Corte Costituzionale sent. 309 del 23 novembre 2011
Oggetto: Edilizia e urbanistica - Norme della Regione Lombardia - Demolizione e ricostruzione di edifici - Previsione, con norma di interpretazione autentica che la ricostruzione dell'edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma; Previsione che, a seguito dell'entrata in vigore della legge censurata, cessi di avere diritto di applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio, prevista, tra gli altri, dall'art. 3 del d.P.R. n. 380/2001, che pone un vincolo di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente.
Dispositivo: illegittimità costituzionale - illegittimità costituzionale parziale
SENTENZA N. 309 ANNO 2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Alfonso QUARANTA; Giudici : Franco GALLO, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio) e dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, nel procedimento vertente tra C. B. ed altro e il Comune di Besozzo con ordinanza del 7 settembre 2010, iscritta al n. 364 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 49, prima serie speciale, dell’anno 2010. Visto l’atto di costituzione del Comune di Besozzo; udito nell’udienza pubblica del 18 ottobre 2011 il Giudice relatore Sabino Cassese; udito l’avvocato Alberto Rimoldi per il Comune di Besozzo. Ritenuto in fatto 1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, con ordinanza del 7 settembre 2010 (reg. ord. n. 364 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nonché dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), in relazione all’art. 117, terzo comma, della Costituzione. 2. – L’art. 27, comma 1, lettera d), della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 definisce come interventi di ristrutturazione edilizia quelli «rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica». L’art. 103 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, intitolato «Disapplicazione di norme statali», dispone, al comma 1, che, a seguito dell’entrata in vigore della medesima legge regionale n. 12 del 2005 «cessa di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista: a) dagli articoli 3, 4, 5, 10, 11, 12, 13, 14, 16, 19, commi 2 e 3, 20, 21, 22, 23 e 32 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A); b) dagli articoli 9, comma 5, e 19, commi 2, 3 e 4, del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità) (testo A)». L’art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, intitolato «Interpretazione autentica dell’articolo 27, comma 1, lettera d) della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 “Legge per il governo del territorio”», prevede che, nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, la ricostruzione dell’edificio che segue a demolizione «è da intendersi senza vincolo di sagoma». 3. – Il giudice a quo riferisce di essere stato investito di un giudizio riguardante alcuni provvedimenti in materia edilizia adottati dal Comune di Besozzo, in provincia di Varese, e la relativa richiesta di risarcimento danni. 3.1. – Con il provvedimento impugnato con il ricorso principale, il Comune ha annullato la dichiarazione di inizio attività (dia) n. 24/07, presentata dai signori C.B. e S.G. – ricorrenti nel giudizio a quo – avente ad oggetto la riqualificazione e la ristrutturazione di un edificio condonato. L’annullamento della dia è stato disposto per due autonome ragioni: l’intervento edilizio contrasta con l’art. 143 delle norme tecniche di attuazione (nta) del piano regolatore generale comunale perché, non rispettando la sagoma originaria, non è riconducibile alla nozione di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, dovendosi interpretare l’art. 27 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 in modo conforme all’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001; l’art. 143 delle norme tecniche di attuazione consente la realizzazione di ampliamenti di edifici ricadenti in zona «Ambito di paesaggio Sn1» nella sola ipotesi di immobili legittimamente esistenti al momento dell’entrata in vigore del piano regolatore, mentre l’intervento in questione, avendo ad oggetto lavori di ampliamento di un edificio condonato in data 21 novembre 2006, non rientra nell’ambito di applicazione di tale norma, stante l’irretroattività degli effetti del condono. 3.2. – Con la sentenza/ordinanza del 7 settembre 2010, il Tribunale ha respinto tutti i motivi di ricorso, ad eccezione della censura circa la erronea interpretazione, da parte del Comune, dell’art. 143 delle nta del piano regolatore generale comunale. Quanto alla censura relativa alla non qualificabilità dell’intervento quale ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione, perché non rispetterebbe la sagoma originaria, il Tribunale riferisce che, nelle more del giudizio, è intervenuta la legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, che ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 27, comma, lettera d), della legge regionale n. 12 del 2005. Per questa ragione il giudice ha ritenuto, sul punto, di sollevare questione di costituzionalità in riferimento all’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di governo del territorio. 4. – Quanto alla rilevanza, il Tribunale chiarisce che, pur avendo accolto uno dei motivi di ricorso, risulta necessario esaminare anche la censura riferita alla qualificazione dell’intervento edilizio realizzato, perché «in presenza di un provvedimento fondato su più motivi, ciascuno autonomamente idoneo a darne giustificazione, solo l’accertamento della illegittimità di tutti i motivi può portare alla sua caducazione». Ai fini della definizione del ricorso principale e dei ricorsi per motivi aggiunti, occorre quindi vagliare la costituzionalità dell’art. 27, comma 1, lettera d), della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 e della norma interpretativa di cui all’art. 22 della legge regionale n. 7 del 2010. Quest’ultima disposizione, pur se sopravvenuta, troverebbe comunque applicazione nel giudizio principale, «essendo indubbia la sua valenza interpretativa e, dunque, la sua valenza retroattiva». 