i problemi identificati nella la decisione impugnata che non siano le incertezze quanto alle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos.

100 In secondo luogo, occorre rilevare che, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, la decisione impugnata non contraddice il parere del gruppo SPR. Come già chiarito ai precedenti punti da 71 a 75, la relazione dell’AESA, che costituisce la base scientifica della decisione impugnata, riporta fedelmente i termini di tale parere. Anche se la relazione dell’AESA indica che la valutazione dei rischi non è decisiva, mentre il gruppo SPR suggerisce che il rischio di genotossicità e di cancerogenicità sia minimo, l’AESA chiarisce, in tale relazione, come è stato sottolineato al precedente punto 74, la ragione per cui alcuni rischi, che possono sembrare teoricamente accettabili, non lo sono nel caso di specie. Inoltre, come è stato dimostrato al precedente punto 98, la relazione dell’AESA fa riferimento a problemi diversi dalle incertezze quanto alle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos, problemi riguardo ai quali il gruppo SPR non era stato consultato.

101 Alla luce delle suesposte considerazioni, l’argomento della ricorrente attinente al fatto che la decisione impugnata si fonda sulla conclusione scientifica essenziale secondo cui la genotossicità e la cancerogenicità del disclorvos non potrebbero essere escluse, conclusione che sarebbe contraddetta dal parere del gruppo SPR, deve essere respinto.

102 In secondo luogo, quanto all’argomento secondo cui la relazione dell’AESA non sarebbe stata redatta da quest’ultima nella sua qualità di organismo indipendente, bensì nella sua qualità di coordinatore delle riunioni di esperti, occorre rilevare che tale affermazione dimostra, da parte della ricorrente, una violazione della procedura di valutazione dei fascicoli notificati dai produttori che intendono ottenere l’iscrizione di una sostanza attiva all’allegato I della direttiva 91/414, come prevista dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000.

103 Come già rilevato al precedente punto 65, a termini dell’art. 8, n. 1, del regolamento n. 451/2000, lo SMR effettua un PRV che trasmette all’AESA. Ai sensi dell’art. 8, n. 5, dello stesso regolamento, l’AESA trasmette il PRV agli Stati membri e può organizzare una consultazione di esperti. Infine, conformemente all’art. 8, n. 7, di detto regolamento, l’AESA valuta il PRV e comunica alla Commissione il proprio parere circa la conformità della sostanza attiva ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414.

104 Tale procedura di valutazione deve essere considerata alla luce del preambolo del regolamento n. 1490/2002, in quanto tale regolamento ha modificato l’art. 8 del regolamento n. 451/2000. Emerge, in particolare, dal ‘considerando’ 12 del regolamento n. 1490/2002 che i PRV sono «riesaminati dall\'AESA prima di essere presentati al comitato permanente per la catena alimentare e la salute degli animali». Ai sensi dell’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000, tale supervisione passa per l’organizzazione di un esame inter pares. È sulla base di tale esame inter pares che l’AESA trasmette il PRV nonché la propria relazione alla Commissione, in applicazione dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000.

105 Pertanto, correttamente la Commissione precisa, al ‘considerando’ 4 della decisione impugnata, che il PRV è stato esaminato «con un processo inter pares» dagli Stati membri e dall’AESA ed è stato presentato all’Istituzione sotto forma di relazione dell’AESA. Pertanto, non può ritenersi che tale relazione sia viziata in quanto non sarebbe stata redatta dall’AESA nella sua qualità di organo indipendente.

106 In terzo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo il quale gli effetti del disclorvos sulla popolazione in genere e sull’ambiente non sarebbero pertinenti in quanto il disclorvos sarebbe destinato esclusivamente ad uso interno per i bulbi dei fiori, occorre rilevare che, anche se non sussisteva alcun rischio per la popolazione in genere e per l’ambiente, la ricorrente era tenuta a dimostrare, conformemente all’art. 6, n. 2, lett. b), del regolamento n. 451/2000, che il rischio per gli operatori che manipolano la sostanza attiva era conforme ai requisiti della direttiva 91/414 e, segnatamente, ai requisiti di cui all\'articolo 5 della direttiva stessa. Orbene, si è già rilevato ai precedenti punti da 97 a 99 che le lacune del fascicolo non consentivano una valutazione decisiva del rischio.

107 In quarto luogo, l’argomento della ricorrente secondo il quale, dal momento che lo SMR aveva dichiarato il fascicolo completo, la Commissione non potrebbe più contestargli di aver omesso talune informazioni, è irrecevibile ai sensi dell’art. 48, n. 2, del regolamento di procedura del Tribunale, in quanto è stato sollevato per la prima volta nella replica.

108 In ogni caso, tale argomento è infondato. Al riguardo, occorre rilevare che, conformemente all’art. 6, n. 1, del regolamento n. 451/2000, i notificanti devono «[inviare] all’autorità designata dello [SMR] per una data sostanza attiva il fascicolo completo di cui al paragrafo 3». Conformemente all’art. 6, n. 3, del regolamento n. 451/2000, il fascicolo completo contiene «fisicamente le singole relazioni delle prove e degli studi».

109 Per contro, il fatto che un fascicolo sia stato dichiarato completo dallo SMR ai sensi dell’art. 6, n. 1, del regolamento n. 451/2000 non garantisce necessariamente che esso contenga tutte le informazioni per consentire allo SMR, all’AESA e alla Commissione di prendere posizione in ordine all’effetto nocivo, ai sensi dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, della sostanza attiva di cui trattasi. Occorre precisare, al riguardo, che un fascicolo che contiene gli studi e le relazioni previsti dall’art. 6, n. 3, del regolamento n. 451/2000 sarà considerato completo dallo SMR, il che non pregiudica la qualità del fascicolo e non esclude che possano essere richiesti dati complementari per consentire allo SMR e/o all’AESA di effettuare la loro valutazione scientifica della sostanza attiva.

110 Dall’insieme delle suesposte considerazioni emerge che il secondo motivo deve essere respinto.

Sul terzo motivo, attinente alla violazione dell’art. 5 della direttiva 91/414

Argomenti delle parti

111 La ricorrente fa valere che, secondo la giurisprudenza, il pericolo va distinto dal rischio. Secondo la ricorrente, i criteri di valutazione posti dall’art. 5 della direttiva 91/414 si fondano su una valutazione del rischio. La decisione impugnata violerebbe tale articolo in quanto non si fonderebbe su una valutazione dei rischi, bensì unicamente sulla dichiarazione di proprietà intrinsecamente pericolose del disclorvos.

112 Così, secondo la ricorrente, la Commissione fa riferimento, al ‘considerando’ 5 della decisione impugnata, alle incertezze quanto alle proprietà genotossiche e cancerogene di tale sostanza per giustificare la sua mancata iscrizione all’allegato I della direttiva 91/414. Orbene, la genotossicità e il carattere cancerogeno del disclorvos sarebbero relativi alle sue proprietà intrinsecamente pericolose. L’accertamento di tali proprietà non consentirebbe, di per sé, di concludere che il disclorvos esponga l’ambiente e la salute dell’uomo a un rischio inaccettabile. Al riguardo, la decisione impugnata si limiterebbe a precisare che i dati disponibili non sono sufficienti, senza sfociare in una conclusione chiara quanto alla questione se essi comportino o meno un rischio inaccettabile per la salute dell’uomo e l’ambiente.

