Tribunale Latina Sez. penale ord. 30 gennaio 2009
Pres. Parasporo Est. Di Nicola
Urbanistica. Lottizzazione abusiva e terzo acquirente

La prima pronuncia di merito dopo la decisione della CEDU in merito al lottizzazione abusiva, confisca e terzo di buona fede
 N.   222/08 M.C.R.
 N. 504/06 R.N.R.
 N. 1687/08 RG. Trib.
TRIBUNALE DI LATINA
SEZIONE PENALE
 
Composto dai seguenti magistrati:
Dott.Cinzia Parasporo     Presidente
Dott.Paola Di Nicola Giudice estensore
Dott.Valeria Chirico Giudice
 

Letto l’appello proposto omissis, avverso il decreto di rigetto dell’istanza di dissequestro delle rispettive unità abitative emesso dal Tribunale di Latina in data 15.11.08 e depositato il 19/11/2008;

sentiti i difensori all’udienza del 23-1-2009;

ha pronunciato la seguente
 
ORDINANZA
 

Per affrontare in modo puntuale l’esame dei motivi di appello è preliminare ripercorrere la situazione fattuale che ha generato la presente vicenda processuale sulla base dell’ordinanza di riesame in atti e dei documenti del fascicolo dibattimentale.

 
§ 1. Il fatto ovvero l’iter amministrativo

Il 21 dicembre del 1992 il Consiglio Comunale di Sabaudia deliberava “di intraprendere iniziative tese ad incentivare la realizzazione di strutture per anziani”, pubblicando un avviso con cui si invitavano “gli operatori interessati a far conoscere le località in cui attuare i loro interventi”.

All’avviso pubblico del 2/2/1993 rispondevano omissis (quest’ultimo con istanza fuori termine).  

Il 24 giugno del 1994 il Consiglio Comunale di Sabaudia, adottava una variante al PRG del Comune consistente nella trasformazione dell’area destinata a zona rurale “in area per la realizzazione di un centro per anziani” (per una superficie totale di mq 12.000) e dava atto che era pervenuta l’istanza di omissis per “la realizzazione di un centro per anziani in località Bella Farnia corredata da quanto richiesto nel manifesto pubblico”.

Il 13 marzo 1998 il Comitato Tecnico Consultivo Regionale inviava al Comune l’approvazione della proposta di variante al PRG stabilendo precise prescrizioni da ritenersi integrative (detto documento non è stato rinvenuto agli atti) e il 4 aprile 1998 il Consiglio Comunale le faceva proprie. A ciò seguiva la pubblicazione sul BURL della Regione Lazio dell’ approvazione della variante al PRG per “la realizzazione di un centro anziani in località Bella Farnia”.

Il 5 luglio 2000 il Consiglio Comunale di Sabaudia, dopo avere premesso chele caratteristi tipologiche della struttura ricettiva in esame - case albergo - facevano riferimento alla legge regionale 3 febbraio 1976 n. 11 concernente "Norme per lo sviluppo dei servizi sociali infavore delle persone anziane" richiamando espressamente l\'art. 9 della legge regionale secondo cui “la casa albergo si caratterizza come un complesso di appartamenti minimi predisposti per coppie di congiunti ed anziani soli autosufficienti”,approvava il Piano di lottizzazione convenzionata proposto dalla Società omissis e lo schema di convenzione allegato alla delibera.

Il 12 ottobre 2000 il Dipartimento Urbanistica e Casa della Regione Lazio, dopo avere premesso che il Piano di lottizzione convenzionato era stato redatto in attuazione della Variante al PRG per la realizazione di una struttura per anziani, disponeva di modificare l’art. 14 del citato schema (avente ad oggetto: “Futuri atti di trasferimento”) al fine di garantire la gestioneunitaria del complesso e vietando “l’alienazione delle singole unità immobiliari del centro ricettivo per anziani”.

In pari data il Dipartimento Interventi Socio Sanitari, Educativi per la qualità della vita della Regione, dopo avere richiamato la L.R. 38/1996 e la delibera di Giunta Regionale del 30 dicembre 1999 n. 607 - pubblicata sul supplemento ordinario n. 7 al BUR n. 5 del 19 febbraio 2000 che riporta lo schema di regolamento recante l\'indicazione agli standard gestionali e strutturali d case di riposo, case albergo e comunità alloggio per anziani -, segnalava che la previsione della vendita delle unità immobiliari avrebbe comportato “la perdita delle caratteristiche di casa albergo dell’immobile come individuate dalla normativa sopra specificata, sia in termini di unitarietà della struttura sia in riferimento al mantenimento della destinazione d’uso della struttura stessa ai fini sociali”, e chiedeva al Comune di Sabaudia di tenerne conto “in sede di rilascio dell’autorizzazione al funzionamento ai sensi della vigente normativa”.

Il 29 novembre 2000 il Consiglio Comunale di Sabaudia deliberava di fare propri i contenuti dei sopra citati pareri degli Assessorati Regionali; riformulava l’art. 14 della convenzione, vietando l’alienazione delle singole unità immobiliari della casa albergo; obbligava la società Petrarca a “realizzare la struttura ricettiva per anziani secondo le modalità della casa-albergo come dettata dall’art. 9 della LR 3 febbraio 1976 n. 11”. In questi termini veniva, dunque, stipulata il 13 marzo 2002 la convenzione a firma del Notaio omissis.

Il 30 dicembre 2002 il Consiglio Comunale di Sabaudia, dopo avere rappresentato che i contraenti convenzionati avevano inviato una comunicazione all’ente locale in data 15/5/2002 (non rinvenuta nel fascicolo) per ottenere l’interpretazione autentica delle delibere consiliari del 5/7/2000 e del 29/11/2000, dava atto che “la Convenzione per l\'attuazione del progetto relativo ad una struttura ricettiva per anziani vada interpretata nel senso che debbano ritenersi consentite, invero, solo quelle forme e modalità di trasferimento, previste dall\'ordinamento giuridico, tali da preservare le caratteristiche di casa-albergo come definita dall\'art. 34, comma 4, lett f) della L.R. 09/09/1996 n.38, la destinazione d\'uso nonché la unitarietà della gestione della struttura stessa”.

