TAR Calabria Sez. dist. Reggio C. n.584 del 8 ottobre 2019
Urbanistica.Opere strutturali in cemento armato ed agibilità
Per gli edifici con opere strutturali in cemento armato costruiti dopo l’entrata in vigore della L.n.1086/71, la mancanza del certificato di collaudo non è formalmente giustificabile e la richiesta di agibilità deve essere accompagnata da una vera e propria denuncia delle opere strutturali “a posteriori”, se non già presente e dal successivo collaudo statico. Non si rinviene, del resto, nell’ordinamento alcuna disposizione espressa che consenta di tollerare l’equiparazione, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tra collaudo statico e la certificazione di idoneità statica, ad eccezione di quella prevista dell’art. 35, comma 3, lett. b), L. 28.02.1985, n. 47 che contempla, a determinate condizioni e quale sufficiente ai soli fini del rilascio del condono edilizio, la presentazione di un certificato di idoneità statica. Inoltre, anche nella nuova procedura di segnalazione certificata di agibilità (art. 24 comma 5 del d.P.R. n. 380/01), che in sostanza ricalca i contenuti di quella previgente, si evince solo la richiesta di collaudo statico, ma non si contempla nessun’altra alternativa.
Pubblicato il 08/10/2019
N. 00584/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00758/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
Sezione Staccata di Reggio Calabria
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 758 del 2016, proposto da
Condominio Collina degli Angeli, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Michele Salazar e Claudia Curatola, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Reggio Calabria, via del Gelsomino 45, Sc. E, Int. 9;
contro
Comune di Reggio Calabria-Settore Sportello Unico per L'Edilizia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall' avvocato Emidio Morabito, con domicilio eletto in Reggio Calabria, via S. Anna II Tr. - Palazzo Cedir presso l’Avvocatura Civica;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia
della determina comunale n.1343 del 19 aprile 2016, notificata in data 5 luglio 2016, di ritiro in autotutela del certificato di agibilità n. 395 del 21 dicembre 2015, nonché di tutti gli atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 18 settembre 2019 il dott. Andrea De Col e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato nelle forme e nei termini di legge, l’avv. Giuseppina Alto, in qualità di amministratore del condominio “Collina degli Angeli”, sito in Reggio Calabria alla via Don Luigi Orione n.30, chiede l’annullamento, previa concessione di sospensiva, della determina n. 1343 pubblicata il 7.06.2016 e notificatale il 5.07.2016 con la quale il Comune di Reggio Calabria ha annullato in autotutela il certificato di agibilità n. 395 rilasciato al condominio ricorrente in data 21.12.2015, nonché la caducazione di tutti gli altri atti presupposti, preparatori, connessi e consequenziali.
2. A sostegno dell’impugnazione, il condominio ricorrente assume che la perizia giurata di idoneità statica, redatta dal tecnico di fiducia Ing. Walter Curatola e sulla base della quale era stato rilasciato solo alcuni mesi prima il certificato di agibilità, avrebbe dovuto ritenersi equivalente al certificato di collaudo statico la cui mancanza viene ora addotta a presupposto del ripensamento della P.A..
3. L’illegittimità del provvedimento gravato viene affidata ai seguenti due motivi di ricorso:
I. Violazione di legge (art. 24 D.P.R. 380/2001, in relazione alla Legge 5 novembre 1971 n. 1086) –Eccesso di potere –carenza assoluta del presupposto–arbitrarietà-sviamento –violazione del giusto procedimento –abnormità –difetto di motivazione - difetto di istruttoria –violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi.
Con il primo motivo, il condominio ricorrente censura il provvedimento impugnato nella parte in cui, come si è sopra anticipato, non ha riconosciuto la piena equipollenza del certificato di collaudo statico alla perizia giurata di idoneità statica, atteso che entrambi i documenti sarebbero totalmente sovrapponibili, assolvendo alla medesima funzione che è quella di asseverare la sicurezza strutturale dell’immobile.
