Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 2972, del 30 maggio 2013
Urbanistica.Ristrutturazione edilizia e “fedele ricostruzione”
Anche se l’attuale art. 3 del d.P.R. n. 380/2001 non contiene più il riferimento alla “fedele ricostruzione”, occorre però considerare con rigore i criteri della medesima volumetria e sagoma, in virtù della modifica dell’istituto. Se quindi con la modifica introdotta dal D.Lgs. 301/2002 la nozione di ristrutturazione è stata ulteriormente estesa, al fine di conservare una logica normativa è necessaria una interpretazione rigorosa e restrittiva del mantenimento della sagoma precedente. Proprio perché non vi è più il limite della “fedele ricostruzione” per la ristrutturazione si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti le linee fondamentali per sagoma e volumi. Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono la giurisprudenza a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)
N. 02972/2013REG.PROV.COLL.
N. 04063/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4063 del 2010, proposto da:
Doma S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Antonio Caminiti, Claudio Colombo, con domicilio eletto presso Giulia Greco in Roma, via F. Cesi 21;
contro
Cascina Paolina S.r.l., rappresentato e difeso dall'avv. Antonella Giglio, con domicilio eletto presso Antonella Giglio in Roma, via Antonio Gramsci, 14;
nei confronti di
Comune di Lissone, rappresentato e difeso dagli avv. Valeria Raimondi, Luisa Torchia, Guido Bardelli, con domicilio eletto presso Luisa Torchia in Roma, via Sannio 65;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE II n. 05268/2009, resa tra le parti, concernente edilizia - permesso di costruire
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Cascina Paolina S.r.l. e di Comune di Lissone;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 aprile 2013 il Cons. Sergio De Felice e uditi per le parti gli avvocati Carbone, per delega degli Avvocati Torchia e Colombo, e Giglio;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con ricorso proposto innanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia la società Cascina Paolina s.r.l. agiva per l'annullamento del permesso di costruire rilasciato dal Comune di Lissone, il 18.2.2005, in favore della confinante Doma s.r.l. ed avente ad oggetto la realizzazione di un intervento di demolizione e ricostruzione.
Il permesso di costruire impugnato aveva ad oggetto un intervento di "demolizione e ricostruzione, su un medesimo sedime con ristrutturazione dell'esistente, spostamenti volumetrici nonché formazione di autorimesse interrate".
La ricorrente agiva deducendo i vizi di violazione di legge ed eccesso di potere sotto svariati profili, lamentando innanzitutto che il nuovo edificio era completamente diverso da quello preesistente quanto a destinazione, sagoma, sedime e volume e andava qualificato quale nuova costruzione.
La società controinteressata chiedeva il rigetto del ricorso, deducendo, tra l’altro, l’inammissibilità per mancata impugnazione dell’art. 22.8 delle n.t.a. che consentirebbe, nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia, uno spostamento volumetrico fino a 450 mc in modo che l'intervento possa comportare anche la realizzazione di un organismo edilizio leggermente differente rispetto a quello precedente, quanto a sagoma, volume, superficie di ingombro e distanze.
Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso ritenendo che l’art. 27 comma 1 lettera d) della l.r. Lombardia 11 marzo 2005 n.12 – che ricomprende tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente – deve interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell’edificio preesistente, in quanto tale requisito, previsto dall’art. 3 comma 1 lettera d) DPR n.380 del 2001 e sue modifiche ed integrazioni, costituisce espressione di un principio generale che deve orientare anche l’interpretazione della legislazione regionale; inoltre in caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo spostamento di volumetria non può ritenersi ammissibile pena lo sconfinamento nella differente ipotesi della nuova costruzione laddove vada ad incidere sul requisito della identità di sagoma, superfici e volumi richiesto dall’art. 3 del DPR 380 del 2001.