113 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

114 Occorre ricordare che dal nono ‘considerando’ della direttiva 91/414 risulta che le disposizioni che disciplinano l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari debbono garantire un elevato livello di protezione onde evitare soprattutto che vengano autorizzati prodotti fitosanitari i cui rischi per la salute, le acque sotterranee e l\'ambiente non siano stati adeguatamente studiati.

115 In tale contesto, si deve rilevare che i criteri previsti dall’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 perché una sostanza possa essere iscritta nell’allegato I sono formulati in maniera ampia e si basano su un’analisi di rischi di effetti nocivi sulla salute dell’uomo o degli animali o sulle acque sotterranee o di effetti inaccettabili per l’ambiente (sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 184).

116 Inoltre, tale disposizione va interpretata in combinato disposto con il principio di precauzione. In forza di tale principio, quando sussistono incertezze riguardo all\'esistenza o alla portata di rischi per la salute delle persone, le istituzioni comunitarie possono adottare misure protettive senza dover attendere che siano esaurientemente dimostrate la realtà e la gravità di tali rischi (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑180/96, Regno Unito/Commissione, Racc. pag. I‑2265, punto 99, e sentenza del Tribunale 11 settembre 2002, causa T‑13/99, Pfizer Animal Health/Consiglio, Racc. pag. II‑3305, punto 139). A ciò si aggiunga che, nel contesto dell\'applicazione del principio di precauzione - che è per definizione un contesto d\'incertezza scientifica - non si può esigere che una valutazione dei rischi fornisca obbligatoriamente alle istituzioni comunitarie prove scientifiche decisive sulla realtà del rischio e sulla gravità dei potenziali effetti nocivi in caso di avveramento di tale rischio (sentenza Pfizer Animal Health/Consiglio, cit., punto 142).

117 Alla luce delle suesposte considerazioni e della giurisprudenza citata ai precedenti punti da 92 a 95, occorre ricordare che dal ‘considerando’ 5 della decisione impugnata emerge che quest’ultima non si fonda solo sui dati tossicologici disponibili e sulle incertezze delle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos, ma anche, in termini più generali, sulla complessiva mediocrità del fascicolo. Al riguardo, si è già affermato, al precedente punto 98, che il fascicolo depositato dalla ricorrente presentava diverse lacune, sicché non poteva trarsi alcuna conclusione affidabile quanto alle proprietà genotossiche e cancerogene del disclorvos nonché, più generalmente, quanto all’innocuità del disclorvos. In tal senso, la relazione dell’AESA indica che alcune incertezze potranno venir meno solo se verranno forniti i dati e gli studi mancanti.

118 Occorre pertanto dichiarare, alla luce del principio di precauzione, che la Commissione, in considerazione dei dati tossicologici disponibili, delle incertezze connesse alle proprietà genotossicche e cancerogene del disclorvos e delle lacune del fascicolo che rendono impossibile il compimento di una valutazione dei rischi decisiva, non è incorsa in un errore manifesto di valutazione nell’adottare la decisione impugnata, né ha violato l’art. 5 della direttiva 91/414.

119 Occorre pertanto dichiarare infondato il terzo motivo.

Sul quarto motivo, attinente alla violazione del diritto di difesa, del diritto di essere sentiti e del principio di proporzionalità

Sul primo capo del quarto motivo

– Argomenti delle parti

120 La ricorrente sostiene che la Commissione abbia violato il suo diritto di difesa e il suo diritto di essere debitamente sentita essenso venuta meno, in primo luogo, al suo obbligo di concederle la possiblità e il tempo sufficiente per formulare osservazioni e presentare studi in risposta alle obiezioni, sollevate nel corso della valutazione del disclorvos, concernenti l’assenza di studi a lungo termine che consentano di escludere il rischio genotossico e cancerogeno e, in secondo luogo, al suo obbligo di esaminare attentamente le sue osservazioni.

121 In primo luogo, quanto all’inadempimento dell’obbligo di concederle la possiblità e il tempo sufficiente per formulare osservazioni e presentare studi, la ricorrente ritiene che sia necessario esaminare se l’assenza di studi a lungo termine sia stata rilevata dalla Commissione o dall’AESA con sufficiente tempestività nel corso della procedura di valutazione e se la ricorrente stessa abbia avuto a disposizione un periodo sufficiente per presentare i dati mancanti.

122 Per quanto riguarda il momento in cui l’assenza di studi a lungo termine è stata rilevata dalla Commissione e dall’AESA, la ricorrente sostiene, in primo luogo, che né lo SMR né il gruppo SPR abbiano sollevato la questione degli studi a lungo termine quale aspetto essenziale della valutazione scientifica. In secondo luogo, tale questione sarebbe divenuta formalmente una richiesta di dati, da parte dell’AESA, solo in una fase molto avanzata del trattamento del fascicolo, quanto l’AESA aveva concluso la sua relazione. In terzo luogo, la ricorrente non avrebbe potuto attendersi tale domanda in quanto il gruppo SPR la riteneva inutile. In quarto luogo, nella replica, la ricorrente sostiene che l’affermazione della Commissione, secondo cui essa non avrebbe dovuto metterla al corrente delle lacune del fascicolo e concederle il tempo di porvi rimedio, dal momento che un notificante può sempre depositare una domanda nuova, deve essere considerata come una risposta sproporzionata e inidonea rispetto ad una mancanza di dati imprevedibile che interviene durante la procedura d’esame.

123 Per quanto riguarda la questione del tempo avuto a disposizione per preparare tali studi a lungo termine, la ricorrente fa valere che la Commissione non le ha concesso la possibilità e il tempo di trattare tale punto, dal momento che essa riteneva che il relativo termine fosse scaduto. La Commissione avrebbe dovuto prorogare o sospendere i propri termini amministrativi per concederle la debita possibilità di difendere la sua posizione. Ciò sarebbe tanto più vero in considerazione del fatto che essa avrebbe ricevuto assicurazioni precise, in occasione della riunione dell’EPCO organizzata dal 27 giugno al 1° luglio 2005, anche da parte del gruppo SPR, che non era necessario alcuno studio a lungo termine. La situazione della ricorrente sarebbe pertanto comparabile a quella della ricorrente nella causa sfociata nella sentenza IQV, citata supra al punto 93. Inoltre, la negligenza di cui avrebbe dato prova la Commissione nei confronti del diritto della ricorrente di essere sentita sarebbe accentuata dal fatto che la ricorrente avrebbe fatto del suo meglio nell’intero corso della valutazione al fine di soddisfare ogni richiesta proveniente dalle autorità competenti. Infine, le autorità competenti, dal momento che non avrebbero rispettato i termini regolamentari, non potrebbero legittimamente cercare di far rispettare alla lettera i termini imposti alla ricorrente.

124 In secondo luogo, quanto all’inadempimento dell’obbligo di esaminare attentamente le osservazioni della ricorrente, quest’ultima rileva che, al ‘considerando’ 6 della decisione impugnata, la Commissione fa valere che tutte le osservazioni che essa ha presentato sono state esaminate attentamente. Orbene, ciò non si sarebbe verificato nel caso di specie.

