Consiglio di Stato Sez. IV n. 3941 del 30 aprile 2024
Urbanistica.Modalità di calcolo della distanza tra pareti finestrate di edifici antistanti

La distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, così come la distanza prevista ex art 873 cc, deve essere misurata secondo il c.d. criterio lineare tracciando linee perpendicolari tra gli edifici e non radiale, e va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale, ciò a prescindere dalla specifica conformazione dell’edificio (pareti lineari o ricurve). Le distanze vanno misurate dalle sporgenze estreme dei fabbricati, dalle quali vanno escluse soltanto le parti ornamentali, di rifinitura ed accessorie di limitata entità e i cosiddetti sporti (cornicioni, lesene, mensole, grondaie e simili) che sono irrilevanti ai fini della determinazione dei distacchi. Sono rilevanti, invece, anche in virtù del fatto che essi costituiscono “costruzione” le parti aggettanti (quali scale, terrazze e corpi avanzati) anche se non corrispondenti a volumi abitativi coperti, ma che estendono ed ampliano (in superficie e in volume) la consistenza del fabbricato.

Pubblicato il 30/04/2024

N. 03941/2024REG.PROV.COLL.

N. 03406/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3406 del 2021, proposto dal Comune di Fiumicino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Elena Conte, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Sig.ra Silvia Cassanelli, rappresentata e difesa dagli avvocati Matteo Di Raimondo, Riccardo Carlini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Matteo Di Ramondo in Roma, via Savoia 86;

nei confronti

Immobiliare Focene Tre a r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) n. 2763/2021, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio della signora Silvia Cassanelli;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 16 novembre 2023 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con sentenza n. 8395 del 16 dicembre 2021, il Consiglio di Stato, Sezione IV, si è pronunciato con sentenza non definitiva, sull’appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Sezione Seconda Quater) n. 2763/2021, resa nel giudizio di primo grado n.r.g. 13528/2014, con cui era stato annullato un permesso di costruire, su ricorso della proprietaria di un immobile residenziale situato nel Comune di Fiumicino, Focene, in viale Focene n. 384, confinante con il terreno su cui erano iniziati i lavori per l’esecuzione di un intervento di demolizione e ricostruzione di una palazzina residenziale.

La sentenza del T.a.r. aveva accolto il primo e il terzo motivo del ricorso in primo grado, relativi, rispettivamente, al regime delle distanze e al regime delle altezze massime consentite.

Il Comune di Fiumicino ha proposto appello avverso la predetta sentenza, articolando nove motivi:

1) omessa evocazione in giudizio dei proprietari degli immobili facenti parte del fabbricato oggetto del permesso di costruire in questione;

2) errata individuazione del dies a quo per il calcolo del termine di impugnazione ed errata disapplicazione degli strumenti urbanistici;

3) omessa pronuncia sui rilievi dell’Amministrazione resistente e del controinteressato, avendo il consulente raggiunto “opposte conclusioni” ed essendovi “due elaborati peritali entrambi ritenuti inadeguati ed inattendibili”;

4) incompletezza dell’istruttoria, pur dopo i chiarimenti richiesti al consulente tecnico;

5) erronea valutazione del rispetto delle distanze minime, con considerazione dei balconi aggettanti di lunghezza lineare inferiore a 1,2 metri;

6) erronea valutazione della violazione delle distanze minime con riferimento al vano scala A e ai pilastri verticali sporgenti esternamente allo stesso;

7) erronea valutazione della disciplina urbanistica in materia di altezze dei locali soffitta e dell’edificio rispetto agli edifici preesistenti e circostanti;

8) omessa valutazione della edificazione compiuta dalla appellata, in violazione del rispetto delle distanze minime dal confine;

9) erroneo annullamento integrale del permesso di costruire;

