Cons. Stato Sez.V sent. n. 1283 del 10 marzo 2003

 

 REPUBBLICA ITALIANA  N. 1283/03 REG.DEC.

  IN NOME DEL POPOLO ITALIANO  N. 1950 REG.RIC.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Quinta Sezione ANNO 1997

ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 1950 del 1997 proposto da Felici Gianfranco, rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Bertacche ed elettivamente domiciliato in Roma, via Deserto di Gobi n. 85, presso lo studio dell’Avv. Rita Massaro

c o n t r o

il Comune di Agugliaro, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Dario Meneguzzo e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliato presso il secondo, in Roma, via Federico Gonfalonieri n. 5

per l’annullamento

della sentenza del T.A.R. Veneto, Sez. II, n. 1584 del 23.12.1995.

Visto l’atto di appello con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;

Viste le memorie prodotte dalle parti;

Visti gli atti tutti della causa;

Udito, a lla pubblica udienza del 3 dicembre 2002, il relatore, consigliere Nicolina Pullano, ed uditi, inoltre, i difensori delle parti, come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

F A T T O

Il Tar Piemonte, con la sentenza appellata, ha respinto il ricorso proposto dal sig. Felici Gianfranco, attuale appellante, per l’annullamento del provvedimento sindacale n. 315 dell’11.6.1994 di diniego della concessione edilizia richiesta dall’interessato, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 76 della L.R. n. 61 del 1985 (e cioè “in deroga ad altre leggi regionali, ai regolamenti e alle previsioni degli strumenti urbanistici”), per la ricostruzione di un capannone avicolo distrutto da un incendio.

L’appellante, con il presente ricorso in appello, chiede l’annullamento della sentenza, che ritiene erronea ed ingiusta, e ripropone quasi tutte le censure dedotte in primo grado, attinenti, in parte, a vizi del procedimento ed a vizi formali del provvedimento (a. mancata comunicazione dell’avvio del procedimento e mancata allegazione dei pareri richiamati nel provvedimento, b. carenza di motivazione e di istruttoria) e, in parte, a vizi sostanziali dell’atto (c. violazione dell’art. 76 u.c. L.R. n. 61/85).

L’Amministrazione intimata, con la memoria di costituzione e con una successiva memoria difensiva ha illustrato i motivi di infondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

Anche l’appellante ha depositato memoria con la quale ha ribadito le proprie argomentazioni.

D I R I T T O

L’appello è infondato.

Va innanzi tutto chiarito che la segnalazione delle pretese singolarità del provvedimento impugnato, che l’appellante introduce in diritto in via preliminare, non ha formato oggetto di alcun specifico motivo di gravame nell’originario ricorso, per cui, a torto, l’appellante lamenta che il Tar avrebbe trascurato l’esame di tale aspetto della controversia.

Peraltro, la circostanza che il Sindaco si sia espresso in terza persona e che abbia fatto delle ipotesi alternative rispetto al principale motivo di reiezione della domanda di concessione edilizia presentata dall’interessata, appare argomentazione del tutto pretestuosa, essendo chiara la titolarità della determinazione adottata e affatto perplesso il contenuto della stessa.

Ciò premesso e con riferimento alla censura di violazione degli artt. 7 e ss. della L. n. 241 del 1990 - che viene dedotta come terzo motivo di appello, ma che deve essere prioritariamente esaminata, trattandosi di un preteso vizio del procedimento - è sufficiente osservare che la giurisprudenza è univoca nel ritenere che l'obbligo della comunicazione di avvio del procedimento amministrativo sussiste solo quando l'Amministrazione si attivi d'ufficio, e non anche quando essa adotti un provvedimento, ancorché di segno negativo, in seguito ad una iniziativa del destinatario dell'atto (cfr., tra le dec. più recenti, C.d.S., Sez. VI, 25.9.2002 n. 4879).

Nella specie, il procedimento ha avuto inizio con la domanda di concessione edilizia presentata dall’appellante - ed anzi, secondo quanto riferisce e documenta (v. all. 3 nel fasc. di parte) l’amministrazione resistente, ancora prima con la richiesta di un parere preventivo - e, pertanto, l’interessato, essendo a conoscenza del procedimento da lui stesso avviato, era in grado, volendo, di intervenire, di prendere visione degli atti e di presentare memorie scritte e documenti.

Per quanto concerne, poi, la mancata allegazione dei pareri ai quali si fa riferimento nell’atto impugnato, giustamente il Tar ha osservato che il contenuto di detti pareri era stato quasi integralmente riportato nel provvedimento.

In ogni caso l’interessato avrebbe potuto prenderne visione ed estrarne eventualmente copia, mediante una domanda di accesso ai documenti.

Anche la censura di difetto di motivazione, che è stata dedotta con il primo motivo di appello, ma che in realtà viene ripetuta pure negli altri motivi, è infondata, tenuto conto che il provvedimento impugnato contiene elementi più che sufficienti per ricostruire l’iter logico che ha condotto il Sindaco a negare la concessione.

Ed infatti, posta la premessa che l’appellante aveva richiesto, ai sensi dell’art. 76, u.c., della L.R. 27.6.1985 n. 61, una concessione edilizia in deroga alle altre leggi regionali, ai regolamenti ed alle previsioni degli strumenti urbanistici, trattandosi della ricostruzione di un capannone avicolo distrutto da un incendio, appare del tutto esplicita e coerente la ragione indicata, in via principale, a sostegno del diniego, e cioè che l’intervento non poteva essere considerato una pura e semplice ricostruzione, in quanto era prevista la costruzione di un capannone di ampiezza maggiore di quello preesistente.

Tanto basta per ritenere legittimo l’atto impugnato anche sotto l’aspetto sostanziale, a prescindere dalla legittimità (o non) degli altri motivi allegati in via alternativa a sostegno dello stesso, essendo infondata la censura di violazione del cit. art. 76, dedotta con il secondo ed il quarto motivo di appello e, in parte, con il primo motivo.

Risulta, infatti, documentalmente provato, attraverso gli atti prodotti in giudizio dall’amministrazione resistente (v. all. 4, 5 6 e 6/A nel fasc. di parte), che il manufatto preesistente misurava mq. 1228, 50, come assentito con la concessione edilizia n. 7 del 1982 e successiva concessione in variante del 1988, mentre il nuovo manufatto avrebbe coperto una superficie di mq. 1317,15.

In conseguenza, giustamente è stata negata la concessione in deroga, consentita per la mera ricostruzione e non già per una ricostruzione con ampliamento, che avrebbe dovuto rispettare, come si precisa nel provvedimento impugnato, la normativa vigente in materia.

Per le considerazioni che precedono l’appello va respinto.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza.

P. Q. M.

 

il Consiglio di Stato, Sezione quinta, respinge l’appello in epigrafe.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore del Comune di Agugliara, delle spese del giudizio, che liquida in complessivi € 2.000 (euro duemila).

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 3 dicembre 2002, con l'intervento dei Signori:

Corrado ALLEGRETTA Presidente f.f.

Goffredo ZACCARDI Consigliere

Francesco D’OTTAVI Consigliere

Claudio MARCHITIELLO Consigliere

Nicolina PULLANO Consigliere est.

 

 

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE f.f.

F.to Nicolina Pullano F.to Corrado Allegretta

IL SEGRETARIO

F.to Luciana Franchini