Cass. Sez. III n. 37829 del 25 ottobre 2010 (Ud. 29 set. 2010)
Pres. Gentile Est. Amoresano Ric. Nastro ed altro
Urbanistica. Violazione di sigilli e responsabilità del custode
In tema di violazioni di sigilli, il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza. Ne consegue che, qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad avvertire dell’accaduto l’autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore: Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova che incombe sul custode.
UDIENZA del 29.9.2010
SENTENZA N. 1467
REG. GENERALE N.11549/2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Sigg.
Dott. Mario Gentile Presidente
Dott. Agostino Cordova Consigliere
Dott. Amedeo Franco Consigliere
Dott. Silvio Amoresano Consigliere Rel.
Dott. Luigi Marini Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
1) Nastro Giuseppe
2) De Rosa Laura
avverso la sentenza del 18.12.2008 della Corte di Appello di Napoli
sentita la relazione fatta dal Consigliere Silvio Amoresano
sentite le conclusioni del P.G.,dr. Gioacchino Izzo, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
sentito il difensore, avv. E. Longobardi,in sost.avv. Giovanni Di Nola, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso
OSSERVA
1) Con sentenza in data 18.12.2008 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma delle sentenze del Tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di Gragnano dell' 8 giugno 2006, 9 febbraio 2007 e 28 settembre 2007, dichiarava non doversi procedere nei confronti di Nastro Giuseppe e De Rosa Laura in ordine ai reati di cui agli artt. 83,93, 94 e 95 DPR 380/01 e 734 c.p., loro rispettivamente ascritti, perchè estinti per prescrizione e rideterminava la pena, inflitta agli stessi per i residui reati di cui agli artt. 44 DPR 380/01, 64, 65, 71 e 72 DPR 380/01, 181 comma 1 bis D.Lgs. 42/04, 349 c.p., per il Nastro in complessivi anni 2 e mesi 6 di reclusione e per la De Rosa in anni uno e mesi 6 di reclusione ed euro 500,00 di multa.
Riteneva la Corte che i coniugi Nastro e De Rosa fossero comproprietari del suolo su cui erano stati realizzati prima un fabbricato e poi la sopraelevazione dello stesso, così come descritto nei capi di imputazione, con impiego quindi di notevoli risorse economiche, per cui, tenuto conto anche della reiterazione delle violazioni, non poteva certamente parlarsi di mera acquiescenza della De Rosa.
Entrambi i coniugi inoltre erano stati nominati custodi dei beni sequestrati, che risultavano peraltro segnalati con appositi cartelli, per cui non potevano esservi dubbi in ordine all'elemento psicologico.
Corretto era il giudizio di mera equivalenza delle concesse circostanze attenuanti generiche.
Perfettamente legittimi erano, infine, gli ordini di demolizione e di riduzione in pristino, trattandosi di provvedimenti obbligatori ai sensi dell'art.31 DPR 380/01.
2) Ricorre per cassazione il difensore di Nastro Giuseppe e De Rosa Laura. Con il primo motivo denuncia la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione in ordine all'affermazione della penale responsabilità della De Rosa. Come ribadito più volte dalla Suprema Corte il rapporto di coniugio o la comproprietà non sono sufficienti da soli, in mancanza di altri elementi, per affermare la responsabilità penale. A maggior ragione nel caso di specie, risultando dallo stesso provvedimento impugnato che il Nastro si è dichiarato unico responsabile degli abusi in questione. Con il secondo motivo denuncia la mancanza e/o manifesta illogicità della motivazione per la mancata assoluzione del Nastro in ordine alle imputazioni ascritte. La Corte territoriale omette di motivare sui rilievi svolti in sede di appello in ordine alla carenza dell'elemento psicologico, ritenendo responsabile l'imputato per il solo fatto della commissione dell'abuso nonostante la presenza dei sigilli.
Con il terzo motivo denuncia la mancanza di motivazione in relazione alla richiesta di concessione delle circostanze attenuanti generiche con criterio di prevalenza e di riduzione della pena.
Con il quarto motivo deduce la violazione dell'art.31 comma 9 DPR 380/01, nonché la manifesta illogicità della motivazione.
La Corte, nonostante la declaratoria di prescrizione delle contravvenzioni edilizie, ha omesso di revocare l'ordine di demolizione e, per la De Rosa, anche la subordinazione del beneficio della sospensione alla demolizione del manufatto abusivo.
3) Il ricorso è manifestamente infondato e va pertanto dichiarato inammissibile.
3.1) E' giurisprudenza consolidata di questa Corte, cui si è uniformata la Corte di merito, che in materia edilizia può essere attribuita al proprietario, non formalmente committente dell'opera, la responsabilità per la violazione dell'art.44 DPR 380/01) sulla base di valutazioni fattuali, quali l'accertamento che questi abiti nello stesso territorio comunale ove è stata eretta la costruzione abusiva, che sia stato individuato sul luogo, che sia destinatario finale dell'opera, che abbia presentato richieste di provvedimenti abilitativi anche in sanatoria (cfr. ex multis Cass. pen. sez.3 n.9536 dei 20.1.2004; Cass. sez.3 ,14.2.2005 -Di Marino).