Con la sentenza n. 8395/2021, la Sezione:

a) ha respinto il primo, il secondo, il terzo, il quarto, l’ottavo ed il nono motivo d’appello;

b) ha accolto il settimo motivo d’appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha respinto il terzo motivo del ricorso di primo grado;

c) ha disposto una verificazione sul quinto e sul sesto motivo d’appello, concernenti la violazione delle distanze minime tra fabbricati;

d) ha nominato quale verificatore il dirigente del Genio civile della Regione Lazio, o un suo delegato; e) ha liquidato l’anticipo in favore del verificatore nella misura di euro 2.000,00 oltre accessori di legge, che ha posto provvisoriamente a carico del Comune appellante;

f) ha rinviato la regolazione delle spese di lite del presente giudizio alla definizione della controversia;

In particolare, con riguardo al quinto e al sesto motivo di appello, oggetto della richiesta verificazione, il Collegio non ha ravvisato alcun contrasto tra l’art. 9 del d.m. n. 1444/1968 e l’art. 9.4, comma 10, delle n.t.a. del p.r.g. del Comune di Fiumicino, non ponendosi quest’ultima norma comunale in collisione con la normativa statale, ma legittimamente integrandone e precisandone il contenuto precettivo, laddove la norma di piano non considera – ai fini del calcolo delle distanze minime – “gli elementi sporgenti quali balconi, scale esterne e pensiline con aggetti inferiori a metri 1,20”: di conseguenza tali elementi sporgenti – con aggetti inferiori a 1,2 metri lineari – non devono essere considerati ai fini del computo della distanza;

La sentenza ha inoltre rilevato che, come si legge nella prima c.t.u. (pag. 14), la parete finestrata del preesistente edificio demolito distava 10,89 metri lineari dalla parete finestrata del fabbricato della sig.ra Silva Cassanelli, e considerato che le due consulenze tecniche espletate in primo grado (pur redatte dallo stesso consulente) erano giunte a esiti contrastanti circa la soluzione del primo quesito, relativo al rispetto o meno della normativa sulle distanze minime tra fabbricati, il Collegio ha posto al verificatore i due seguenti quesiti:

a) con riguardo all’edificio realizzato in forza del permesso di costruire n. 32/2014, quale sia l’elemento più sporgente situato al piano terra e, in particolare, rispetto all’edificio della sig.ra Silvia Cassanelli, quale sia la distanza dei pilastri del vano scala A e la distanza delle pareti del box auto;

b) con riguardo all’edificio realizzato in forza del permesso di costruire n. 32/2014, quale sia la lunghezza dello sporto dei balconi aggettanti, con specifico riguardo alla parte dei suddetti balconi totalmente esterna rispetto alla facciata dell’edificio;

Il Collegio ha quindi nominato, quale verificatore, il dirigente dell’ufficio del Genio civile della Regione Lazio, o un suo delegato.

Con nota n. 66537 del 24 gennaio 2022, il dirigente dell’area Genio civile di Roma Città metropolitana, Direzione regionale lavori pubblici, stazione unica appalti, risorse idriche e difesa del suolo della Regione Lazio, ha comunicato un impedimento alla accettazione dell’incarico conferito, segnalando che la struttura regionale competente in materia urbanistica è la Direzione per le Politiche abitative e la pianificazione territoriale, paesistica e urbanistica cui pertanto il Collegio con ordinanza

n. 3164 del 26 aprile 2022 demandava lo svolgimento della verificazione nei termini già disposti con la sentenza della Sezione n. 8395/2021 come sintetizzati in premessa.

In data 6 giugno 2023 il verificatore ha depositato la perizia.

Alla udienza pubblica del 16 novembre 2023 la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione, previo deposito di memorie con le quali le parti hanno illustrato le rispettive tesi difensive in relazione alle risultanze della verificazione che non sono state contestate in relazione alle misurazioni eseguite mentre si controverte in ordine alle conseguenze giuridiche dell’accertamento.

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione di improcedibilità dell’appello sollevata dal Comune con la memoria di replica dopo che la Sezione, con la sentenza non definitiva n. 8395 del 16 dicembre 2021, ha riformato la sentenza del T.a.r. in relazione al motivo relativo alla dedotta violazione della disciplina sulle altezze.

Assume che l’intervenuto accertamento del rispetto delle altezze dell’edificio determinerebbe il venir meno dell’interesse ad agire, così come precisato dalla appellata, in quanto direttamente collegato all’altezza dell’edificio assentita con il permesso di costruire n. 32/2014.

