Consiglio di Stato Sez. IV n. 4313 del 14 maggio 2024
Urbanistica.Termine di impugnazione del permesso di costruire

Ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un permesso di costruire da parte di terzi, l’effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità assoluta dell’area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso, ad esempio per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati. Il momento dal quale decorrono i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell’ambito dell’attività edilizia, è infatti individuato: nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area; ovvero, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza etc.), nel completamento dei lavori o comunque in rapporto al grado di sviluppo degli stessi, ferma restando: a) la possibilità da parte di chi solleva l’eccezione di tardività di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente; b) l’onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio di esercitare sollecitamente l’accesso documentale.

Pubblicato il 14/05/2024

N. 04313/2024REG.PROV.COLL.

N. 09510/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9510 del 2023, proposto dalla signora-OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

la signora -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato Stefano Parlati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

il Comune di Procida, non costituitosi in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione sesta) n. -OMISSIS-, resa tra le parti.


Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora -OMISSIS-;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 marzo 2024 la consigliera Silvia Martino;

Viste le conclusioni delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Oggetto del contendere è il permesso di costruire n. 9 del 21 maggio 2020 rilasciato dal Comune di Procida all’odierna appellante per la realizzazione di interventi di consolidamento e restauro con bonifica igienico-edilizia per un immobile sito alla -OMISSIS-.

1.1. Tale provvedimento veniva impugnato dalla signora -OMISSIS-, odierna appellata, innanzi al T.a.r. per la Campania, sulla scorta di due articolati mezzi di gravame.

2. Con la sentenza oggetto dell’odierna impugnativa il T.a.r.:

- ha respinto l’eccezione preliminare di tardività del ricorso;

- ha accolto il ricorso nel merito e annullato l’atto impugnato;

- ha condannato la parte resistente alla rifusione delle spese di lite.

3. L’appello della signora -OMISSIS- di Santolo è affidato ai seguenti motivi:

I. Il ricorso è stato notificato in data 15 aprile 2021, circa un anno dopo la data (non precisata) in cui l’appellante asserisce che il permesso di costruire n.9 del 21 maggio 2020 sarebbe stato pubblicato all’Albo Pretorio.

In ogni caso, il ricorso di primo grado non sarebbe volto a contestare sic et simpliciter il dimensionamento dell’opera quanto l’assoluta impossibilità di costruire su un terreno non edificabile.

Il termine per impugnare avrebbe quindi cominciato a decorrere al più tardi dal 14 gennaio 2021, data indicata dalla signora -OMISSIS- nella propria istanza di accesso come quella in cui la stessa ha potuto constatare l’avvenuto avvio dei lavori.

Nella predetta istanza vi sarebbero elementi idonei a dimostrare che l’originaria ricorrente già avesse contezza delle opere oggetto del permesso di costruire.

Inoltre, alla data del 1° febbraio 2021, in cui il Comune di Procida ha effettuato un sopralluogo tecnico, i lavori sarebbero già pervenuti ad uno stadio tale da rendere percepibile l’effettiva consistenza e dimensione dell’opera.

Dell’effettuazione di tale sopralluogo l’originaria ricorrente era a conoscenza in quanto lo ha richiamato nella diffida del 22 febbraio 2021.

Il ricorso di primo grado è stato tuttavia notificato il 15 aprile 2021, e quindi ben oltre il termine di sessanta giorni rispetto ad ognuna delle date suddette.

II. L’originaria ricorrente sarebbe altresì carente di interesse a ricorrere.

Tale eccezione non è stato svolta in primo grado ma attiene ad una condizione dell’azione la cui mancanza può essere rilevata d’ufficio anche in appello.

L’appellante sottolinea cha la signora -OMISSIS- ha agito sul solo presupposto di essere proprietaria di un immobile confinante a quello oggetto del contendere, senza concretamente provare un’effettiva lesione derivante dagli atti impugnati.