A seguito di ciò veniva indetta una conferenza di servizi per elaborare le disposizioni esplicative ed attuative della convenzione e le stesse venivano licenziate, con delibera comunale del 10 giugno 2003, previa verifica della proposta della omissis (si veda a questo riguardo il quarto capoverso della citata delibera). In sostanza si stabilivano i requisiti soggettivi degli assegnatari degli alloggi: soggetti con età non inferiore a 55 anni o titolari di pensioni, proprietari che consentono l’usufrutto a favore di persone con quei requisiti.

Il 9 febbraio omissis nella qualità di Amministratore Unico della omissis, con una missiva diretta al Sindaco e all’Assessore all’Urbanistica, sollecitava il Comune di Sabaudia a modificare rapidamente la Convenzione stipulata il 13 marzo 2002 in relazione al suo oggetto da “casa albergo per anziani” a “residenze per anziani e annesso centro servizi”, adducendo difficoltà di reperimento dei finanziamenti da parte degli istituti di credito. Ma ciò che più conta è che alla lettera allegava anche lo schema di convenzione come doveva essere modificato dal Consiglio Comunale, il chè avveniva con delibera, dichiarata per l’urgenza immediatamente eseguibile, del 22 aprile 2004.

Il 12 luglio 2004 il Dipartimento Interventi Socio Sanitari, Educativi per la qualità della vita della Regione Lazio, ricevuto il nuovo schema di convenzione dal Comune ribadiva il contenuto della precedente nota del 12 ottobre 2000 sopra richiamata, rilevando che non doveva essere espresso parere ai sensi della L. 104/1992 non trattandosi comunque di una struttura per disabili.

Il 15 luglio 2004 il Dipartimento Territoriale della Regione Lazio dopo avere ribadito che l’immobile doveva essere realizzato come “struttura per anziani avente cioè gestione unitaria e vincolo di destinazione specifico, definiti dalla DGR Lazio 6078 del 29/12/1999 (sopra riportata), sollecitava il Comune ad “evitare,semmai, che nell’attuazione della nuova Convenzione si pervenga comunque a modifiche urbanistiche o diversa utilizzazione dell’area”.

Il 16 agosto 2004, con determinazione del dirigente del settore urbanistica del Comune,si procedeva al riconvenzionamento secondo il nuovo schema di convenzione e al contestuale annullamento della convenzione stipulata il 13/3/2002.

Il 15 settembre 2004, per atto a rogito Notaio omissis, era stipulata la nuova convenzione e a distanza di pochi giorni il Comune di Sabaudia rilasciava il permesso a costruire a omissis in qualità di Amministratore della società omissis per la realizzazione di “centro servizi e unità abitative condominiali”.

In data 9 marzo 2006 il Gip di Latina emetteva il decreto di sequestro preventivo degli immobili costruiti e delle aree con riferimento ai reati di di lottizzazione abusiva e abuso di ufficio e il Tribunale del riesame di Latina confermava integralmente il provvedimento con ordinanza del 31/3/2006 che dagli atti non risulta impugnata.

 
§2. Il provvedimento impugnato
 

Il provvedimento emesso dal Tribunale di Latina in data 15.11.08 e depositato il 19.11.2008 ha rigettato l’istanza di restituzione degli immobli, proposta dai terzi acquirenti, sulla base delle seguenti argomentazioni:  

- la sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto in forza dei quali era stato emesso il provvedimento di sequestro;

- la non pacifica legittimità del “titolo in base al quale i richiedenti sono venuti in possesso dei predetti immobili….con il rischio di un consolidamento della lesione dell’interesse protetto dalla normativa urbanistica”;

- la confiscabilità comunque dei beni oggetto della lottizzazione ivi compresi gli appartamenti dei terzi.

Con riguardo all’uso e/o alla custodia degli immobili sequestrati a favore dei richiedenti il Collegio ha rigettato l’istanza sostenendo che la loro fruibilità vanificherebbe il provvedimento di sequestro preventivo.  

 
§ 3 Tesi degli appellanti

Gli appellanti - tutti soggetti terzi costituiti parte civile nei confronti degli imputati dei reati di lottizzazione abusiva, abuso d’ufficio e falso - hanno avanzato istanza di dissequestro delle unità immobiliari facenti parte della lottizzazione denominata “Villaggio del Parco”, composta da 300 unità abitative, sulla base delle seguenti argomentazioni in fatto:

-                                                          di essere proprietari e/o usufruttuari delle stesse, ultimate e funzionanti, in forza dell’acquisto avvenuto legittimamente e in buona fede con atto pubblico registrato;

-                                                          di avere stipulato un mutuo per acquistare i menzionati appartamenti;

-                                                          di essere gravemente danneggiati dal sequestro disposto dal GIP di Latina.

In diritto gli appellanti hanno lamentato che il Tribunale di Latina, nel provvedimento impugnato:

a)                                                     non ha vagliato funditus la natura giuridica della confisca prevista dall’art. 44 comma 2 del DPR 380/2001;

b)                                                     non ha valutato che si tratta di sanzione amministrativa che in quanto tale necessita di un apporto volontaristico del soggetto nei cui confronti viene applicata, per evitare forme di responsabilità oggettive precluse dal nostro ordinamento e che nella specie,invece, viene applicata agli appellanti pur estranei ali illeciti contestati;

c)                                                     non ha tenuto conto del fatto che il diritto di proprietà garantito dall’art. 42 della Costituzione puo’ essere compresso solo con il bilanciamento di altri diritti costituzionalmente garantiti di pari rango che comunque andrebbero per ciò solo indennizzati anche alla luce dell’art. 1 del Protocollo addizionale della CEDU;

d)                                                     è pervenuta a conclusioni diverse da quelle a cui è giunta, in analogo caso, la III Sezione penale della Suprema Corte (sentenza depositata in data 17/11/2008) che ha escluso la confiscabilità dei beni appartenenti a soggetti estranei al reato e in buona fede;

e)                                                     ha ritenuto la sussistenza del periculum in mora sebbene il progetto realizzato sia compatibile con l’iniziale progetto assentito dalle amministrazioni competenti e in controtendenza rispetto alla pronuncia della Corte di Cassazione n. 25996 del 2003, secondo la quale il legittimo trasferimento del diritto di proprietà del bene fa venire meno questo presupposto della misura cautelare;

f)                                                     non ha tenuto conto del fatto che le unità abitative degli appellanti, essendo corrispondenti all’iniziale progetto assentito dalle amministrazioni competenti, “pacificamente ritenuto legittimo anche dall’autorità inquirente”, non lede la normativa urbanistica;

g)                                                     ha rigettato la richiesta di affidamento in uso e/o custodia degli immobili nonostante gli appellanti siano legittimi proprietari.

