TAR Lazio (RM), Sez. I-Quater, n. 11831, del 17 ottobre 2015
Urbanistica. D.I.A per la ristrutturazione edilizia con diversa distribuzione dei vani per numero e ampiezza.
La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l'intervento edilizio comportante esclusivamente una diversa distribuzione degli spazi interni non necessita del permesso di costruire. Infatti, è da escludersi che integri aumento volumetrico, il quale richiede il permesso di costruzione, ogni diversa distribuzione in vani, per numero e ampiezza, della identica superficie totale calpestabile. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).
N. 11831/2015 REG.PROV.COLL.
N. 04630/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4630 del 2014, proposto da:
Sergio Della Mura, rappresentato e difeso dagli avv. Marco Orlando, Andrea Ruffini, con domicilio eletto presso Marco Orlando in Roma, piazza della Liberta', 20;
contro
Roma Capitale, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Cristina Montanaro, domiciliata in Roma, Via Tempio di Giove, 21;
per l'annullamento
della determina dirigenziale n. 147 del 23 gennaio 2014, prot. n. 9454, successivamente notificata, a mezzo della quale l'Amministrazione ha ingiunto al sig. Della Mura "di rimuovere o demolire gli interventi di ristrutturazione edilizia abusivamente realizzati in Via dei Cappellari n. 29, Piano Terzo, int. 5" nonché il pagamento "della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 16 Legge Regionale n. 15/2008 nella misura di € 25.000,00, conseguente alla realizzazione degli interventi riscontrati, come da valutazione economica dell'abuso medesimo"
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale - Municipio I Centro Storico;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il dott. Giampiero Lo Presti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il sig. Sergio Della Mura è proprietario dell'immobile adibito a civile abitazione, sito in Roma, Via dei Cappellari n. 29, terzo piano, int. 5, in virtù di atto di compravendita del 31 maggio 2006, composto, oltre dal vano ingresso, da due ambienti (una stanza principale con angolo cottura e bagno).
In data 7 settembre 2009, il Corpo della Polizia Municipale I Gruppo, si è recato presso l'abitazione del sig. Della Mura rilevando che:
"sul lato più prossimo all'ingresso, si sviluppa una scala rifinita in legno che salendo circa ml. 1,90 porta ad un piano soppalcato (di circa m. 2,00 x 2,00 ed altezza utile di circa ml. 1,30) arredato con letto destinato a zona notte. L'angolo cottura è ubicato nella sala principale al di sotto del piano soppalcato e misura da terra un'altezza di ml 1,90".
Ciò considerato, i verbalizzanti hanno ipotizzato "la realizzazione abusiva:della scala e, con aumento della corrispondente superficie utile, del piano soppalcato (ml. 2,00 x 2,00 circa ed altezza utile, sopra soppalco di circa ml. 1,30. Si evidenzia come la realizzazione del soppalco abbia reso, in contrasto con il Regolamento Edilizio del Comune di Roma, le altezze interne inferiori alla prescritta altezza minima di ml. 2,70; la modifica della geometria originaria interna dei vani: spostamento della postazione originaria della cucina e del servizio igienico attraverso la demolizione dei corrispondenti tramezzi;la tamponatura del vano finestra a favore del posizionamento all'interno dell'unità immobiliare in nicchia nel corrispondente vano della caldaia” ritenendo gli interventi realizzati assimilabili ad opere di ristrutturazione edilizia in violazione dell'art. 16 L.R. n. 15/2008.
Successivamente, con determina dirigenziale n. 439 del 6 marzo 2012, l'Amministrazione resistente ha ingiunto al ricorrente "l'immediata sospensione dei lavori" ed ha diffidato il sig. Della Mura da "l'esecuzione di qualsivoglia altra opera successiva", attribuendo a tale nota gli effetti di "comunicazione di avvio del procedimento" per le asserite violazioni edilizie contestate, ai sensi dell'art. 7 L. n. 241/1990.
Infine, con nota prot. n. 147/2014 datata 23 gennaio 2014 e successivamente notificata, premessa "la presenza di interventi edilizi abusivi di ristrutturazione in assenza di titolo abilitativo consistenti in:
- realizzazione scala abusiva e piano soppalcato (ml 2,00 x 2,00 circa avente altezza utile di circa ml 1,30) con aumento corrispondente superficie utile, rendendo le altezze interne inferiori alla prescritta altezza minima di ml. 2, 70;
- spostamento della postazione originaria della cucina e del servizio igienico attraverso la demolizione dei corrispondenti tramezzi";
- trasformazione di un vano finestra in nicchia tramite tamponatura per posizionamento caldaia";
l'Amministrazione ha ingiunto al ricorrente di "rimuovere o demolire gli interventi di ristrutturazione edilizia abusivamente realizzati in Via dei Cappellari n. 29, piano terzo int. 5", ordinando anche il pagamento della somma di € 25.000,00 a titolo di "applicazione della sanzione pecuniaria prevista dall'art. 16, LR. Lazio n. 15/2008".