Sempre a detta di parte ricorrente, l’azione amministrativa sarebbe viziata da eccesso di potere perché su un immobile rientrante all’interno dell’edificio e appartenente ad altro condomino, si è formato il silenzio assenso su un’istanza di rilascio del certificato di agibilità, ad oggi non revocato.
II. Violazione dell’art. 97 Cost. Violazione degli artt. 3 e 21 nonies, L. 241/90. Violazione dei principi di autotutela della P.A. Eccesso di potere per difetto d’istruttoria ed erronea presupposizione.
Con il secondo motivo, il condominio rimprovera alla P.A. di aver agito in carenza dei presupposti previsti dall’art 21 nonies L. 241/90 per l’esercizio del potere in autotutela, quali il mancato rispetto del termine ragionevole entro il quale adottare l’atto di annullamento, l’omessa considerazione del legittimo affidamento ingenerato nel privato per effetto del decorso del tempo e l’assenza, nel contesto del provvedimento impugnato, di ogni riferimento specifico alla comparazione dell’interesse pubblico ritenuto prevalente al punto da sacrificare quello privato.
La pretesa illegittimità dell’annullamento del certificato di agibilità fonderebbe anche la domanda di risarcimento danni espressamente formulata da parte ricorrente, in ragione del danno ingiusto che i condomini della struttura stanno patendo, impedendo la mancanza del certificato di agibilità il perfezionamento di vendite commerciali già in atto.
4. Con memoria difensiva depositata il 19.11.2016 si è costituito il Comune di Reggio Calabria, eccependo l’irricevibilità del ricorso perché notificato fuori termine e la sua infondatezza nel merito.
5. Con ordinanza n.210 del 23 novembre 2016 la Sezione ha respinto la domanda cautelare, “avuto riguardo all’infungibilità del certificato di collaudo statico ai sensi dell’art. 25, III comma, lett. a), del D.P.R. n. 380/2001”.
6. In vista dell’udienza pubblica fissata per la trattazione nel merito del presente ricorso sono state presentate ulteriori memorie da ambo le parti.
Il condominio ricorrente si è difeso dall’eccezione d’inammissibilità avanzata dal Comune, insistendo sulla circostanza che il termine per l’impugnazione decorrerebbe dal momento della notificazione, in quanto l’atto, essendo di natura recettizia, doveva necessariamente essere notificato ai suoi destinatari, come in effetti è poi accaduto.
Quale ulteriore motivo di illegittimità, parte ricorrente ha invocato la non applicabilità all’immobile de quo, ultimato nel 1998 a seguito di ripetute concessioni in variante, della disciplina normativa richiamata dall’amministrazione che esplicherebbe i suoi effetti solo per gli edifici costruiti successivamente all’entrata in vigore del d.P.R. n.380/01 (30 giugno 2003), a maggior ragione, poi, se si considera che la richiesta di agibilità presentata nel 2015 riguardava solo l’utilizzazione dell’immobile a fini abitativi e non l’esecuzione di nuovi interventi edilizi.
Il Comune resistente, da parte sua, ha posto l’accento sulla piena legittimità ed obbligatorietà della determina di “revoca” che non avrebbe potuto recare diverso contenuto a fronte di un’incompletezza documentale così importante da non essere per legge altrimenti sanabile.
7. Posta in questi termini, all’udienza pubblica del 18 settembre 2019 la causa è stata discussa e posta in decisione.
8. In via preliminare, il Collegio deve farsi carico di esaminare l’eccezione formulata dall’Amministrazione resistente, secondo cui il ricorso sarebbe inammissibile (rectius, irricevibile), essendo stato proposto oltre i termini decadenziali decorrenti, in tesi, non dalla notificazione del provvedimento impugnato (05.07.2016) ma dalla sua pubblicazione all’albo pretorio comunale (07.06.2016).
L’eccezione è infondata.