Tutto ciò premesso hanno chiesto al Tribunale in sede di appello di annullare l’ordinanza emessa dal I Collegio penale con restituzione degli immobili a loro favore e, in subordine, l’autorizzazione all’uso delle rispettive unità abitative o la nomina degli istanti custodi dei singoli appartamenti.

 

§4 Le questioni poste all’attenzione del Tribunale in sede di appello

 

Per una ragione di coerenza logico-sistematica dell’esame delle questioni poste all’attenzione del Tribunale è necessario partire dal punto sub g) che pone sostanzialemente in dubbio il fumus commissi delicti della contestata lottizzazione abusiva da cui consegue la legittimità o meno del sequestro disposto dal Gip di Latina (confermato dal Tribunale di Latina in sede di riesame) e la confiscabilità degli immobili.

§ 4.1 La non corrispondenza tra le unità abitative e l’iniziale progetto assentito dalle amministrazioni competenti: il fumus commissi delcti (punto sub g)
Come già ritenuto nel provvedimento di riesame emesso dal Tribunale di Latina, nel caso in oggetto la variante approvata dal Consiglio comunale di Sabaudia e dalla Regione Lazio deve qualificarsi come conformativa avendo modificato la precedente zonizzazione di parte del territorio comunale da Zona E (agricola) a Zona destinata a residenza per anziani (verosimilmente F, destinata a servizi, come anche dichiarato dall’Architetto omissis, dirigente dell’area sud del Dipartimento Territorio della Regione Lazio), sì da incidere su di una generalità di beni, nei confronti di una pluralità di soggetti, in funzione della destinazione dell’intera zona in cui i beni ricadono e in ragione delle sue caratteristiche intrinseche o del rapporto (per lo più spaziale) con un’opera pubblica (Cass., sez. I, 21-01-2005, n. 1336).
Diversamente dai cd piani normativi, che hanno una finalità di assetto territoriale - come sono appunto il prg e le sue varianti - esistono i piani attuativi che hanno un carattere meramente operativo dei primi e dunque sono ad essi subalterni. Tra essi rientrano i piani di lottizzazione che assumono la valenza di piano urbanistico di attuazione e di piano esecutivo di urbanizzazione, e non possono porsi in contrasto col piano urbanistico di primo livello proprio al fine di garantire che lo sviluppo territoriale si verifichi in piena aderenza al programmato assetto urbanistico (C. Stato, sez. IV, 02-03-2004, n. 957). 
Nel caso di specie la variante al PRG, approvata nel 1994 dal Comune di Sabaudia, ha inteso trasformare un’area, destinata a zona rurale, in “area per la realizzazione di un centro anziani”.
Successivamente il medesimo Comune, forte dei pareri e delle integrazioni della Regione Lazio, aveva definitivamente caratterizzato questa scelta, qualificando la tipologia dell’intervento da compiere come “struttura ricettiva per anziani nel rispetto della definizione di casa-albergo come dettata dall’art. 9 della legge regionale 11/76” e vietando l’alienazione delle singole unità immobiliari (così la delibera del 29/11/2000). In questi termini veniva approvato il relativo Piano di lottizzazione convenzionata e sottoscritta la prima convenzione.
E’, dunque, priva di giuridico e logico fondamento la tesi degli appellanti secondo cui le attuali villette a schiera (così descritte nel contratto, vedi infra al § 8) da essi acquistate corrispondano “all’iniziale progetto assentito dalle amministrazioni competenti” visto che l’interesse pubblico perseguito dall’Amministrazione comunale, come ribadito dai pareri espressi dalla Regione Lazio, era stato espresso in termini rigorosi: realizzare un intervento pianificatorio per una determinata fascia di soggetti deboli come gli anziani, con un univoco connotato socio-assistenziale.
Rispetto ad esso il privato contraente doveva e poteva solo adeguarsi alla volontà dell’ente, senza alcuna possibilità di ingerenza o incidenza sulla scelta tipologica adottata, che era necessariamente funzionale e strumentale all’interesse pubblico perseguito.
A questo riguardo è utile precisare che il ripetuto richiamo alla disciplina regionale legislativa e regolamentare contenuto nei provvedimenti comunali e regionali (LR 3 febbraio 1976 n. 11, concernente Norme per lo sviluppo dei servizi sociali in favore delle persone anziane come successivamente modificata dalla LR 9 settembre 1996, n. e dalla LR 12 docembre 2003 n. 41 concernente Norme in materia di autorizzazione all’apertura e al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali; Delibera della Giunta Regionale n. 6078/1999 concernente Approvazione schema di regolamento recante l’indicazione degli standard gestionali e strutturali di: case di riposo, comunità alloggio per anziani e comunità alloggio per handicappati), dimostra che la variante al PRG, necessaria per approvare il Piano di lottizzazione e la convenzione conseguente, aveva come obbiettivo quello di realizzare luoghi di abitazione per soli anziani, in cui fosse vietata l’alienabilità degli immobili, proprio per mantenere ferma la vocazione socio-assistenziale della struttura; vocazione che poteva essere rispettata solo utilizzando una delle tipologie previste a questo fine dalla legislazione regionale.
E’ del tutto evidente che i contratti stipulati dagli odierni appellanti per come strutturati (vedi infra al § 8)incidono sulla destinazione specifica degli immobili a mantenere la vocazione di residenza per anziani poiché se l’occupante dotato dei requisiti di età puo’ alienare/locare l’immobile a terzi o alla sua morte lasciarlo in eredità ai propri successori, la ragione sociale originaria si perde, l’interesse pubblico perseguito viene aggirato e la variante al PRG, deliberata per destinare residenze ad anziani, viene violata.
D’altra parte se l’amministrazione comunale avesse voluto prevedere soltanto una struttura immobiliare per anziani non avrebbe avuto necessità di modificare il PRG attraverso l’approvazione della variante riqualificando l’originaria zonizzazione. Invece, la nuova scelta di destinazione urbanistica compiuta dal Comune di Sabaudia ha vincolato la successiva fase attuativa dello strumento di pianificazione da cui il privato – attuali imputati - non poteva discostarsi come ha fatto.
E’ significativo che il progressivo snaturamento di questa scelta pubblica di fondo - come dettagliatamente riportato nella parte descrittiva in fatto (vedi supra)-, si sia verificato non per nuove e diverse riconsiderazioni degli obbiettivi pubblici perseguiti dalle istituzioni locali, ma per esigenze connesse ad interessi economici e privati della società costruttrice e successivamente dei terzi acquirenti che hanno beneficiato di prezzi assai competitivi.
Inoltre è interessante notare come l’Amministratrice della omissis, oggi imputata e dante causa dei terzi, sia riuscita ad ottenere il pedissequo e tempestivo adeguamento alle proprie richieste da parte del Consiglio Comunale di Sabaudia e, successivamente del Capo Settore Urbanistica, omissis, anch’egli imputato, allegando alla propria istanza il nuovo schema di convenzione con modifica non solo dell’oggetto, ovverosia della tipologia da casa-albergo per anziani a non meglio precisata “residenza per anziani”, ma anche dei requisiti di età per essere ritenuti anziani (55 anni soltanto) e della totale libertà di trasferimento delle unità immobiliari.
Si tratta degli stessi requisiti in forza dei quali gli appellanti hanno acquistato gli immobili di cui oggi chiedono la restituzione e che rendono gli stessi del tutto difformi dal progetto originariamente assentito dalle amministrazioni competenti e qualificano la lottizzazione come abusiva.  
 