L’eccezione è infondata poiché la ricorrente ha lamentano anche danni da insalubrità della propria abitazione a causa del totale oscuramento della luce solare dovuto al mancato rispetto delle norme poste a presidio delle distanze tra edifici, che è certamente interesse meritevole di tutela, idoneo a confermare la persistenza dell’interesse a ricorrere.

Venendo al merito, osserva il Collegio che gli accertamenti condotti e le misurazioni eseguite dal verificatore - con tecnologia di precisione mediante laser scanner - hanno consentito di accertare - nel contraddittorio con le parti - le seguenti circostanze di fatto (cfr., in particolare, p. 9-16):

a) la sporgenza dei balconi aggettanti - con specifico riguardo alla parte dei suddetti balconi totalmente esterna rispetto alla facciata dell’edificio – è pari, su tutto il fronte antistante l’abitazione della signora Cassanelli, a m. 2,53/2,54 per una profondità dunque superiore a m. 1,20 prevista dal regolamento edilizio e quindi vanno computati ai fini della verifica della distanza di 10 m. tra pareti finestrate ex art. 9, comma 2, del d.m. n. 1444 del 1968. La sentenza parziale della Sezione ha infatti riconosciuto ai regolamenti locali la possibilità di integrare il predetto art. 9, comma 2, disciplinando le sporgenze in senso moderatamente ampliativo rispetto ai 10 m., nei limiti tuttavia di una profondità non superiore a 1,2 m. mentre nella specie la profondità accertata è maggiore e concorre alla violazione della distanza legale, dato che la facciata perimetrale esterna del palazzo, di stacco dei balconi, è già posta alla distanza limite di 10,30 metri (lato pilastro 1 e 10,40 m. lato pilatro 2).

Il Consulente di parte del Comune obietta che l’aggetto dei balconi andrebbe calcolato al netto della loggia, la parte coperta, e quindi non dalla facciata perimetrale, come richiesto dalla Sezione, ma dal pilastro esterno sicché il limite massimo di profondità di m. 1,20, non computabile ai fini del calcolo della distanza, sarebbe sostanzialmente rispettato.

La difesa è infondata poiché l’art. 9.4, comma 10, delle n.t.a. del p.r.g. del Comune di Fiumicino, in quanto sostanzialmente derogatorio dell’art. 9, comma 2, del d.m. 1444 del 1968, è disposizione di stretta interpretazione e quindi l’aggetto va computato in tutta la sua profondità reale rispetto al muro perimetrale e alle sue proiezioni, senza possibilità di scomputo della parte coperta e ciò, a fortiori, se si considera che la porzione di sporgenza coperta, delimitata e sorretta strutturalmente dai pilatri 1 e 2 (il primo, lo si rammenta, posto a m. 8,87 dalla parete finestrata della abitazione della appellata, il secondo a m. 9,09), è stata realizzata a distanza minore di quella di 10 m. sicché lo scomputo della loggia avrebbe l’effetto di amplificare la violazione delle distanze, ponendosi in contrasto con la stessa ratio della deroga (da identificarsi nel carattere minimo dell’elemento aggettante, al pari di quelli aventi una funzione esclusivamente artistica ed ornamentale, quali fregi, sculture in aggetto e simili) che – è bene è evidenziarlo – oltre a non essere condivisa dalla giurisprudenza civile (che ritiene i balconi sempre computabili nel calcolo delle distanze; cfr. Corte di Cassazione, sez. II, 17 settembre 2021, n. 25191 la quale conferma l’orientamento per cui “In tema di distanze tra costruzioni su fondi finitimi, ai sensi dell'art. 873 c.c., con riferimento alla determinazione del relativo calcolo, poiché il balcone, estendendo in superficie il volume edificatorio, costituisce corpo di fabbrica, e poiché il D.M. 2 aprile 1968, art. 9, - applicabile alla fattispecie, disciplinata dalla legge urbanistica17 agosto 1942n. 1150, come modificata dalla L. 6 agosto 1967, n. 765 - stabilisce la distanza minima di mt. 10 tra pareti finestrate e pareti antistanti, un regolamento edilizio che stabilisca un criterio di misurazione della distanza tra edifici che non tenga conto dell'estensione del balcone, è "contra legem" in quanto, sottraendo dal calcolo della distanza l'estensione del balcone, viene a determinare una distanza tra fabbricati inferiore a mt. 10, violando il distacco voluto dalla cd. legge ponte (L. 6 agosto 1967 n. 765, che, con l'art. 17, ha aggiunto alla legge urbanistica17 agosto 1942n. 1150 l'art. 41 quinquies, il cui comma non fa rinvio al D.M. 2 aprile 1968, che all'art. 9, n. 2, ha prescritto il predetto limite di mt. 10)"”; cui adde Cassazione civile, sez. II, 29 gennaio 2018, n. 2093, Cassazione civile, sez. I, 10 agosto 2017, n. 19932, Cassazione civile, sez. II, 19 settembre 2016, n. 18282.), non è pacifica neppure nella giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2021, n. 521).