125 In tal senso, la ricorrente sostiene che la Commissione è incorsa in un errore manifesto di valutazione non consentendole di presentare i nuovi studi a lungo termine, dopo aver respinto i suoi argomenti nonché il parere del gruppo SPR, secondo il quale tali studi erano inutili.

126 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente capo debba essere respinto.

– Giudizio del Tribunale

127 Occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, il rispetto del diritto di difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e idoneo a sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto comunitario che dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma disciplinante la procedura di cui trattasi. Tale principio impone che i destinatari di decisioni che pregiudichino in maniera sensibile i loro interessi siano messi in condizione di far conoscere utilmente il proprio punto di vista (v., in tal senso, sentenza della Corte 15 giugno 2006, causa C‑28/05, Dokter e a., Racc. pag. I‑5431, punto 74, e sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 130).

128 Nel caso di specie, occorre anzitutto rilevare che la decisione impugnata lede la ricorrente dal momento che respinge la sua domanda di far iscrivere il disclorvos all’allegato I della direttiva 91/414.

129 Poi, in primo luogo, quanto all’argomento della ricorrente secondo cui sarebbe stato violato il suo diritto di difesa, in quanto non le sarebbero stati concessi né la possibilità né il tempo sufficienti per presentare gli studi di risposta alle obiezioni relative all’assenza di studi a lungo termine, sollevate nella relazione dell’AESA, si deve rilevare, anzitutto, che le disposizioni regolamentari applicabili non prevedono alcun obbligo di concedere a un notificante l’opportunità di presentare studi nel corso della procedura di valutazione.

130 In tal senso, l’art. 8, nn. 2 e 5, del regolamento n. 451/2000 prevede che «nuovi studi», in linea di principio, non siano ammessi nel momento in cui, rispettivamente, lo SMR e l’AESA abbiano iniziato la valutazione della sostanza attiva. Anche se, secondo dette disposizioni, lo SMR, eventualmente con l’accordo dell’AESA, quando il PRV è già stato trasmesso a quest’ultima, può invitare il notificante a presentare, entro termini specifici, ulteriori dati che lo SMR o l’AESA ritengano necessari per chiarire il fascicolo, tali disposizioni non prevedono detta eccezione per la presentazione di nuovi studi. A fortiori, non sussiste alcuna possibilità di fornire ulteriori dati o studi successivamente al completamento, da parte dell’AESA, della sua relazione.

131 In secondo luogo, contrariamente a quanto asserisce la ricorrente, la Commissione non era tenuta a prorogare o sospendere i termini di legge per concederle la debita possibilità di difendere la sua posizione. Secondo la ricorrente, tale obbligo discenderebbe, da una parte, dalle precise assicurazioni, secondo cui non sarebbe stato necessario alcuno studio a lungo termine, ricevute durante la riunione dell’EPCO organizzata dal 27 giugno al 1° luglio 2005 anche da parte del gruppo SPR e, dall’altra, dalla sentenza IQV, citata supra al punto 93.

132 Orbene, da una parte, indipendentemente dalla questione se la ricorrente abbia effettivamente ricevuto assicurazioni precise, secondo cui non sarebbe stato necessario alcuno studio a lungo termine, siffatte assicurazioni non avrebbero potuto fondare il legittimo affidamento, nei confronti della ricorrente, dal momento che l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000 prevede espressamente che, in linea di principio, nuovi studi non siano ammessi nel momento in cui l’AESA ha iniziato la sua valutazione della sostanza attiva. Infatti, dalla giurisprudenza risulta che solo assicurazioni conformi alle norme applicabili possono fondare il legittimo affidamento (sentenze del Tribunale 30 giugno 2005, causa T‑347/03, Branco/Commissione, Racc. pag. II‑2555, punto 102, e 23 febbraio 2006, causa T‑282/02, Cementbouw Handel & Industrie/Commissione, Racc. pag. II‑319, punto 77).

133 D’altra parte, la sentenza IQV, citata supra al punto 93, non è di alcun ausilio nella specie. Da tale sentenza, infatti, risulta che la proroga del termine di valutazione di una sostanza attiva si impone se non è impossibile derogare ai termini procedurali fissati dalla normativa in parola e se le parti che hanno notificato la sostanza attiva si sono trovate in una situazione di forza maggiore che ha impedito loro di osservare i termini procedurali, circostanza che potrebbe sussistere se l’impossibilità di osservare i suddetti termini sia stata dovuta, almeno in parte, al comportamento contraddittorio delle autorità competenti (sentenza IQV, cit. supra al punto 93, punti da 84 a 88, e sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 89). Nel caso di specie, senza che occorra esaminare se sarebbe stato possibile derogare ai termini procedurali fissati dalla normativa in parola, è giocoforza rilevare che la ricorrente non ha dedotto alcun elemento inteso a dimostrare che si trovava in una situazione di forza maggiore che le avrebbe impedito di rispettare tali termini. Al contrario, come già affermato al precedente punto 58, il PRV, comunicato alla ricorrente nel giugno 2004, rilevava già che il fascicolo, quale notificato da quest’ultima, non conteneva tutti gli elementi necessari per consentire all’AESA una valutazione soddisfacente degli effetti nocivi del disclorvos. In particolare, esso menziona, al punto 4.6, la necessità di presentare uno studio concernente la tossicità a lungo termine del disclorvos.

134 In secondo luogo, quanto all’asserita violazione dell’obbligo di offrire alla ricorrente la possibilità e il tempo sufficienti per formulare commenti nonché all’obbligo di esaminare attentamente i commenti formulati, si deve rilevare che dal ‘considerando’ 6 della decisione impugnata emerge che la ricorrente è stata invitata a formulare tali osservazioni sulla relazione dell’AESA, invito al quale essa ha aderito con il deposito, in data 22 giugno 2006, dei suoi commenti. Lo stesso ‘considerando’ conferma che i commenti della ricorrente «sono stati esaminati attentamente», ma che «i problemi (…) sono rimasti irrisolti». Ne consegue che non solo la ricorrente è stata invitata a formulare i propri commenti, ma che essi sono stati, inoltre, esaminati attentamente.

135 Pertanto, si deve concludere che il diritto della ricorrente di essere sentita nel corso della procedura precedente all’adozione della decisione impugnata è stato rispettato. Il primo capo del quarto motivo, pertanto, deve essere dichiarato infondato.

Sul secondo capo del quarto motivo

– Argomenti delle parti

136 La ricorrente sostiene che, nell’affrettarsi a respingere il parere del gruppo SPR e i suoi commenti comunicati il 22 giugno 2006, senza prendere in considerazione altre modalità di risoluzione del conflitto di opinioni tra esperti, ad esempio chiedendo un altro parere o concedendo alla ricorrente più tempo per raccogliere i dati necessari, la Commissione abbia violato il principio di proporzionalità.

137 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente capo debba essere respinto.