Nella specie, secondo il primo giudice, certamente almeno con riferimento alla sagoma, come evincibile dall'allegato P alla consulenza tecnica esperita dinanzi al Tribunale di Monza nella causa intentata dalla Cascina Paolina s.r.l. nei confronti della Doma s.r.l., non sussisteva la suddetta identità tra l'edificio oggi esistente e quello originario e quindi l’intervento non poteva qualificarsi quale ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione bensì quale nuova costruzione; né assumeva rilievo l’invocato art. 22.8 delle n.t.a. secondo cui "in tutte le zone B comprese le RM sono ammessi trasferimenti volumetrici nell'ambito delle singole unità immobiliari. Tali trasferimenti devono comunque non alterare le caratteristiche morfologiche generali dell'edificio e non potranno superare il 30% della s.l.p. dell'unità funzionale esistente con un massimo di 450 mc.", perché tale regola impone comunque il rispetto della compatibilità del concetto della ristrutturazione.
Avverso tale sentenza, ritenendola errata ed ingiusta, propone appello la società Doma srl, deducendo quanto segue:
1) il permesso di costruire aveva ad oggetto: “demolizione e ricostruzione su medesimo sedime, con ristrutturazione dell’esistente, spostamenti volumetrici nonché formazione autorimesse interrate”; 2) sull’area in questione in contesto totalmente residenziale e inclusa nella zona B1 (residenziale) del vigente PRG esisteva un fabbricato composto da due parti: un corpo di fabbrica di due piani oltre sottotetto, con piano terreno a destinazione produttiva e primo piano residenziale, con accesso dalla via XX settembre; un corpo di fabbrica ad un piano adibito a laboratorio; 3) l’intervento avrebbe portato la totale demolizione e ricostruzione del fabbricato con analoga volumetria e sedime, mentre la sagoma è stata mutata nella misura strettamente indispensabile alle esigenze e nel rispetto dell’invocato art. 22.8 delle NTA al PRG sopra invocato, che prevede l’ammissibilità di trasferimenti di volumetria nell’ambito delle singole unità immobiliari e che tali trasferimenti non debbono comunque alterare le caratteristiche morfologiche generali dell’edificio e non potranno superare il 30% della unità esistente, con un massimo di 450 mc. La volumetria esistente è stata spostata ampliando l’originario primo piano ed il sottotetto, trasformato in secondo piano.
Secondo la tesi dell’appellante, gli argomenti sostenuti dal primo giudice portano a ritenere impossibile praticamente applicare la invocata regola di cui alle norme tecniche di attuazione, che consente gli spostamenti volumetrici, unitamente alla demolizione e ricostruzione, in quanto è inevitabile la modificazione della sagoma.
Quindi è errata la tesi di ritenere in ogni caso “nuova costruzione” la demolizione e ricostruzione laddove debba apportare limitate modifiche alle caratteristiche planivolumetriche preesistenti; tali spostamenti volumetrici e quindi di sagoma sono ammessi e consentiti sia dall’art. 22.8 delle NTA al PRG, che dall’art. 22 L.R. Lombardia 5 febbraio 2010, n.7 che in sede di interpretazione autentica ha previsto che l’art. 27 comma 1 lett.d) della L.R. 12 del 2005 debba essere interpretato nel senso che la ricostruzione dell’edificio debba intendersi senza il rispetto della sagoma preesistente.
Nella specie, lo spostamento volumetrico è consistito nella demolizione di una parte del fabbricato adibito a laboratorio artigianale, per ricavare alcuni spazi da destinare a giardino, per assicurare ai locali residenziali prospicienti luce ed aria, garantendo il rispetto delle norme igienico-sanitarie.
In sostanza, secondo la tesi avanzata dall’appello, vi è stata una duplice attività: ristrutturazione, con modificazione e successiva fedele ricostruzione e spostamento volumetrico ex art. 22.8 NTA e la formazione di box interrati e si tratta di due operazioni entrambe ammesse.