In conclusione poiché le N.T.A. prevedono che “Non si considerano ai fini del distacco gli elementi sporgenti quali balconi, scale esterne e pensiline con aggetti inferiori a metri 1,20” mentre il verificatore ha accertato una profondità di ml. 2,53 e di ml. 2,54, significativamente maggiore, gli stessi andranno computati per intero nel calcolo delle distanze, trattandosi di elementi architettonici aventi dimensioni di assoluto rilievo, con una lunghezza di oltre 60 ml. ed una profondità di ben 2.53 ml., completamente esterna alle pareti della nuova costruzione: infatti, estendendo pacificamente la superficie usufruibile dell’immobile con caratteristiche di stabilità ed inamovibilità, devono necessariamente essere computati nel calcolo della distanza tra edifici, non potendosi considerare di “modeste dimensioni”, ovvero, meri elementi ornamentali della nuova palazzina.

Infine del tutto irrilevante ai fini della verifica del rispetto della estensione massima dell’aggetto del balcone nel limite di ml. 1,20 previsto dalle N.T.A., è la mancata realizzazione delle fioriere – oggetto di una contestazione da parte del Comune con ordinanza prot. n. 3190 dell’11 gennaio 2017 – poiché trattasi di elemento che non incide sulla estensione lorda dei balconi e quindi sull’ampiezza dell’aggetto e, conseguentemente, sulle distanze, ma solo sulla superfice calpestabile.

b) la distanza delle pareti del box auto e l’edificio di proprietà della signora Cassanelli è pari a ml. 10,34 ed è quindi conforme all’art. 9, comma 2 del d.m. n. 1444 del 1968;

c) i muri laterali delle scale di accesso alla scala A - larghi 90 cm., profondi 1,60 m. ed alti ben 11 m. - e i pilastri 1 e 2 del vano scala A, sono posti a meno di 10 m. dalle pareti finestrate della signora Cassanelli (rispettivamente a ml. 8,79; a ml. 8,87; e a ml. 9,09) e, trattandosi di strutture portanti in cemento armato, vanno calcolati ai fini della distanza – contrariamente a quanto sostiene la difesa del Comune appellante - secondo la giurisprudenza civile ed amministrativa la quale ritiene che i 10 m. vadano rispettati in relazione ad ogni punto dell’edificio antistante, anche rispetto ai vani accessori, come le scale, soprattutto se di notevole entità strutturale, come accade nel caso di specie.

Non trattandosi di “elementi sporgenti” bensì strutturali e portanti, non opera, nel caso di specie, la previsione di cui all’art. 9.4 comma 10, delle N.T.A. (“le distanze dei fabbricati dai confini e da altri fabbricati si misurano ortogonalmente a questi dalle parti di facciata più sporgenti o dai suoi componenti quali balconi, scale esterne, pensiline e gronde. Non si considerano ai fini del distacco gli elementi sporgenti quali balconi, scale esterne e pensiline con aggetti inferiori a metri 1,20”) anche perché, quanto ai pilastri del vano di accesso alla scala A, si tratta comunque di elementi aventi profondità superiore a metri 1,20 (nella specie ml. 1,60).