– Giudizio del Tribunale

138 Secondo giurisprudenza costante, il principio di proporzionalità, che è uno dei principi generali del diritto comunitario, richiede che gli atti delle istituzioni comunitarie non superino i limiti di quanto sia idoneo e necessario al conseguimento degli scopi legittimi perseguiti dalla normativa in questione, fermo restando che, qualora sia possibile una scelta fra più misure appropriate, si deve ricorrere alla meno restrittiva e che gli inconvenienti causati non devono essere sproporzionati rispetto agli scopi perseguiti (sentenza della Corte 18 novembre 1987, causa 137/85, Maizena e a., Racc. pag. 4587, punto 15; sentenze Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 116, punto 411, e Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 223).

139 Tuttavia, in materia di politica agricola, il controllo giurisdizionale del principio di proporzionalità è peculiare, in quanto la Corte e il Tribunale riconoscono al legislatore comunitario un potere discrezionale corrispondente alle responsabilità politiche che gli artt. da 30 a 37 CE gli attribuiscono (sentenza della Corte 5 maggio 1998, causa C‑157/96, National Farmers’ Union e a., Racc. pag. I‑2211, punto 61). Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l\'istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale provvedimento (sentenza della Corte 12 luglio 2001, causa C‑189/01, Jippes e a., Racc. pag. I‑5689, punto 82 ; sentenze del Tribunale Pfizer Animal Health/Consiglio, cit. supra al punto 116, punto 412, e 11 settembre 2002, causa T‑70/99, Alpharma/Consiglio, Racc. pag. II‑3495, punti da 177 a 180).

140 La ricorrente pretende, in sostanza, che la Commissione non avrebbe dovuto respingere il parere del gruppo SPR e le sue osservazioni comunicate il 22 giugno 2006, senza prendere in considerazione altre modalità di risoluzione del conflitto di opinioni tra esperti, ad esempio chiedendo un altro parere o concedendole più tempo per raccogliere i dati necessari.

141 Al riguardo, occorre rilevare che l’argomento secondo il quale la Commissione avrebe potuto chiedere un altro parere o prorogare i termini di legge non trova alcun fondamento nel contesto normativo applicabile. Infatti, nel momento in cui la Commissione interviene nel contesto della valutazione della sostanza attiva, l’AESA ha già formulato, ai sensi dell’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, un parere sulla conformità di detta sostanza ai requisiti di sicurezza della direttiva 91/414. Orbene, in tale fase del procedimento, né la direttiva 91/414 né il regolamento n. 451/2000 prevedono la possibilità di chiedere un parere supplementare. Inoltre, è stato acclarato, ai precedenti punti da 129 a 133, che, salvo in caso di forza maggiore, non è possibile alcuna proroga dei termini di legge e che la ricorrente non ha dedotto alcun elemento inteso a dimostrare che si trovava in una situazione di forza maggiore.

142 Pertanto, occorre rilevare che la ricorrente non ha dimostrato che la Commissione disponesse di una scelta tra più misure adeguate, imponendole di far ricorso alla misura meno restrittiva, conformemente al principio di proporzionalità.

143 In ogni caso, occorre rilevare che l’affermazione, secondo cui la Commissione si sarebbe affrettata a respingere il parere del gruppo SPR nonché le osservazioni della ricorrente sulla relazione dell’AESA, non è esatta in punto di fatto. Infatti, è stato accertato, rispettivamente ai precedenti punti 74 e 134, che i termini del parere del gruppo SPR sono stati fedelmente ripresi nella relazione dell’AESA e che le osservazioni della ricorrente su tale relazione sono state esaminate attentamente. Pertanto, si deve rilevare che quanto dedotto dalla ricorrente non è fondato.

144 Nemmeno il secondo capo del quarto motivo può essere, pertanto, accolto, sicché tale motivo deve essere respinto in quanto infondato.

Sul quinto motivo, attinente alla violazione del principio di tutela del legittimo affidamento

Argomenti delle parti

145 La ricorrente pretende che il principio di tutela del legittimo affidamento sarebbe stato violato in due occasioni. Da una parte, avrebbe ricevuto assicurazioni che i nuovi dati che presentava, nel contesto dell’esame del disclorvos, sarebbero stati studiati e sarebbero stati oggetto di un esame inter pares. Tali assicurazioni sarebbro provenute da due organi che agiscono in nome o su incarico della Commissione, dello SMR e dell’AESA. Non sottoponendo ad un esame inter pares i dati presentati dalla ricorrente, la Commissione avrebbe leso le sue legittime aspettative.

146 Dall’altra, la ricorrente sostiene che sarebbe stata indotta a credere che fosse inutile elaborare uno studio del carattere cancerogeno a lungo termine, perché il calendario di lavoro non lo avrebbe consentito, e che la questione sarebbe stata presentata al gruppo SPR ai fini di una conclusione definitiva. Il fatto che il gruppo SPR abbia emesso un parere che dissipava ogni preoccupazione in ordine al carattere cancerogeno e alla genotossicità avrebbe rafforzato il suo legittimo affidamento nel fatto che l’AESA avrebbe emesso una relazione compatibile con tale parere.

147 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

148 Secondo giurisprudenza costante, il diritto di invocare la tutela del legittimo affidamento si estende a chiunque si trovi in una situazione dalla quale risulti che l\'amministrazione comunitaria, fornendogli assicurazioni precise, gli abbia suscitato aspettative fondate (sentenza della Corte du 15 luglio 2004, cause riunite C‑37/02 e C‑38/02, Di Lenardo e Dilexport, Racc. pag. I‑6911, punto 70; sentenza del Tribunale 17 dicembre 1998, causa T‑203/96, Embassy Limousines & Services/Parlamento, Racc. pag. II‑4239, punto 74; v. anche, in tal senso, sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 153). Costituiscono tali asicurazioni, indipendentemente dalla forma nella quale siano comunicate, informazioni precise, incondizionate e concordanti, provenienti da fonti autorizzate e affidabili (v., in tal senso, sentenza della Corte 25 maggio 2000, causa C‑82/98 P, Kögler/Corte di giustizia, Racc. pag. I‑3855, punto 33). Per contro, nessuno può invocare la violazione di tale principio in assenza di assicurazioni precise che gli siano state fornite dall’amministrazione (sentenze della Corte 24 novembre 2005, causa C‑506/03, Germania/Commissione, non pubblicata nella Raccolta, punto 58, e 22 giugno 2006, cause riunite C‑182/03 e C‑217/03, Belgio e Forum 187/Commissione, Racc. pag. I‑5479, punto 147).

149 Al riguardo, in primo luogo, occorre rilevare che, nel contesto della procedura di valutazione di una sostanza attiva ai fini della sua iscrizione all’allegato I della direttiva 91/414, prevista dall’art. 8 del regolamento n. 451/2000, l’AESA valuta gli effetti nocivi della sostanza di cui trattasi e invia un parere scientifico su tale punto alla Commissione. Detto parere scientifico è elaborato sulla base del PRV, come valutato nel corso di un esame inter pares dagli Stati membri e, se necessario, da esperti nazionali. In linea di principio, si verifica un contatto tra il notificante o i notificanti della sostanza attiva di cui trattasi e l’AESA prima che abbia inizio l’esame inter pares. Spetta poi alla Commissione e, eventualmente, al Consiglio prendere una decisione definitiva sulla sostanza attiva in questione. In considerazione del ruolo in tal modo attribuito all’AESA nel contesto della procedura di valutazione di una sostanza attiva, si deve ritenere che, contrariamente a quanto asserisce la Commissione, sia le assicurazioni precise formulate dalla Commissione sia quelle formulate dall’AESA nel corso della procedura di valutazione della sostanza attiva sono tali da fondare il legittimo affidamento del notificante.