Avverso la stessa sentenza ha proposto appello incidentale il Comune di Lissone, che assume l’erroneità della decisione deducendo i seguenti motivi: 1) erroneità della qualificazione dell’intervento come nuova costruzione ai sensi della normativa e delle interpretazioni giurisprudenziali in materia, atteso che le modificazioni sono state lievi e relative al solo piano terra con valorizzazione dell’area; 2) errata interpretazione dell’ambito applicativo dell’art. 22.8 delle NTA al PRG; 3) genericità della motivazione e omissione di motivazione sul punto essenziale dei parcheggi e barriere architettoniche; 4) omessa considerazione del carico urbanistico dell’edificio; 5) erronea applicazione della legge regionale Lombardia n.12 del 2005, essendo non appropriato, sulla base del principio tempus regit actum, il riferimento ad una legge successiva rispetto ai tempi dell’intervento.
Si è costituita la società Cascina Paolina srl chiedendo il rigetto degli appelli perché infondati.
Nella memoria illustrativa la società Doma srl ha rappresentato che, anche se il Giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionale la legge regionale n.12 del 2005 all’art. 27 comma d) ultimo periodo nella parte in cui definiva come ristrutturazione edilizia gli interventi di demolizione e ricostruzione, senza il vincolo della sagoma preesistente, per contrasto con i principi fondamentali stabiliti in materia dalla legislazione statale, successivamente il legislatore regionale sarebbe nuovamente intervenuto al fine di: enucleare il concetto nuovo di sostituzione edilizia; prevedere che tali interventi consentono altresì una diversa sagoma, sia pure con diversa volumetria; a tutela dell’affidamento prevedere che per gli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n.309 del 2011 al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data devono considerarsi titolo validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012.
La memoria difensiva di parte appellata Cascina Paolina deduce tra l’altro come nella specie il piano interrato era di mq 37 e successivamente di mq.350; inoltre, le modifiche riguardano la sagoma, il volume ed il sedime e sono comprovate documentalmente; sussisterebbero violazioni di indice fondiario, del rapporto di copertura, delle distanze dal confine, già accertate dal giudice civile.
Alla udienza pubblica del 23 aprile 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.La questione oggetto della presente controversia consiste nello stabilire se, sulla base della normativa nazionale e regionale e sulla base della invocata normativa tecnica comunale, l’intervento abilitato costituisce una ristrutturazione oppure una nuova costruzione.
Il permesso di costruire aveva ad oggetto: “demolizione e ricostruzione su medesimo sedime, con ristrutturazione dell’esistente, spostamenti volumetrici nonché formazione autorimesse interrate”.
Sull’area in questione in contesto totalmente residenziale e inclusa nella zona B1 (residenziale) del vigente PRG, esisteva dapprima un fabbricato composto da due parti: un corpo di fabbrica di due piani oltre sottotetto, con piano terreno a destinazione produttiva e primo piano residenziale, con accesso dalla via XX settembre; un corpo di fabbrica ad un piano adibito a laboratorio.
L’intervento assentito avrebbe portato alla totale demolizione e ricostruzione del fabbricato con analoga volumetria e sedime, mentre la sagoma sarebbe stata mutata nella misura strettamente indispensabile alle esigenze e nel rispetto dell’invocato art. 22.8 delle NTA al PRG sopra invocato, che prevede l’ammissibilità di trasferimenti di volumetria nell’ambito delle singole unità immobiliari e che tali trasferimenti non debbono comunque alterare le caratteristiche morfologiche generali dell’edificio e non potranno superare il 30% della unità esistente, con un massimo di 450 mc.
In realtà, la volumetria esistente è stata spostata ampliando l’originario primo piano ed il sottotetto, trasformato in secondo piano.
In definitiva la questione è se costituisca ristrutturazione un intervento autorizzato che, demolendo e ricostruendo con analoga volumetria (in realtà maggiorata) e sedime, muti però in modo più o meno considerevole la sagoma, invocando, sotto tale profilo, la norma tecnica di attuazione al PRG che consente spostamenti volumetrici.