§ 4.2 La natura giuridica della confisca

Gli appellanti contestano che la confisca degli immobili facenti parte della lottizzazione abusiva del Villaggio del Parco di Sabaudia possa essere eseguita anche nei confronti dei terzi di buona fede estranei al reato, come essi si qualificano.

Il tema è complesso e per essere affrontato richiede una breve ricognizione dello sviluppo giurisprudenziale che ha avuto la natura giuridica di detto istituto.

 
§ 4.2.1. La confisca: principi generali

E’ significativo che nel corso del 2008 siano intervenute ben due sentenze delle Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione sull’argomento della confisca (Sez. U, Sentenza n. 26654 del 27/03/2008 Cc.  (dep. 02/07/2008) Rv. 239927 e Sez. U, Sentenza n.38834 del 10/07/2008 Cc.  (dep. 15/10/2008 ) Rv. 240565) che hanno sostenuto come questo istituto abbia abbandonato la natura unitaria prevista dall’art. 240 cp (misure di sicurezza) per diventare uno strumento volto al contrasto dei più diffusi fenomeni di criminalità, tanto da assumere una natura diversa a seconda del contesto normativo in cui viene utilizzato (si pensi esemplificativamente alla confisca di cui agli artt. 322 ter, 600 septies, 640 quater, 644, 648 quater c.p., art. 2641 c.c., D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 187, D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 2; L. n. 356 del 1992, art. 12 sexies; L. n. 575 del 1965, art. 2 ter).

La tendenza attuale è quella di modellare l’istituto calandolo nella specifica esigenza perseguita dal legislatore di settore, così sottraendolo alle tradizionali letture dogmatico-ricostruttive.  

Non è un caso che l’orientamento della Corte Costituzionale sin dagli anni sessanta (cfr. sentenze 25/5/1961 n. 29 e 4/6/1964 n. 46), avvertiva che "la confisca può presentarsi, nelle leggi che la prevedono, con varia natura giuridica" e che "il suo contenuto...è sempre la...privazione di beni economici, ma questa può essere disposta per diversi motivi e indirizzata a varie finalità, sì da assumere, volta per volta, natura e funzione di pena o di misura di sicurezza ovvero anche di misura giuridica civile e amministrativa", con l\'effetto che viene in rilievo "non una astratta e generica figura di confisca, ma, in concreto, la confisca così come risulta da una determinata legge".

 

§ 4.2.3 In particolare: la confisca di cui all’ art. 44, comma 2 d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380

Questa premessa sistematica è necessaria per affrontare il tema al vaglio del Tribunale.

In tema di lottizzazione abusiva, il D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2 (che riproduce testualmente l’art. 19 l. 47/85) stabilisce che il giudice penale dispone la confisca dei terreni abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite, con la "sentenza definitiva", che "accerta che vi è stata lottizzazione abusiva".

Si tratta di una confisca speciale obbligatoria in cui :

-                                                            i beni vengono acquisiti ipso iure al patrimonio immobiliare del comune (anziché al patrimonio statale come avviene per la confisca codicistica), senza la necessità di una fase esecutiva, atteso che l\'efficacia traslativa coattiva è prodotta, per espresso dettato normativo, dalla sentenza che la contiene (Cass. III Sezione Penale del 2 aprile-22 maggio 2003, n. 22557, Matarrese e altro), così determinando lo spossessamento anche dell’eventuale successivo acquirente;

-                                                            i terreni lottizzati e le relative opere edili costituiscono reato non per se stessi, ma in quanto sono privi di autorizzazione o sono in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici;

-                                                            l’obbligo di disporla prescinde dalla condanna, poiché il suo unico presupposto è l’accertamento giurisdizionale della lottizzazione abusiva (salvo il caso di assoluzione per insussistenza del fatto: da ultimo Sez. III, 21 novembre 2007 - 5 marzo 2008, n. 9982, Quattrone, rv. 238984; Sez. III, 7 luglio 2004, n. 37086, Perniciaro, rv. 230031);

-                                                            a differenza di quanto dispone in via derogatoria l\'ultimo comma dell\'art. 240 c.p in questo caso non rileva se i beni lottizzati «possono essere autorizzati mediante autorizzazione amministrativa» (Cass. sez. III sent. 38728/2004). Infatti è pacifico in dottrina e giurisprudenza che il reato di lottizzazione abusiva non può beneficiare delle mutate disposizioni amministrative che dopo la commissione del reato rendano possibile edificare sulla medesima area (in tal senso da ultimo Sez.III, sentenza n. 21125 del 2007, sentenza del 19 settembre 1996, Urtis, non massimata; sentenza n. 2408 del 12 gennaio- 6 marzo 1996, Antonioli e altro (rv. 204712); sentenza n. 11436 del 15 ottobre-12 dicembre 1997, Giammanco (rv. 209395); sentenza n. 39916 del 2004, La medica e altri (rv. 230085), sentenza 18 giugno-28 settembre 2004, n. 38064, Semeraro).