150 In secondo luogo, con riguardo alle asserite assicurazioni ricevute dalla ricorrente, secondo cui i nuovi dati da essa presentati, nel contesto dell’esame del disclorvos, sarebbero stati studiati e sarebbero stati oggetto di un esame inter pares, occorre rilevare, anzitutto, che la ricorrente non precisa quali dati sarebbero stati presentati, ma non valutati. Orbene, ai sensi dell’art. 21, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia, applicabile al procedimento dinanzi al Tribunale in forza dell’art. 53, primo comma, del medesimo Statuto, e ai sensi dell’art. 44, n. 1, del regolamento di procedura del Tribunale, il ricorso deve contenere un’esposizione sommaria dei motivi dedotti. Ciò significa che il ricorso deve chiarire il motivo sul quale il ricorso stesso si basa, di modo che la semplice enunciazione astratta dei motivi non risponde alle prescrizioni dello Statuto della Corte e del regolamento di procedura (sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 120). Pertanto, in considerazione del fatto che l’affermaizone della ricorrente concernente i dati asseritamente presentati, ma non valutati, manca di precisione, tale censura deve essere dichiarata irricevibile.

151 In terzo luogo, quanto all’argomento relativo al fatto che la ricorrente sarebbe stata indotta a ritenere inutile elaborare uno studio del carattere cancerogeno a lungo termine del disclorvos perché, innanzitutto, il calendario di lavoro non lo avrebbe consentito, secondo, la questione sarebbe stata presentata al gruppo SPR ai fini di una conclusione definitiva e, terzo, il gruppo SPR avrebbe emanato un parere che dissipava ogni preoccupazione concernente il carattere cancerogeno e la genotossicità del disclorvos, è giocoforza rilevare che la ricorrente non pretende di aver ricevuto assicurazioni precise nel senso che fosse inutile elaborare un tale studio. Essa si limita, infatti, ad asserire di aver dedotto da taluni elementi di fatto che non doveva presentare studi a lungo termine. Ne consegue che, in assenza di assicurazioni precise fornite dall’AESA o dalla Commissione al riguardo, non può essere fatta valere alcuna violazione del principio di tutela del legittimo affidamento.

152 Alla luce delle suesposte considerazioni, il quinto motivo deve essere respinto.

Sul sesto motivo, attinente alla violazione del principio di buona amministrazione e del dovere di eccellenza e di indipendenza dei pareri scientifici

Argomenti delle parti

153 La ricorrente fa valere che la Commissione ha violato il principio di buona amministrazione, come sancito dall’art. 211 CE, non avendo fondato la decisione impugnata, primo, su pareri scientifici indipendenti, secondo, su elementi di prova decisivi, terzo, su un esame scientifico effettuato in tempo utile, quarto, su una valutazione diligente e meticolosa di tutti i dati e omettendo di avvertire la ricorrente del fatto che il livello qualitativo del suo fascicolo era insufficiente.

154 In primo luogo, a parere della ricorrente, la relazione dell’AESA e la decisione impugnata non soddisfano i requisiti di indipendenza. Infatti, come risulterebbe da tale relazione, che menzionerebbe il fatto che «è stato inteso alla riunione con i rappresentanti dello Stato membro nel mese di aprile del 2006 che la valutazione dei rischi continuava a non essere decisiva», e dal ‘considerando’ 4 della decisione impugnata, l’AESA avrebbe adottato la propria relazione subordinando il proprio parere relativo al carattere cancerogeno e alla genotossicità del disclorvos ad una valutazione e a un esame da parte dei rappresentanti degli Stati membri, il 5 aprile 2006. Sarebbe la partecipazione dei rappresentanti degli Stati membri all’adozione del parere scientifico dell’AESA, conformemente all’art. 8, n. 7, del regolamento n. 451/2000, che comprometterebbe l’indipendenza del parere stesso.

155 In secondo luogo, la ricorrente rileva che gli esperti nazionali si sono limitati ad affermare che i dati sul carattere cancerogeno e sulla genotossicità non erano decisivi, che un nuovo studio a lungo termine era controindicato in tale fase e che spettava al gruppo SPR di concludere definitivamente su tale punto. Secondo la ricorrente, da una parte, gli esperti hanno ritenuto, infatti, che un nuovo studio a lungo termine fosse controindicato, in considerazione della scadenza dei termini amministrativi generali. Orbene, dalla sentenza IQV, citata supra al punto 93, risulterebbe che la necessità di rispettare termini stretti non può prevalere sulla necessità di procedere ad una valutazione dei rischi esaustiva e conforme allo stato attuale delle conoscenze. D’altra parte, se i dati non erano decisivi e se solo il gruppo SPR era in grado di concludere su tale punto, la ragione per cui gli esperti non si sono conformati al parere del gruppo SPR non sarebbe chiara. Pertanto, non adeguandosi al parere del gruppo SPR, la Commissione sarebbe incorsa in un errore manifesto di valutazione e avrebbe violato il suo obbligo di buona amministrazione.

156 In terzo luogo, secondo la ricorrente, la Commissione è venuta meno, nella specie, al proprio obbligo di rispettare il calendario fissato dalla direttiva 91/414 e dai suoi allegati ai fini della valutazione dei prodotti fitosanitari, in quanto l’AESA ha presentato la sua relazione alla Commissione oltre il termine previsto dal regolamento n. 451/2000.

157 In quarto luogo, la ricorrente sostiene che la Commissione avrebbe inoltre violato il proprio obbligo di buona amministrazione, nonché il proprio obbligo di esaminare ogni fascicolo con diligenza e imparzialità, non sottoponendo agli Stati membri e all’AESA le osservazioni depositate dalla ricorrente il 22 giugno 2006, mentre, secondo la giurisprudenza, era tenuta a presentare gli studi o i dati pertinenti per la valutazione del disclorvos al medesimo esame di tutti gli studi invocati nel corso del lavoro di valutazione.

158 In quinto luogo, la ricorrente sostiene, nella replica, che la Commissione, se ritenenva che il fascicolo era di un livello qualitativo così scarso da non poter procedere ad una valutazione del rischio, sarebbe stata tenuta, in forza del principio di buona amministrazione, ad avvertirla tra il deposito del suo fascicolo nell’aprile 2002, e la pubblicazione della decisione impugnata, nel giugno 2007.

159 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

160 In primo luogo, quanto alla censura della ricorrente attinente al fatto che la decisione impugnata non si sarebbe fondata su pareri scientifici indipendenti, occorre rilevare che l’argomentazione svolta dalla ricorrente nel contesto del presente motivo è identica a quella elaborata nell’ambito del secondo motivo. Orbene, è stato rilevato che detta argomentazione era infondata. Tale censura, pertanto, deve essere respinta.