Il ricorrente impugna gli atti sopra menzionati, assumendone l’illegittimità in relazione ai seguenti profili di censura:
1) Violazione dell'art. 97 Costituzione. Violazione del principio del giusto procedimento. Violazione degli art. 2 e 3 L. n. 241/1990. Mancanza di interesse pubblico. Violazione del principio dell'affidamento. Eccesso di potere.
Il provvedimento impugnato sarebbe illegittimo in quanto adottato oltre il termine per la conclusione del procedimento previsto dall'art. 2 L. n. 241/1990, nonché senza un'adeguata e puntuale motivazione, anche considerato il lungo lasso di tempo intercorso dall'esecuzione dell'eventuale abuso edilizio .
2. Violazione dell'art. 97 Costituzione e del principio dell'imparzialità e correttezza dell'Amministrazione. Violazione degli artt. 6, 10, 22, 27, 31 e 37 D.P.R. 380/2011. Violazione dell'art. 16 L.R. Lazio n. 15/2008. Eccesso di potere.
I singoli interventi contestati al sig. Della Murra non potrebbero affatto ricondursi nell'alveo della c.d. "ristrutturazione edilizia" ai sensi dell'art. 3 e 10, comma 1 lett. e), D.P.R. 380/2001 e, quindi, non rientrerebbero tra quelli sottoposti al regime del permesso di costruire, trattandosi piuttosto di opere la cui realizzazione è subordinata alla mera comunicazione di lavori ex art. 6 TUE, ovvero - tutt'al più - a semplice DIA (oggi SCIA) ex art. 22, comma 1, D.P.R. 380/2001: il che comporterebbe altresì l'illegittimità dell'applicata sanzione demolitoria, in luogo di quella pecuniaria prevista dagli art. 6 e 37 D.P.R. 380/2001.
Si è costituita in giudizio Roma Capitale chiedendo il rigetto del gravame.
Con ordinanza istruttoria n. 4839/2014, è stato ordinato a Roma Capitale di depositare in giudizio documentati chiarimenti , previo sopralluogo sull'immobile per cui è causa, da effettuarsi nel contraddittorio delle parti, sull'effettiva natura e portata degli abusi contestati.
Con successiva ordinanza istruttoria n. 7115/2014, considerata la mancata ottemperanza all'ordine istruttorio di cui sopra e l'assenza alla Camera di Consiglio del procuratore costituito dell'Amministrazione, è stato reiterato l'ordine in parola, con esplicito avvertimento che il reiterato ed ingiustificato inadempimento sarebbe stato valutato ex art. 116 c.p.c.
Alla camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2014, persistendo l’inottemperanza di Roma Capitale all’ordine istruttorio, è stato nuovamente rinnovato l'invito al deposito dei richiesti documenti e chiarimenti e disposto il differimento della trattazione della domanda cautelare.
Alla successiva camera di consiglio del giorno 20 novembre 2014, non avendo Roma Capitale ottemperato all’ordine del Tribunale senza giustificazione alcuna, anche in applicazione dell’art. 116 cpc, il Collegio ha disposto la sospensione cautelare degli effetti del provvedimento impugnato.
Solo in data successiva veniva espletato il disposto accertamento tecnico in contraddittorio fra le parti, la cui relazione veniva peraltro depositata in giudizio soltanto ad iniziativa della parte ricorrente.
Alla pubblica udienza del giorno 2 luglio 2015 la causa veniva quindi trattenuta per la decisione nel merito.
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di quanto si viene ad esporre alla stregua delle risultanze del disposto accertamento istruttorio.
Con il provvedimento impugnato si assume in primo luogo che il ricorrente avrebbe realizzato un piano soppalcato con il mancato rispetto delle prescrizioni previste dall'art. 40 lettera g) del Regolamento Edilizio di Roma che impone un'altezza minima dei locali adibiti ad abitazione di 2,70 metri.
Sul punto, nella redazione redatta dai tecnici di Roma Capitale, in esito al sopralluogo disposto dal Collegio, si legge che “non si tratta di un soppalco ma di UN LETTO posto a circa due metri da terra ed a un metro e trenta dal soffitto sorretto da un mobile totalmente svincolato dalle pareti e che non ha comportato aumento di superficie non calpestabile"
Ne consegue, in punto di fatto, l’erroneità del presupposto per l’adozione in parte qua della misura demolitoria e della correlata comminazione della sanzione pecuniaria.