La ragione di questo indirizzo risiede      nella preoccupazione del legislatore di evitare che la sanzione possa essere in concreto non applicata e/o non eseguita a causa del boicottaggio da parte degli amministratori locali, e di sottrarre questi alle pressioni dei destinatari della confisca affinché vengano assunti, ancorché ex post, provvedimenti di sanatoria, con il pericolo di forzature e distorsioni delle politiche di gestione del territorio e attentati alla lealtà e correttezza dell\'azione amministrativa (in questi specifici termini Sez. 3, Sentenza n. 21125 del 2007);

-                                                            la natura reale e non personale consente di disporla anche in danno di terzi estranei al reato, i quali, se in buona fede, possono far valere i loro diritti in sede civile. D’altra parte fondamento dell\'istituto di questo tipo di confisca e sua ragione di essere è separare giuridicamente l\'autore della lottizzazione dal diritto sulla cosa che viene trasferito all\'ente pubblico (Sez. 3, Sentenza n. 21125 cit.).

In conclusione questa confisca configura — al pari dell’ordine di demolizione delle opere edilizie abusive di cui all’art. 31, 9° comma, d.p.r. 380/01 — una sanzione amministrativa, applicata dal giudice penale in via di supplenza rispetto al meccanismo amministrativo (Sez. 3, Sentenza n. 38728 del 07/07/2004 Cc.  (dep. 04/10/2004 ) Rv. 229609; Sez. 3, Sentenza n. 35219 del 2007). 

La peculiarità della sanzione deriva dall’appartenere al cd diritto penale amministrativo ovverosia quel complesso di norme giuridiche che ha trasformato gli illeciti amministrativi in reati – generalmente contravvenzionali - prevedendo per essi sia sanzioni penali strictu sensu (arresto e ammenda) sia sanzioni extrapenali (confisca dei terreni). Si tratta di un sistema intermedio di illeciti che attribuisce al Giudice penale un ruolo sostitutivo dell’attività sanzionatoria della Pubblica Amministrazione allorquando la stessa non abbia mostrato un’ adeguata capacità di intervento con la tempestiva rimozione della situazione di illiceità e/o di illegittimità. 

Rispetto a questo sottosistema del diritto penale, cui pacificamente appartiene la confisca di cui si tratta, valgono i medesimi principi di legalità, irretroattività, tassatività, tipicità, colpevolezza e riserva di legge connotanti qualsiasi diritto punitivo, penale o amministrativo.

 

§ 4.2.4 L’applicabilita’ ai terzi della confisca

La Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto applicabile anche ai terzi totalmente estranei al reato la confisca in esame, partendo dall’assunto che il reato, e conseguentemente la confisca, si connettono soltanto alla illiceità dei beni oggetto di lottizzazione abusiva per inosservanza delle prescrizioni (Sez. III, Sentenza n. 6396 del 2007; Cass., Sez.III, 15.3.2005, n. 10037, Vitone ed altri; ordinanza n. 10916 del 03/03/2005; Sez. III, sentenza n. 4262 del 04/12/1995 Cc.  (dep. 16/01/1995) Rv. 203367). Tale conclusione non è stata ritenuta incompatibile con il dettato costituzionale, nè in relazione agli artt. 41 e 42 comma 2 Cost., tenuto comparativamente conto della riconosciuta funzione sociale della proprietà e dell\'iniziativa economica oltre che dell\'esigenza primaria di tutela e salvaguardia del territorio, che impongono, nel caso di contrasto tra interesse collettivo ed interesse privato, la prevalenza del primo (Sez. 3, Sentenza n. 6396 del 2007; Sez. 3, Sentenza n. 37472 del 2008); né in relazione all\'art. 3 Cost., prospettato sotto il profilo della irragionevolezza di equiparare l’autore del reato al terzo di buona fede, in quanto al primo è irrogabile oltre che la confisca la sanzione penale (Sez. III, 7 novembre 2006, Cieri e altro).

Da ultimo, con la sentenza n.42741 della Sez. III, 24.10.2008, Silvioli Alberto e altri la Suprema Corte ha modificato il proprio consolidato orientamento, sopra sinteticamente riportato, facendo diretta applicazione dei principi enunciati dalla pronunzia della CEDU del 30.8.2007 e disponendo il dissequestro delle unità immobiliari di una lottizzazione abusiva acquistate dai terzi ritenuti di buona fede, sostenendo che, fuori dai casi di “colpevolezza”, la compressione del diritto di proprietà per ragioni di interesse generale deve imporre la corresponsione di un indennizzo e, comunque, ai sensi dell’art. 1 del Protocollo addizionale alla CEDU, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, è richiesto il rispetto del principio di proporzionalità.

Ciò che va sottolineato nella citata pronuncia (erroneamente indicata nell’atto di appello con il n. 38728 anziché con il n.42741) è che i terzi vengono qualificati come “terzi di buona fede” sulla base del solo mancato esercizio dell’azione penale nei loro confronti.