161 In secondo luogo, quanto alla censura della ricorrente attinente al fatto che la decisione impugnata non si sarebbe fondata su elementi di prova decisivi, si deve osservare che la ricorrente asserisce, in sostanza, da una parte, che l’applicazione di termini stretti non potrebbe prevalere sulla necessità di procedere ad una valutazione dei rischi esaustiva e conforme allo stato attuale delle conoscenze e, dall’altra, che la Commissione, non adeguandosi al parere del gruppo SPR, sarebbe incorsa in un errore manifesto di valutazione. Occorre rilevare che, in sostanza, tale argomentazione è identica a quella svolta, rispettivamente, nel contesto del primo capo del quarto motivo e nel contesto del secondo capo del primo motivo. Orbene, è stato rilevato che detta argomentazione era infondata. Tale censura, pertanto, deve essere respinta.

162 In terzo luogo, quanto alla censura della ricorrente attinente al fatto che la decisione impugnata non si sarebbe fondata su un esame scientifico svolto in tempo utile, occorre rilevare che tale argomentazione è identica a quella svolta nel contesto del primo capo del primo motivo. Orbene, è stato rilevato che detta argomentazione era infondata. Tale censura, pertanto, deve essere respinta.

163 In quarto luogo, quanto alla censura della ricorrente attinente al fatto che la decisione impugnata non si sarebbe fondata su una valutazione diligente e meticolosa di tutti i dati, si deve osservare che la ricorrente fonda la sua censura sulla circostanza che la Commissione avrebbe omesso di comunicare agli Stati membri e all’AESA le osservazioni che essa ha presentato il 22 giugno 2006. Tale argomentazione è identica, in sostanza, a quella svolta nel contesto del terzo capo del primo motivo. Orbene, è stato affermato che detta argomentazione era infondata. Tale censura, pertanto, deve essere respinta.

164 In quinto luogo, quanto alla censura della ricorrente attinente al fatto che la Commissione sarebbe stata tenuta, in forza del principio di buona amministrazione, a metterla al corrente dello scarso livello qualitativo del suo fascicolo tra il deposito dello stesso, nell’aprile 2002, e la data di pubblicazione della decisione impugnata, si è già osservato, al precedente punto 58, che dal PRV, dal suo addendum nonché dalla relazione dell’AESA, documenti comunicati alla ricorrente tra il 2004 e il 2006, risultava che il fascicolo, come notificato dalla ricorrente, non conteneva tutti gli elementi necessari per consentire all’AESA una valutazione soddisfacente degli effetti nocivi del disclorvos. Inoltre, dagli atti di causa risulta che la ricorrente era stata informata dell’esistenza di lacune nel suo fascicolo nel 2003, addirittura prima che il PRV fosse completato. Pertanto, la ricorrente non può asserire di non essere stata messa al corrente dello scadente livello qualitativo del suo fascicolo.

165 Alla luce delle suesposte considerazioni, il sesto motivo deve essere dichiarato infondato.

Sul settimo motivo, attinente alla violazione del principio di parità di trattamento

Argomenti delle parti

166 La ricorrente ritiene che le sostanze attive, assoggettate ad una valutazione dei rischi nel contesto del programma di lavoro transitorio condotto dalla Commissione, ai sensi dell’art. 8, n. 2, della direttiva 91/414, si trovino in una situazione identica. Orbene, essa osserva che diverse sostanze, quali il maneb, il mancozeb e l’oxamil, sono state iscritte nell’allegato I della direttiva 91/414 pur presentando rischi di tossicità sulla base dei dati forniti, a condizione, tuttavia, che le sostanze in cause fossero assoggettate a prove supplementari, conformemente all’art. 6, n. 1, della direttiva 91/414.

167 Pertanto, la decisione impugnata violerebbe il «principio di non discriminazione», in quanto non sussisterebbe alcun motivo che giustificherebbe obiettivamente la distinzione operata, ai fini dell’applicazione dell’art. 6, n. 1, della direttiva 91/414, tra l’oxamil, il mancozeb e il maneb, da una parte, e il disclorvos, dall’altra.

168 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

169 Occorre ricordare che il principio della parità di trattamento osta a che situazioni analoghe vengano trattate in maniera differente e a che situazioni differenti vengono trattate in maniera identica, a meno che un tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenze del Tribunale 25 ottobre 2005, causa T‑38/02, Groupe Danone/Commissione, Racc. pag. II‑4407, punto 453, e Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 236).

170 Nella specie, la ricorrente ritiene che il disclorvos sia comparabile alle sostanze attive previste dalla direttiva della Commissione 21 ottobre 2005, 2005/72/CE, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio al fine di includere le sostanze attive clorpirifos, clorpirifos metile, mancozeb, maneb e metiram (GU L 279, pag. 63), dalla direttiva della Commissione 7 febbraio 2006, 2006/16/CE, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l\'iscrizione della sostanza attiva oxamil (GU L 36, pag. 37), nonché dalla direttiva della Commissione 23 aprile 2007, 2007/25/CE, che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio con l’iscrizione delle sostanze attive dimetoato, dimetomorf, glufosinate, metribuzin, fosmet e propamocarb (GU L 106, pag. 34). In tali direttive, la Commissione ha accettato l’iscrizione delle sostanze attive di cui trattasi all’allegato I della direttiva 91/414 a condizione che fossero svolti studi complementari.

171 Il Tribunale rileva che dal ‘considerando’ 5 della direttiva 2005/72, dal ‘considerando’ 4 della direttiva 2006/16 e dal ‘considerando’ 4 della direttiva 2007/25 risulta che la Commissione ha ritenuto che le valutazioni effettuate avessero dimostrato che i prodotti fitosanitari contenenti le sostanze attive previste da tali direttive potevano ottemperare, in linea di massima, alle prescrizioni di cui all’articolo 5, n. 1, lettere a) e b), della direttiva 91/414. Pertanto, si è proceduto all’iscrizione di tali sostanze attive all’allegato I di detta direttiva, a condizione, tuttavia, che fossero svolti esami complementari, intesi a confermare la valutazione dei rischi su alcuni punti punti.

172 Per contro, per il disclorvos, la Commissione non ha mai rilevato che i prodotti fitosanitari contenenti tale sostanza attiva soddisfacessero i requisiti previsti dall’art. 5, n. 1, lett. a) e b), della direttiva 91/414. Al contrario, al ‘considerando’ 6 della decisione impugnata ha affermato che «le valutazioni effettuate sulla base delle informazioni fornite e valutate nelle riunioni degli esperti dell’EFSA non [avevano] dimostrato che, alle condizioni d’impiego proposte, i prodotti fitosanitari contenenti diclorvos possono soddisfare in generale le prescrizioni di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettere a) e b) della direttiva 91/414/».

173 Dal momento che la valutazione del disclorvos, da una parte, e delle sostanze attive di cui alle direttive 2005/72, 2006/16 e 2007/25, dall’altra, ha portato a risultati differenti, la Commissione ha potuto reservare un trattamento differente al disclorvos e ha pertanto potuto decidere, senza violare il principio di parità di trattamento, di non inscrivere tale sostanza attiva all’allegato I della direttiva 91/414.