Al di là della considerazione che è la stessa determinazione comunale n.1343 del 7 giugno 2016 a prevedere espressamente nella sua parte dispositiva la notificazione del provvedimento “alla sig.ra Alto Giuseppina nella qualità di amm.re del condominio “Collina degli Angeli con sede legale in Via del Gelsomini, 35-89128)”, vale il principio, desumibile dall’art. 21 bis della L.n.241/90, per cui per i soggetti direttamente interessati dagli effetti negativi dell’atto ovvero limitativi della loro sfera giuridica, il termine per impugnare decorre dal giorno in cui ha avuto luogo la notifica del provvedimento o da quello in cui ne hanno avuto piena conoscenza.
Viceversa, la pubblicazione all’albo pretorio è valida come presupposto di conoscenza ai fini dell’impugnazione in sede giurisdizionale, a condizione che essa “sia prevista dalla legge o in base alla legge” (art.41 comma 2 c.p.a.) (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2017 n.1978).
Nel caso di specie, è del tutto evidente che il condominio ricorrente sia l’unico soggetto direttamente interessato alla rimozione di un provvedimento annullatorio di precedenti effetti ad esso favorevoli e che pertanto il termine per impugnare, in assenza di prova della piena conoscenza avvenuta aliunde in un momento anteriore, decorra dal giorno della notifica (5 luglio 2016) rispetto al quale il ricorso è certamente tempestivo.
9. Nel merito, il ricorso non è suscettibile di favorevole apprezzamento.
E’ pacifico, in punto di fatto, che la vicenda sottoposta al vaglio di questo Tribunale riguarda la pratica volta al rilascio del certificato di agibilità parziale per un condominio edificato successivamente alla entrata in vigore della L. 05.11.1971 n.1086 (“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica”), laddove, successivamente al termine dei lavori, non risulta essere mai stato presentato il certificato di collaudo statico vistato dall’Ufficio regionale del Genio Civile, nonostante l’originaria concessione e le successive varianti lo prevedessero espressamente.
La questione attorno alla quale ruota il primo motivo di ricorso è se la mancanza del certificato di collaudo statico, richiesta dalla legge ai fini del rilascio del certificato di agibilità, possa essere sopperita dalla certificazione di idoneità statica, resa nelle forme della perizia giurata, da un professionista a ciò abilitato o, in altri termini, se quest’ultima, essendo tendenzialmente idonea ad attestare la sicurezza delle strutture di un edificio, possa ritenersi equipollente sostanzialmente e funzionalmente al certificato di collaudo statico.
Reputa il Collegio che la risposta negativa al predetto quesito sia quella più strettamente aderente al dato normativo, anche alla luce degli interessi di primaria importanza cui è posto a presidio l’istituto del certificato di agibilità.
Ai sensi dell’art. 24, comma 1, del d.P.R. n.380/01 (T.U. dell’Edilizia), nella disciplina applicabile ratione temporis alla vicenda in decisione, il certificato di agibilità assolve alla funzione di attestare "la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico degli edifici e degli impianti negli stessi installati, valutate secondo quanto dispone la vigente normativa".
Tale certificato (oggi sostituito dalla segnalazione certificata di agibilità ex art.3 D.lgs 25.11.2016 n.222) viene richiesto ai sensi del comma 2 con riferimento alle nuove costruzioni, alle ricostruzioni o sopraelevazioni, totali o parziali, ed inoltre, agli interventi sugli edifici esistenti che possano influire sulle condizioni descritte al comma 1.
Ai fini del rilascio del certificato di agibilità assumono, pertanto, rilievo tutti gli aspetti (sicurezza, igiene e sanità, risparmio energetico), che concorrono a rendere utilizzabile l'opera (cfr. T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, 21 marzo 2018, n. 1773).