5. – In punto di non manifesta infondatezza, il Tribunale rimettente rileva innanzitutto che l’edilizia, anche se non menzionata esplicitamente nell’art. 117 Cost., rientra, in base a consolidata giurisprudenza costituzionale, nell’ambito della materia del «governo del territorio», di competenza concorrente. 5.1. – Con riguardo alla normativa statale, il giudice a quo sostiene che l’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, recante la definizione degli interventi edilizi, costituisce un principio fondamentale non derogabile dal legislatore regionale. Ciò emergerebbe sia dalla rubrica di tale articolo («Definizione degli interventi edilizi»), sia dalla sua collocazione nel titolo I della parte I del testo unico, dedicata alle «Disposizioni generali». Inoltre, la natura di principio fondamentale dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 discenderebbe dall’impianto complessivo del testo unico sull’edilizia e dal rilievo che in esso assumono le definizioni degli interventi, nonché dalla sua prevalenza rispetto alle eventuali diverse disposizioni contenute negli strumenti urbanistici generali e nei regolamenti edilizi. 5.2. – Quanto alla disciplina regionale censurata, il giudice a quo rileva innanzitutto che l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, non menziona il limite della sagoma, a differenza dell’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, che pone un vincolo di identità di volumetria e di sagoma tra il nuovo edificio e quello preesistente. Inoltre, l’art. 103 della medesima legge regionale n. 12 del 2005 dispone che, con l’entrata in vigore di tale legge, cessi di avere diretta applicazione nella Regione Lombardia la disciplina di dettaglio prevista, tra l’altro, dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, con ciò escludendo implicitamente il carattere di principio fondamentale della norma recante le definizioni degli interventi edilizi. Il Tribunale rimettente riferisce, poi, che la giurisprudenza amministrativa aveva più volte in passato risolto questa antinomia, ritenendo che l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005 dovesse interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell’edificio preesistente, in quanto tale requisito, previsto dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, costituisce espressione di un principio generale che orienta anche l’interpretazione della legislazione regionale. Ad avviso del giudice a quo, però, tale interpretazione costituzionalmente orientata non sarebbe più possibile, in quanto l’art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010 ha fornito una interpretazione autentica dell’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge regionale n. 12 del 2005, specificando che «la ricostruzione dell’edificio è da intendersi senza vincolo di sagoma». Secondo il Tribunale rimettente, quindi, il combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dalla legge regionale n. 7 del 2010 – nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione – e 103 della medesima legge regionale n. 12 del 2005 – nella parte in cui prevede che, a seguito dell’entrata in vigore di tale legge, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 – si porrebbe in contrasto con il principio fondamentale della legislazione statale dettato dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 in materia di governo del territorio e violerebbe, dunque, l’art. 117, terzo comma, Cost. 6. – In data 16 novembre 2010 si è costituito in giudizio il Comune di Besozzo, sostenendo la fondatezza della questione. Il Comune osserva che, nella normativa regionale censurata, «il mancato richiamo all’obbligatorio mantenimento della sagoma dell’edificio antecedente rappresenta un notevole ampliamento rispetto alla norma statale, poiché consente, in regime di ristrutturazione, la costruzione, in luogo dell’edificio demolito, di un fabbricato totalmente diverso (anche nell’aspetto esterno) da quello preesistente, del quale viene conservata unicamente la volumetria». Ciò susciterebbe, inoltre, dubbi sotto il profilo penale, in quanto in Lombardia «l’intervento di demolizione e ricostruzione con il solo rispetto della volumetria iniziale, e non della sagoma, risulterebbe legittimo sotto il profilo amministrativo in ambito regionale, [...] qualificandosi come ristrutturazione e nel contempo risulterebbe inammissibile in base al d.P.R. n. 380 del 2001», ed è alla norma statale che il giudice penale deve far riferimento per determinare le ipotesi di reato edilizio. Considerato in diritto 1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione seconda, con ordinanza del 7 settembre 2010 (reg. ord. n. 364 del 2010), ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, e 103 della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), e dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010), in relazione all’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Secondo il Tribunale rimettente, l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall’art. 22 della legge regionale n. 7 del 2010 – nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione – e l’art. 103 della medesima legge regionale n. 12 del 2005 – nella parte in cui prevede che, a seguito dell’entrata in vigore di tale legge, cessi di avere diretta applicazione nella Regione la disciplina di dettaglio prevista, tra gli altri, dall’art. 3 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A) – sarebbero in contrasto con i principi fondamentali stabiliti dalla legislazione statale in materia di governo del territorio, così violando l’art. 117, terzo comma, Cost. 2. – La questione è fondata. 