174 Pertanto, il settimo motivo deve essere dichiarato infondato.

Sull’ottavo motivo, attinente alla violazione dell’art. 95 CE nonché dell’art. 4, n. 1, e dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

Argomenti delle parti

175 La ricorrente fa valere che la Commissione non ha adottato la decisione impugnata tenendo conto dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche disponibili al 6 giugno 2007, data di adozione di detta decisione. In tal modo, essa avrebbe violato l’art. 95 CE nonché l’art. 4, n. 1, e l’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414.

176 Al riguardo, la ricorrente ricorda che l’art. 95, n. 3, CE dispone che, quando adottano misure in materia di tutela della sanità pubblica e dell’ambiente, le istituzioni comunitarie devono tener conto di tutti gli elementi scientifici a loro disposizione. Inoltre, l’art. 5 della direttiva 91/414 non conferirebbe alla Commissione la facoltà di derogare all’obbligo di adottare le decisioni in materia tenendo conto dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche. Tale tesi sarebbe avvalorata dalla giurisprudenza della Corte e del Tribunale. Infine, l’art. 4 della direttiva 91/414 conterrebbe un riferimento alla necessità, per gli Stati membri, di emanare decisioni pertinenti riguardo alle sostanze attive tenendo conto dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche.

177 Orbene, la ricorrente rileva, da una parte, che la Commissione non ha esaminato tutti i dati a sua disposizione. Infatti, la ricorrente avrebbe presentato diversi studi alla Commissione, nell’agosto 2005, in cui valutava, in primo luogo, i livelli di esposizione dell’operatore al disclorvos, in secondo luogo, il rischio al quale erano esposte le persone presenti, in terzo luogo, le proprietà fisiche e chimiche del disclorvos e, in quarto luogo, il metodo analitico nell’acqua. Inoltre, nel marzo 2006, avrebbe parimenti presentato lo studio richiesto concernente il metodo analitico nell’aria. Tali studi non sarebbero mai stati considerati, nonostante l’assicurazione esplicita in senso contrario. La ricorrente rileva, d’altra parte, che la Commissione non l’ha autorizzata a presentare dati più decisivi, avendo ritenuto che il termine a tal fine fosse scaduto.

178 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

– Sul motivo attinente della violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414

179 Occorre ricordare che l’art. 5, n. 1, lett. b), della direttiva 91/414 prevede che, perché una sostanza possa essere iscritta all’allegato I della direttiva medesima, deve potersi prevedere, in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche, che l’impiego dei prodotti fitosanitari contenenti la sostanza attiva in oggetto, derivante da un\'applicazione conforme alla buona pratica fitosanitaria, non abbia effetti nocivi sulla salute dell\'uomo o degli animali né un influsso inaccettabile sull\'ambiente, come stabilito dall\'articolo 4, n. 1, lett. b), punti iv) e v) della stessa direttiva.

180 Tale disposizione, interpretata alla luce del principio di precauzione, implica, con riferimento alla salute umana, che l’esistenza di indizi seri i quali, senza eliminare l’incertezza scientifica, consentano ragionevolmente di dubitare dell’innocuità di una sostanza, osta, in linea di principio, all’iscrizione di tale sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414. Il principio di precauzione mira, infatti, ad evitare i rischi potenziali (sentenza del Tribunale 11 luglio 2007, causa T‑229/04, Svezia/Commissione, Racc. pag. II‑2437, punto 161).

181 È però importante precisare che dal riferimento nell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 alle «attuali conoscenze scientifiche e tecniche» non può dedursi che le imprese che abbiano notificato una sostanza attiva e che si trovino di fronte alla probabilità di una decisione di non iscrizione di tale sostanza nell’allegato I della direttiva 91/414 dovrebbero fruire della possibilità di produrre nuovi dati fintantoché persistono dubbi concernenti l’innocuità della suddetta sostanza attiva. Un’interpretazione siffatta sarebbe contraria all’obiettivo di un elevato livello di protezione dell’ambiente e della salute umana ed animale sotteso all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, in quanto equivarrebbe ad accordare alla parte notificatrice della sostanza attiva, che ha, da un lato, l’onere della prova della sua innocuità e, dall’altro, la migliore conoscenza della sostanza in questione, un diritto di veto rispetto ad un’eventuale decisione di non iscrizione della sostanza stessa nell’allegato I della direttiva 91/414 (sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 93).

182 A ciò si aggiunga che occorre rilevare che una siffatta interpretazione di detta disposizione sarebbe tanto più inconcepibile, considerata l’esistenza, come indicato al ‘considerando’ 10 della decisione impugnata, della possibilità di (ri)notificare la sostanza attiva in vista della sua eventuale iscrizione nell’allegato I della direttiva 91/414 sul fondamento dell’art. 6, n. 2, di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Bayer CropScience e a./Commissione, cit. supra al punto 92, punto 94).

183 Inoltre, come si è già affermato al precedente punto 130, si deve rilevare che sussistono disposizioni regolamentari precise concernenti i termini che i notificanti devono rispettare per il deposito di studi e di dati, nel contesto della procedura generale di valutazione delle sostanze attive della direttiva 91/414, in particolare all’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000. Dal momento che la ricorrente non asserisce di aver presentato dati complementari sollecitati dall’AESA, unitamente allo SMR, nella riunione di valutazione del 9 febbraio 2005, deve rilevarsi che gli studi non presi in considerazione dalla Commissione non sono stati presentati conformemente a tale articolo.

184 Anche se, come osservato dalla ricorrente, l’art. 8, n. 5, del regolamento n. 451/2000 non conferisce alla Commissione il potere di derogare all’obbligo che le decisioni adottate ai sensi della direttiva 91/414 lo siano in base alle attuali conoscenze scientifiche e tecniche, tale disposizione deve essere oggetto di un’interpretazione conforme alla ratio dell’art. 5 della direttiva 91/414 di cui essa fissa le modalità pratiche di applicazione.

185 Orbene, è già stato rilevato, al precedente punto 133, che la proroga del termine di valutazione di una sostanza attiva – e, eventualmente, di presentazione di nuovi dati – si impone solo se, da una parte, non è impossibile derogare ai termini procedurali fissati dalla normativa in parola e, dall’altra, se le parti che hanno notificato la sostanza attiva si sono trovate in una situazione di forza maggiore che ha impedito loro di osservare i termini procedurali. Oltre all’ipotesi, già menzionata al precedente punto 133, nella quale l’impossibilità di osservare i suddetti termini sia imputabile al comportamento contraddittorio delle autorità competenti, una siffatta circostanza è ipotizzabile quando le attuali conoscenze scientifiche e tecniche siano evolute, in modo imprevedibile, successivamente alla notifica del fascicolo allo SMR.

186 Nel caso di specie, deve necessariamente rilevarsi che la ricorrente non ha dedotto alcun elemento inteso a dimostrare che si trovasse in una situazione di forza maggiore che le avrebbe impedito di rispettare i termini. In particolare, non è stata dimostrata alcuna nuova evoluzione nelle conoscenze scientifiche e tecniche concernenti il disclorvos, successivamente alla notifica del fascicolo allo SMR, tale da mettere in discussione l’affidabilità delle informazioni contenute nello stesso fascicolo.