III. Il T.a.r. non si è pronunciato sull’eccezione di difetto di giurisdizione.

Tra le doglianze articolate in primo grado vi era quella relativa all’omesso rispetto delle distanze tra fabbricati, sulla quale sarebbe competente esclusivamente il giudice ordinario.

IV. L’intervento in progetto sarebbe espressamente consentito dalla disciplina urbanistica vigente nel Comune di Procida in quanto funzionale all’adeguamento igienico – sanitario del manufatto di cui trattasi.

Anche il PTP dell’isola di Procida ammette gli interventi diretti al consolidamento, al restauro, al ripristino ed alla bonifica igienico – edilizia “mediante eventuale incremento di limitati volumi destinati esclusivamente ai servizi sanitari”.

L’intervento ha inoltre riguardato la sola particella n. -OMISSIS-, come confermato dall’accertamento tecnico effettuato dallo stesso Comune di Procida.

4. Si è costituita, per resistere, la signora -OMISSIS-, originaria ricorrente.

5. Le parti hanno depositato memorie, in vista della pubblica udienza del 14 marzo 2024, alla quale l’appello è stato trattenuto per la decisione.

6. L’appello è infondato e deve essere respinto.

Al riguardo, si osserva quanto segue.

7. È anzitutto infondata l’eccezione di difetto di giurisdizione.

La controversia derivante dall’impugnazione di un permesso di costruire da parte del vicino che lamenti la violazione delle distanze legali, costituisce una disputa non già tra privati, ma tra privato e p.a., nella quale la posizione del primo - in correlazione all’atto autoritativo abilitativo assunto come lesivo - si atteggia a interesse legittimo, con conseguente spettanza della giurisdizione al giudice amministrativo (Cass. civ., sez. un., 10 giugno 2004, n. 11023; Cons. Stato, sez. VI, 10 settembre 2018, n. 5307).

Nella fattispecie in esame, peraltro, il motivo di ricorso relativo alla violazione della disciplina delle distanze tra fabbricati non è stato nemmeno esaminato dal T.a.r. né specificamente riproposto in appello.

8. Va confermata, altresì, la reiezione dell’eccezione di tardività.

8.1. Al riguardo, giova ricordare che, secondo il consolidato indirizzo della giurisprudenza amministrativa, ai fini della decorrenza del termine di impugnazione di un permesso di costruire da parte di terzi, l’effetto lesivo si atteggia diversamente a seconda che si contesti l’illegittimità del titolo per il solo fatto che esso sia stato rilasciato (ad esempio, per contrasto con l’inedificabilità assoluta dell’area) ovvero che si contesti il contenuto specifico del permesso, ad esempio per eccesso di volumetria o per violazione delle distanze minime tra fabbricati (Cons. Stato, sez. IV 21 settembre 2018, n. 5483).

Il momento dal quale decorrono i termini decadenziali di proposizione del ricorso, nell’ambito dell’attività edilizia, è infatti individuato:

- nell’inizio dei lavori, nel caso si sostenga che nessun manufatto poteva essere edificato sull’area;

- ovvero, laddove si contesti il quomodo (distanze, consistenza etc.), nel completamento dei lavori o comunque in rapporto al grado di sviluppo degli stessi, ferma restando:

a) la possibilità da parte di chi solleva l’eccezione di tardività di provare, anche in via presuntiva, la concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo al ricorrente;

b) l’onere di chi intende contestare adeguatamente un titolo edilizio di esercitare sollecitamente l’accesso documentale.

8.2. Nella fattispecie in esame, il permesso oggetto di contestazione riguarda un intervento su un manufatto già esistente, destinato a “cellaio” o “casa della paglia”, ovvero un locale adibito a cantina/dispensa.

Il nucleo centrale delle doglianze dell’originaria ricorrente riguarda il mutamento della destinazione d’uso unitamente all’ aumento di volumetria necessario alla realizzazione di un servizio igienico e di un disimpegno.