2.1. – Questa Corte ha già ricondotto nell’ambito della normativa di principio in materia di governo del territorio le disposizioni legislative riguardanti i titoli abilitativi per gli interventi edilizi (sentenza n. 303 del 2003, punto 11.2 del Considerato in diritto): a fortiori sono principi fondamentali della materia le disposizioni che definiscono le categorie di interventi, perché è in conformità a queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali. L’intero corpus normativo statale in ambito edilizio è costruito sulla definizione degli interventi, con particolare riferimento alla distinzione tra le ipotesi di ristrutturazione urbanistica, di nuova costruzione e di ristrutturazione edilizia cosiddetta pesante, da un lato, e le ipotesi di ristrutturazione edilizia cosiddetta leggera e degli altri interventi (restauro e risanamento conservativo, manutenzione straordinaria e manutenzione ordinaria), dall’altro. La definizione delle diverse categorie di interventi edilizi spetta, dunque, allo Stato. 2.2. – Tali categorie sono individuate dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001, collocato nel titolo I della parte I del testo unico, intitolato «Disposizioni generali». In particolare, la lettera d) del comma 1 di detto articolo include, nella definizione di «ristrutturazione edilizia», gli interventi di demolizione e ricostruzione con identità di volumetria e di sagoma rispetto all’edificio preesistente; la successiva lettera e) classifica come interventi di «nuova costruzione» quelli di «trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti». In base alla normativa statale di principio, quindi, un intervento di demolizione e ricostruzione che non rispetti la sagoma dell’edificio preesistente – intesa quest’ultima come la conformazione planivolumetrica della costruzione e il suo perimetro considerato in senso verticale e orizzontale – configura un intervento di nuova costruzione e non di ristrutturazione edilizia. A conferma di ciò non sta solo il dato letterale dell’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001 – che fa riferimento alla «stessa volumetria e sagoma» dell’edificio preesistente e ammette «le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica» – ma vi è anche la successiva legislazione statale in materia edilizia. L’art. 5, commi 9 e ss., del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito, con modificazioni, nella legge 12 luglio 2011, n. 106, infatti, nel regolare interventi di demolizione e ricostruzione con ampliamenti di volumetria e adeguamenti di sagoma, non ha qualificato tali interventi come ristrutturazione edilizia, né ha modificato la disciplina dettata al riguardo dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001. 2.3. – La linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi, d’altronde, non può non essere dettata in modo uniforme sull’intero territorio nazionale, la cui «morfologia» identifica il paesaggio, considerato questo come «la rappresentazione materiale e visibile della Patria, coi suoi caratteri fisici particolari, con le sue montagne, le sue foreste, le sue pianure, i suoi fiumi, le sue rive, con gli aspetti molteplici e vari del suo suolo, quali si sono formati e son pervenuti a noi attraverso la lenta successione dei secoli» (Relazione illustrativa della legge 11 giugno 1922, n. 778 «Per la tutela delle bellezze naturali e degli immobili di particolare interesse storico», Atti parlamentari, Legislatura XXV, Senato del Regno, Tornata del 25 settembre 1920). Sul territorio, infatti, «vengono a trovarsi di fronte» – tra gli altri – «due tipi di interessi pubblici diversi: quello alla conservazione del paesaggio, affidato allo Stato, e quello alla fruizione del territorio, affidato anche alle Regioni» (sentenza n. 367 del 2007, punto 7.1 del Considerato in diritto). Fermo restando che la tutela del paesaggio e quella del territorio sono necessariamente distinte, rientra nella competenza legislativa statale stabilire la linea di distinzione tra le ipotesi di nuova costruzione e quelle degli altri interventi edilizi. Se il legislatore regionale potesse definire a propria discrezione tale linea, la conseguente difformità normativa che si avrebbe tra le varie Regioni produrrebbe rilevanti ricadute sul «paesaggio […] della Nazione» (art. 9 Cost.), inteso come «aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che è di per sé un valore costituzionale» (sentenza n. 367 del 2007), e sulla sua tutela. 2.4. – In conclusione, l’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall’art. 22 della legge della Regione Lombardia n. 7 del 2010, nel definire come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma, è in contrasto con il principio fondamentale stabilito dall’art. 3, comma 1, lettera d), del d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in materia di governo del territorio. Parimenti lesivo dell’art. 117, terzo comma, Cost., è l’art. 103 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui, qualificando come «disciplina di dettaglio» numerose disposizioni legislative statali, prevede la disapplicazione della legislazione di principio in materia di governo del territorio dettata dall’art. 3 del d.P.R. n. 380 del 2001 con riguardo alla definizione delle categorie di interventi edilizi. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE 1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, lettera d), ultimo periodo, della legge della Regione Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione; 2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 103 della legge della Regione Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui disapplica l’art. 3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) (testo A); 3) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 22 della legge della Regione Lombardia 5 febbraio 2010, n. 7 (Interventi normativi per l’attuazione della programmazione regionale e di modifica ed integrazione di disposizioni legislative – Collegato ordinamentale 2010). Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 novembre 2011. F.to: Alfonso QUARANTA, Presidente Sabino CASSESE, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria il 23 novembre 2011. Il Direttore della Cancelleria F.to: MELATTI