Il provvedimento impugnato reca poi la comminazione delle prescritte sanzioni in relazione ad ulteriore presunto intervento abusivo consistente nella trasformazione di un vano finestra in nicchia tramite tamponatura per il posizionamento di una caldaia nel locale cucina, rilevandosi che, sempre a norma del Regolamento Edilizio di Roma, non sussisterebbe nel caso di specie l'altezza minima del soffitto prevista per il vano cucina (2 metri piuttosto che 2,70 metri) e non vi sarebbe una finestra apribile in detto vano.
Sul punto, e in ottemperanza a specifico quesito posto dal Collegio con ordine istruttorio, i tecnici di Roma Capitale, a seguito del disposto sopralluogo, hanno accertato che alla finestra dalla parte interna è stata appoggiata una caldaia e attraverso la finestra fatto uscire il tubo di scarico della caldaia stessa. Dall'esterno la finestra non è stata modificata".
Risulta accertato dunque che non vi è stata alcuna tamponatura ma solo l’alloggiamento della caldaia davanti ad una finestra senza che la stessa sia stata modificata in alcun modo.
Anche in parte qua è dunque fondato il secondo motivo di ricorso, risultano il provvedimento impugnato inficiato da un vizio di travisamento dei fatti e difetto di istruttoria.
Residua l’ultimo profilo di contestazione in seno al provvedimento impugnato riguardante lo spostamento della posizione originaria della cucina e del servizio igineico attraverso la demolizione dei corrispondenti tramezzi.
Sul punto, il Collegio non ha ritenuto doversi disporre alcun accertamento istruttorio non essendo contestato da parte ricorrente il presupposto di fatto, e ponendosi dunque soltanto la questione di diritto in ordine alla qualificazione giuridica dell’intervento effettuato ai fini dell’individuazione del relativo regime di assentimento edilizio.
Assume Roma Capitale che l’intervento in parola sarebbe riconducibile alla fattispecie della ristrutturazione edilizia prevista dall’art. 10 comma 1 lett. c) del dpr 380/2001 ( modifiche della sagoma, dei prospetti e delle superfici) la cui realizzazione è subordinata al rilascio del permesso di costruire.
In proposito la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l'intervento edilizio comportante esclusivamente una diversa distribuzione degli spazi interni non necessita del permesso di costruire. Infatti, "è da escludersi che integri aumento volumetrico, il quale richiede il permesso di costruzione, ogni diversa distribuzione in vani, per numero e ampiezza, della identica superficie totale calpestabile" (cfr. Cass., sentenza n. 37713 dell'1 ottobre 2012; Tar Lazio II, 6 maggio 2014 n. 4707).
Infatti l'art. 3, comma 1, del D.P.R. n. 380/001, alla lett. b) qualifica come interventi di manutenzione straordinaria "le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino i volumi e le superfici delle singole unità immobiliari e non comportino modifiche delle destinazioni di uso", e alla lett. d) qualifica come interventi di ristrutturazione edilizia "gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente". Inoltre si deve rammentare che dal combinato disposto degli articoli 10, comma 1, e 22, comma 1, del D.P.R. n. 380/001 si desume che tali interventi, qualora non comportino modifiche del volume e delle superfici o mutamenti della destinazione d'uso, non sono subordinati al preventivo rilascio del permesso di costruire, bensì alla presentazione di una D.I.A., diversamente dal caso in cui la diversa distribuzione degli spazi interni si inserisca in un più articolato complesso di interventi di ristrutturazione e , comportando la configurazione, nel complesso, di un organismo nuovo necessiti del previo rilascio del permesso di costruire.
Nel caso di specie risulta realizzato un mero spostamento di tramezzi che, anche considerate le dimensioni dell’immobile, non ha determinato alcuna modificazione delle superfici ; né, combinandosi con ulteriori interventi di ristrutturazione, ha determinato la configurazione complessiva di un nuovo organismo edilizio.
Ne consegue che detti interventi avrebbero potuto essere realizzati previa presentazione di d.i.a., in assenza della quale, il Comune avrebbe dovuto comminare una sanzione pecuniaria e non già la sanzione della demolizione.
Conclusivamente il ricorso deve essere accolto, previo assorbimento degli ulteriori profili di censura, con conseguente pronuncia di annullamento dell’atto impugnato, e con salvezza degli ulteriori provvedimenti in ordine alla comminazione della sanzione pecuniaria per lo spostamento dei tramezzi in assenza di assentimento.
Le spese relative al merito del giudizio, considerato che comunque è stata realizzata una diversa distribuzione interna dei tramezzi in assenza di assentimento edilizio, possono essere compensate fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie secondo quanto indicato in parte motiva e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese del giudizio di merito compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giampiero Lo Presti, Consigliere, Estensore
Anna Bottiglieri, Consigliere
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
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DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/10/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)