2. In linea generale, l’elemento che contraddistingue la ristrutturazione dalla nuova edificazione deve rinvenirsi nella già avvenuta trasformazione del territorio, mediante una edificazione di cui si conservi la struttura fisica, (sia pure con la sovrapposizione di un "insieme sistematico di opere, che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente") ovvero la cui stessa struttura fisica venga del tutto sostituita, ma - in quest'ultimo caso - con ricostruzione, se non "fedele" comunque rispettosa della volumetria e della sagoma della costruzione preesistente.
Ai sensi dell'art. 3, c. 1, lett. d) del d.P.R. n. 380/2001 sono "interventi di ristrutturazione edilizia" (...) "gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio, l'eliminazione, la modifica e l'inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma di quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica.".
Il concetto di ristrutturazione edilizia comprende la demolizione e ricostruzione con la stessa volumetria e sagoma, nel senso che debbano essere rispettate quantomeno le “linee essenziali” della sagoma.
E’ così necessaria l’identità della complessiva volumetria del fabbricato e, per l’area di sedime, il fabbricato deve occupare la stessa area e sorgere sulla stessa superficie utilizzata dal precedente senza compromettere un territorio diverso, coerentemente con la ratio di recupero del patrimonio esistente.
Se anche l’attuale art. 3 non contiene più il riferimento alla “fedele ricostruzione” , occorre però considerare con rigore i criteri della medesima volumetria e sagoma, in virtù della modifica dell’istituto.
Se quindi con la modifica introdotta dal D.Lgs. 301/2002 la nozione di ristrutturazione è stata ulteriormente estesa, al fine di conservare una logica normativa è necessaria una interpretazione rigorosa e restrittiva del mantenimento della sagoma precedente. Proprio perché non vi è più il limite della “fedele ricostruzione” per la ristrutturazione si richiede la conservazione delle caratteristiche fondamentali dell’edificio preesistente nel senso che debbono essere presenti le linee fondamentali per sagoma e volumi (così, Cons. Stato, IV, 28 luglio 2005, n.4011; Cons. Stato, V, 14 aprile 2006, n. 2085).
Anche escludendo il superato criterio della fedele ricostruzione, esigenze di interpretazione logico-sistematica della nuova normativa inducono la giurisprudenza a ritenere che la ristrutturazione edilizia, per essere tale e non finire per coincidere con la nuova costruzione, debba conservare le caratteristiche fondamentali dell'edificio preesistente e la successiva ricostruzione dell'edificio debba riprodurre le precedenti linee fondamentali quanto a sagoma, superfici e volumi (fra le tante Cons. Stato, sez. IV, 18 marzo 2008, n. 1177).
In caso di ristrutturazione mediante demolizione e ricostruzione, lo scostamento di volumetria non può, dunque, ritenersi ammissibile pena lo sconfinamento nella differente ipotesi della nuova costruzione laddove vada ad incidere sul requisito della identità di sagoma, superfici e volumi richiesto dall'art. 3, d.P.R. n. 380/2001.
Né in senso diverso può essere invocata la normativa regionale, in quanto l'art. 27, comma 1, lett. d) della L. reg. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 - che ricomprende tra gli interventi di ristrutturazione edilizia quelli consistenti nella demolizione e ricostruzione parziale o totale nel rispetto della volumetria preesistente - deve interpretarsi nel senso di prescrivere anche il rispetto della sagoma dell'edificio preesistente, in quanto tale requisito, previsto dall'art. 3, comma 1, lettera d), del D.P.R. 380/2001 e s.m.i., costituisce espressione di un principio generale che deve orientare anche l'interpretazione della legislazione regionale.