Tuttavia poiché rispetto al pilastro 2 la violazione sussiste misurando la distanza con il criterio radiale e non lineare, la violazione in sé del singolo elemento non rileva ai fini del rispetto delle distanze tra edifici antistanti mentre rileva in relazione ai balconi soprastanti per la parte antistante la parete finestrata della abitazione dalla appellata.

La giurisprudenza ha infatti chiarito da tempo che la distanza di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti, prevista dall’art. 9 del d.m. 2 aprile 1968, n. 1444, così come la distanza prevista ex art 873 cc, deve essere misurata secondo il c.d. criterio lineare tracciando linee perpendicolari tra gli edifici (Consiglio di Stato sez. II, 10 luglio 2020, n.4465) e non radiale, e va calcolata con riferimento ad ogni punto dei fabbricati e non alle sole parti che si fronteggiano e a tutte le pareti finestrate e non solo a quella principale (Cons. Stato, Sez. IV, 5 dicembre 2005, n. 6909; Cons. Stato n. 7731 del 2010, Cons. Stato n. 7004 del 2023), ciò a prescindere dalla specifica conformazione dell’edificio (pareti lineari o ricurve).

È stato poi chiarito (cfr. Cons. Stato, 4 ottobre 2021 n. 6613) che le distanze vanno misurate dalle sporgenze estreme dei fabbricati, dalle quali vanno escluse soltanto le parti ornamentali, di rifinitura ed accessorie di limitata entità e i cosiddetti sporti (cornicioni, lesene, mensole, grondaie e simili) che sono irrilevanti ai fini della determinazione dei distacchi. Sono rilevanti, invece, anche in virtù del fatto che essi costituiscono “costruzione” le parti aggettanti (quali scale, terrazze e corpi avanzati) anche se non corrispondenti a volumi abitativi coperti, ma che estendono ed ampliano (in superficie e in volume) la consistenza del fabbricato, come accade nel caso di specie.

Deve infine escludersi che il vano di accesso alla scala A in questione sia una pertinenza urbanistica. Infatti, tale qualifica è applicabile soltanto ad opere di modesta entità e accessorie rispetto ad un’opera principale, quali ad esempio i piccoli manufatti per il contenimento di impianti tecnologici et similia. Alla luce delle motivazioni che precedono i motivi di appello n. 5 e 6 proposti dal Comune di Fiumicino, devono essere respinti, con conseguente conferma della sentenza impugnata ed annullamento del permesso di costruire impugnato.

Le spese di lite, ivi comprese quelle della verificazione, seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sebbene infatti sia stato accolto il motivo di appello relativo all’altezza dell’edificio, nella valutazione complessiva della vicenda il Comune resta soccombente, anche all’esito del presente giudizio, in relazione alla violazione della disciplina sulle distanze ai sensi dell’art. 9, comma 2 del d.m. m. 1444 del 1968.

Non sussistono invece i presupposti per una condanna del Comune di Fiumicino per lite temeraria, chiesta dalla parte appellata, come confermato dal fatto che il motivo relativo alla violazione delle altezze, accolto dal T.a.r., si è successivamente rivelato infondato, mente le verifiche circa il rispetto delle distanze hanno richiesto ulteriori approfondimenti istruttori, anche nel grado di appello.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge quanto ai motivi di appello n. 5 e n. 6, fermo, con riguardo ai restanti motivi, quanto già statuito con sentenza non definitiva di questa sezione n. 8395/2021.

Condanna il Comune di Fiumicino alla rifusione in favore della signora Cassanelli delle spese del grado che si liquidano complessivamente in euro 5.000,00 oltre IVA, CAP e spese generali come per legge.

Pone altresì a carico del Comune di Fiumicino le spese di verificazione, che si liquidano complessivamente in euro 5.150,16, oltre iva (22%), cassa architetti (4%) e ritenute di acconto (20%), se dovuti, importo da intendersi comprensivo dell’anticipo di euro 2000,00 già liquidato al Verificatore.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 novembre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

Emanuela Loria, Consigliere