Nel caso concreto della realizzazione delle opere in cemento armato, l’obbligo in capo al singolo Comune di verificare ex tabulas la sussistenza del certificato di collaudo statico è sempre stato previsto dalle varie disposizioni succedutesi nel tempo che sono:
-l’art.7 della L.05.11.1971 n.1086 (“Norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato, normale e precompresso e a struttura metallica”) a tenore del quale “Tutte le opere di cui all’art.1 debbono essere sottoposte a collaudo statico”;
-l’art.4 comma 1 del d.P.R.22.04.1994 n.1265 secondo cui “Affinché gli edifici, o parti di essi, indicati nell'art. 220 del regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, possano essere utilizzati, è necessario che il proprietario richieda il certificato di abitabilità al sindaco, allegando alla richiesta il certificato di collaudo, la dichiarazione presentata per l'iscrizione al catasto dell'immobile, restituita dagli uffici catastali con l'attestazione dell'avvenuta presentazione, e una dichiarazione del direttore dei lavori che deve certificare, sotto la propria responsabilità, la conformità rispetto al progetto approvato, l'avvenuta prosciugatura dei muri e la salubrità degli ambienti”;
-il previgente art.25 comma 3 del d.P.R. n.380/01 che prevede che “Entro trenta giorni dalla ricezione della domanda di cui al comma 1, il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, previa eventuale ispezione dell'edificio, rilascia il certificato di agibilità verificata la seguente documentazione:
a) certificato di collaudo statico di cui all'articolo 67” secondo cui “Tutte le costruzioni di cui all'articolo 53, comma 1, la cui sicurezza possa comunque interessare la pubblica incolumità devono essere sottoposte a collaudo statico, fatto salvo quanto previsto dal comma 8-bis”.
In particolare, tale disposizione ha confermato la scelta di estendere il controllo successivo anche ai profili della regolarità urbanistico-edilizia della costruzione, apparendo essa del tutto opportuna, sia perché il certificato di agibilità rappresentava l’unico momento di controllo sistematico dell’attività costruttiva successivamente al suo svolgimento sia perché era paradossale che l’ordinamento assicurasse in ogni caso la verifica di particolari di scarsa o nulla rilevanza (come “l’avvenuta prosciugatura dei muri” - cfr. il previgente art. 25 comma 1 lett. b) d.P.R. n.380/01), disinteressandosi del riscontro puntuale delle costruzioni sotto il profilo della repressione degli abusi edilizi.
L’interesse alla sicurezza strutturale degli edifici risulta protetto anche dall’ordinamento penale con l’art. 75 del d.P.R. n.380/01 a norma del quale è punito con l'arresto fino ad un mese o con l'ammenda da 103 a 1032 euro “Chiunque consente l'utilizzazione delle costruzioni prima del rilascio del certificato di collaudo”.
Sul piano del diritto positivo, pertanto, per gli edifici con opere strutturali in cemento armato costruiti dopo l’entrata in vigore della L.n.1086/71, la mancanza del certificato di collaudo non è formalmente giustificabile e la richiesta di agibilità deve essere accompagnata da una vera e propria denuncia delle opere strutturali “a posteriori”, se non già presente e dal successivo collaudo statico.
Non si rinviene, del resto, nell’ordinamento alcuna disposizione espressa che consenta di tollerare l’equiparazione, ai fini del rilascio del certificato di agibilità, tra collaudo statico e la certificazione di idoneità statica, ad eccezione di quella prevista dell’art. 35, comma 3, lett. b), L. 28.02.1985, n. 47 che contempla, a determinate condizioni e quale sufficiente ai soli fini del rilascio del condono edilizio, la presentazione di un certificato di idoneità statica.
Inoltre, anche nella nuova procedura di segnalazione certificata di agibilità (art. 24 comma 5 del d.P.R. n. 380/01), che in sostanza ricalca i contenuti di quella previgente, si evince solo la richiesta di collaudo statico, ma non si contempla nessun’altra alternativa.