Ritiene il Tribunale che in realtà questo dato, di per sé, non assume una valenza dirimente per l’attribuzione della particolare condizione soggettiva dei terzi come di buona o mala fede e conseguentemente per la restituzione o meno di un bene illecito. La componente soggettiva, per pervenire a una qualche significativa conclusione sul punto, richiede infatti una verifica puntuale ed approfondita nel merito, proprio per evitare che la restituzione di beni soggetti a confisca obbligatoria sia rimessa alle sole considerazioni e conclusioni dell’organo dell’accusa circa la sussistenza dei presupposti legittimanti l’esercizio dell’azione penale, in una situazione in cui devono essere valutati anche profili amministrativi e civili.

Ciò tanto più rileva, ad avviso del Collegio, allorché, come nella fattispecie di cui si è occupata la sentenza in esame, si stia valutando solo la fase cautelare reale cioè una fase in cui la materia a disposizione del pubblico ministero e l’attività investigativa possono subire ancora delle evoluzioni tali da determinare l’organo dell’accusa ad esercitare l’azione penale anche nei confronti dei terzi.

Nessuna valenza assume la sentenza della II Sez. della Cassazione n. 25996, richiamata nell’atto di appello (sub e) al § 3) e riportata a pag. 7 dell’atto introduttivo in modo difforme rispetto al suo effettivo contenuto, che riguarda un caso inconferente rispetto a quello in esame perché concernente il sequestro di un’autovettura oggetto di truffa, la cui vendita aveva fatto venire meno il periculum in mora legittimante il sequestro preventivo.

 
§ 5.1 La buona fede: in generale (sub c) ed e)

Tutte le pronunce di legittimità precedenti a quella n.42741/2008, che ha determinato un revirement giurisprudenziale, hanno costantemente sostenuto il principio secondo il quale “il soggetto che acquista un fondo per edificare deve essere cauto e diligente nell\'acquisire conoscenza delle previsioni urbanistiche e pianificatorie di zona riferite all\'area in cui vuole costruire. Il compratore che omette di acquisire ogni prudente informazione circa la legittimità dell\'acquisto si pone colposamente in una situazione di inconsapevolezza che fornisce, comunque, un determinante contributo causale all\'attività illecita del venditore” (così testualmente Sez. 3, Sentenza n. 37472 del 2008).

A questo fine assumono particolare valenza gli accertamenti da compiere in punto di fatto - in sede prima investigativa e poi dibattimentale - che possono condurre, in un “reato progressivo nell’evento” come quello di lottizzazione abusiva, all’affermazione di una responsabilità concorrente del terzo acquirente, anche in un momento successivo.

 

§ 5.2 La buona fede dei terzi e la sentenza C.E.D.U. sezione XII 20 gennaio 2009 Sud Fondi Srl+2 Contro Italia (cd vicenda Punta Perotti)

Il giorno precedente alla discussione del presente appello è stata depositata dalla XII sezione della CEDU la sentenza Sud Fondi Srl+2 c. Italia che affronta specificamente la questione connessa alla confisca in materia di lottizzazione abusiva e che è stata richiamata nella discussione orale dai difensori degli appellanti.

La Corte di Strasburgo, dopo un’ approfondita disamina prima della lunga sequenza fattuale e giudiziaria su cui era chiamata a pronunciarsi, poi della legislazione interna e, infine, dell’evoluzione giurisprudenziale italiana in materia di confisca, ha ritenuto che, nel caso concreto, l’infrazione, in relazione alla quale detta sanzione era stata inflitta ai ricorrenti, aveva violato l’art. 7 della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo e l’articolo 1 del Protocollo n. 1 in quanto:

-                                                            la disposizione applicata (articolo 19 della legge n. 47/1985 ora art. 44 Tu dell’edilizia), base legale della sanzione, non rispondeva ai criteri di chiarezza, accessibilità e prevedibilità, tanto da non consentire agli imputati di rappresentarsi che tale sanzione – la confisca - potesse essere loro inflitta;

-                                                            mancava qualsiasi riferibilità psicologica del fatto illecito a coloro che ne erano stati indicati come gli autori a causa non solo della caoticità del quadro legislativo, ma anche della non univoca interpretazione giurisprudenziale di esso (problema della qualificazione della confisca come misura di sicurezza, sanzione penale o amministrativa; problema dell’applicabilità anche ai casi di proscioglimento e quali; ecc.);

-                                                             non era previsto un indennizzo all’avvenuta arbitraria compressione del diritto di proprietà.

Il caso esaminato dalla Corte di Strasburgo, pacificamente ritenuta un’ Autorità Giudiziaria del caso concreto, è del tutto estraneo a quello oggetto dell’esame del Collegio.

Infatti, non solo i ricorrenti di quel procedimento erano stati imputati nel processo penale che aveva condotto alla confisca, ma alla fine di complesse e lunghe vicende giudiziarie la Corte di Cassazione, dopo avere ritenuto la natura abusiva della lottizzazione, li aveva assolti con la formula “perché il fatto non costituisce reato” in considerazione della inevitabilità e scusabilità dell’errore nell’interpretazione delle disposizioni regionali “oscure e mal formulate”.

Contestualmente alla pronuncia, vista l’ assoluzione fondata sull’assenza dell’elemento psicologico, in adesione ad un proprio indirizzo giurisprudenziale aveva ordinato la confisca.

Da questi brevi cenni risulta evidente che, a prescindere dalla natura di misura di sicurezza, sanzione penale o amministrativa riconosciuta alla confisca nella materia in esame, la Corte di Strasburgo correttamente ha ritenuto che “nelle circostanze specifiche del presente affare” non ricorressero le condizioni né di prevedibilità della legge e della sua sanzione nè di riconducibilità psicologica del fatto agli imputati. Al riguardo si segnala in particolare il § 89 della pronuncia in cui la Corte di Strasburgo, riportando le argomentazioni della difesa dei ricorrenti cui aderisce, ha sostenuto che al momento della costruzione ritenuta abusiva gli imputati non potevano prevedere come a loro applicabile la confisca poiché l’articolo 19 della L. 47/85, all’epoca vigente, non stabiliva in modo esplicito “la possibilità di confiscare i beni dei terzi in caso di assoluzione degli imputati” tanto da rendere la relativa conseguenza – frutto di specifica e non univoca elaborazione giurisprudenziale e di un’interpretazione non letterale dell’articolo 19 – “non prevista per legge”.