187 Pertanto, la censura relativa all’asserita violazione dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414 deve essere respinta.

– Sul motivo attinente della violazione dell’art. 95, n. 3, CE

188 Occorre ricordare che l’art. 95, n. 3, CE prevede che la Commissione, nelle sue proposte al Consiglio per il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri che hanno per oggetto l\'instaurazione ed il funzionamento del mercato interno in materia di sanità, sicurezza, protezione dell\'ambiente e protezione dei consumatori, si basa su un livello di protezione elevato, tenuto conto, in particolare, di tutti i nuovi sviluppi fondati su riscontri scientifici. L’art. 152, n. 1, CE dispone che nella definizione e nell\'attuazione di tutte le politiche ed attività della Comunità europea è garantito un livello elevato di protezione della salute umana.

189 Si deve peraltro osservare che la ricorrente deduce, nelle sue memorie, che l’art. 5 della direttiva 91/414 realizza e attua tali disposizioni del Trattato CE. Pertanto, deve necessariamente rilevarsi che l’argomentazione che la ricorrente svolge in ordine all’art. 95, n. 3, CE si confonde con quella svolta con riguardo all’art. 5 della direttiva 91/414. Orbene, è stato rilevato che tale argomentazione è infondata. La censura attinente all’asserita violazione dell’art. 95, n. 3, CE deve, pertanto, essere parimenti respinta, senza che occorra pronunciarsi in ordine all’applicabilità dell’art. 95, n. 3, CE, contestata dalla Commissione.

– Sul motivo attinente della violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 91/414

190 L’art. 4, n. 1, della direttiva 91/414 prevede che gli Stati membri controllano che un prodotto fitosanitario possa essere autorizzato soltanto se la sua innocuità è accertata, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche e tecniche. Atteso che tale articolo, che riguarda il rilascio di autorizzazioni di prodotti fitosanitari (in prosieguo: le «APP») da parte degli Stati membri, è redatto in termini sostanzialmente analoghi a quelli dell’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414, entrambi devono essere interpretati nello stesso modo.

191 Pertanto, indipendentemente dal fatto che tale articolo si rivolge agli Stati membri e non alla Commissione, si deve rilevare che, come per la censura relativa alla violazione dell’art. 95, n. 3, CE, l’argomentazione attinente alla violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 91/414 si confonde con quella relativa all’art. 5, n. 1, della stessa direttiva. Orbene, è stato rilevato che tale argomentazione era infondata. La censura relativa all’asserita violazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva 91/414 deve pertanto essere respinta.

192 Dalle suesposte considerazioni discende che l’argomento della ricorrente relativo all’obbligo della Commissione di tener conto delle «attuali conoscenze scientifiche e tecniche» non può essere accolto. L’ottavo motivo deve pertanto essere respinto in toto in quanto infondato.

Sul nono motivo, attinente alla violazione del principio di sussidiarietà e dell’art. 5 CE

Argomenti delle parti

193 La ricorrente fa valere che la Commissione, se decide di vietare una sostanza attiva senza esaminare se tale decisione potrebbe essere adottata in modo migliore al livello degli Stati membri, viola il principio di sussidiarietà sul quale si fonda, come essa stessa riconosce, la direttiva 91/414.

194 Infatti, secondo la ricorrente, la prassi della Commissione è di esaminare se una sostanza attiva possa essere iscritta all’allegato I della direttiva 91/414, con riserva che siano presentati alle autorità dello Stato membro dati supplementari o di conferma quando i titolari delle APP vogliano giustificare il mantenimento di tali APP. Detta prassi si risolverebbe nel riservare allo Stato membro, nel quale sia richiesta una APP, l’onere di procedere alla valutazione scientifica in ultima istanza della sostanza attiva contenuta in un prodotto fitosanitario. Sarebbero pertanto gli Stati membri a decidere se i dati presentati a livello nazionale siano sufficienti per escludere ogni motivo di preoccupazione. Si tratterebbe, in tal caso, di un aspetto logico del sistema, dal momento che la valutazione di una sostanza attiva fondata sui criteri di valutazione oggettiva dei rischi non può, ad esempio, tenere pienamente conto delle differenze nelle condizioni geografiche e dell’agricoltura proprie di ogni Stato membro.

195 Orbene, la Commissione, sebbene fosse tenuta ex lege a chiedersi in qual misura essa sarebbe stata più idonea degli Stati membri per far propri motivi di preoccupazione che, secondo la decisione impugnata, sussistevano, si sarebbe astenuta da qualsivoglia riflessione in tal senso.

196 La Commissione contesta gli argomenti della ricorrente e sostiene che il presente motivo debba essere respinto.

Giudizio del Tribunale

197 Si deve ricordare che il principio di sussidiarietà è previsto dall’art. 5, secondo comma, CE, ai sensi del quale, nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell\'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell\'azione in questione, essere realizzati meglio a livello comunitario.

198 Si deve peraltro osservare che la decisione impugnata è stata adottata conformemente alle procedure previste dalla direttiva 91/414 e dal regolamento n. 451/2000, che stabilisce le modalità attuative della seconda e della terza fase del programma di lavoro di cui all\'art. 8, n. 2, di detta direttiva. Orbene, la ricorrente non eccepisce l’illegittimità di detta direttiva e di tale regolamento alla luce del principio di sussidiarietà.

199 Al riguardo, occorre rilevare che la direttiva 91/414 ripartisce le responsabilità tra la Comunità e gli Stati membri, in funzione degli obiettivi dell’azione prevista. In tal senso, ai sensi degli artt. 3 e 4 della direttiva 91/414, l’autorizzazione dei prodotti fitosanitari ricade nella responsabilità degli Stati membri. Tuttavia, ai sensi dell’art. 4, n. 1, di detta direttiva, gli Stati membri, in linea di principio, possono autorizzare un prodotto fitosanitario soltanto se le sue sostanze attive sono elencate nell\'allegato I. Inoltre, dall’art. 8, n. 8, del regolamento n. 451/2000 risulta che solo la Commissione o, eventualmente, solo il Consiglio è competente in ordine alla decisione sull’inclusione o meno di una sostanza attiva che ricade nella seconda fase del programma di lavoro all’allegato I della direttiva 91/414. Tale disposizione non consente in alcun caso agli Stati membri di prendere una decisione definitiva sulla questione se la sostanza attiva in questione soddisfi i requisiti di cui all’art. 5, n. 1, della direttiva 91/414.

200 Dal momento che il contesto normativo che disciplina l’adozione della decisione impugnata non prevedeva, al riguardo, l’intervento degli Stati membri, non può contestarsi alla Commissione di aver violato il principio di sussidiarietà.

201 Pertanto, il nono motivo deve essere respinto in quanto inoperante.

202 Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere respinto in toto.

Sulle spese

203 Ai sensi dell’art. 87, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, la ricorrente, rimasta soccombente, va condannata a sopportare le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Seconda Sezione)

dichiara e statuisce:

1) Il ricorso è respinto.

2) La Denka International BV sopporterà le proprie spese nonché quelle sostenute dalla Commissione delle Comunità europee.

Pelikánová


Jürimäe


Soldevila Fragoso

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 19 novembre 2009.

Il cancelliere