I lavori – secondo quanto affermato dalla stessa appellante nel processo di primo grado – hanno avuto inizio il 5 gennaio 2021 ma non è chiaro quando siano stati ultimati né comunque quando abbiano raggiunto una consistenza tale da consentire alla signora -OMISSIS- di percepirne la lesività sotto i profili evidenziati.

Quest’ultima ha sì affermato di avere rilevato lavorazioni edili in aderenza al proprio fabbricato in data 14 gennaio 2021 ma, proprio al fine di verificare le caratteristiche del permesso di costruire i cui estremi risultavano indicati nel cartello di cantiere, ha interposto istanza di accesso in data 23 gennaio 2021, con la conseguente ostensione degli atti richiesti da parte del Comune il 17 febbraio 2021 e il 18 marzo 2021.

Va precisato, altresì:

- che la circostanza relativa all’asserita, intervenuta pubblicazione all’Albo pretorio del permesso di costruire non risulta dedotta in primo grado; anche nella presente sede essa è stata comunque argomentata in modo generico e senza alcun supporto probatorio;

- che con la diffida inviata dall’originaria ricorrente il 22 febbraio 2021, la stessa sollecitava il Comune ad esibire anche il verbale relativo al sopralluogo svolto in data 1° febbraio 2021, del quale, pertanto, era solo genericamente a conoscenza;

- che in ogni caso in tale verbale i funzionari intervenuti si sono limitati ad attestare che “quanto realizzato con permesso di costruire n. 9/2020 è conforme alle quote di progetto in pianta e sezione. Tuttavia si precisa che è stato realizzato un distacco/giunto tecnico della proprietà a confine in ditta -OMISSIS- come da foto allegate”.

In definitiva, non essendo stata data la prova di una concreta anteriore conoscenza del provvedimento lesivo in capo alla signora -OMISSIS-, il ricorso di primo grado risulta tempestivo.

9. Palesemente infondata è altresì l’eccezione – svolta soltanto in appello – di carenza di interesse.

I lavori di cui trattasi (come accertato in sede di sopralluogo dall’Amministrazione) hanno interessato direttamente anche la proprietà dell’appellata la quale ha svolto in primo grado deduzioni relative, tra l’altro, alla violazione della disciplina sulle distanze tra fabbricati.

Risulta pertanto allegato uno specifico pregiudizio derivante dall’atto impugnato, in conformità ai principi delineati dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio (da ultimo, nella pronuncia n. 22 del 2021).

10. Nel merito, giova ricordare che il permesso di costruire è stato rilasciato per l’esecuzione di interventi di “consolidamento e restauro con bonifica igienico – edilizia”.

Il T.a.r. ha accolto, in primo luogo, il motivo articolato sub A/3 del ricorso di primo grado relativo al “mancato rilievo dell’assenza di autorizzazione al cambiamento di destinazione d’uso in area vincolata”.

L’intervento edilizio assentito non riguarda infatti il mero “ripristino igienico sanitario poiché l’originario immobile aveva una destinazione non residenziale e non è stato richiesto un permesso per mutamento della stessa”.

Non è contestato, inoltre, che l’intervento edilizio abbia determinato un ampliamento volumetrico dell’originario fabbricato, ai fini dell’inserimento di un servizio igienico e di un disimpegno.

10.1. Ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c) del d.P.R. n. 380 del 2001 sono interventi di restauro e risanamento conservativo quelli “rivolti a conservare l'organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell'organismo stesso, ne consentano anche il mutamento delle destinazioni d’uso purché con tali elementi compatibili, nonché conformi a quelle previste dallo strumento urbanistico generale e dai relativi piani attuativi. Tali interventi comprendono il consolidamento, il ripristino e il rinnovo degli elementi costitutivi dell’edificio, l'inserimento degli elementi accessori e degli impianti richiesti dalle esigenze dell’uso, l’eliminazione degli elementi estranei all’organismo edilizio”.