 
 

§ 6 Il caso di specie: la temporanea ablazione dei beni ai terzi estranei al reato nella fase cautelare di cui all’art. 321 cpp (sub f)

 

Nel caso di specie, diversamente da quello oggetto di esame della XII sezione della Corte di Strasburgo, viene in rilievo non la confisca come sanzione (o misura di sicurezza) applicata a seguito di una pronuncia di merito, ma una misura cautelare temporanea ai sensi non solo dell’art. 321, 2° comma, c.p.p. – che prevede espressamente il sequestro in funzione della confisca - ma anche del 1°comma, con la funzione di impedire che la lesione della riserva pubblica di programmazione del territorio sia portata a ulteriori conseguenze.

In detta ipotesi è di tutta evidenza che l’ablazione dei beni ai terzi estranei al reato non puo’ porsi né logicamente né giuridicamente in contrasto con i principi costituzionali (in particolare con quelli previsti dagli artt. 41 e 42 Cost.)e con quelli della CEDU, giacché il sequestro preventivo in quanto tale ha carattere temporaneo, ha natura reale e non personale, non è una sanzione e si fonda sul mero fumus commissi delicti.

Proprio per non pregiudicare l’interesse pubblico al corretto governo del territorio il terzo estraneo, anche se in buona fede, non può ottenere la restituzione dell’immobile di sua proprietà. Al più, se questa situazione si cristallizzerà a seguito della deliberazione di una sentenza emessa nei confronti di altri soggetti e dopo un adeguato bilanciamento tra gli opposti interessi da parte del Giudice in cui, nel caso concreto, dovesse soccombere, il terzo potrà far valere il diritto al risarcimento in sede civile contro i suoi danti causa (Sez. 3, Sentenza n. 38728 del 07/07/2004 Cc.  (dep. 04/10/2004) Rv. 229609; Sez. 3, Sentenza n. 35219 del 2007).

 

§7 il giudice interno e la C.E.D.U.

Le motivazioni poste a fondamento della pronuncia della Corte di Strasburgo e i principi in essa enucleati non sono incompatibili con il rigetto dell’appello volto alla restituzione degli immobili ai terzi, avuto proprio riguardo al caso concreto oggetto di esame di questo Tribunale.

Va premesso che in adesione alle argomentazioni di cui alle sentenze n. 348 e n. 349 del 2007 della Corte Costituzionale si tiene fermo il principio secondo cui algiudice ".... spetta interpretare la norma interna in modo conforme alla disposizione internazionale...L\'applicazione e l\'interpretazione del sistema di norme è attribuito beninteso in prima battuta ai giudici degli Stati membri, cui compete il ruolo di giudici comuni della Convenzione”, cosicchè il giudice nazionale è tenuto ad improntare il proprio operato ai principi cardine della C.E.D.U., nell’esegesi che la Corte Europea dei diritti dell’Uomo offre, vagliando l’incidenza della normativa sovranazionale sulla fattispecie concreta.

Alla luce di dette considerazioni e dunque nel pieno doveroso rispetto della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo i cui principi trovano espressione, e non meno intensa garanzia, anche nella Costituzione italiana si ritiene che nella specie:

a) la legge penale (art. 44 DPR 6 GIUGNO 2001, N. 380) e le sanzioni ad essa conseguenti fossero conoscibili, prevedibili, chiaramente formulate, anche in ragione della stabilizzazione dell’interpretazione che delle stesse è stata fornita a livello giurisprudenziale (vedi supra), quindi nel rispetto del principio sancito dall’art. 7 della Convenzione;

b) emerga un ragionevole rapporto di proporzionalità tra l’interesse generale, consistente nel fine endoprocessuale perseguito con il sequestro - ovverosia l’accertamento del fatto di reato e l’impedire che esso possa essere portato ad ulteriori conseguenze - e l’interesse del singolo, proprietario del bene in sequestro, consistente nello spossessamento temporaneo del bene (v. Corte eur. dir. uomo, 24 ottobre 1986, Agosi c. U.K. serie A n. 24 e Sezioni Unite della Cassazione n. 5876 del 28/1-13/2/04);

c) vada esclusa, allo stato degli atti e rinviando comunque al giudizio di merito, la buona fede degli appellanti, odierni proprietari degli immobili, come risulta dall’imprudenza e negligenza, se non addirittura consapevolezza dell’illecito contestato ai loro danti causa, nel comportamento da essi tenuto nella stipulazione dei contratti di acquisto (vedi infra il paragrafo che segue).

In ragione di questi elementi la temporanea sottrazione della proprietà ai terzi rientra nella disciplina dell’uso dei beni ai sensi del secondo comma dell’articolo 1 del Protocollo n.1, come interpretato dalla Corte di Strasburgo, che lascia agli Stati il diritto di adottare “le leggi da essi ritenute necessarie per disciplinare l’uso dei beni in modo conforme all’interesse generale” (sentenze Agosi c. Regno Unito del 24 ottobre 1986, cit., p. 17, § 51 e sgg.; Handyside c. Regno Unito del 7 dicembre 1976, serie A n. 24, pp. 29 e 30 §§ 62 – 63; Morabito ed altri c. Italiadel 7 giugno 2005) e non fa nascere, stante appunto la natura non espropriativa del sequestro preventivo, il diritto all’indennizzo.  

D’altra parte quando non emerga in modo univoco la buona fede del terzo acquirente viene anche meno la giustificazione logica e giuridica di prevederne una tutela da parte dell’ordinamento.

 
§ 8 i contratti stipulati dai terzi appellanti: la mala fede.

        Ritiene il Collegio, sempre allo stato degli atti e tenendo conto della presente fase processuale, che la consapevole e deliberata violazione dell’obbiettivo pubblico di rendere abitate le unità immobiliari da anziani, a prescindere dall’esistenza o meno di una certa tipologia, sia dimostrata dai contratti di vendita, tutti – ad eccezione di uno - rogati dal medesimo Notaio omissis (lo stesso che aveva stipulato la seconda convenzione); nella quasi totalità sottoscritti da un anziano-usufruttuario e da un giovane-nudo proprietario, tutti residenti a Roma, tra loro non sempre risultanti legati da vincoli di parentela o di convivenza (si vedano al riguardo i luoghi di residenza di ciascuno come emergenti dai contratti). Del resto proprio la medesima struttura contrattuale con un anziano-usufruttuario e un giovane-nudo proprietario, ripetuta in numerosi contratti (omissis) disvela una strategia unitaria predisposta dietro un apparente rispetto della Convenzione, ma chiaramente finalizzata ad operare un acquisto del bene per finalità del tutto svincolate da quelle perseguite dalle Pubbliche Autorità.