La Corte territoriale, con valutazione in fatto immune da vizi logici, come tale non sindacabile in questa sede, ha ritenuto la responsabilità anche della De Rosa in considerazione del fatto che per la realizzazione sul suolo comune dei fabbricati erano state impiegate necessariamente notevoli risorse economiche e che gli abusi erano stati reiterati (in violazione anche dei sigilli) all'evidente scopo di conseguire il risultato della realizzazione dell'abitazione coniugale.
La reiterazione degli abusi del resto emerge dalle stesse imputazioni, avendo la medesima De Rosa, condannata anche per violazione di sigilli (nonostante essa stessa fosse stata nominata custode a seguito del sequestro dell'1.8.2005 e 6.8.2005- capo f proc.n.8247/05), continuato o comunque consentito la prosecuzione dei lavori senza alcuna obiezione. Il che attesta la sua consapevole adesione e partecipazione agli abusi edilizi posti in essere.
3.1.1) Va rilevato infatti, passando anche all'esame del secondo motivo di ricorso, che, come costantemente affermato da questa Corte, in tema di violazioni di sigilli, il custode è obbligato ad esercitare sulla cosa sottoposta a sequestro e sulla integrità dei relativi sigilli una custodia continua ed attenta. Egli non può sottrarsi a tale obbligo se non adducendo oggettive ragioni di impedimento e, quindi, chiedendo ed ottenendo di essere sostituito, ovvero, qualora non abbia avuto il tempo e la possibilità di farlo, fornendo la prova del caso fortuito o della forza maggiore che gli abbiano impedito di esercitare la dovuta vigilanza. Ne consegue che, qualora venga accertata la violazione dei sigilli, senza che il custode abbia provveduto ad avvertire dell'accaduto l'autorità, è lecito ritenere che detta violazione sia opera dello stesso custode, da solo o in concorso con altri, tranne che lo stesso non dimostri di non essere stato in grado di avere conoscenza del fatto per caso fortuito o forza maggiore: Ciò non configura alcuna ipotesi di responsabilità oggettiva, estranea alla fattispecie, ma un onere della prova che incombe sul custode (cfr. ex multis Cass .pen. sez.VI, 11 maggio 1993 n.4815; conf. Cass. pen. sez.3 n.2989 del 28.1.2000).
Risponde, pertanto del reato di cui all'art.349 c.p. il custode che non dimostri l'esistenza del caso fortuito o della forza maggiore, dal momento che su di lui grava l'obbligo di impedire la violazione dei sigilli (cfr. Cass. pen. sez.3 24.5.2006 n.19424).
La Corte territoriale ha correttamente rilevato che la custodia del fabbricato in c.a. era sta congiuntamente affidata ai coniugi Nastro-De Rosa e che entrambi avevano sottoscritto il verbale ed erano stati quindi resi edotti dagli obblighi e delle responsabilità previste dalla legge. Per di più l'esistenza del sequestro emergeva dai cartelli apposti. E' indubitabile,quindi,che la violazione dei sigilli sia avvenuta in piena consapevolezza ed all'evidente scopo di completare il fabbricato abusivo.
3.2) Non è esatto che la Corte territoriale abbia omesso di motivare in ordine alla richiesta di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche e di riduzione della pena.
Con motivazione adeguata e non censurabile ha ritenuto, infatti, che il giudizio di mera equivalenza formulato dal primo giudice fosse assolutamente corretto e che quindi non potesse farsi luogo alla richiesta difensiva di attenuazione del trattamento sanzionatorio, "avuto riguardo alla gravità dei fatti -desumibile dalla entità dei volumi abusivamente edificati e, soprattutto, della reiterazione delle violazioni- e alla personalità degli imputati che se ne deve desumere.." (pag.8).
3.3) Correttamente infine è stato mantenuto l'ordine di demolizione, essendo questo previsto obbligatoriamente dall'art.31 DPR 380/01 in caso di sentenza di condanna per il reato di cui all'art.44.
E per tale reato è stata confermata in appello la sentenza di condanna; la declaratoria di prescrizione riguarda, infatti, solo i reati di cui agli artt.83, 93, 94 e 95 DPR 380/01 e 734 c.p.
3.3.1) Anche relativamente alla subordinazione della sospensione della pena alla demolizione dell'opera i giudici di merito hanno interpretato correttamente le disposizioni di legge.
L'art.165 consente infatti di subordinare la sospensione della pena alla eliminazione delle conseguenze dannose del reato (tale certamente deve ritenersi per l'assetto del territorio l'opera abusivamente realizzata).
E, secondo ormai consolidata giurisprudenza di questa Corte, "in tema di reati edilizi, il giudice, nella sentenza di condanna, può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla demolizione dell'opera abusiva, in quanto il relativo ordine ha la funzione di eliminare le conseguenze dannose del reato" (cfr. ex multis Cass. sez.3 n.38071 del 19.92007; Cass. sez.3 n.18304 del 17.1.2003).
Come si è visto , contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente De Rosa i reati di cui all'art.44 non sono stati dichiarati prescritti, per cui non non era venuta meno la "condizione" della subordinazione del beneficio della sospensione della pena alla demolizione del fabbricato abusivo.
3.4) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell'art.616 c.p.p.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento alla cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00 ciascuno.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2010
DEPOSITATA IN CANCELLERIA 25 Ott. 2010