Se anche si era ritenuto in senso contrario rispetto alla sentenza appellata da parte di giudici regionali (in tal senso T.A.R. Brescia Lombardia sez. I, 13 aprile 2011, n. 552) che il legislatore lombardo ha ritenuto, attraverso l'art. 22 comma 1 l. reg. 5 febbraio 2010 n. 7, di intervenire sull'art. 27 l. reg. n. 12 del 2005 e di adottare in tal modo nel caso di "demolizione e ricostruzione" un concetto di ristrutturazione più ampio di quello accolto nella normativa nazionale, eliminando in buona sostanza la sagoma quale vincolo da rispettare, sul punto è stata fatta definitiva chiarezza. Infatti sul punto è intervenuto il giudice delle leggi, stabilendo che sono principi fondamentali della materia del governo del territorio le disposizioni d.P.R. n. 380 del 2001, testo unico in materia edilizia, che definiscono le categorie di interventi, perchè è in conformità di queste ultime che è disciplinato il regime dei titoli abilitativi, con riguardo al procedimento e agli oneri, nonché agli abusi e alle relative sanzioni, anche penali (Corte Costituzionale, 23 novembre 2011, n. 309).
È costituzionalmente illegittimo l'art. 27, comma 1, lett. d), ultimo periodo, l.reg. Lombardia 11 marzo 2005 n. 12, nella parte in cui, nel definire come ristrutturazione edilizia interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma , si pone in contrasto con il principio fondamentale stabilito dall'art. 3, comma 1, lett. d), d.P.R. n. 380 del 2001, con conseguente violazione dell'art. 117, comma 3, cost., in materia di governo del territorio. Si vedano, in tema di "governo del territorio", le citate sentenze n. 367 del 2007 e n. 303 del 2003, punto 11.2. Di conseguenza, sono costituzionalmente illegittimi sia l'art. 27, comma 1, lett. d, ultimo periodo, l. reg. Lombardia n. 12 del 2005, come interpretato dall'art. 22 l. reg. Lombardia n. 7 del 2010, che definisce come " ristrutturazione edilizia" interventi di demolizione e ricostruzione senza il vincolo della sagoma , sia l'art. 103 l. reg. Lombardia n. 12 del 2005, nella parte in cui, qualificando come "disciplina di dettaglio" numerose disposizioni legislative statali, prevede la disapplicazione della legislazione di principio in materia di governo del territorio dettata dall'art. 3 d.P.R. n. 380 del 2001 con riguardo alla definizione delle categorie di interventi edilizi.
3. In fatto, la stessa parte appellante ammette che in sede civile il Tribunale di Monza, con sentenza 18 gennaio 2008, n.154 e come si evincerebbe anche dall’allegato P alla consulenza tecnica esperita dinanzi al Tribunale di Monza nella causa intentata dalla Cascina Paolina s.r.l. nei confronti della Doma s.r.l., ha qualificato l’intervento come demolizione e ricostruzione con sagoma differente, da ritenere quindi nuova costruzione, ordinando la demolizione della porzione posta a meno di 5 metri dal confine.
Infatti soltanto se l’intervento rispetta i requisiti della ristrutturazione quanto a sagoma e volumetria preesistenti – non integrando quindi la nuova costruzione – non dovranno applicarsi le normative vigenti sugli indici di edificabilità, sui parametri di altezze, distanze, distacchi e così via, che debbono invece essere rispettati in caso contrario.
4. Il Collegio osserva anche che quanto sopra osservato in relazione al mancato rispetto delle linee essenziali della sagoma, ammesso e riconosciuto in fatto dalla stessa parte appellante, consente di ritenere irrilevante l’affrontare la portata della legge regionale che, come detto, deve rispettare la normativa nazionale quanto ai principi generali, di cui, peraltro, il Comune appellante incidentale a sua volta deduce la irrilevanza ratione temporis, perché successiva all’assentimento dell’intervento in questione.