Nel caso di specie è indubbio che le opere oggetto del contendere abbiano alterato le caratteristiche del manufatto preesistente, adibito a “casa della paglia”, modificandone la destinazione d’uso in contrasto con gli elementi tipologici, formali e strutturali.

L’inserimento di un servizio igienico non è comunque un impianto richiesto dalle “esigenze dell’uso” proprie di un locale adibito a cantina/dispensa.

I lavori di trasformazione di una cantina in abitazione sono pertanto da considerare quantomeno alla stregua di una ristrutturazione atteso che cantina e abitazione hanno natura differente, di carattere pertinenziale la prima e di unità immobiliare autonoma la seconda, con conseguente aumento del carico urbanistico (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. II, 24 marzo 2021, n. 2493).

Del resto che, nel caso in esame, la finalità perseguita dall’odierna appellante fosse la realizzazione di un vano ad uso residenziale è circostanza confermata dalla visura catastale in atti, dalla quale risulta la richiesta di modifica della classificazione del vano di cui trattasi dalla categoria C/2 ad A/4.

10.2. L’intervento in esame non è comunque conforme né al PRG del Comune di Procida né al PTP dell’Isola di Procida.

10.2.1 Il testo delle norme rilevanti nella fattispecie è contenuto nel verbale dell’accertamento tecnico svolto in data 1° febbraio 2021.

Secondo l’art. 17 del PRG “Nelle zone A sono ammessi i soli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria così come definite dagli art. 8 e 9. Il restauro conservativo ed il risanamento igienico – sanitario, così come definito dagli art. 10 e 11, sono subordinati all’approvazione del piano d’intervento di un intero ambito progettuale. Gli ambiti progettuali sono definiti dalle tav. n. 7 a, b10. Il piano di intervento di un ambito progettuale può essere redatto dai privati proprietari interessati qualora rappresentino la proprietà del 75% dell’imponibile catastale dell’intero ambito. L’ approvazione del piano d’intervento è sottoposta alla procedura dettata dall’articolo 28 della legge 17.08.1942 n. 1150. Tutte le zone A, tranne quella della Chiaiolella, sono soggette all’art. 2 della legge n. 64 del 2 febbraio 1974”.

Secondo le disposizioni del PTP “Nella zona B) di colore Seppia, riferita ai nuclei urbani di particolare valore storico, architettonico ed ambientale della Terra Murata, della Marina di Sancio Cattolico e della Corricella, gli edifici devono essere conservati nella forma, nel volume e nelle strutture originarie esterne ed interne ove queste siano connesse con il carattere dell’edificio. Per essi sono ammessi unicamente interventi diretti al consolidamento al restauro, al ripristino ed alla bonifica igienico edilizia (mediante eventuale incremento di limitati volumi destinati esclusivamente ai servizi sanitari) con esclusione di qualsiasi opera che possa alterare le caratteristiche architettoniche ed ambientali”.

Nel caso in esame, non è stato adottato un “piano di intervento di un intero ambito progettuale”, funzionale agli interventi di risanamento igienico – sanitario, come previsto dal PRG, né risulta rispettato il vincolo di conservazione degli edifici “nella forma, nel volume e nelle strutture originarie [...]”, come stabilito dal PTP.

In base alle richiamate disposizioni non sono peraltro ammessi nemmeno mutamenti della destinazione d’uso né interventi di ristrutturazione, quale in sostanza si configura quello oggetto del titolo abilitativo impugnato.

11. In definitiva, per quanto sopra argomentato, l’appello deve essere respinto.

12. Le spese del grado seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello n. 9510 del 2023, di cu, in epigrafe, lo respinge.

Condanna la parte appellante alla rifusione delle spese del grado in favore della parte resistente costituita, liquidandole complessivamente in euro 5.000,00 (cinquemila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:

Luca Lamberti, Presidente FF

Silvia Martino, Consigliere, Estensore

Luca Monteferrante, Consigliere

Rosario Carrano, Consigliere

Eugenio Tagliasacchi, Consigliere