        La mancanza di buona fede emerge finanche dal solo contenuto degli atti notarili sottoscritti dagli appellanti e a loro letti integralmente, come attestato nell’atto, dal Notaio rogante.

In particolare:

-l’articolo 1 di tutti i contratti (allegati dagli appellanti in sede di costituzione come parti civili nel processo) premette che l’immobile fa parte “della struttura recettiva per anziani autorizzata dal Comune di Sabaudia con atto di convenzione appresso citato”; per poi descrivere l’immobile come “villetta a schiera”, per ciò solo non riconducibile alla natura di residenza per anziani voluta dalle Autorità Pubbliche;

-l’articolo 2 richiama espressamente ai contraenti la Convenzione stipulata tra la parte venditrice e il Comune di Sabaudia con atto rogato in data 15/9/2004 repertorio n. 5123/2492, regolarmente registrato e trascritto, e dà atto che “la parte acquirente dichiara di essere a perfetta conoscenza di tutte le clausole contenute nella convenzione….accettandone i relativi effetti formali e sostanziali”.

Ad ulteriore riprova, sempre allo stato degli atti e con il vincolo derivante dalla fase, di quanto sostenuto circa la mancanza di buona fede dei terzi è sufficiente dare atto della conoscenza, da parte degli acquirenti-appellanti, della Convenzione per come richiamata nella premessa dei contratti di compravendita. Infatti la Convenzione tra la società omissis e il Comune di Sabaudia ripercorre il procedimento amministrativo che aveva condotto alla sua emanazione e cita gli atti delle Pubbliche Autorità finalizzati alla costruzione di “una struttura ricettiva per anziani, del tipo casa-albergo”. All’art. 3, in particolare, a dimostrazione della finalità pubblica perseguita nella realizzazione degli immobili lottizzati, si stabilisce che la struttura ricettiva ha una capienza massima di 300 anziani e qualifica “anziano” colui che ha raggiunto l’età pensionabile o ha almeno 55 anni o “per sopravvenuta invalidità non coperta da particolari forme di intervento assistenziale specialistico, non eserciti e non possa proficuamente e continuamente esercitare attività professionali pubbliche o private”. 

Se gli appellanti fossero stati realmente in buona fede, come sostengono nell’atto di appello, a seguito della lettura delle clausole richiamate dagli artt. 1 e 2, avrebbero dovuto prendere effettiva e sostanziale conoscenza del contenuto complessivo della Convenzione, e avrebbero potuto così rendersi facilmente conto dell’aggiramento da parte del dante causa-lottizzatore della vocazione pubblica degli immobili che stavano acquistando e, conseguentemente, della natura abusiva della lottizzazione e delle sue ricadute.

A ciò si aggiunge, sempre per connotare l’elemento volontaristico degli appellanti, il basso prezzo di acquisto degli immobili, compreso tra i 50.000 e i 55.000 euro, che per il pregio del luogo in cui sono stati costruiti imponeva quantomeno il sorgere di un dubbio legittimante ulteriormente l’ onere di conoscere la citata Convenzione.

 

§9 rigetto della richiesta di uso e custodia (sub h)

Deve essere rigettata anche la richiesta di uso degli immobili poiché se essa venisse accolta si determinerebbe l\'aggravamento del carico urbanistico che costituisce la finalità perseguita dal sequestro disposto, neutralizzandone la funzione (Cass. Sez. III n. 825 del 13 gennaio 2009 (Cc 4 dic. 2008).

Lo stesso è a dirsi nel caso di concessione della custodia ai richiedenti che la eserciterebbero, per loro stessa ammissione, al solo fine di utilizzare gli immobili.

 

Sulla scorta delle argomentazioni sopra riportate l’appello deve essere rigettato, il provvedimento impugnato deve essere confermato e gli istanti vanno condannati solidalmente alle spese della fase.

 
P.Q.M.

Rigetta l’appello proposto da omissis, avverso il provvedimento di rigetto emesso dal Tribunale di Latina, in composizione collegiale nel procedimento n. RG Trib. 1687/08, in data 15/11/2008 (depositato il 19 novembre 2008), e per l’effetto conferma il provvedimento impugnato e condanna gli appellanti in solido al pagamento delle spese del presente procedimento.

Si comunichi

Così deciso in Latina, nella camera di consiglio del

 
Il giudice estensore           Il Presidente


Art. 7 della Convenzione Europea per i diritti dell’Uomo:

"1. Nessuno può essere condannato per un \'azione o un \'omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso.
2. Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione a di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era un crimine secondo i principi generali riconosciuti dalle nazioni civili
"

Articolo 1 del Protocollo n. 1:

“Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni.

Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di pubblica utilità e nelle condizioni previste dalla legge e dai principi generali del diritto internazionale.

Le disposizioni precedenti non portano pregiudizio at diritto degli Stati di porre in vigore le leggi da essi ritenute necessarie per di sciplinare l\'uso dei beni in modo conforme all\'interesse generale o per assicurare il pagamento delle imposte a di altri contributi e delle ammende

La stessa Corte di Strasburgo sull’efficacia delle proprie pronunce ha precisato che “servono a decidere non solo il caso specifico di cui [la Corte] è investita, ma, altresì, a chiarire, salvaguardare e sviluppare le norme della Convenzione ed a contribuire, in tal modo, al rispetto degli impegni fissati agli Stati contraenti”( Causa Guzzardi c. Italia, 11.11.1980). D’altra parte la Convenzione europea dei diritti dell’uomo esprime una sorta di sintesi dei due sistemi appartenti ai Paesi che l’anno sottoscritta, quello di common law e quello di civil law, con indubbia prevalenza del primo.