Riguardo alla deduzione esposta nella memoria illustrativa dalla società Doma srl secondo cui, anche se il Giudice delle leggi ha dichiarato incostituzionale la legge regionale n.12 del 2005 all’art. 27 comma d) ultimo periodo nella parte in cui definiva come ristrutturazione edilizia gli interventi di demolizione e ricostruzione, senza il vincolo della sagoma preesistente, per contrasto con i principi fondamentali stabiliti in materia dalla legislazione statale, successivamente il legislatore regionale sarebbe nuovamente intervenuto al fine di: enucleare il concetto nuovo di sostituzione edilizia; prevedere che tali interventi consentono altresì una diversa sagoma, sia pure con diversa volumetria; a tutela dell’affidamento prevedere che per gli interventi di ristrutturazione edilizia oggetto della sentenza della Corte Costituzionale n.309 del 2011 al fine di tutelare il legittimo affidamento dei soggetti interessati i permessi di costruire rilasciati alla data del 30 novembre 2011 nonché le denunce di inizio attività esecutive alla medesima data devono considerarsi titolo validi ed efficaci fino al momento della dichiarazione di fine lavori, a condizione che la comunicazione di inizio lavori risulti protocollata entro il 30 aprile 2012, il Collegio osserva come tali osservazioni non siamo pertinenti nella specie.
Al di là di altri profili riguardanti la sopra invocata legge regionale successiva, che ulteriormente si propone di protrarre gli effetti di legge già dichiarata incostituzionale, anche a ritenerne l’applicazione, essa riguarderebbe soltanto gli spostamenti di sagoma e non anche i fabbricati per i quali, come nella specie, siano evidenti gli spostamenti non solo di sagoma, ma anche i superamenti di volumetria, di altezza, di distanze, in modo talmente eclatante, come dimostrano le misure sopra riportate e non contestate (basti osservare che il piano interrato era di mq 37 e successivamente di mq.350), da far configurare il fabbricato costruito in modo indiscutibile come una nuova costruzione.
5.Non può neanche assumere rilievo la invocata previsione dettata dall'art. 22.8 delle n.t.a. secondo cui "in tutte le zone B comprese le RM sono ammessi trasferimenti volumetrici nell'ambito delle singole unità immobiliari. Tali trasferimenti devono comunque non alterare le caratteristiche morfologiche generali dell'edificio e non potranno superare il 30% della s.l.p. dell'unità funzionale esistente con un massimo di 450 mc.".
Gli appelli deducono che le conclusioni del primo giudice portano a svuotare di contenuto tale possibilità concessa dalle norme tecniche di attuazione, che dovrebbe consentire il mancato rispetto della sagoma.
Il Collegio osserva in senso contrario che una cosa è il rispetto delle linee essenziali della sagoma; altra cosa, anche per ipotesi di interventi edilizi diversi dalla ristrutturazione, è la possibilità di avvalersi di spostamenti di volumetria.
Pertanto, l’articolo invocato delle NTA non si pone in incompatibilità con le prescrizioni dettate nella definizione di intervento di "ristrutturazione edilizia" di cui all'art. 3, d.P.R. n. 380/2001: essa si limita, difatti, ad attribuire una facoltà di cui il privato si potrà avvalere solo ove vi sia compatibilità con i caratteri propri della tipologia di intervento edilizio richiesto.
6.Per le considerazioni sopra svolte, l’appello principale e l’appello incidentale vanno respinti, con conseguente conferma dell’appellata sentenza ai sensi di cui in motivazione.
La condanna alle spese della presente fase di giudizio deve seguire il principio della soccombenza; le spese sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, così provvede:
respinge l’appello principale e l’appello incidentale, confermando l’appellata sentenza.
Condanna l’appellante principale e l’appellante incidentale al pagamento in via solidale delle spese del presente grado di giudizio in favore della Cascina Paolina srl, liquidandole in complessivi euro quattromila.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 23 aprile 2013 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Nicola Russo, Consigliere
Sergio De Felice, Consigliere, Estensore
Fabio Taormina, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
|
|
|
|
|
|
L'ESTENSORE |
|
IL PRESIDENTE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
|
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 30/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)