10. Si vuole aggiungere che, ai fini dell’equivalenza sostanziale, la relazione con cui si dichiara l’idoneità statica di una costruzione non possiede la medesima forza di un certificato di collaudo, essendo quest’ultimo il prodotto di un insieme di obblighi e regole ben determinati (nella qualificazione dei tecnici, dei costruttori, dei materiali, delle ispezioni, ecc.).
E’ anche vero, peraltro, che in alcuni casi la dichiarazione di idoneità statica può contenere (sempre sotto la responsabilità del tecnico incaricato) le stesse considerazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale di quelle contenute nel certificato di collaudo statico, e condurre perciò alle medesime conclusioni sostanziali.
Sotto questo profilo, però, va rilevato inanzitutto che il condominio ricorrente non ha dato la prova documentale che la perizia giurata di idoneità statica affidata al professionista incaricato sia equivalente, dal punto di vista contenutistico, al certificato di collaudo statico né che la certificazione di idoneità statica sia anche una certificazione di idoneità “sismica” con riferimento all’epoca in cui le parti del fabbricato da rendere agibili furono realizzate.
Lo stesso d.m.15.05.1985 n.360600 (“Accertamenti e norme tecniche per la certificazione di idoneità statica delle costruzioni abusive -art. 35, quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47”), valevole, come si è sopra detto, ai soli fini della domanda di concessione o di autorizzazione in sanatoria quando le opere abusivamente eseguite abbiano un volume complessivo superiore a 450 metri cubi (art.1), prevede ai fini della certificazione il compimento di una serie di accertamenti tecnici (art.2) di cui, nel caso concreto, la perizia giurata del professionista ha dato conto soltanto in maniera parziale.
In secondo luogo, è fin troppo nota quella prassi invalsa presso le varie amministrazioni (ivi incluso il Comune di Reggio Calabria, quanto meno fino all’adozione del provvedimento qui impugnato) che, prendendo spunto dalla giurisprudenza più recente intervenuta nel rimarcare la diversità dei presupposti richiesti ai fini del rilascio del permesso di costruire e del certificato di agibilità (cfr. Cons. Stato sez. V, 29 maggio 2018 n.3212; TAR Umbria, 26 agosto 2019 n.483) e fatti salvi i pieni poteri disciplinari e sanzionatori della Pubblica Amministrazione in relazione agli accertamenti per i reati previsti dagli artt. 71 e ss. del d.P.R. n.380/2001, ammette che la “sicurezza strutturale” venga attestata da un documento alternativo al certificato di collaudo, attraverso cioè una “dichiarazione di idoneità statica” per gli immobili sprovvisti di esso, sprovvisti di agibilità perchè datati e perfino nelle procedure di accertamento di conformità in sanatoria.
Ritiene, però, il Collegio che, anche a voler ammettere che la perizia giurata di idoneità statica contenga le stesse informazioni in termini di valutazione della sicurezza strutturale rispetto a quelle descritte nel certificato di collaudo statico, la natura “sensibile” degli interessi protetti (sicurezza strutturale e antisismica degli edifici pubblici e privati) debba consigliare alle singole amministrazioni, se non altro in un’ottica di prudenza, l’adozione di scelte discrezionali il più possibile ancorate al dato testuale che – lo si sottolinea- subordina il rilascio del certificato di agibilità alla presentazione del certificato di collaudo statico per quelle porzioni di edificio che, per qualsiasi ragione, ne siano prive.
11. Quanto agli ulteriori aspetti dedotti a sostegno della primo gruppo di censure, rileva il Collegio l’inconsistenza del prospettato eccesso di potere in cui sarebbe incorso il Comune resistente per aver omesso di considerare l’avvenuto rilascio del certificato di agibilità a favore di uno dei condomini tramite la procedura del silenzio assenso (art.25 comma 4 del d.P.R. n.380/01 vigente ratione temporis), sia perché la circostanza non risulta documentata in atti sia perché irrilevante rispetto al potere di autotutela in concreto e motivatamente esercitato dalla P.A. nei confronti del condominio ricorrente.
V’è da dire, poi, che la censura introdotta soltanto con la memoria conclusiva depositata il 17.07.2019, concernente la presunta inapplicabilità delle disposizioni del T.U. sull’edilizia (art.25 comma 3 e 67 comma 8 d.P.R. n.380/01), non sussistendo, in tesi, alcun obbligo di presentare il certificato di collaudo ai fini del rilascio dell’agibilità per le costruzioni edificate ante la sua entrata in vigore, è inammissibile trattandosi di motivo nuovo.
Nel processo amministrativo, infatti, mediante le memorie “non possono essere dedotte nuove censure o sollevate nuove questioni; di conseguenza un motivo del tutto nuovo può essere introdotto con lo strumento processuale dei motivi aggiunti, ma previa verifica della loro tempestività in relazione al momento della conoscenza degli atti del procedimento da parte del ricorrente” (cfr. T.A.R. Molise 27 luglio 2012 n.410).
La doglianza non sarebbe comunque condivisibile perché, come già sopra evidenziato, era la stessa concessione edilizia del 1990 (cfr.all.5 parte ricorrente), oltre a quelle successive rilasciate in variante, a stabilire l’obbligo del concessionario “di presentare al Sindaco, al termine dei lavori, il certificato di collaudo delle opere vistato dal Genio Civile, onde ottenere l’abitabilità o l’agibilità”.
12. Neppure il secondo motivo di gravame merita di essere accolto.
Pare al Collegio che i presupposti, strettamente connessi, per l’esercizio del potere di annullamento siano stati sostanzialmente rispettati dal Comune resistente alla stregua dei parametri fissati dalla normativa di riferimento (l’art. 21 nonies della L.241/90), quali l'illegittimità dell'atto, l'interesse pubblico concreto ed attuale, nonchè la comparazione con gli interessi privati contrapposti che, nel caso concreto, coincidono addirittura con lo stesso rilevante interesse pubblico tutelato (la sicurezza strutturale della costruzione).
In particolare, se da un lato il termine ragionevole (6 mesi dal rilascio del certificato di agibilità n.395 rilasciato il 21.12.2015), entro il quale è intervenuto il provvedimento di secondo grado (07.06.2016), esclude una significativa incidenza sull’affidamento maturato dal condominio destinatario in ordine alla conservazione dell’efficacia dell’atto precedentemente favorevole, dall’altro la motivazione dell'atto di annullamento chiarisce la non conformità alla legge di un certificato di agibilità rilasciato sulla scorta della sola perizia giurata di idoneità statica, anziché del necessario certificato di collaudo statico.
Del resto, la giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di precisare che “In caso di annullamento d'ufficio di un titolo abilitativo, l'onere motivazionale gravante sull'Amministrazione deve ritenersi attenuato qualora gli interessi pubblici tutelati siano rilevanti ed autoevidenti, nonché sia presente il rinvio alle disposizioni di tutela in concreto violate” (cfr. Cons. Stato sez. IV, 28 marzo 2018 n.1956).
13. In virtù delle argomentazioni che precedono, il potere di autotutela appare essere stato correttamente esercitato attraverso la rimozione del certificato di agibilità rilasciato in base ad una documentazione diversa da quella prescritta dalla legge.
Dall’infondatezza della domanda di annullamento dell’atto di revoca del certificato di agibilità discende de plano il rigetto della domanda di risarcimento dei danni proposta dal ricorrente.
14. Il ricorso è dunque nel suo complesso infondato e va respinto.
15. Stante la particolarità del caso trattato, il Collegio reputa equo compensare integralmente le spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria Sezione Staccata di Reggio Calabria definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Reggio Calabria nella camera di consiglio del giorno 18 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:
Caterina Criscenti, Presidente
Andrea De Col, Referendario, Estensore
Antonino Scianna, Referendario